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La giustificazione della decisione giudiziale, Sintesi del corso di Metodologia Giuridica

D. Canale & G. Tuzet, La giustificazione della decisione giudiziale, seconda edizione. PARTE I (Argomentazione e ragionamento giuridico; Tipi di giustificazione delle decisioni giudiziali) PARTE II (La giustificazione interna) PARTE III (La giustificazione esterna in fatto; Il ragionamento probatorio) PARTE IV (La giustificazione esterna in diritto; Gli argomenti interpretativi; L'argomento letterale; L'argomento a contrario; L'argomento psicologico)

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica La giustificazione della decisione giudiziale e più Sintesi del corso in PDF di Metodologia Giuridica solo su Docsity! D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 1 ~ ~ D. Canale & G. Tuzet ~ LA GIUSTIFICAZIONE DELLA DECISIONE GIUDIZIALE seconda edizione PARTE I: IL SILLOGISMO GIUDIZIALE 1. Argomentazione e ragionamento giuridico 2. Tipi di giustificazione delle decisioni giudiziali PARTE II: LA GIUSTIFICAZIONE INTERNA 3. La giustificazione interna PARTE III: LA GIUSTIFICAZIONE ESTERNA IN FATTO 4. La giustificazione esterna in fatto 5. Il ragionamento probatorio PARTE IV: LA GIUSTIFICAZIONE ESTERNA IN DIRITTO 6. La giustificazione esterna in diritto 7. Gli argomenti interpretativi 8. L’argomento letterale 9. L’argomento a contrario 10. L’argomento psicologico [esclusi: 11. l’argomento teleologico; 12. l’argomento sistematico; 13. l’argomentazione per principi; 14. l’argomento analogico, o argomento a simili] D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 2 ~ PARTE I IL SILLOGISMO GIUDIZIALE 1. Argomentazione e ragionamento giuridico 1. Che cos’è l’argomentazione? L’argomentazione è un’attività linguistica e sociale finalizzata ad accrescere (o decrescere) l’accettabilità di una tesi controversa; in tale attività i parlati avanzano un insieme di ragioni volte a giustificare (o confutare) tale tesi. È un’attività linguistica. Si svolge attraverso l’uso del linguaggio, di cui il parlante abbia una sufficiente competenza, così come il destinatario dell’argomentazione. Per iscritto od oralmente, in ogni caso attraverso una lingua condivisa. La presenza di almeno un parlante e un ascoltatore fa sì che si tratti di un’attività sociale. Da soli con sé stessi si avranno dei pensieri e si effettueranno dei ragionamenti, ma non si produrranno delle argomentazioni dove non ci sono destinatari. Un argomento è la versione intersoggettiva o sociale di un ragionamento. Più sono i partecipanti più la situazione diviene complessa e si dovranno distinguere quei casi in cui il parlante cerca di convincere la controparte da quelli in cui cerca di convincere un soggetto terzo, ad esempio un uditorio. Chi argomenta in favore di una certa tesi cerca di accrescerne l’accettabilità (indicandone i pro), chi la contesta cerca di decrescerne l’accettabilità (indicandone i contro). La tesi oggetto dell’argomentazione deve essere controversa. Questi rilievi valgono anche per l’argomentazione giuridica, e si può dire che questa sia un prototipo dell’argomentazione in generale. L’argomentazione giuridica è un’attività linguistica e sociale finalizzata a giustificare (o criticare) una pretesa o una decisione controversa; in tale attività gli operatori giuridici avanzano un insieme di ragioni volte a giustificare (o criticare) tale pretesa o decisione. 2. I contesti dell’argomentazione giuridica Un contesto che confina con l’argomentazione politica è la discussione in sede legislativa. I partecipanti espongono le ragioni che supportano o screditano una certa proposta legislativa o la pretesa di un certo gruppo sociale o politico, con lo scopo di convincere gli incerti. Venendo al contesto processuale, la prima forma di argomentazione è quella condotta dalle parti, tramite gli atti o i vari interventi in cui esse espongono le proprie ragioni a supporto delle rispettive pretese, con lo scopo di persuadere il terzo decisore. L’argomentazione dei giudicanti in sede decisoria concerne i casi in cui il giudice è collegiale. Un aspetto interessante è che i giudicanti in disaccordo cercano la reciproca persuasione attraverso le ragioni e gli argomenti di cui sono capaci; devono conquistare la maggioranza o perfino l’unanimità dei voti all’interno del collegio. L’argomentazione dei giudicanti in sede giustificativa. Qui decisori argomentano per convincere le parti e la comunità della correttezza di quanto hanno stabilito. Qui vengono esposte le ragioni della decisione e gli operatori da essa interessati potranno considerarle per discuterne ulteriormente o effettuare gli atti finalizzati a una sua revisione. Lo studio dell’argomentazione giuridica può essere svolto in varie prospettive: - per approfondire le dinamiche argomentative che governano il contesto decisorio; D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 5 ~ giustificazione interna (GI). Viene detta giustificazione esterna (GE) la giustificazione delle premesse del SG. La GI è tipicamente deduttiva, la GE è più spesso non deduttiva. La GE si distingue in giustificazione esterna in diritto (GED) quando giustifica la PM; e in giustificazione della Pm, ed è detta giustificazione esterna in fatto (GEF). IN DIRITTO GE IN FATTO SILLOGISMO GIUDIZIALE PM (norma generale e astratta) Pm (fatto) GI C (norma particolare e concreta) A offrire la GED sono gli argomenti interpretativi o integrativi del diritto, consistenti nel trarre norme da disposizioni