Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La Geografia dell’Umanità, Slide di Geografia

Spero possano esservi di aiuto anche

Tipologia: Slide

2023/2024

Caricato il 30/06/2024

Anteprima parziale del testo

Scarica La Geografia dell’Umanità e più Slide in PDF di Geografia solo su Docsity! ITALIA E LIBIA: STORIA DI UN RAPPORTO CONTROVERSO Dal colonialismo al Regno Unito di Libia Il periodo coloniale della Libia è una fase cruciale per capire la complessità dei rapporti tra i due paesi. Si tratta di una fase che risale al XIX secolo, quando all’interno del Regno D’Italia -unitosi da pochi decenni- cominciò a svilupparsi un forte sentimento imperialista. Il Regno, all’epoca povero e sovrappopolato, (Abed Alla, 2020-2021, p. 17) vedeva nella Libia un’opportunità, per soddisfare il proprio orgoglio internazionale, e una soluzione, per ricollocare la popolazione in eccesso. Non mancarono le critiche nei confronti delle aspirazioni del regno italiano, lo stesso ex- Presidente del Consiglio del Regno d'Italia, Francesco Saverio Nitti, definì i territori libici come “uno scatolone di sabbia” (Tamburini, 2023, p. 173). Difatti, i cospicui giacimenti petroliferi -presenti nel Bacino Della Sirte- furono scoperti solo negli anni 30’ e successivamente sfruttati a partire dagli anni 50’, anni dopo la cessazione del colonialismo italiano. Nel 1911 partì l’offensiva italiana e già nel 1912, dal punto di vista diplomatico, era finito il conflitto, sancito con la firma del Trattato di Losanna. Tuttavia, sul campo gli scontri continuarono nella Cirenaica, dove la resistenza araba fu più tenace e dove, per far fronte ai continui scontri, vennero creati campi di concentramento in cui vennero deportati molti civili. Inoltre, vennero utilizzate armi chimiche sulla popolazione libica, nonostante l’utilizzo fosse bandito dalla Convenzione di Ginevra del 1925 (Centro di Ateneo per i Diritti Umani, 2024). Dopo 34 anni, con la fine della Seconda Guerra mondiale, l’Italia perse definitivamente la colonia libica -in particolare la Tripolitania- regione nel quale il controllo italiano era più ferreo. Dopo un’iniziale fase in cui territori libici furono amministrati dalla Gran Bretagna e dalla Francia, successivamente, nel 1952, l’Onu intervenne proclamando ufficialmente la nascita del Regno Unito di Libia, retta da Re Idris (Indelicato, Inside Over, 2021). L’EPOCA DI GHEDDAFI: L’ESODO ITALIANO E L’ISOLAMENTO INTERNAZIONALE L’ascesa di Gheddafi e l’esodo italiano L’esperienza monarchica in Libia si concluse nel 1969, non si trattò di una fine brusca dato che nel paese, da tempo, vigeva un forte malumore e una diffusa disapprovazione nei confronti della politica estera ambivalente del Regno. Il monarca fu deposto da un colpo di Stato il 1° settembre del 1969, da quel giorno nacque la Repubblica Araba di Libia, con Gheddafi alla guida del Comando Rivoluzionario. Una volta salito al potere l’obiettivo di Gheddafi fu quello di rendere la Libia ufficialmente indipendente, liberando il paese dal neocolonialismo che ne minava la sovranità (Tamburini, 2023, p.198) Per Gheddafi era necessario sradicare la comunità italiana presente nel territorio, questa fu il simbolo della dominazione straniera. Fu così che nel 1970 tutti gli italiani che risiedevano nel paese furono espulsi e i loro beni furono confiscati (Abdel Alla, 2020-2021, p. 20). I dati numerici sulla comunità italiana presente in Libia, stando ai censimenti dell’ISTAT, mostrano che il numero di italiani presenti nel territorio libico crebbe rapidamente nel corso degli anni. Se nel 1927 la comunità italiana contava circa 26.000 