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LA guerra in Vietnam, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

breve sintesi della guerra in Vietnam

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Scarica LA guerra in Vietnam e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! GUERRA DEL VIETNAM 1961-1975 UN RIEPILOGO GENERALE • Chi • Guerriglieri Vietcong • Repubblica Democratica del Vietnam del Nord (RDVN) • URSS • Cina • Contro chi • Vietnam del Sud • Stati Uniti d'America • Nuova Zelanda • Australia • Quando & dove • 1961-1975 • Vietnam • Cambogia • Laos • OBIETTIVI DEI BELLIGERANTI • Vietnam del Nord I guerriglieri Vietcong (Vietnamiti "rossi") e le forze regolari del Nord intendevano ottenere la definitiva indipendenza e l’unità del paese. • Stati Uniti • Bloccare il temuto allargamento dell’area comunista: il piano prevedeva la "pacificazione " del Vietnam in diciotto mesi e si incentrava sulla costruzione dei cosiddetti "villaggi strategici" al fine di impedire l’infiltrazione dei vietcong, che avevano l’appoggio dei contadini. PRECEDENTI - LA LUNGA GUERRA DI INDIPENDENZA (Un più approfondito esame in " VIETNAM, PERCHE? ") 1945-1954 la guerra contro i Francesi Nel 1945 il capo del partito comunista vietnamita Ho-Chin-Minh formò un governo provvisorio che suscitò l’ostilità dei paesi occidentali, sempre timorosi dell’avanzata comunista in Asia. Nel 1946 iniziarono le ostilità tra il Fronte nazionale di liberazione (Fnl) del nord del Vietnam (Viet-minh) e i Francesi, aiutati dagli Americani. La guerra terminò nel 1954: a Dien-Bien-Phu le truppe del FNL e del Viet-minh, comandate dal generale Giap, inflissero una dura sconfitta alle truppe francesi. 1954 Conferenza di Ginevra La penisola indocinese viene divisa in tre Stati indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam. Il Vietnam fu diviso a sua volta in due lungo il 17° parallelo: - Vietnam del Nord nel quale viene riconosciuta una repubblica democratica guidata da Ho Chi-Min (con capitale Hanoi) - Vietnam del Sud, affidato al cattolico Ngo Dinh DIEM (capitale Saigon, sotto il controllo americano). Veniva anche stabilito che si tenessero entro breve tempo libere elezioni in previsione della riunificazione del Paese. Ma gli USA intervennero facendo sorgere una dittatura militare filo americana, sostenendola con aiuti militari ed economici per fronteggiare la guerriglia dei vietcong (vietnamiti rossi), i comunisti del Fronte nazionale di liberazione (Fnl) 1962/63/64 Le cose si complicarono maggiormente nel 1963, quando il regime di Diem fu abbattuto da un colpo di Stato che portò al potere il generale Thieu, mentre le truppe statunitensi aumentavano rapidamente (il contingente militare arrivò nei successivi anni (1967) fino a mezzo milione di soldati) senza comunque indebolire la resistenza dei Vietcong. I governi che si susseguirono al Sud suscitarono l’opposizione della popolazione, specialmente nelle campagne, dove guerriglieri comunisti, detti Vietcong, sostenuti dai Nordvietnamiti, organizzano azioni di guerriglia. 1965 Rapida intensificazione del conflitto. Il presidente Johnson decise di estendere le operazioni militari all’interno del Vietnam del nord, le cui maggiori città divennero il bersaglio di numerosi bombardamenti. Ma nonostante le distruzioni sistematiche, l’alto numero di morti, la più grande potenza mondiale non riuscì a piegare le forze guerrigliere, alimentate dagli aiuti bellici sovietici e cinesi. 1968 Tra il 1969 e il 1970 i morti e le stragi furono numerosi anche tra la popolazione civile. Intanto la politica reazionaria del governo di Van Thieu stimolava la diffusione del movimento di indipendenza anche tra le popolazioni contadine del Sud, rifornite clandestinamente di armi dai governi sovietico e cinese e sostenute nel loro spirito di rivolta dal movimento dei Vietcong. In occasione del capodanno il FNL, appoggiato dell’esercito regolare nordvietnamita, lanciò un’offensiva che lo portò ad occupare le campagne, per poi incunearsi nelle città e nella stessa capitale Saigon. Un imponente movimento pacifista, sviluppatosi tra i giovani degli Stati Uniti e diffusosi anche in Europa, chiede a gran voce il ritiro delle forze americane dal Vietnam. Il presidente Richard Nixon respinse le proposte dei comandi militari per un ulteriore aumento del contingente USA (già pari a 1/3 di tutte le forze americane) e annunciò l’inizio del disinpegno americano. Nel 1969 venivano avviate le trattative di pace a Parigi. 