giuridiche (argomenti interpretativi) e nel colmare eventuali lacune del sistema (argomenti integrativi). Nel nostro ordinamento c’è una disciplina positiva dell’interpretazione (art 12 preleggi) che ne configura i canoni principali. A offrire la GEF è l’argomentazione probatoria, consistente nel trarre conclusioni probatorie da evidenze empiriche o da altre informazioni fattuali raccolte nel processo o procedimento. anche rispetto alla GEF ci sono norme positive rilevanti: ammissibilità delle prove, valutazione delle prove e norme sugli standard probatori. La conclusione della GED è la PM del SG, la conclusione della GEF è la Pm. Questi sono modelli teorici, ma l’onere della giustificazione non è solo un costrutto teorico: è un obbligo positivamente statuito in diversi ordinamenti giuridici. A quale tipo di giustificazione si può ricondurre l’obbligo di motivazione espressamente statuito dall’art 111 co 6 Cost? Tanto alla GI quanto alla GE: non solo si deve mostrare la correttezza logica della conclusione, ma anche l’accettabilità delle premesse da cui la conclusione è derivata. Può essere suggerito un metodo di analisi argomentativa, di una sentenza o di una sua parte, articolato in cinque passi: 1) capire qual è il problema discusso, o quali sono i problemi discussi, nella sentenza; 2) fornire la collocazione rispetto al modello: GI? GEF? GED? 3) delineare i problemi in chiave dialettico-argomentativa: chi argomenta? A che fine? 4) analizzare gli argomenti e gli eventuali controargomenti: che argomenti sono? Con quali premesse? Con quali conclusioni? 5) valutare gli argomenti: sono corretti? Hanno delle premesse corrette? Che forza hanno? L’esigenza di giustificare le premesse della decisione giudiziale non è meno importante dell’esigenza di giustificarne le conclusioni. PARTE II LA GIUSTIFICAZIONE INTERNA 3. La giustificazione interna D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 6 ~ 1. Vantaggi e svantaggi di un modello Assumiamo che una decisione giurisdizionale non sia giustificata se la norma individuale che essa statuisce non è deduttivamente ricavata da una norma generale e da una descrizione veridica dei fatti rilevanti. È il modello di Beccaria. Quali sono i principali vantaggi di una giustificazione deduttiva della decisione giudiziale come configurata nel modello del sillogismo? In primo luogo, la chiarezza e il rigore logico. Serve chiarire quali sono le premesse, le conclusioni, le regole d’inferenza al fine di valutare la correttezza e la bontà degli argomenti utilizzati. Un vantaggio meno evidente è l’eguaglianza nell’applicazione del diritto. Se il diritto viene applicato deduttivamente viene applicato in maniera eguale. Se è vero che tutti gli omicidi devono essere sanzionati con S e Tizio è un omicida, non si vede perché Tizio non debba essere sanzionato con S (a meno che non ricorrano circostanze come la legittima difesa). Quando le PM sono di origine legislativa, il modello consente di rispettare il principio di separazione dei poteri. In uno stato di diritto il giudice non crea diritto ex novo ma applica norme. Le sole norme che legittimamente vengono prodotte dei giudici sono quelle individuali e concrete che riguardano i casi a loro sottoposti. A chi sta a cuore la separazione dei poteri non può non stare a cuore il nucleo essenziale del modello di Beccaria: l’idea di un giudice che non può ergersi ad arbitro indiscusso dei contenuti del diritto. Un discorso diverso va fatto per gli ordinamenti di common law. Anche il giudice di common law può e deve decidere secondo un modello sillogistico, collocando alla PM la ratio decidendi di un precedente giudiziale. Un altro vantaggio del modello è quello di porre sotto controllo la discrezionalità decisoria dei giudici. I giudici devono comunque interpretare le disposizioni rilevanti e ricavarne la norma applicabile al caso. Il modello del SG presenta una serie di svantaggi. Un problema del modello è che mette in ombra altre operazioni inferenziali che governano la decisione. Il sillogismo di Beccaria deve essere ampliato tenendo in considerazione la GE oltre che la GI. Fra le altre operazioni inferenziali che compiono i giudici c’è il bilanciamento (o ponderazione) dei principi. Il modello del sillogismo non rende conto di operazioni siffatte, pur se all’esito del bilanciamento può sempre determinarsi una norma rilevante che permette di sussumere il caso sotto di essa, facendo così seguire all’identificazione della norma rilevante un’applicazione deduttiva del diritto. Il modello del sillogismo trascura senz’altro simili operazioni e non è chiaro se possa renderne conto, pur se anche qui si può sempre porre in forma deduttiva una decisione raggiunta, determinando un’opportuna PM cui sussumere il caso. Il modello di Beccaria è troppo debole perché non rende conto della giustificazione delle premesse e troppo forte perché richiede di presentare deduttivamente delle argomentazioni che non lo sono. È sempre possibile riformulare un argomento attribuendogli forma deduttiva, ma quando tale argomento di base non è deduttivo ci si può chiedere, a ragione, che senso abbia presentarlo in tale forma. Un’operazione cruciale per la decisione del giudice è la qualificazione giuridica dei fatti, si tratta del processo con cui i fatti occorsi vengono “tradotti” in termini giuridici. Le azioni di Tizio che hanno causato la morte di Caio vengono descritte come “omicidio”. Il sillogismo D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 7 ~ mette in ombra questa