residenti, questi crebbero a 44.600 nel 1931, 66.525 nel 1936 e 119.139 nel 1939. Le città maggiormente interessate a questo rapido popolamento italiano nel 1929 furono Tripoli, dove risiedevano 16.761 italiani (25% della popolazione complessiva di 65.688 abitanti) e Bengasi, dove risiedevano 7.901 italiani (25% della popolazione complessiva di 31.248). Solo 10 anni dopo, la popolazione italiana era cresciuta arrivando a contare 47.442 italiani a Tripoli e 23.075 a Bengasi, su una popolazione complessiva, rispettivamente, di 113.212 e 66.801 abitanti (Podestà G., 2010, p. 269-270). Fu alquanto complessa la procedura che gli italiani dovettero seguire prima di partire per l’Italia. Quest’ultimi dovettero dimostrare di aver pagato le tasse, la previdenza sociale e aver pagato le bollette di gas, luce ed acqua, solo dopo aver dimostrato questi pagamenti le autorità libiche avrebbero rilasciato “un attestato di nullatenenza" (Rivis E., 2011-2012, p. 58). La questione dell’esodo italiano lascerà una ferita aperta nei rapporti italo-libici per molti decenni a venire. Nonostante la Libia avesse riconosciuto il diritto agli italiani espulsi a ritornare nel proprio territorio libico -nel Comunicato Dini-Mountasser- non venne mai fatto alcun riferimento al valore dei beni confiscati agli italiani. I TRATTATI ITALO-LIBICI SULL’IMMIGRAZIONE Il Comunicato Dini-Mountasser (1998) Alla base della nuova era di cooperazione italo-libica è situato il Comunicato Dini- Mountasser, stipulato il 4 luglio 1998, con l'obiettivo di sviluppare una reciproca collaborazione che porti ad un futuro di pace e stabilità internazionale. Tra i vari punti del Comunicato fu accolta la richiesta di bonifica dei campi minati coloniali in territorio libico. Il governo italiano si impegnò non solo per la loro rimozione, ma anche per istituire corsi di addestramento per unità speciali destinate allo sminamento, oltre alla costruzione di un ospedale specializzato per il trattamento delle vittime delle mine antiuomo. Riguardo al contrasto all'immigrazione clandestina, le parti concordarono un intenso scambio di informazioni sui flussi di immigrazione clandestina, sui percorsi seguiti e sulle organizzazioni criminali che favorirono questo fenomeno. Inoltre, venne gettata luce sulle attività delle organizzazioni specializzate nella falsificazione di documenti e passaporti. A questo trattato seguirono due protocolli del 2007, che prevedevano pattugliamenti congiunti delle frontiere marine libiche per mezzo di unità navali italiane con a bordo equipaggi misti italo-libici, tuttavia, non furono mai attuati (Zerboni S., 2018-2019, p. 57-60) Trattato di Bengasi (2008) Noto come Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, rappresenta una tappa storica per i due paesi con la quale fu possibile porre fine definitivamente a tutte le problematiche e contenziosi avvenuti durante il passato coloniale. Il terzo capo conteneva una serie di disposizioni relative alla cooperazione tra i due paesi in diversi settori, tra cui proprio l’immigrazione clandestina. In questo settore, le due parti si impegnavano ad intensificare la propria collaborazione attraverso un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche che fosse gestito da società italiane, i cui costi sarebbero stati imbarcazioni nei paraggi, l’equipaggio decise di dare fuoco a un pezzo di stoffa. A causa della presenza di benzina sul pavimento del peschereccio, presto si alzarono fiamme e fumo. I migranti iniziarono a gettarsi in mare e il loro spostamento improvviso causò il ribaltamento dell’imbarcazione. Le prime vittime furono le persone che si trovavano