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La genetica dei batteri e dei loro virus, Dispense di Genetica

La genetica batterica e il batterio Escherichia Coli come organismo-modello per gli studi di analisi genetica batterica. Vengono descritti i processi di trasformazione batterica, coniugazione batterica e trasduzione virus. Viene spiegato come si inserisce il DNA esogeno nel batterio e come si distinguono gli esogenote e gli endogenote. Vengono descritti gli studi fatti sui tempi di trasferimento e gli esperimenti di microscopia elettronica.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 07/02/2024

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Scarica La genetica dei batteri e dei loro virus e più Dispense in PDF di Genetica solo su Docsity! LA GENETICA DEI BATTERI E DEI LORO VIRUS La genetica batterica è fondamentale per capire le basi della genetica moderna poiché dimostra alcuni dei processi ereditari che caratterizzano anche gli eucarioti. Uno degli organismi-modello maggiormente utilizzati durante gli studi di analisi genetica batterica è sicuramente il batterio ESCHERICHIA-COLI dal nome di uno scienziato che l'ha isolato per la prima volta nell'intestino umano. Esso è un organismo UNICELLULARE, molto facile da ottenere in quanto vive liberamente NELL’INTESTINO dell’uomo e di altri animali. Presenta un genoma costituito da 4,6 MILIONI DI BASI (organismo abbastanza semplice) e da 4000 GENI. Nel genoma non vi è una lettura a blocchi, ma il GENOMA È TOTALMENTE UTILIZZATO perché basta che si sceglie una base e si ha subito la produzione di un’altra proteina, per cui il GENOMA E’ COMPATTO; inoltre NON PRESENTA INTRONI, inoltre molto spesso lo stesso DNA può produrre in sensi opposti due funzioni diverse e si riproduce mediante una sorta di accoppiamento sessuale e genera al tempo stesso una vasta progenie. Il genoma batterico è dotato di una SINGOLA MOLECOLA DI DNA CIRCOLARE A DOPPIO FILAMENTO che non è racchiuso da una membrana nucleare. Tra gli anni 1996-1998 fu interamente sequenziato il ceppo K-12 . La domanda che si posero i primi studiosi di genetica batterica era in che modo avvenisse la modifica e la ricombinazione del genoma batterico. Il batterio può acquisire materiale genico dall’esterno mediante dei processi :  TRASFORMAZIONE BATTERICA: Il batterio (tra cui le K12) acquisisce del DNA esterno (in genere plasmidico) con un meccanismo di passaggio attraverso alcuni pori della membrana esterna. E’ mediato attraverso una soluzione di Sali (sodiocloruro o calciocloruro) o elettrostimolazioni che permettono l’apertura di pori della membrana (La rendono competente all’acquisizione del DNA). Il genoma ospite del batterio che riceve il DNA può riceverlo e degradarlo o integrarlo nel suo genoma batterico o si acquista come DNA epismoiale (non si integra nel genoma) che ha una struttura circolare chiusa chiamata PLASMIDE.  CONIUGAZIONE BATTERICA: Una delle prime metodologie identificate e descritte negli anni 1930/1940. Meccanismo unidirezionale: vi è un batterio che dona e uno che riceve e vi deve essere un ponte di coniugazione tra i due batteri che è prodotto dal donatore (PILUM).  TRASDUZIONE VIRUS: I batteri solo inoltre capaci di utilizzare come vettore esterno (veicolo del trasporto del DNA) un virus. I virus che infettano i batteri vengono chiamati BATTERIOFAGI. Le code del batteriofago interagiscono con il batterio che presenta dei recettori che possono essere regolati da più fagi alla volta (non vi è un rapporto di 1 a 1 perché un batterio non sempre è infettato da un singolo batteriofago). TRASDUZIONE: il fago lega il batterio e trasduce il suo genoma al batterio. Il fago quando infetta riceve DNA dal batterio che ha infettato ed è lui il mediatore della variabilità del batterio perché poi andrà ad infettare altri batteri Un modo per verificare qual è la differenza genotipica e come i batteri hanno capacità di sopravvivere in particolare ambienti è quello di crescerli in soluzioni o mezzi di coltura che