operazione, infatti distingue le premesse molto nettamente: quella maggiore in diritto, quella minore in fatto. La Pm non intende rappresentare un fatto bruto, bensì un fatto giuridicamente qualificato. A questo problema possono darsi due soluzioni: aggiungere una terza premessa qualificatoria che indichi come i fatti bruti della Pm debbano essere qualificati giuridicamente. Un altro modo è dire che la GEF non comprenda solo l’argomentazione probatoria ma anche il processo di qualificazione giuridica dei fatti provati. Le motivazioni delle decisioni giudiziali iniziano solitamente dal fatto per poi passare alle questioni di diritto, processo inverso rispetto alle due premesse del SG. Perché? Le motivazioni iniziano dai fatti perché senza una rappresentazione dei fatti del caso non si saprebbe quale norma andrebbe applicata. L’ordine delle premesse può comportare una differenza? L’ordine delle premesse non fa alcuna differenza sotto il profilo logico. Nel modello si usa partire dalla PM e nelle motivazioni si usa partire dai fatti, ma non c’è alcuna differenza logica. 2. Deduzione, fallacie e problemi decisionali La GI deve essere strutturata deduttivamente, una decisione che non rispetti il criterio deduttivo incorre in una fallacia formale. La fallacia formale consiste nella violazione dei criteri del ragionamento deduttivamente corretto. La fallacia materiale è quella fallacia che consiste nel considerare forte un argomento debole o viceversa. Tutti i danni ingiusti devono essere risarciti / D è un danno ingiusto // D non deve essere risarcito. La conclusione è deduttivamente scorretta: fallacia formale. Non dobbiamo però avere troppa fiducia nella deduzione. In una deduzione la conclusione non può essere falsa se le premesse sono vere. Tutti gli uomini sono mortali / Socrate è un uomo // Socrate è mortale. Tutti gli uomini volano / Socrate è un uomo // Socrate vola. La struttura logica è la stessa, ma il valore delle due inferenze è ben diverso. Qui sta il limite della deduzione: trasmette alle conclusioni la verità delle premesse ma non può riscattare una premessa falsa. La correttezza di una premessa è cosa ben diversa dalla correttezza di un’inferenza. Tutti gli omicidi devono essere puniti con la sanzione S / Tizio è un omicida // Tizio deve essere punito con la sanzione S. Tutti i danni ingiusti devono essere risarciti da chi ha commesso il fatto doloso o colposo che li ha causati (art 2043 cc) / Tizio ha causato un danno ingiusto a Caio // Tizio deve risarcire il danno patito da Caio. Le Pm sono descrittive, mentre le PM sono prescrittive. Gli enunciati prescrittivi non convengono valori di verità, ma altri valori come la validità e l’invalidità, la giustizia e l’ingiustizia. Se però la definizione di deduzione si applica a inferenza con enunciati veri o falsi, come può applicarsi ad inferenze i cui enunciati non sono né veri né falsi? D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 10 ~ reazione della difesa che dica «la pretesa dell’accusa non può essere provata». Chi dice questo non dice che una certa pretesa è falsa poiché non può essere provata, dice che una certa premessa non è giustificata in quanto non può essere provata. I giuristi distinguono tra verità processuale e verità materiale. La verità processuale è la verità stabilita all’esito del processo. La verità materiale è la verità dei fatti a prescindere dal processo. È materialmente vero che Annamaria Franzoni ha ucciso il figlio Samuele se e solo se ha ucciso il figlio; è processualmente vero che Annamaria Franzoni ha ucciso il figlio Samuele se e solo se è stata giudicata averlo ucciso. I giudicanti non mirano alla sola verità processuale, questa è comunque quella che determineranno. Il giudice cercherà comunque che la verità processuale coincida con quella materiale, è ciò a cui i giudicanti dovrebbero tendere. Si dovrebbe scoprire o cercare la verità (materiale)? Si può cercare una cosa senza riuscire a trovala e trovare una cosa che non si stava cercando. Si potrebbe dire che in genere l’istituzione processuale si pone, almeno figurativamente, un fine che è anche un obbligo in una prospettiva di giustizia: quello di cercare la verità, al fine ulteriore di applicare il diritto correttamente. Si potrebbe dire che vi è un obbligo di cercare la verità al fine di scoprirla e al fine ulteriore di fare giustizia. Il ruolo del contraddittorio è in questo significativo poiché si cerca di massimizzare l’emersione degli elementi rilevanti ai fini di una corretta determinazione della Pm del SG. Per un verso le prove addotte in giudizio servono a giustificare le pretese fattuali delle parti e le credenze dei decisori, o la loro accettazione di un’ipotesi sul fatto. Per altro verso servono a contestare le ricostruzioni fattuali della controparte, o a proporre una diversa versione dei fatti. Chi ha l’onere della prova è chiamato a supportare con prove e argomentazioni le proprie pretese fattuali; chi non ha tale onere può limitarsi a contestare le pretese altrui. 