nella stiva della barca. Molti altri, forse, morirono annegati perché non sapevano nuotare. In totale, sul peschereccio, si trovavano all’incirca cinquecento persone -oltre ai 368 morti, venti corpi non furono mai ritrovati (Esperti, 3 Ottobre, 2023). L’Operazione Mare Nostrum era strettamente collegata a questa tragedia, in quanto rappresentava uno sforzo, da parte dell’Italia, per affrontare l’aumento del fenomeno migratorio. Si trattò di un'operazione militare e umanitaria, decisa dal governo italiano e iniziata ufficialmente il 18 ottobre del 2013 . Gli obiettivi dell’operazione erano principalmente due: “garantire la salvaguardia della vita in mare” e «assicurare alla giustizia coloro che lucrano sul traffico illegale di migranti». All’operazione hanno partecipato personale e mezzi navali e aerei della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza della Capitaneria di Porto (Il Post, 11 Febbraio, 2015). Sul bilancio di Mare Nostrum si è espresso l’ex Ministro degli Interni, Angelino Alfano, rivelando che con i 558 interventi sono state soccorse in totale 100.250 persone. Dal punto di vista giudiziario invece sono stati 728 gli scafisti arrestati e le navi sequestrate. Tuttavia, aggiunge Alfano, le cifre più drammatiche indicano 499 morti durante le operazioni, 1.446 presunti dispersi e 192 cadaveri ancora da identificare (Corriere della Sera, 31 Ottobre 2014). MEMORANDUM D’INTESA DEL 2017 Successivamente alla guerra civile del 2011 e del 2014, in Libia, vigeva una situazione di impunità in cui i trafficanti potevano permettersi di operare alla luce del sole, imbarcando un numero crescente di persone a prezzi sempre più bassi. Con il continuo peggioramento del fenomeno migratorio che l’Italia, sentendo l’esigenza di riconfigurare e rafforzare la propria politica estera, strinse un ulteriore accordo con la Libia, noto come il Memorandum d’intesa del 2017. L’accordo, che si compone di otto articoli in cui vengono delineati gli obblighi delle due parti in materia di contrasto dell’immigrazione clandestina, avrebbe avuto una durata di tre anni con un rinnovo tacito alla scadenza. Nel trattato viene affermata la volontà di entrambe le parti di cooperare per risolvere la questione dei migranti clandestini, creando campi di accoglienza temporanei in Libia, per coloro in attesa di rimpatrio. Viene inoltre sottolineata l’importanza del controllo della sicurezza dei confini libici. Nel Memorandum, l’Italia si impegnava a fornire un supporto tecnologico e tecnico all’autorità del Dipartimento per il contrasto alla migrazione illegale -istituzione ufficialmente responsabile della gestione dei centri di detenzione libici ma fortemente corrotta. L’art. 2 del Memorandum prevedeva che l’Italia dovesse finanziare i centri di accoglienza e formare il personale libico che vi lavorava, mentre sul rispetto dei diritti umani e gli obblighi internazionali veniva fatta qualche breve menzione nell’art. 5. Dunque, l'obiettivo generale del Memorandum era quello di esternalizzare le proprie frontiere meridionali alla Libia, delegando il controllo alle autorità libiche. Venne così inaugurata una nuova prassi operativa che andasse a sostituire quei respingimenti dichiarati illeciti della CEDU. Con il Memorandum gli attori libici coinvolti nella gestione dei migranti dovevano fare in modo di bloccare le partenze riportando le persone entro i confini del proprio paese impedendo loro di salpare. Con questo nuovo sistema l’Italia non era più direttamente coinvolta nei respingimenti, solamente nella fornitura di mezzi e di assistenza alle autorità libiche per agevolare loro nei trattenimenti