1970-1972 Il consistente aumento delle forze del Sud indusse Nixon a ridurre la presenza delle forze terrestri americane e ad aumentare quelle aeree e navali. Per tagliare le linee di rifornimento ai vietcong viene deciso di intervenire in Cambogia e in Laos. La rinforzata da numerosi mezzi d'appoggio. Si trattava dello stesso corpo d'élite che durante la seconda guerra mondiale si era impadronito con un audace colpo di mano dell'isola di Corregidor. Nei primi giorni di novembre del 1967 la 173° Brigata, originariamente dispiegata a nord di Saigon, fu spostata verso Dak To e la zona degli altopiani centrali, per dare manforte al generale William Peer e alla sua 4° divisione di fanteria che da alcuni mesi erano sottoposti ai frequenti attacchi "mordi e fuggi" da parte dei vietcong e di unità regolari dell'esercito nordvietnamita. Il terreno delle operazioni si presentava difficile, costituito da rilievi che toccavano i mille metri di quota e da fitte foreste separate tra loro da valli strette e incassate, speso attraversate da torrenti tumultuosi. In quei giorni, inoltre, i rapporti militari segnalavano l'avvicinamento in zona della 1° Divisione nordvietnamita, forte di quattro reggimenti di fanteria (circa 6000 uomini), e di un reggimento di artiglieria dotato mortai pesanti. Secondo informazioni avute da un disertore, l'obbiettivo della 1° Divisione erano le basi delle forze speciali americane a Dak To e Ben Het, due spine nel fianco per lo schieramento comunista, soprattutto perché troppo vicine ai confini cambogiani dove vietcong e nordvietnamiti avevano i loro punti d'appoggio. Tuttavia, dopo qualche scaramuccia tra la 4° Divisione americana e il 32° Reggimento nordvietnamita, le forze comuniste si erano rapidamente dileguate. Sembrava che la semplice notizia dell'arrivo della 173° Brigata aerotrasportata le avesse indotte a più miti consigli e a rinunciare al progettato attacco. E in linea di massima era avvenuto proprio questo. Soltanto che i comandanti nordvietnamiti avevano subito messo a punto un piano alternativo. Così come i comandanti americani, anche quelli comunisti non erano interessati a occupare militarmente il territorio. Si trattava di una scelta tattica forse poco fedele alle dottrine rivoluzionarie, ma certo decisamente pragmatica per quanto riguarda il confronto squisitamente militare. A ciò si aggiungeva la consapevolezza della vulnerabilità di una democrazia di fronte alla propria opinione pubblica nel caso di eccessivi costi umani; vulnerabilità alla quale il regime di Hanoi era assolutamente immune. Se la tattica americana consisteva quindi nel compiere operazioni mirate, volte a localizzare e distruggere singole unità nemiche, gli strateghi nordvietnamiti decisero di adeguarsi, attirando però gli avversari in micidiali agguati. Le alture poste a ovest di Dak To erano già state ampiamente fortificate. Rifugi costruiti con tronchi d'albero e strati di terra controllavano le vie di accesso sottostanti. I singoli rifugi comunicavano tra loro attraverso un intrico di cunicoli scavati nel sottosuolo, senza che dall'alto si potesse scorgere null'altro che la solita impenetrabile vegetazione. Dato che per gli americani queste alture costituivano una minaccia da eliminare, i comandanti nordvietnamiti avevano previsto un piano in cui gli assalitori, dopo essere stati bloccati dal fronte difensivo in quota e fatti oggetto del tiro di batterie di mortai, sarebbero stati presi alle spalle dalle truppe nascoste nella foresta. Si trattava dello schema americano al contrario: i nordvietnamiti avrebbero atteso lo scontro per infliggere il maggior numero di perdite. La dottrina d'impiego eminentemente offensiva della 173° Brigata aerotrasportata si adeguava alla perfezione a questa trappola. L'operazione per "bonificare" le colline circostanti Dak To prese il via il 2 novembre, quando un battaglione di fanteria paracadutata (composto dalle compagnie A, B, C e D), comandato del tenente colonnello James Johnson, fu inviato in perlustrazione su un rilievo a circa sette chilometri a sud di Ben Het con lo scopo di entrare in contatto con il nemico. Si trattava di una operazione di tipo terrestre. Precedute da guide locali, le compagnie cariche di materiale avanzarono con cautela sulle piste seminascoste nella giungla. Intanto, per fornire la dovuta copertura all'operazione, il generale Leo Schweiter, comandante della 173° Brigata, decise di spingere in avanti una parte della sua artiglieria. L'obiettivo era di costituire una postazione di fuoco sulla collina definita in codice quota 823, naturalmente dopo averne liberato la cima dalla vegetazione con il contributo dell'artiglieria e dell'aeronautica. Solo allora gli elicotteri avrebbero potuto calare dall'alto le bocche da fuoco. Il battaglione di Johnson avrebbe dovuto quindi convergere in zona e mettere l'area in "sicurezza". Nella tarda mattinata del 6 novembre la compagnia D incappò in un cavo telefonico dell'esercito nordvietnamita. Ne seguirono un capo in direzione di un vicino rilievo chiamato Ngok Kom Leat, un paio di chilometri a nord di quota 823, inoltrandosi nel fitto sottobosco. Intanto il colonnello Johnson, che sorvegliava l'evolversi dell'operazione dall'elicottero, si rese conto che di quel passo nessuna delle sue compagnie avrebbe raggiunto