2. Standard probatori Gli standard probatori sono soglie di giustificazione di una pretesa fattuale. Le prove servono a giustificare le credenze dei decisori su una tale pretesa, o la loro accettazione di un’ipotesi sul fatto. Quando la soglia viene raggiunta la pretesa è da ritenere provata. Non esiste un unico standard probatorio, e sono diversi tra civile e penale. La soglia che le prove e le argomentazioni dell’accusa penale devono raggiungere è superiore alla soglia di prova che deve raggiungere l’attore civile. Nel 2006 nel nostro ordinamento è stato aggiunto uno standard statunitense: oltre ogni ragionevole dubbio. Si tratta di uno standard esigente e di spirito garantista. In termini quantitativi si riscontrano varie indicazioni, ma è difficile fissare in termini quantitativi uno standard che nasce come qualitativo. In ambito civile lo standard di prova è inferiore. La tradizione angloamericana lo identifica con il criterio del più probabile che non¸ una probabilità superiore al 50%. Si usano anche espressioni come “prova preponderante” o “evidenza preponderante”. 5. Il ragionamento probatorio 1. Tipi di ragionamento probatorio Considerato il ruolo delle prove e degli standard di prova, vediamo che tipi di ragionamento probatorio si possono distinguere nel quadro dell’argomentazione fattuale in un processo. D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 11 ~ Da una colluttazione possiamo inferire che l’ambiente sarà in disordine, ma dal disordine possiamo inferire a ritroso che vi è stata una colluttazione? Il problema di fondo è che si tratta di un ragionamento che ha a che fare con una forma di incertezza dovuta all’incompletezza dell’informazione disponibile. Per ovviare a questa difficoltà, si procede ad analizzare i nessi inferenziali che legano tra loro certi fatti secondari (FS, fungono da Pm delle inferenze probatorie), certe regole ponte (RP, utilizzate come PM) e certi fatti principali (FP, che sono le conclusioni probatorie de ragionamento). Le regole ponte sono di diverso tipo: massime di esperienza, leggi scientifiche, regola di prova legale, ecc. Raramente tali inferenze hanno natura deduttiva, data l’incertezza probatoria che caratterizza gran parte dei casi. Si tratta di risalire da fatti noti a fatti ignoti. Questo avviene, di solito, attraverso elementi indiziari o presuntivi. Ipotizziamo che una madre avanzi una richiesta di risarcimento per danni non patrimoniali, giustificata dal fatto che il figlio ha subito un grave incidente di cui il conventuo è responsabile: il figlio necessita di continua assistenza che è la madre a prestare. Se una condizione per il conferimento dei danni non patrimoniali è che la persona abbia subito uno “sconvolgimento esistenziale”, la madre che agisce in giudizio dovrà provare tale sconvolgimento. Supponiamo che la madre voglia far valere la rinuncia alla propria attività lavorativa (FS) per provare lo sconvolgimento (FP). Chi rinuncia al lavoro ha subito uno sconvolgimento esistenziale (se FS allora FP) / Caia ha rinunciato al lavoro (FS) / Caia ha subito uno sconvolgimento esistenziale (FP). Chi ha subito uno sconvolgimento esistenziale rinuncia al lavoro (se FP allora FS) / Caia ha rinunciato al lavoro (FS) / Caia ha subito uno sconvolgimento esistenziale (FP). Le due inferenze hanno la stessa Pm e la stessa conclusione, ma una PM diversa in quanto il condizionale dell’una ha i fattori invertiti rispetto all’altra (se FS allora FP; se FP allora FS). La struttura logica di A) è deduttiva: la conclusione non può essere falsa se le premesse sono vere. Lo stesso non si può dire di B): la conclusione potrebbe essere falsa benché siano vere le premesse, la rinuncia al lavoro potrebbe dipendere da altri fattori. B) presenta una fallacia formale nota come affermazione del conseguente. La struttura logica di B) è abduttiva: è un’inferenza che formula un’ipotesi esplicativa. Questa inferenza trae una conclusione che è giudicata essere probabile o plausibile. Se fossimo gli avvocati del convenuto, come potremmo replicare? Non potendo contestare la Pm se il fatto allegato (FS) è pacifico, potremmo contestare la conclusione dicendo che (FS) è insufficiente a inferire (FP). Immaginiamo allora che l’argomento B) venga rinforzato: FS / RP // FP . . . . Massime d’esperienza Leggi scientifiche Regole di prova legale … SILLOGISMO GIUDIZIALE IN DIRITTO PM (norma generale e astratta) GE Pm (fatto) GI C (norma particolare e concreta) IN FATTO A) B) D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 12 ~ Chi ha subito uno sconvolgimento esistenziale rinuncia al lavoro, modifica radicalmente le proprie abitudini, spende molto diversamente le proprie risorse, ecc. (se FP allora FS₁, FS₂, FS₃, ecc.) / Caia ha rinunciato al lavoro, ha modificato radicalmente le proprie abitudini, spende molto diversamente le proprie risorse, ecc. (FS₁, FS₂, FS₃, ecc.) // Caia ha subito uno sconvolgimento esistenziale (FP). B) rinforzato rimane una fallacia formale ma la conclusione è più forte di prima. 2. Abduzione giustificata, modus tollens e oneri argomentativi Qualsiasi inferenza abduttiva non è per definizione conforme al criterio deduttivo. Posto che le abduzioni mirano a formulare un’ipotesi che spieghi quanto riscontrato, le si può considerare giustificate nella misura in cui soddisfano lo standard probatorio rilevante in un contesto dato? Anche l’abduzione più forte rimane una fallacia formale sotto il profilo logico. Se però è ragionevole assumere l’ipotesi formulata, non si tratta di una fallacia materiale. La fallacia materiale i cui può incorrere un’abduzione è quella di presentare come forti prove che sono in realtà deboli, o viceversa presentare come deboli prove che sono forti. Chi ha interesse a persuadere della correttezza di una certa ipotesi sarà incline a presentare come forti anche le prove che sono in realtà deboli. Che strategia è corretta quando si vuole demolire o almeno colpire gravemente l’argomento del proprio avversario? Inferire per modus tollens. Supponiamo che sia stata denunciata