danno poi l’auxotrofia al batterio stesso. Un batterio può essere auxotrofico per un determinato substrato o può essere un batterio che non vive su quel determinato substrato e quindi complimentando con quella determinata sostanza che manca (complementazione) è possibile che quel batterio possa viverci. I batteri crescono sia in un ambiente liquido che in un terreno solido, inoltre la crescita in un terreno permissivo delle singole colonie batteriche è stata sfruttata dai genetisti per ottenere in poco tempo (18-20MIN) una grande popolazione batterica. Il mezzo di coltura più utilizzato per i batteri è il LURIA BROTH (Brodo di lisogenia).  Il terreno solido più utilizzato è costituito da AGAR e LURIA BROTH che dà la possibilità alle colonie di batteri di crescere. Generalmente le colonie nascenti in terreno solido nascono impilate per cui sono visibili solo in determinate zone, ogni colonia ha una chiara distribuzione impilata; inoltre utilizzando tale il sistema di crescita su terreno solido bisogna fornire anche al terreno degli elementi minimi di nutrizione essenziali nel caso in cui siano presenti dei batteri mutanti auxotrofi, i quali non sono in grado di sopravvivere in assenza di questi. Pertanto con questo processo si può vedere quale colonia è in grado di sopravvivere al terreno minimo e distinguere batteri prototrofi e auxotrofi in relazione a quel particolare substrato. Come si inserisce il DNA esogeno nel batterio? Il DNA esogeno si inserisce nella cellula batterica grazie alla proteina GIRASI che svolge, la doppia elica della molecola di DNA e la taglia. L’elica singola entrante verrà duplicata o integrata nel genoma del batterio ospite  Quando si compra un batterio saranno indicati i geni che un batterio ha e non ha . La caratteristica di questo batterio è che non presenta la biotina, l’arginina e la metionina, per cui nel terreno dovranno essere inseriti affinché il batterio possa crescere. Inoltre in presenza di antibiotico di streptomicina, se il batterio è resistente (strr) sopravvive, se è sensibile (strs) muore. (MERIZIGOTE). Durante l’appaiamento si distinguono un ESOGENOTE ( genoma esterno che si introduce a partire da una cellula batterica adiacente) e un ENDOGENOTE (che ospita invece il DNA esogeno). Con un evento di ricombinazione tra esogenote integrato e endogenote accettore si producono i ricombinanti, ma nel caso in cui la ricombinazione non avvenisse, allora il frammento di DNA trasferito viene semplicemente perso nel corso della divisione cellulare del batterio che possiede un unico cromosoma indipendente di tipo Hfr. Questi studi fatti sui tempi di trasferimento sono stati successivamente dimostrati con degli ESPERIMENTI DI MICROSCOPIA ELETTRONICA dove, marcando gli elementi parentali Hfr con delle sonde a colorazione rossa, si è visto come questi fattori abbiano trasferito il loro materiale in momenti di coniugazione, generando dei ricombinanti, dovuti alla presenza dei ceppi F- (colorati in verde). Questi eventi di coniugazione hanno quindi portato ad una ricombinazione che ha come risultato un genoma batterico (giallo)contaminato dal genoma esogeno. Vengono descritti i vari momenti di inserzione e gli eventi di ricombinazione tra dei loci (il primo che si inserisce è il più veloce nella ricombinazione mentre l’ultimo è quello più tardivo) posti ad una distanza differente. I tempi di trasferimento infatti indicano l’ordine e la distanza tra geni e possono essere utilizzati per costruire una mappa genetica. Più sto in coniugazione e più passo alleli, inoltre siccome l’ordine degli alleli è lo stesso ci dice che F è circolare L’altro metodo di combinazione batterica avviene attraverso i BATTERIOFAGI ( i ceppi più studiati sono T2 e T4), caratterizzati da una testa contenente il genoma, collo e collare (struttura vuota) che all’esterno presenta una guaina. Sulla base troviamo una piastra basale in cui vi sono enzimi di degradazione che degradano la parete cellulare del batterio; e code fibrose che, rilasciando all’interno di quest’ultimo il suo genoma che a sua volta, subirà o un ciclo di integrazione del cromosoma batterico oppure verrà perso. Esistono due principali inserzioni di batteriofagi:            Alcuni fagi hanno la capacità di attraversare un CICLO LISOGENO, ovvero riescono ad integrarsi nel genoma batterico.  