quota 823 entro la fine della giornata. Decise quindi di elitrasportare la compagnia B direttamente sull'area dove avrebbe dovuto sorgere la postazione di fuoco, mentre le compagnie A e C continuavano la marcia via terra e la D terminava l'esplorazione del Ngok Kom Leat sulle tracce del cavo telefonico. Ma fu proprio quest'ultima compagnia a fare il primo incontro ravvicinato con il nemico, quasi in prossimità della cima. Fatta segno di un nutrito fuoco di kalashnikov, si trovò inchiodata al terreno senza possibilità di difesa. Neanche l'uso dei mortai riuscì ad arginare l'attacco nordvietnamita. Fu solo grazie all'efficienza dei sistemi di comunicazione e al successivo rapido intervento aereo che in questo frangente i soldati americani riuscirono a disimpegnarsi senza subire eccessive perdite. Questo primo scontro fu molto istruttivi per entrambi gli schieramenti. Insegnò agli americani che la tattica del nemico consisteva nel cercare di attirarli all'interno del suo sistema difensivo, mentre i nordvietnamiti giunsero alla conclusione che una volta intercettate e bloccate le prime truppe americane, dovevano attaccarle e neutralizzarle prima che potessero organizzarsi e chiamare in appoggio l'artiglieria e l'aviazione. A metà novembre il generale Schweiter era ormai convinto che le forze nordvietnamite nell'area fossero allo stremo delle forze e che stessero ripiegando verso la frontiera cambogiana. Il 18 novembre, una pattuglia americana ebbe uno scontro a fuoco intorno alla collina di quota 875, una manciata di chilometri a est dal confine con la Cambogia e in prossimità di quello con il Laos. Erano i nordvietnamiti in ritirata? Secondo Schweiter non c'erano dubbi. Sulle pendici di quota 875 fu inviato un battaglione di fanteria paracadutata che, nel corso del sopralluogo, scoprì un campo base nemico abbandonato. Oltre a numerosi capanni e a un ospedale d'emergenza, sul fianco della collina furono trovati rifugi e cunicoli. Tutto il campo dava l'impressione di essere stato lasciato da poco e in fretta e furia. Per le sue dimensioni, doveva aver ospitato almeno un migliaio di uomini. Alle nove del mattino del giorno successivo, dopo una preparazione con bombardamenti aerei e un nutrito fuoco dalle vicine postazioni di artiglieria, scattò finalmente l'attacco alla quota 875. Le truppe americane dovettero farsi largo tra le canne di bambù e il fitto sottobosco. Quando le prime punte avanzate raggiunsero le zone devastate dal bombardamento, su di loro si scatenò una pioggia di raffiche di kalashnikov e di bombe a mano. Il bombardamento a tappeto non aveva scalfito i nidi di mitragliatrici nordvietnamiti e i loro ripari sotterranei. Ancora una volta dovette intervenire l'aviazione. Ma questa volta il risultato fu pressoché nullo. I soldati nordvietnamiti, nascosti e sparpagliati nei rifugi scavati nel terreno, riuscirono anzi ad accerchiare gli americani. Le forze nordvietnamite cui si erano messi a dare la caccia, nella convinzione che fossero ormai allo stremo, erano ancora in piena efficienza. Gli americani erano praticamente cinti d'assedio, senza la possibilità di stabilire un'efficace linea difensiva. Con le trasmittenti chiesero l'intervento degli elicotteri per portare rinforzi e porre al sicuro i numerosi feriti. Per la loro evacuazione fu allestito un punto d'incontro verso la base della collina, dove la boscaglia era più fitta. Ma i sudvietnamiti piombarono loro addosso massacrando i resti di almeno una compagnia. La situazione degli americani asserragliati a quota 875 era drammatica. Praticamente tagliati fuori dai collegamenti, ormai a corto di munizioni, si apprestavano a respingere il prevedibile attacco notturno dei vietcong serrando al massimo le fila e allestendo un improvvisato perimetro difensivo lungo un ridotto settore della collina, mentre il nemico continuava a tenere ben salda la vetta e le pendici. Per insediarlo si decise di ricorrere al napalm, la micidiale gelatina incendiaria. Prima di sera fu inviato un velivolo armato di due potenti bombe. La prima colpì un distaccamento nordvietnamita che si stava preparando all'attacco, causando la morte di venticinque uomini. La seconda bomba al napalm, invece, centrò in pieno il posto di comando del ridotto difensivo statunitense. Morirono più di quaranta uomini. Allo scompiglio andò ad aggiungersi lo stupore per un nuovo attacco nordvietnamita. Nel giro di poche ore le tre compagnie americane coinvolte negli scontri di quota 875 avevano perso più di ottanta uomini. Non è stato ancora chiarito per quale motivo le forze vietnamite non abbiano voluto affondare la lama quella stessa notte e chiudere la partita nel settore di Dak To. Forse avevano subito perdite consistenti. O forse scelsero di lasciare i resti del battaglione avversario sul campo, come esca per attirare in una trappola altre forze nemiche.
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