una violenza sessuale e l’accusa abbia inferito che l’imputato non è responsabile, la difesa potrebbe argomentare così: Se ci fosse stata una violenza, ci sarebbero segni di colluttazione sul corpo della vittima (se FP allora FS) / Non risultano segni di colluttazione sul corpo della vittima (non FS) // Non c’è stata violenza (non FP). La regola dell’inferenza qui utilizzata si chiama modus tollens in quanto, a partire dalla negazione del conseguente (FS) del condizionale che funge da PM, conduce a inferire la negazione dell’antecedente (FP). Ancora più persuasivo sarebbe un modus tollens del tipo seguente, con cui non si negherebbe la violenza ma il coinvolgimento dell’imputato: Se Tizio avesse compiuto tale violenza a Milano il tale giorno alla tale ora, sarebbe stato a Milano anche poco dopo / Risulta che poco dopo Tizio era a Roma // Tizio non ha compiuto la violenza. Questa è la forma logica dell’alibi. Sotto il profilo logico il modus tollens è una deduzione. Il modus tollens non deve confondersi con l’affermazione del conseguente, poiché nel primo si nega il conseguente del condizionale e se ne conclude la negazione dell’antecedente, mentre con la seconda affermazione si afferma il conseguente e se ne conclude l’affermazione dell’antecedente. Forme corrette: modus ponens → se P allora Q / P // Q modus tollens → se P allora Q / non Q // non P Fallacie formali: D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 15 ~ La GED è costituita essenzialmente da argomenti interpretativi, ma va ricordato che a questi si possono aggiungere argomenti integrativi. Ciò accade quando l’ordinamento presenta delle lacune suscettibili di essere colmate con il ricorso ad argomenti che integrano il diritto esistente. Gli AI muovono da disposizioni per giungere a individuare norme (il contenuto delle disposizioni interpretate); mentre gli argomenti interpretativi muovono da norme espresse, ovverosia dai contenuti delle disposizioni interpretate, per giungere a costruire norme inespresse. Qual è la struttura logica delle inferenze interpretative (o integrative)? È facile strutturare deduttivamente un’inferenza. C’è comunque una ragione importante per considerarle come deduzioni: se si concepiscono gli AI come direttive per l’interprete, le PM assumono un carattere prescrittivo che si trasmette alle conclusioni. Intese in questo modo le inferenze interpretative hanno la stessa struttura logica del SG. Se invece le inferenze si concepiscono come tentativi di pervenire al significato (più) corretto che può essere attribuito alla disposizione relativamente al caso, il loro carattere è essenzialmente abduttivo. Ci sarebbe uno sforzo epistemico volto a ricostruire il miglior quadro normativo in vista dell’applicazione al caso. Quest’ultimo approccio viene chiamato teoria cognitiva, in quanto concepisce l’interpretazione giuridica come il tentativo di portare alla luce il significato (più corretto) dei testi considerati. È l’idea di una scoperta del significato. Per la teoria intermedia l’interpretazione giuridica consiste nella scoperta del significato quando il testo è chiaro, mentre consiste nell’ascrizione di un significato quando il testo è oscuro. Per la teoria scettica l’interpretazione giuridica consiste nell’ascrizione di significato a un testo normativo. Vi sono due varianti: radicale (interpretazione come ascrizione di qualsiasi significato) e moderata (l’interprete ascrive al testo uno dei significati ammissibili – cornice di significati ammissibili). L’interpretazione restrittiva tramite un certo AI restringe l’interpretazione risultante da un altro AI (tipicamente da quello letterale). L’interpretazione estensiva tramite un certo AI estende l’interpretazione risultante da un altro AI (tipicamente quello letterale). L’interpretazione correttiva tramite un certo AI corregge l’interpretazione erronea suggerita da un altro AI. FS / RP // FP . . . . Massime d’esperienza Leggi scientifiche Regole di prova legale … SILLOGISMO GIUDIZIALE IN DIRITTO PM (norma generale e astratta) GE Pm (fatto) GI C (norma particolare e concreta) IN FATTO D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 16 ~ 7. Gli argomenti interpretativi 1. Funzioni e tipi Gli AI hanno almeno due funzioni: decisoria e giustificativa. Hanno funzione decisoria quando fungono da mezzi dell’interpretazione. Questo accade nel momento della decisione, quando il giudice si chiede come interpretare la disposizione rilevante e come decidere il caso di conseguenza; questa funzione è ancor più saliente se il giudice è collegiale. Nella fisiologia dell’argomentazione giudiziale gli stessi argomenti verranno indicati in sede di motivazione come ragioni che giustificano l’interpretazione e la decisione conseguente. L’inversione temporale fra dispositivo e motivazione può generare anomalie. Quali sono i principali AI? • AL → argomento letterale • AAC → argomento a contrario • AP → argomento psicologico • AT → argomento teleologico • AS → argomento sistematico • APP → argomento per principi • AAS → argomento a simili Gli AI sono generalmente definiti dalla prassi, dalla dottrina e dalla scienza giuridica lungo un processo di elaborazione secolare. Bensì si usi dire che gli argomenti definiscono la cornice degli ammissibili significati di una disposizione, siffatti strumenti lasciano ampi spazi di incertezza, dovuti sia alla pluralità di argomenti interpretativi utilizzabili secondo la prassi, sia alla possibilità di costruire argomenti interpretativi nuovi. In sede argomentativa gli AI