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La forza e il consenso: quale strumento migliore per il potere?, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Saggio basato sul principe di N.Macchiavelli

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2017/2018

Caricato il 03/03/2018

eva_panoni
eva_panoni 🇮🇹

4.1

(24)

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Scarica La forza e il consenso: quale strumento migliore per il potere? e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! La forza e il consenso: quale strumento migliore per il potere? Il principe di Niccolò Machiavelli è una delle opere più controverse della storia del pensiero etico-politico per la crisi di valori che lo sovrasta e che gli fa da sottofondo e per il senso di vuoto che lascia dopo di sé. La lucida disamina della natura umana di Machiavelli segna la fine di tutti gli ideali che il Medio Evo e l’Umanesimo avevano difeso e propugnato. L’uomo “nuovo” di Machiavelli si allontana da quel rapimento contemplativo ed estasi tutte medievali, da una tensione tutta religiosa, né tanto meno la sua immagine è espressione del carattere tranquillo, idilliaco e quasi utopico del Risorgimento, che vede l'uomo a centro del mondo, creatura superiore e dai connotati quasi angelici. Se per la tradizione umanistica l' "animalità" è cieca negatività, totale degradazione dell'uomo, lo scrittore fiorentino vede nella "bestia" una componente essenziale del'individuo, e ancor più del principe. Razionalità (l'autore mantiene quella fiducia umanistica nella capacità dell'uomo di dominare gli eventi) e istinto non sono poli contrapposti, ma complementari. Viene così messa la bando qualsiasi prospettiva trascendente ed idealizzata, l'autore guarda alla "verità effettuale delle cose", non alla "immaginazione di essa". Ed è proprio grazie alla prima che l'autore mostra il suo spregiudicato realismo, sconosciuto alla tradizione precedente e molto spesso tacciato come cinismo per le conseguenze (molto spesso amare e dal carattere pessimistico) che ne derivano. Possiamo paragonare l'atteggiamento di Macchiavelli di fronte alla realtà a quello di un dottore che ha di fronte a se' il corpo di un paziente e deve diagnosticarne la malattia: la sua analisi è spietata, la realtà è quella che è, il male esiste e non deve essere negato, l'uomo deve guardarlo in faccia e servirsene se costretto. Il principe deve saper essere impetuoso e rispettivo, essere ora "uomo" e ora "bestia", riuscendo ad alternare questi diversi comportamenti secondo la necessità; e poiché i tempi, e molti uomini, sono “tristi”, deve anche saper “intrare nel male”. La condizione è che l’atto sia necessitato, inferto senza compiacenza, non deve essere ovvero sfociare in una violenza gratuita, ("crudeltà bene intesa”), e, soprattutto che il principe sappia tornare, come la sua multiversa natura gli consente, alla “bontà”, riscattando, alla fine, le sue azioni “non buone” con la costruzione di uno stato che assicuri il “bene comune”. Ora, il problema è se l’uomo riuscirà a gestire queste potenzialità della sua natura, mutandole secondo quel che comandano la durezza dei tempi e i “venti della fortuna”, conformando la sua azione alla situazione concreta, che muta repentinamente. Varia e molteplice, la natura umana altresì condizione la virtù rendendola non adeguata alle continue modificazioni della natura,immobile, cosicché l'uomo difficilmente si discosta dal carattere impostogli da quest'ultima. Da qui nasce il grande dilemma di Machiavelli: gli uomini sono destinati a fallire ogni qualvolta natura umana e fortuna (circostanze contingenti) discordano tra loro, oppure la fortuna, come una donna, si lascia vincere da chi coraggioso e deciso? Alla base di questo nuovo modello di uomo proposto da Macchiavelli ( "centauro") vi è una rivalutazione del concetto di "virtù", intesa come forza o potenza consapevole e perseverante per cui l'individuo opera al conseguimento di un fine, la capacità di contrastare la fortuna, quest'ultima intesa come insieme dei limiti che la realtà oppone all'azione politica. Non si tratta più della "virtù" tutta cristiana che rimanda all'onestà, alla bontà, al sapere discernere tra male e bene, e perseguire quest'ultimo. Il principe non può permettersi di essere limitato da rigidi precetti morali, ma bensì la sua moralità consisterà solo nel bene dello Stato. Macchiavelli non vuole negare o mettere in discussione la differenza fra bene e male: è perfettamente consapevole che alcuni comportamenti del principe potranno essere moralmente riprovevoli, ma ciò non avrà alcuna importanza se l'azione verrà compiuta in nome della "ragion di Stato", si afferma così un nuovo metro di giudizio, quello dell'efficacia politica. Nel diciottesimo capitolo viene fornito un esempio di quanto appena detto: certamente è cosa lodevole per un principe essere leale, tuttavia l'esperienza (lo sguardo alla verità effettuale delle cose)ci insegna che hanno ottenuto grandi risultati quei principi che si sono adattati alle contingenze storiche, ricorrendo senza scrupoli all'inganno e alla finzione, molto spesso necessari per la lotta politica. La politica non deve essere affatto pensata come un’arte distaccata ed eterea. Bisogna sporcarsi le mani, scendere nel profondo della complessa realtà delle cose e dei suoi mutamenti, imparando a conoscere bene chi sono gli avversari della buona politica, ma soprattutto i desideri degli uomini. Il politico, conoscendo i suoi nemici, deve altresì passare attraverso i mezzi di cui essi si servono, i soli che conoscano; è costretto a “intrare nel male”, sebbene non debba mai farsene contagiare, fino a corrompere l ’intera sua persona. Il male, ai tempi del Principe, era fatto di armi e violenza, tradimenti, pugnali e veleni. Ma anche nei “tempi quieti”, la politica deve egualmente esercitare giusta durezza, conoscere e cercar di neutralizzare i propri nemici, sporcarsi e trattare. Una volta chiarita la visione che l'autore ha della realtà e della materia trattata, possiamo meglio comprendere quali strumenti egli reputi essere i migliori perla conquista e il mantenimento del potere. L’opera è un trattato di precettistica politica che ha come obiettivo istruire il principe nell’arte del governo. Il senso complessivo dell’opera di Machiavelli, spesso frainteso nella lunga storia delle sue interpretazioni, si trova nelle righe iniziali: “tutti gli Stati, tutti e’dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono repubbliche o principati”. In queste righe non è importante individuare i due tipi di governo, uno per così dire monarchico e l’altro più democratico, quanto evidenziare la valenza politica del concetto di “imperio”. L’“imperio” è il potere politico esercitato dall’autorità sugli uomini e per Machiavelli è essenzialmente un potere assoluto. Sin dall’inizio è chiara la superiorità dello Stato come entità etico-politica rispetto al cittadino o agli individui che ne fanno parte. All'interno del "Il Principe" non viene analizzato l'ordinamento repubblicano, anche se tratterà di principato civile. Per mantenere questo potere assoluto lo Stato deve perseguire due obiettivi: tenere saldo il controllo dall’interno e difendersi dagli attacchi esterni. Quel principe che riuscirà in questi due intenti potrà dirsi virtuoso. Riguardo al primo obiettivo, è necessario osservare che la difesa dagli attacchi esterni è per Machiavelli una guerra preventiva. Non si combatte contro gli altri Stati perché
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