dei migranti -si parla di respingimenti per procura (Abdel Alla, 2020-2021, p. 37) Questa nuova prassi operativa effettivamente portò ad una notevole diminuzione degli sbarchi, come ci dimostrano i dati riportati dall’ISPI. Se, nel 2017, il numero degli imbarchi dalla Libia erano 108.409 negli anni successivi si assiste ad una consistente diminuzione con soli 12.977 imbarchi nel 2018, 4.122 nel 2019 e, con un lieve aumento, 13.012 nel 2020 (ISPI, 2023). Tuttavia, la permanenza dei migranti in Libia non significava che le loro condizioni fossero migliorate, anzi, con la conseguente indicazione della Libia come Stato non sicuro, verso cui la CEDU vieta il respingimento di migranti, le loro condizioni erano tutt’altro che migliorate. La discontinuità del Memorandum Nonostante il Memorandum sia stato firmato con l’intento di dare continuità agli accordi raggiunti negli anni precedenti, sussistono delle discontinuità. Al momento della firma del Memorandum la Libia era, de facto, divisa in due stati, con un popolo lacerato e privo di coesione. Dunque, un primo elemento di discontinuità è riscontrabile nei soggetti con cui l’Italia ha stipulato gli accordi sul contrasto all’immgrazione irregolare. Un secondo elemento di discontinuità proviene dalla copertura parziale del precedente Trattato di Bengasi, nonostante l’art. 19 -dell’ accordo quadro del 2008- effettivamente stabilisce una base legale per cooperazioni future, tuttavia, non copre i nuovi elementi introdotti col Memorandum. In particolare, il Memorandum, eccede lo scopo d’azione previsto dall’accordo precedente espandendo il raggio operativo al controllo della frontiera marittima libica, elemento non previsto nell’art. 19 del Trattato del 2008 (Università degli Studi di Torino, https://www.migrationtreaties.unito.it/libia/memorandum-dintesa.html). Chi sono i nuovi interlocutori della Libia? Il paese era formalmente sotto la guida di un Governo di unità nazionale (riconosciuto a livello internazionale), ma nei fatti era frammentato da una guerra, portata avanti dal generale Haftar, e dalle milizie e gruppi armati sparsi sul territorio. L’Italia mostrò gran consapevolezza della realtà territoriale libica, perché strinse diversi accordi con attori non statali, soprattutto per quanto riguardava il monitoraggio dei confini meridionali libici. In particolare, i sindaci delle città e dei villaggi nella zona sud del paese, oppure i capi delle tribù, furono coinvolti in queste trattative e furono invitati periodicamente a partecipare agli incontri diplomatici. Il problema, che deriva dal coinvolgimento di questi attori non statali, fu il fatto che si erano istituzionalizzati e avevano convertito il proprio business dal traffico di migranti alla detenzione e di questi migranti alla fine del loro sfruttamento. Una riflessione sul Memorandum d’Intesa Negli ultimi anni sono stati numerosi gli appelli rivolti al Parlamento da parte di organizzazioni come l’ASGI, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Oxfam e Sea-Watch, per un’immediata revoca degli accordi con le autorità libiche e la fine della detenzione e della tortura dei rifugiati e migranti in Libia. Come riconosciuto dalle istituzioni internazionali ed europee, comprese le Nazioni Unite e la Commissione europea, il paese libico non è considerato un luogo sicuro dove far sbarcare le persone soccorse in mare. I motivi possono essere ricondotti all’instabilità vigente nel paese, alla mancanza di effettività nella garanzia dei diritti fondamentali e alla continua e sistematica esposizione dei migranti al rischio di sfruttamento, violenza e tortura. Le organizzazioni, che