vengono utilizzati in concatenazione tra loro: vengono stilate delle catene di argomenti che si prestano a essere valutate sulla base della relazione tra le parti che la compongono. Quando un’argomentazione è strutturata a catena, gli AI sono legati gli uni agli altri come anelli di una catena. Ancora più spesso, più argomenti vengono utilizzati per supportare una singola conclusione, al modo di fibre che giungono a costituire un’unica fune. Quando l’argomentazione è strutturata a fune, gli AI si intrecciano gli uni agli altri come fibre. Nella prassi è più frequente trovare argomentazioni a fune che a catena, questo perché gli argomenti a fune hanno una maggiore tenuta. A chi voglia spezzare una catena basta spezzare un anello; mentre non cede la fune se cede una fibra. Altra questione interessante è l’ordine con cui gli argomenti sono presentati la controparte e all’uditorio. Si discute di queste tre strategie: A) iniziare con l’argomento più forte; B) concludere con l’argomento più forte; C) mettere l’argomento debole in mezzo. Non c’è un’unica strategia vincente: dipende dal tipo di contesto, di controversia, di uditorio. Il problema più serio nella prospettiva dei giudicanti è la conflittualità degli argomenti. Solitamente, agli AI di una parte si oppongono gli AI della controparte. Dalla stessa D si traggono N₁ e N₂ tramite AI₁ e AI₂. Per far fronte a questo problema, la dottrina e la giurisprudenza tendono a elaborare gli argomenti interpretativi di secondo livello, i quali forniscono ai giudici delle direttive per l’uso degli AI di primo livello. Le direttive procedurali determinano l’ordine secondo il quale devono essere applicati gli argomenti interpretativi di D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 17 ~ primo livello. Le direttive di preferenza giustificano la scelta della norma da applicare al caso tra quelle ricavabili dalla medesima disposizione sulla base degli AI di primo livello. Le direttive interpretative di secondo livello prevalenti in un certo ordinamento tendono a mutare nel tempo per effetto degli orientamenti delle corti superiori. Ecco alcune delle concezioni normative dell’interpretazione: 1. nell’interpretare i testi normativi, il giudice deve garantire la certezza del diritto e la stabilità dell’ordinamento giuridico nel tempo 2. nell’interpretare i testi normativi, il giudice deve adeguare il diritto all’evoluzione delle esigenze della società e dei valori sociali condivisi 3. nell’interpretare i testi normativi, il giudice deve garantire soluzioni delle controversie che siano efficienti 2. Gli argomenti interpretativi nell’ordinamento italiano L’art 12 preleggi concerne l’interpretazione della legge e si sviluppa in due commi. Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Il primo comma riguarda l’attribuzione di significato ai testi di legge; il secondo riguarda le lacune e i modi di colmarle. Il 1° comma si riferisce all’applicazione della legge. Dunque, si deve interpretare secondo tali criteri. Si possono trovare almeno tre AI: AL del significato letterale delle parole; AS suggerito dalla loro connessione; AP dell’intenzione del legislatore. Ci sono alcuni problemi non secondari. In primo luogo, che rapporto ci sia fra il senso da attribuire alla legge e il significato delle parole. Forse il legislatore intendeva senso e significato come sinonimi. Forse intendeva proprio dire che una cosa è il senso e altra cosa è il significato. Magari voleva riferire significato alle singole parole e usare senso per riferirsi all’intera disposizione. In aggiunta, non è palese quale sia il rapporto tra senso e significato da una parte e intenzione del legislatore dall’altra. A separare il canone psicologico dai precedenti c’è una virgola oltre alla congiunzione “e”, cosa significa? Il testo non li pone espressamente in ordine gerarchico. Verrebbe da pensare, però, che in genere debba prevalere la lettera sull’intenzione, ma c’è dottrina e c’è giurisprudenza di segno opposto. Vediamo l’interpretazione del contratto ex art 1362 cc: Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto. L’interpretazione secondo l’intenzione non solo è indicata per prima, ma sembra avere maggiore importanza dato il rilievo dell’intenzione in materia contrattuale e dato il modo in cui è presentata l’interpretazione secondo la lettera. Però anche in ambito contrattuale le cose si complicano quando leggiamo il successivo art 1363 cc: Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto. D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 20 ~ Come si accertano questi significati? La cosa più semplice è usare i dizionari. I dizionari vengono presi in considerazione in quanto fonti di cognizione capaci di rendere conto degli usi linguistici. In alternativa si possono impiegare metodi filosofici come quello inferenzialista, o metodi della linguistica e ancor meglio della sociolinguistica. L’AL non è sufficiente per giustificare l’interpretazione di una disposizione al fine di ricavarne la norma che disciplina il caso. L’interpretazione letterale è l’inaggirabile punto di partenza del lavoro interpretativo. Nondimeno, il significato letterale, semantico, di una disposizione, ricavato dalle regole della lingua, non è sufficiente per individuare la norma espressa. 