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La legge 194 del 1978, Dispense di Storia

Breve descrizione dei limiti di attuazione della legge 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza, estratto dal libro aborto ieri e oggi.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 25/01/2021

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Scarica La legge 194 del 1978 e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! A proposito proprio della legge 194, Il comitato europeo dei diritti sociali, ha adottato il 10 settembre 2013 una decisione contro l’Italia per insufficiente applicazione della legge n. 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza. La decisione fa riferimento al ricorso presentato dall’associazione International Planned Parenthood Federation in cui ci si lamenta la mancata applicazione del diritto alla salute nei confronti delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Sostengono che il diritto delle donne di procedere all’interruzione volontaria della gravidanza si inserisce nel più generale diritto alla salute tutelato nell’art. 11 della Carta sociale europea. Oltre a violare l’art 11 della carta sociale europea, l’aumento del numero di obiettori di coscienza attacca anche il principio di non discriminazione appartenente sempre alla carta sociale europea. La compromissione del diritto ad accedere all’IVG determina una discriminazione tra categorie di donne: cioè separa coloro che per motivi economici non possono accedere al servizio di interruzione di gravidanza alle condizioni previste dalla legge 194 e coloro che invece possono accedere ai trattamenti sanitari per disponibilità economiche sia in italia che all’estero. C’è una problematica fondamentale che riguarda appunto la difficile applicazione di questa legge, perché da un lato i medici ed il personale sanitario obiettori di coscienza esercitano un loro diritto sancito proprio dalla legge 194, dall’altra parte non si può non considerare che questo comporta il non portare a termine il diritto delle donne a ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. La donna quindi è priva di poter fare appello ad una struttura ospedaliera cui potersi affidare. La soluzione, è quella di poter trovare un giusto equilibrio tra il diritto delle donne ad interrompere una gravidanza e il diritto degli operatori sanitari di poter esercitare liberamente la propria obiezione di coscienza. Nell’ambito del Consiglio d’Europa il tema dell’interruzione di gravidanza è stato oggetto di attenzione da parte dell’Assemblea parlamentare. Viene in rilievo, la risoluzione dell’assemblea parlamentare 1607 del 2008. Nel documento, viene sottolineato che nella maggior parte degli Stati membri del Consiglio d’Europa, vi sono normative nazionali in materia di aborto. Infatti, nella maggior parte dei Paesi europei l’aborto è permesso per diverse ragioni, tra le quali la necessità di preservare la salute fisica e psichica della donna, ma anche per ragioni economiche e sociali. L’assemblea mette in luce le legislazioni nazionali dove è permessa l’interruzione di gravidanza ma, a determinate condizioni che, non garantiscono alle donne di poter esercitare a pieno titolo il loro diritto. Per esempio spesso mancano delle strutture adeguate, i tempi di attesa sono lunghi, e soprattutto non ci sono medici disposti. Quindi, assemblea invita gli Stati membri del Consiglio d’Europa, a garantire alle donne l’esercizio del loro diritto ad avere accesso ad un aborto legale e sicuro. Inoltre l’assemblea parlamentare nel luglio del 2014, propone delle iniziative che tutelano e quindi cercano di ridurre i casi in cui le donne, per ostacoli economici e sociali, sono costrette a ricorrere all’aborto. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che, ha avuto modo di esaminare varie problematiche: in materia di interruzione di gravidanza, viene in rilievo una sentenza del 20 marzo 2007, relativa al caso Tysiac c. Polonia. Cioè fa riferimento ad una donna, che aveva problemi di salute e che rischiavano di subire un peggioramento a causa del suo stato di gravidanza, chiedeva un aborto terapeutico presentando un certificato del proprio medico generico che attestava il rischio cui la paziente andava incontro qualora avesse portato a termine la gravidanza. Il primario di ginecologia, si rifiutò di effettuare l’intervento. Subito dopo il parto, le condizioni peggiorarono e la signora perse totalmente la vista. Esaurite le vie di ricorso interne, si rivolse alla corte europea e i giudici di Strasburgo accolsero il ricorso. La Corte sottolinea la necessità di rendere effettivo un diritto che tra l’altro è previsto nella normativa nazionale. La Corte non ha mai espresso valutazioni sulle varie normative nazionali in sé, ma più che altro sulla loro applicazione, sulla loro effettività. Per quanto non vi sia una specifica giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di rapporto tra IVG e obiezione di coscienza, vi sono dei casi esaminati dalla Corte che si riferiscono al tema generale dell’aborto ed in cui vengono stabiliti alcuni principi che potrebbero adattarsi anche ai casi di obiezione di coscienza. Viene in rilievo a tale proposito il diritto della donna ad operare una scelta libera e consapevole. Questo diritto, deve poter essere esercitato in maniera effettiva. E gli ostacoli che impediscono alla donna di esercitare l suddetto diritto vanno ridimensionati secondo un giusto bilanciamento di interessi. Per quanto riguarda l’andamento generale del fenomeno, L’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con il ministero della Salute che gestisce i dati raccolti dal Sistema di sorveglianza epidemiologica dell’IVG, osserva: che si è passati da circa 235mila interruzioni volontarie di gravidanza nel 1982 a circa 135 mila nel 2005; da 111.415 nel 2011 a 105.968 nel 2012. Inoltre nel 1983 il 70% e nel 2001 il 90% di tutti gli aborti clandestini stimati era al Sud. Nel 2011 l’andamento dei valori assoluti al Sud è stato il 54% in meno rispetto all’83. Si può quindi affermare che alla legge 194 del 78, vanno riconosciuti tre risultati importanti: - Ha ridotto il fenomeno del 54,9% rispetto all’82, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG - Ha portato a livelli residuali l’IVG clandestina - Ha annullato la mortalità materna per l’IVG. La riduzione, sia dell’abortività legale che di quella clandestina, indica che nel corso di tutti questi anni è aumentata la competenza delle donne e delle coppie a regolare efficacemente la fecondità con i metodi della procreazione responsabile, grazie all’informazione, all’impegno dei servizi dei consultori. Attraverso una valorizzazione dei consultori, questa legge va maggiormente applicata in tutto il territorio nazionale. I Consultori Familiari sono gli unici servizi che, per la ricchezza di competenze multidisciplinari, mediche e psicosociali, possono svolgere attività di promozione della salute. A Messina inizialmente la legge è stata applicata in modo corretto, in quanto si poteva contare su diversi ospedali, allo stato attuale invece, vi sono solo due ospedali rimasti. Dall’analisi delle criticità della legge 194 a Messina, attraverso le interviste ai pochi operatori non obiettori, è emerso che: in Sicilia la percentuale dell’obiezione di coscienza tra i ginecologi è passata dal 64,0% del 1983 al 71,6% nel 2001 e all’84,6% nel 2011. Le eventuali difficoltà nell’accesso ai servizi sono quindi probabilmente da ricondursi ad una distribuzione non adeguata degli operatori fra le strutture sanitarie, all’interno di ciascuna regione. Come luogo di intervento: la quasi totalità delle interruzioni volontarie di gravidanza viene effettuata negli istituti pubblici. Nelle isole l’87,1% di italiane e il 92.1% di straniere nell’Istituto pubblico, mentre il 12,9% di italiane e il 7,6% di straniere in Casa di Cura. Caratteristiche delle donne che fanno ricorso all’IVG - Classe di età: tra i 20 e i 24 anni, la percentuale è del 13,4%, tra i 30 e i 34 anni del 12% e per le donne dai 35 ai 39 anni del 9,6%. Tassi abbastanza elevati in italia rispetto ad altri paesi -Stato civile: la percentuale delle nubili è superiore a quella delle coniugate.
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