chiedono la revoca, vogliono l’istituzione di una Commissione d'inchiesta, che indaghi sul reale impatto dei soldi spesi in Libia e sui naufragi nel Mediterraneo e di presentare un testo che impegni il Governo a interrompere l’accordo Italia- Libia, subordinando qualsiasi futuro accordo bilaterale alla transizione politica della crisi libica, nonché alle necessarie riforme del sistema giuridico che eliminino la detenzione arbitraria e prevedano adeguate misure di assistenza e protezione per migranti e rifugiati. Tuttavia, ad oggi, il governo italiano non mostra segnali che puntano verso un’interruzione di tali accordi. Inoltre, nel corso degli anni sono stati numerosi gli ostacoli posti, dal governo italiano, nei confronti delle navi da soccorso, come nel caso di Humanity 1, Sea-Watch 5 e Sea-Eye 4, dopo che esse avevano soccorso un totale di oltre 390 persone. I fermi che sono stati imposti alle navi sono un totale di 60 giorni per la Sea-Eye 4 e 20 giorni per la Sea- Watch 5 e Humanity 1, le navi di soccorso vengono così fisicamente tenute lontano dal Mediterraneo per un totale di 100 giorni. Ognuno dei tre fermi si basa su false accuse e richieste illegittime. Le autorità italiane accusano gli equipaggi delle navi di non aver collaborato con la cosiddetta guardia costiera libica. Eppure, tutti i fermi sono stati preceduti da tentativi della cosiddetta guardia costiera libica di deportare in Libia le persone in pericolo in mare, in violazione del diritto internazionale. In due casi - Humanity 1 e Sea-Eye 4 - gli equipaggi delle due navi sono stati minacciati con le armi. Un ragazzo di 17 anni è morto a bordo di Sea-Watch 5 dopo che tutti gli Stati costieri gli hanno negato l'evacuazione medica (Mediterranea, 2024). ROTTA DEL MEDITERRANEO CENTRALE Le principali rotte migratorie che interessano il Mar Mediterraneo sono molteplici e con altrettanti punti di partenza e di destinazione, tra queste c’è la Rotta del Mediterraneo Centrale. Oltre ad essere quella che interessa maggiormente l’Italia e Malta, ad oggi, è la più frequentata per arrivare in Europa. Seguono la Rotta del Mediterraneo Occidentale, che interessa soprattutto la Spagna, la Rotta del Mediterraneo Orientale, che ha come mete principali la Grecia, la Bulgaria e l’isola di Cipro. Infine, viene percorsa anche la Rotta dell’Africa Occidentale, la cui meta sono le Isole Canarie e la Rotta dell’Africa Orientale, che interessa l’Egitto e la Libia (Beloli A., 2023) Riguardo alla Rotta del Mediterraneo Centrale, che collega la Libia settentrionale con le coste italiane e maltesi, negli ultimi anni è diventato uno dei tratti principali tra il Nord Africa e l’Europa. Tuttavia, si tratta di una delle rotte più pericolose al mondo, nella quale ogni anno migliaia di persone che cercano di raggiungere le coste europee perdono la propria vita. Stando ai dati riportati dal Missing Migrants Project, dal 2014 sono 23.393 i migranti dispersi che hanno percorso la rotta centrale, con il picco raggiunto nel 2016 di 4.574 dispersi (https://missingmigrants.iom.int/region/mediterranean? region_incident=All&route=3861&month=All&incident_date%5Bmin%5D=&incident_date %5Bmax%5D=). africano. L’obiettivo generale del piano è quello di costruire una linea di cooperazione che si distanzi da quell’approccio predatorio che ha costituito fino ad ora, a detta della Meloni, il rapporto tra Occidente e Stati africani. Nel dettaglio il progetto, alquanto complesso, in generale mira a rafforzare le relazioni economiche con il continente, a creare nuove rotte di rifornimento energetico e a controllare i flussi migratori, dunque, l'obiettivo