9. L’argomento a contrario 1. Massima L’AAC è strettamente imparentato con l’AL, si può pensare che sia l’altra faccia della medaglia, o addirittura lo stesso argomento presentato diversamente. È giustificata l’interpretazione che non attribuisce alla disposizione un significato più ampio rispetto a quello letterale. L’AL chiede di attribuire alla disposizione il suo significato letterale e l’AAC chiede di non andare oltre il significato letterale. È giustificata l’interpretazione che non oltrepassa tali confini. Se il legislatore dispone che la classe C ha il diritto D, ne deve inferire a contrario che i non-C non hanno diritto a D. Ad esempio, se il diritto di voto è conferito ai maggiorenni non è conferito ai minorenni. I valori che questo argomento si propone di tutelare sono la certezza del diritto e la protezione delle aspettative formate sulla base del suo tenore letterale. Occorre considerare la questione dell’economia legislativa. Questo principio suggerisce di lasciare implicito quanto è derivabile a contrario da una disciplina (non avrebbe senso inserire nella norma che non-C non ha diritto a D). Ciò si lega al tema del silenzio del legislatore. Cosa inferire dal silenzio legislativo in merito a una fattispecie? Innanzitutto, bisogna capire se il silenzio riguardi delle fattispecie irrilevanti o rilevanti. Se si tratta di fattispecie rilevanti si deve capire, a seconda della fattispecie e del contesto giuridico, se tale silenzio vada trattato a contrario oppure argomentando a simili (cioè analogicamente). Non necessariamente il silenzio equivale a una lacuna. In certi casi il silenzio tratto a contrario è un tacere da cui si inferisce una disciplina contraria a quella espressa. Ci sono diversi brocardi che possono essere letti a favore di questa idea. Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit: dove il legislatore ha voluto intervenire in un certo modo, si è espresso; dove non ha voluto, ha taciuto. Expressio unius est exlusio alterius: dove il legislatore si esprime sull’uno, esclude l’altro. Però in certi casi a questi brocardi possono esserne opposti altri: Lex magis dizit quam voluit: il legislatore ha detto più di quanto voleva dire. Lex minus dixit quam voluit: il legislatore ha detto meno di quanto voleva. Il silenzio, insomma, è un fenomeno più ambiguo di quanto si possa credere di primo acchito. 2. Varianti La massima presentata ammette almeno tre varianti dell’AAC: forte, debole e debolissima. La variante forte consiste nel ricavare una norma implicita di contenuto contrario rispetto a quella esplicita ricavata mediante un AL. Se una disposizione attribuisce diritto di voto ai maggiorenni ne inferiamo, a contrario nella versione forte, che essa non attribuisce il diritto D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 21 ~ di voto ai minorenni. Nella sua variante forte, dunque, l’AAC assume un’interpretazione letterale della disposizione e ne ricava una norma implicita. Quest’uso è logicamente rischioso. La fallacia in cui rischia di incorrere è la negazione dell’antecedente. Si tratta di una fallacia formale che consiste nell’inferire qualcosa che non segue deduttivamente dalle premesse. Se P allora Q / non P // non Q. Si nega l’antecedente del condizionale e se ne inferisce la negazione del conseguente. L’inferenza sarebbe deduttivamente corretta se la PM fosse formulata in un bicondizionale: se e solo se P allora Q. Consideriamo l’esempio dell’art 591 cc: “possono disporre testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge”. A contrario, nella versione forte, se ne può inferire che non possono disporre coloro che sono dichiarati incapaci dalla legge. Ma per esprimere in modo logicamente impeccabile il legislatore avrebbe dovuto aggiunger una parola come “solo” o “soltanto”. Ci sono casi in cui non pare di poter leggere un bicondizionale in una disposizione e in cui di conseguenza si apre il problema di come intendere il silenzio del legislatore. La versione debole dell’argomento a contrario assume che non vi sia una norma implicita di contenuto contrario a quella esplicita, ma allo stesso tempo ne conclude che non vi sono sufficienti ragioni giuridiche per estendere alla fattispecie non regolata la disciplina prevista per quella regolata. Viene rilevata una lacuna nel sistema e la lacuna non può essere colmata con l’analogia, bensì a contrario, in quanto contano le differenze e non le somiglianze. Un esempio, la costituzione americana prevedeva la giuria per il processo penale ma taceva sul processo civile. Come intendere il silenzio del testo costituzionale? Per alcuni si doveva ricavare dalla disposizione una norma implicita che vietava al legislatore di prevedere giurie popolari nel processo civile; per altri si doveva leggere la possibilità per il legislatore di istituire un processo con giuria. L’AAC debole individua una lacuna nel sistema e consente di rilevare che non ci sono sufficienti ragioni giuridiche per colmarla estendendo alla fattispecie non regolata quanto previsto per quella regolata. Nella versione debole l’AAC opera al modo di un argomento integrativo. C’è infine una versione debolissima dell’AAC, che consiste nel ricavare una lacuna da un AL e lasciare aperta la questione di come la lacuna possa essere colmata. In questo senso c’è chi parla di uso meramente “interpretativo” dell’AAC. L’AAC avrebbe almeno la funzione di escludere da un lato la possibilità di un’interpretazione estensiva senza escludere, dall’altro, il ricorso ad un argomento analogico che integri la disciplina. Art 18 Cost “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente (…)”. E per quanto concerne i non cittadini? In senso debolissimo si potrebbe dire che il testo costituzionale, interpretato letteralmente non ne regola la posizione