Alcuni fagi invece compiono un CICLO LITICO e sono generati o dalla replicazione del genoma del batteriofago (esso si serve delle strutture di RNA molecolare e delle proteine del batterio). Questo dopo essersi replicato lo uccide (il batterio esplode e i fagi fuoriescono andando ad infettare nuovi batteri). Quando un batteriofago infetta una platina batterica l’effetto di questo meccanismo si vede visibilmente con la comparsa delle PLACCHE, regioni più chiare (regioni in cui un lambda “batteriofago che infetta E.Coli” sta crescendo), dove il batteriofago ha infettato un singolo batterio e poi da lì ha fatto gemmare nuovi batteriofagi generando con un ciclo litico perpetuo una serie di altre placche che degradano la platina batterica. (si generano milioni e milioni di lambda che generano milioni e milioni di DNA). È possibile inoltre anche coinfettare con due tipologie diverse di batteriofago la stessa platina batterica, infatti batteriofagi di diversa tipologia (appartenenti a ceppi parentali che presentano genotipi diversi), possono coesistere e coinfettare una stessa platina batterica creando delle aree di placca differenti nella morfologia, questo fenomeno prende il nome di INFEZIONE MISTA o DOPPIA INFEZIONE. Nel 1952 fu effettuato un esperimento su due ceppi con diverso genotipo: Un ceppo (h- r+) che è in grado di infettare due ceppi diversi di Escherichia-coli (ceppi 1 e 2)e lisa lentamente le cellule Un ceppo (h+ r-) che è in grado di infettare solo il ceppo 1 e lisa le cellule rapidamente Durante l’esperimento eseguito, si fecero agire entrambi i batteriofagi sullo stesso ceppo 1 di Escherichia- coli (da coinfettare) e si capì, guardando visibilmente la piastra di crescita, che si generavano dei ceppi con ricombinazione: h+r+, h-r-. La FREQUENZA DI RICOMBINAZIONE si calcola Con il rapporto tra ricombinanti e numero di placche totali. Un altro meccanismo importante, geneticamente parlando, è la TRASDUZIONE GENERAIZZATA: il batterio può replicarsi utilizzando il genoma del fago oppure il batterio integra il genoma del fago nel plasmide presente nel batterio stesso. In questo caso l’azione di ricombinazione genera un genoma ponte sul carbonile C’ mentre invece in posizione 5’ dello zucchero stesso questo carbonile legava una molecola di fosfato. ESPERIMENTO DI CHARGAFF e REGOLA EMPIRICA Ma la condizione più importante negli anni 50, era un esperimento abbastanza importante che, andando a misurare le basi in termini di quantità, si notava che la somma delle pesature delle A+T=G+C, quindi erano nel rapporto di 1:1. Estraendo il DNA dai nuclei notava di avere una quantità di A pari a quella di T, la stessa cosa per le altre due. E affermò che in tutte le specie questo rapporto era costante. Il rapporto invece non è costante nel caso del lievito, ma quello che era fondamentalmente importante è che il peso in moli di A e T era più o meno omologo e lo stesso per C e G. ESPERIMENTO DELLA FRANKLIN L’esperimento è stato condotto con l’utilizzo di raggi X su una sorgente di DNA (in questo caso Franklin ha utilizzato DNA di Coli, ma anche DNA da sperma di aringa). E’ stata posta a valle una lastra termografica. I raggi X colpiscono i fosfati del DNA, per cui modificano l’angolo di diffrazione, che viene misurato sulla lastra. Vi è una distanza specifica e sempre costante degli elettroni posizionati nella zona esterna dal centro, con una struttura elicoidale. Per cui si comprese che i fosfati sono sempre posizionati all’esterno di una struttura elicoidale. Da questi esperimenti si determinò il modello di Watson e Crick, ovvero che le basi purine e pirimidiniche sono sempre costanti all’interno di un DNA e che all’esterno dell’elica devono esserci dei fosfati, all’interno devono esserci le basi azotate e le distanze devono essere uguali a quelle misurate da Franklin. Quindi mostrano per la prima volta un disegno della doppia elica. Successivamente danno tre assunzioni: 1. L’elica dell’acido desossiribonucleico è complementare e antiparallela, e questo antiparallelismo proviene dalla direzione 5’-3’ del legame fosfodiesterico della base superiore verso la base inferiore, che ha questa direzione su un filamento e la direzione opposta sull’altro filamento. L’elica per duplicarsi deve copiare il materiale genico da un’elica che funge da stampo. 2. Il loro modello suggerisce che possono esistere dei fenomeni legati ad esempio alle mutazioni spontanee, dove la mutazione può fare appaiare male l’elica attraverso delle forme tautomeriche di basi simili ma non uguali. 3. Il terzo postulato sono delle domande a cui probabilmente loro avevano già risposte. La duplicazione potrebbe essere spiegata in dettaglio? Che tipologie di nucleotidi precursori devono esistere all’interno della cellula per generare l’elica che deve generare una copia? Il cromosoma contiene singoli pezzi di un’elica, che poi si assemblano o è un’unica doppia elica, che è soggetta a duplicazione e poi segregazione? ESPERIMENTO DI MESSEN Nel ’58 fu condotto questo esperimento che dimostrò che la replicazione de DNA è di tipo semiconservativo. Venne utilizzata l’ULTRACENTRIFUGA, che è in grado di ruotare intorno ad un asse due contenitori (FALCON) che non si deformano. Il DNA viene posto in una provetta con un sale (CESIOCLORURO) che ha la capacità di trovarsi in condizioni liquide, ad altissima concentrazione molare. È possibile utilizzare questa tecnica facendo bandeggiare nel DNA degli isotopi e quindi marcando il DNA utilizzando un meccanismo che, per quanto riguarda, E.coli è capace di reintegrare l’azoto 14 nelle sue basi azotate e quindi il DNA sarà ricco di questo isotopo. Siccome esiste anche l’azoto 15, possiamo anche utilizzare questo per marcarlo, però ovviamente il DNA con azoto 15 dopo la centrifugazione bandeggerà più in basso, invece quello con l’azoto 14 avrà una banda più alta, perché pesa meno. Dopo ciò si ipotizzarono 3 modelli di replicazione:  DISPERSIVO: ovvero che la doppia elica dispersivamente utilizzava una doppia elica per generare un pezzo di elica nuova e sulla stessa elica avevamo ancora un pezzo vecchio e uno nuovo, così anche nell’elica adiacente. In questo modello noi abbiamo in un ciclo di replicazione sia DNA di vecchia generazione che di nuova generazione, all’interno dell’elica stessa. Quindi quello che misuriamo dopo l’estrazione, se ci fosse il modello dispersivo, sarebbe che il DNA debba avere un po’ di azoto vecchio e un po’ di azoto nuovo.  CONSERVATIVO: qui immaginiamo che già nel primo ciclo abbiamo molecole tutte nuove, quindi un’elica farà ancora vecchio su vecchio, e una del tutto nuova, quindi due popolazioni diverse e distinte.  SEMICONSERVATIVO: un’elica funge da stampo, quindi si posiziona su di essa un’elica nuova e quindi si generano due molecole completamente uguali in peso perché avremo un filamento nuovo e uno vecchio nella stessa elica, alla prima fase, quindi dopo 20 minuti. Se dopo 20 min applichiamo il metodo conservativo e diamo all’elica presente nel batterio l’isotopo pesante, dopo 20 minuti si integra nel cromosoma batterico, estraiamo il batterio, centrifughiamo e dobbiamo trovare tutto in DNA il basso alla provetta. 20 minuti dopo aver aggiunto azoto 14, se il modello è conservativo, dobbiamo trovare una doppia elica formato solo da azoto 14. Se facciamo andare avanti il ciclo di replicazione, senza somministrare nulla, l’azoto pesante pian piano andrà a disperdersi. Quindi da ciò viene fuori che in prima generazione si produce il modello diibrido e quindi il modello corretto è quello semiconservativo. Il meccanismo di replicazione di DNA è unico per tutti gli organismi. Avviene nella fase S del ciclo cellulare.
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