è quello di creare una partnership paritaria con benefici per entrambe le parti. Sarà una cabina di regia a guidare il progetto, presieduta dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli Esteri, da tutti i ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano al progetto. La cabina di regia dovrà produrre una relazione annuale, per tutta la durata del piano -di natura quinquennale- con possibilità di rinnovo. Dal punto di vista economico, verranno stanziati 5,5 miliardi di euro, di cui 2,5 miliardi dai fondi della Cooperazione allo Sviluppo e 3 miliardi dal Fondo Italiano per il Clima. Tuttavia, i dubbi e le perplessità sul Piano Mattei rimangono molteplici, soprattutto riguardo a come verranno distribuiti i fondi, come verranno utilizzati e a come verrà gestita la questione migratoria nei prossimi anni. I critici del piano Mattei sostengono che l’Italia, pesantemente indebitata, non possa competere con Paesi come la Cina, la Russia e gli Stati del Golfo, che stanno tutti cercando di rafforzare la loro presenza in Africa. Dall'Unione Africana sono arrivati giudizi in chiaro scuro sull'iniziativa italiana, il presidente di turno dell'organismo, Azali Assoumani, ha parlato di una “bellissima lezione di un Paese fratello" sulla necessità di una nuova relazione paritaria ed ha definito il vertice "un successo". Meno entusiasta il capo della Commissione Faki: "Sul Piano Mattei avremmo voluto essere consultati", è stata la critica rivolta direttamente alla Premier Meloni (Ruggeri D., 20 Febbraio 2024). Una riflessione sull’aumento dei numeri Stando ai dati forniti dal Viminale, nell’ultimo triennio è possibile osservare un aumento degli sbarchi in Italia. I grafici mostrano che il 2023 è l’anno del picco di questo massiccio flusso migratorio, con 155.754 sbarchi registrati in tutto l’anno. Quanto alle nazionalità, la maggior parte dei migranti arriva dalla Guinea (18.211), seguita da Tunisia (17.322), Costa d’Avorio (16.004), Bangladesh (12.169), Egitto (11.071) e Siria (9.516). Infine, il principale paese di imbarco è la Tunisia con 97.306 imbarchi, a cui segue la Libia con 52.034. Con questi dati è possibile rintracciare i motivi di questo nuovo aumento del fenomeno migratorio. Dal 2015 la Tunisia sta vivendo una forte crisi economica, con l’inflazione al di sopra del 10% e una disoccupazione giovanile altissima. Inoltre, si trova in un contesto politico altrettanto difficile dominato dall’iperpresidenzialismo di Saied. Questi sono fattori che hanno spinto i migranti a lasciare il paese e traversare la rotta centrale del Mediterraneo. Ciò rende sempre più frequenti le partenze, a bordo di imbarcazioni di ferro, costruite alla meno peggio. Tuttavia, è la Guinea, ex colonia francese indipendente dal 1958, il paese da cui proviene il maggior numero di migranti. La Guinea, che conta 13 milioni di abitanti, da tempo vive una situazione politica alquanto instabile che -unitamente a stagnazione economica, vulnerabilità al cambiamento climatico, carenza del sistema scolastico e fragilità di quello sanitario- vede un flusso migratorio verso l’Europa stabile dal 2016, ridotto solo nel 2020 e 2021 a causa della pandemia di Covid-19. Ma secondo i dati del ministero dell’Interno italiano, nel 2023 la maggior parte dei migranti giunti in Italia vengono proprio dalla Guinea (18.221). Progetto a cura di Christian Fecteau e Marco Bolognesi BIBLIOGRAFIA Abed Alla, Flussi Migratori nel Mediterraneo: Criticità nei rapporti fra Italia e Libia, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Milano, Relatore Professoressa Fiamingo C, 2020-2021 Tamburini, Storia, Istituzioni, Diritto