a tale riguardo; che quindi su tale base non è giustificata un’interpretazione più ampia di quella letterale; e che dunque siamo in presenza di una lacuna. La lacuna potrebbe essere colmata richiamando gli artt. 2 e 3 Cost. A tal punto la catena argomentativa andrebbe dall’AL a un AAC debolissimo e dalla lacuna a un argomento analogico che stende ai non cittadini un diritto espressamente previsto per i cittadini. Nella sua versione debolissima l’AAC funge da argomento interpretativo. Nel diritto penale che ruolo svolge l’AAC? All’art 1 cp troviamo il principio di legalità, che sotto il profilo argomentativo richiede di usare un AAC forte per tutte quelle condotte o quei fatti che non sono espressamente previsti come reati dalla legge. Ne segue che nel diritto penale non vi sono lacune, poiché tutte le condotte non espressamente sanzionate sono lecite. In questo senso pare superfluo o forse addirittura fuorviante l’art 14 preleggi, che nega l’applicazione estensiva delle norme penali. Resta comunque il problema dell’interpretazione estensiva del diritto penale. Prendiamo l’art 660 cp che sanziona chiunque “in un luogo D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 22 ~ pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. Dev’essere sanzionata una molestia arrecata via Facebook? 10. L’argomento psicologico 1. I limiti dell’argomento letterale La sezione 8 del Road Traffic Act prevedeva che a una persona “alla guida o in procinto di mettersi alla guida” potesse venire richiesto di sottoporsi al test dell’etilometro. Un soggetto, fermato dagli agenti, aveva cambiato posto con il passeggero dichiarando di non essere alla guida o in procinto di mettersi alla guida. La sezione 8 del Food and Drugs Act proibiva la vendita di “qualsiasi alimento prodotto per il consumo umano ma inadatto a esso”. Un venditore aveva scambiato della soda caustica per limonata, vendendone ad ignari compratori. La soda caustica non è prodotta per il consumo umano, quindi non si poteva dire che il venditore avesse violato tale disposizione. Sembra che le conclusioni giustificate tramite l’AL siano contrarie al buon senso, o contrare a ragionevolezza. Una disposizione dell’Alberta prescriveva che gli empori chiudessero alle 22 ogni giorno della settimana. Un emporio chiudeva alle 22 e riapriva pochi minuti dopo. Una disposizione della California prometteva una ricompensa a chi consegnasse uno scalpo di coyote. Nelle fattorie si iniziò ad allevare coyote per portare lo scalpo e ottenere la ricompensa. La morale di questi quattro casi è che l’interpretazione letterale può portare a conclusioni contrarie a buon senso, ragionevolezza e giustizia. In casi come questi l’AL viene solitamente integrato o sostituito da altri argomenti in grado di giustificare conclusioni diverse. Un ruolo importante è giocato dall’AP e dall’AT, ossia dall’intenzione del legislatore e dallo scopo della disciplina. Lo scopo della ricompensa per gli scalpi dei coyote era ridurre la popolazione di coyote, cosa che non faceva l’allevamento. Ai limiti dell’AL rispondono l’AP e l’AT. 2. Massima È giustificata l’interpretazione che attribuisce alla disposizione il significato corrispondente all’intenzione del legislatore. I testi normativi sono spesso indeterminati sotto qualche aspetto, vaghi e ambigui. Se da una stessa disposizione D sono ricavabili più norme utilizzando l’AL, N₁ e N₂, il ricorso all’AP consente di selezionarne una come corretta, o come più corretta dell’altra. Il passare del tempo può a sua volta comportare il mutamento dei significati linguistici. Il ricorso all’intenzione del legislatore permette di preservare il significato inteso da chi ha prodotto la disposizione. Il vantaggio di questo argomento dal punto di vista ordinamentale è di essere conforme al principio della separazione dei poteri. In realtà, a un esame più attento, la formula dell’“intenzione del legislatore” designa cose parzialmente diverse e individua una famiglia di argomenti interpretativi, non un singolo argomento. 3. Varianti Le varianti dell’AP si distinguono in due gruppi: quelle che riguardano l’ambiguità del termine “intenzione”, e quelle che riguardano l’ambiguità del termine “legislatore”. D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 25 ~ 2. Varianti Quando noi parliamo…addurre 3. Problemi Quando noi parliamo…addurre 12. L’argomento sistematico 1. Massima Quando noi parliamo…addurre 2. Tipi di argomentazione sistematica Quando noi parliamo…addurre 2.1. Connessione delle parole Quando 2.2. Combinato disposto Quando 2.3. Sedes materiae Quando 2.4. Costanza e incostanza terminologica Quando 2.5. Costruzioni dogmatiche Quando 2.6. Coerenza Quando 2.7. Congruenza Quando 2.8. Defettibilità Quando 13. L’argomentazione per principi 1. Massima Quando noi parliamo…addurre D. Canale & G. Tuzet La giustificazione della decisione giudiziale ~ 26 ~ 2. I principi decisionali nell’argomentazione giuridica Quando noi parliamo…addurre 2.1. Il precedente nei sistemi di common law Quando 2.2. Il precedente nei sistemi di civil law Quando 2.3. Precedente e analogia Quando 3. Argomentazione costituzionale Quando noi parliamo…addurre 3.1. Interpretazione adeguatrice o conforme Quando 3.2. Controllo di ragionevolezza Quando 3.3. Proporzionalità e bilanciamento Quando 14. L’argomento analogico, o argomento a simili 1. Massima Quando noi parliamo…addurre 2. Struttura dell’argomento Quando noi parliamo…addurre 3. Problemi Quando noi parliamo…addurre
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