e Potere nel “Grande Maghreb”, Pisa, Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura, 2023. Indelicato, La storia della Libia indipendente, in “Inside Over”, 25 Dicembre, 2021, https://it.insideover.com/storia/nakba.html. Asilo in Europa, https://www.asiloineuropa.it/2012/02/26/italia-condannata-dalla-corte- europea-dei-diritti-delluomo-sentenza-hirsi-jamaa-e-altri-c-italia/, 26 Febbraio, 2012. Fondazione Magna Carta, Ripensare l'ONU. La Risoluzione 1973 e la guerra in Libia, 26 Agosto, 2011, https://fondazionemagnacarta.it/2011/08/26/ripensare-lonu-la-risoluzione- 1973-e-la-guerra-in-libia/ UNIPD, Centro di Ateneo per i Diritti Umani, 2024 https://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Protocollo-concernente-la- proibizione-di-usare-in-guerra-gas-asfissianti-tossici-o-simili-e-mezzi-batteriologici-1925/113 Podestà G., I censimenti nei domini coloniali come fonte per la storia sociale, a cura di Guido Alfani, Antonio Cortese, Fabio Crescenzi, Giovanni Favero, Aurea Micali, Lucia Pozzi, I censimenti nell’Italia Unita, Torino, Istituto nazionale di statistica, 2010, pp. 254-280. Rivis E., Relazioni tra Italia e Libia: 1911-2011, Tesi di Laurea Magistrale, Relatore De Poli B., 2010-2011 Zerboni S., The Italian Migration Policy in Libya, Tesi di Laurea, Università Ca’Foscari Venezia, Relatore Cerasi L., 2018-2019 Villa M., Migrazioni nel Mediterraneo: tutti i numeri, in ISPI, 21 Gennaio 2020, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-nel-mediterraneo-tutti-i-numeri-24892 Mediterranean, Missing Migrants Project, https://missingmigrants.iom.int/region/mediterranean? region_incident=All&route=3861&month=All&incident_date%5Bmin%5D=&incident_date %5Bmax%5D= Beloli, La mappa e i dati sulle rotte migratorie e i migranti dall’Africa all’Europa e all’Italia, in Geopop, 18 Settembre 2023,https://www.geopop.it/la-mappa-e-i-dati-sulle-rotte-migratorie-e- i-migranti-dallafrica-alleuropa-e-allitalia/ Università degli Studi di Torino, https://www.migrationtreaties.unito.it/libia/memorandum- dintesa.html. Mediterranea, 14 Marzo 2024, https://mediterranearescue.org/it/news/l-italia-continua-a- ostacolare-il-soccorso-civile-in-mare#:~:text=Con%20una%20nuova%20ondata%20di,e %20da%20oltre%20900%20partner. Esperti, La terribile strage di migranti a Lampedusa 10 anni fa, in Wired, 3 Ottobre 2023, https://www.wired.it/article/migranti-lampedusa-strage-2013/. Il Post, La differenza tra “Mare Nostrum” e “Triton”, 11 Febbraio, 2015, https://www.ilpost.it/2015/02/11/differenza-mare-nostrum-triton/. Corriere della Sera, Mare Nostrum chiude i battenti: “100 mila salvati, ma pesano i morti”, 31 Ottobre, 2014, https://www.corriere.it/cronache/14_ottobre_31/mare-nostrum-chiude- battenti-100mila-salvati-ma-pesano-morti-9566507e-611b-11e4-938d-44e9b2056a93.shtml. Cuttita, Il controllo dell’immigrazione sul Canale di Sicilia, 2004, L’altro diritto, https://www.adir.unifi.it/odv/documenti/frontiere/libia.htm. Open Polis, https://www.openpolis.it/numeri/gli-arrivi-di-migranti-in-italia-dal-1997-al-2020/ Limone, Centri di detenzione libici: violazione dei diritti umani nel silenzio complice l’Italia, 4 Settembre, 2021, https://www.amistades.info/post/centri-detenzione-libici-italia-complice. Ruggeri D., Il Piano Mattei per l’Africa, in Melting Pot Europa, 20 Febbraio 2024 https://www.openpolis.it/numeri/gli-arrivi-di-migranti-in-italia-dal-1997-al-2020/ Margheri M., Perché migliaia di persone fuggono dalla Libia, in Lenius, 8 Agosto, 2018, https://www.lenius.it/perche-migliaia-di-persone-fuggono-dalla-libia/
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved