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La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l'Italia degli anni Cinquanta-Sandro Bellassai, Sintesi del corso di Storia Sociale

Sintesi del libro La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l'Italia degli anni Cinquanta di Sandro Bellassai

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l'Italia degli anni Cinquanta-Sandro Bellassai e più Sintesi del corso in PDF di Storia Sociale solo su Docsity! La legge del desiderio: Il progetto Merlin e l’Italia degli anni Cinquanta Sandro Bellassai 1. Il progetto Merlin e la regolamentazione della prostituzione Presentata all’inizio della prima legislatura repubblicana il 6 agosto 1948, la legge n.75 del 20 febbraio: Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui (conosciuta come legge Merlin, dal nome della senatrice socialista Lina Merlin) viene approvata definitivamente dall’assemblea della Camera dei deputati il 29 gennaio 1958, con 385 voti a favore e 115 contrari. Essa prevede l’abolizione immediata del sistema di regolamentazione della prostituzione, norme più severe contro lo sfruttamento della prostituzione stessa nonché la chiusura su tutto il territorio dei postriboli, che vengono chiusi definitivamente in Italia il 20 settembre 1958. Prima di essere approvato definitivamente, il progetto Merlin ha compiuto un lungo iter parlamentare durato dieci anni: esso, infatti, nasce nel 1948, in un paese da poco uscito da una guerra disastrosa e da vent’anni di dittatura e conclude il proprio percorso nel 1958, in un’Italia che è già sulla soglia della “grande trasformazione” del miracolo economico. La proposta abolizionista ha suscitato un acceso dibattito, non solo nelle aule parlamentari, ma anche nell’opinione pubblica più ampia. È, infatti, il dibattito che è al centro della ricerca e della riflessione di Sandro Bellassai, il quale spiega nell’introduzione al volume che“[…]questo non è un libro sulla legge Merlin, ma sui discorsi che essa produce”.1 L’ampio dibattito sul progetto Merlin suscita descrizioni, narrazioni e testimonianze sulle case chiuse e non mancano leggende sulla vita all’interno delle case, che hanno perlopiù lo scopo di smentire le affermazioni di chi sostiene che i bordelli non sono altro che luoghi squallidi in cui le donne sono tenute in condizioni di schiavitù. A partire da questi anni, si va sviluppando una vera e propria mitologia del casino. Alla fantasia delle leggende si contrappone, nel 1955, la nuda realtà con la pubblicazione di un libro curato dalla senatrice Lina Merlin e Carla Barberis, composto da una serie di lettere inviate alla senatrice da prostitute delle case in cui le donne spiegavano i motivi che le avevano condotte a prostituirsi, descrivevano la loro vita all’interno dei postriboli ed esprimevano la loro opinione in merito al progetto di legge abolizionista. Per poter fare ingresso nel bordello, la donna doveva essere dichiarata in salute e munita di carta d’identità. Dopodiché il commissario di Pubblica Sicurezza, nella cui giurisdizione si trovava la casa, accoglieva la domanda, verificava se nella casa ci fosse posto o meno e sottoponeva la questione alla “direttrice”. In seguito, inviava le generalità della donna alla questura e da quel momento, un fascicolo col nome della donna l’avrebbe seguita per tutta la sua esistenza. In teoria, secondo la legge, la prostituta che esercitava in bordelli autorizzati poteva uscire dalla casa in qualunque momento avesse voluto; in pratica, il diritto (o i diritti) e la legge non sempre coincidono. Una volta che si entrava in quelle case, infatti, era difficile uscirne senza “il peso del marchio di prostituta”2, il che rendeva impossibile l’esercizio della libertà evocata dalle leggi, che nella realtà non aveva nessuna attuazione. Inoltre (e soprattutto) era la stessa schedatura da parte delle autorità che rendeva più complicato per la prostituta scegliere di cambiare vita: la prostituta che abbandonava il mestiere, infatti, era sotto lo stretto controllo della polizia, veniva munita di una sorta di carta di espatrio e doveva tornare al suo paese. E la legge, lungi dal sostenere i suoi diritti, aggravava la colpa della donna: i figli o i fratelli di una prostituta schedata, infatti, non potevano accedere ad alcune carriere (come il 1 Sandro Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni Cinquanta, Carocci Editore, 2006, pg. 8 2 Ivi, pg. 32 1 poliziotto o il carabiniere) oppure la sorella non poteva sposare chi ricopriva queste cariche, “anche se fosse stata un giglio di virtù”.3 2. La società italiana e le trasformazioni di genere negli anni Cinquanta Il decennio del dibattito sulla legge Merlin è un periodo in cui emergono all’attenzione dell’opinione pubblica evidenti segnali di un mutamento profondo dell’identità femminile, considerato un campanello d’allarme per gli oppositori della legge. Nell’Italia degli anni Cinquanta, all’interno di riviste, inchieste e resoconti iniziano ad emergere dinamiche nuove sull’identità di genere, soprattutto nelle nuove generazioni. Per poter capire quanto (velocemente) stesse cambiando la condizione femminile, si iniziarono ad effettuare interviste e indagini scientificamente fondate: un esempio a riguardo è l’indagine demoscopica pubblicata su “Oggi” dal giugno all’agosto del 1951 e attuata dalla Doxa, attraverso interviste a un campione femminile non specificato. Tra le domande somministrate, oltre a quelle sul matrimonio e sulla famiglia, di particolare interesse erano quelle riguardanti il tema del fumo, collegato alla rappresentazione stereotipica della donna “emancipata”: fumare, infatti, negli anni precedenti agli anni ’50 sembrava essere una prerogativa degli uomini, mentre all’epoca dell’indagine iniziavano ad aumentare anche le donne fumatrici. Tra le domande poste al campione di intervistate, una riguarda la valutazione della proposta di legge Merlin: interessante notare che quasi una metà del campione fornisce risposte che denotano una totale (o quasi) ignoranza del problema, mentre chi si è formata un’opinione è più contraria alla legge che favorevole. Sorprendentemente, quando fu presentata la legge Merlin la maggior parte delle obiezioni venivano da donne che, sarebbero dovute essere favorevoli alla cessazione dello stato di inferiorità del loro sesso, ma che erano perlopiù ancora ancorate all’obbedienza e alla dipendenza degli uomini; si trattava, tuttavia, di un istinto inconscio di difesa che la donna attuava per i propri figli maschi e per difendere se stessa dal pericolo di un tradimento sentimentale (e non meramente fisico) del marito. La rapida avanzata delle donne su tutti i fronti della società iniziò a destare nell’universo maschile non poche preoccupazioni. La prima – avvenuta a guerra ancora in corso – è il diritto di voto ottenuto dalle donne con il decreto luogotenenziale 1° febbraio 1945 n. 23 (che sancisce il diritto di voto attivo; solo il 10 marzo 1946 viene riconosciuto il diritto ad essere elette, con esclusione delle prostitute schedate che esercitano al di fuori dei locali autorizzati fino al 1947, quando la discriminazione delle prostitute viene abolita). La seconda preoccupazione, invece, è scaturita dall’entrata in vigore della Costituzione il 1° gennaio 1948 che sancisce la parità dei diritti politici e civili fra uomini e donne. Nell’Italia Repubblicana, quindi, le donne iniziano a partecipare assiduamente nell’attività politica, ricoprendo comunque un ruolo meno “visibile” rispetto agli uomini. Questo nuovo protagonismo all’interno della società produce in molte attiviste un’acquisizione di maggiore dignità dinanzi all’uomo e una valorizzazione delle proprie capacità, che conferisce una nuova e più forte sicurezza soggettiva. Questo protagonismo si manifesta non solo nella sfera pubblica (con il lavoro femminile nettamente in crescita ed esteso in tutti i settori), ma anche nella sfera del privato (la percezione di tale mutamento porta alla crisi dei valori e ruoli patriarcali tradizionali). Si tratta di un quadro complessivo che rafforza nel senso comune l’impressione di un’inarrestabile avanzata del fronte femminile. Il dinamismo degli anni Cinquanta emerge anche guardando più da vicino i vari settori dei media: all’interno della cultura di massa e delle immagini di cui usufruiscono e sono protagoniste le giovani donne, infatti, emergono in modo più evidente i cambiamenti che stavano avvenendo. Le aspirazioni di autonomia delle 3 Ibidem 2 certo senso opposte: la mantide è una donna viziosa, insaziabile, immorale per definizione, una femmina all’ennesima potenza e per questo è irresistibile agli occhi degli uomini; la guerriera del matriarcato, la donna amazzone (che spesso coincide con la femminista) è al contrario virilizzata, spigolosa e asessuata, respinge gli uomini e ne è respinta, ma combatte incessantemente per metterli in un angolo, ridurli alla passività e sottometterli. 4. Un vizio contagioso: la questione medica e sanitaria Fino a buona parte degli anni Cinquanta, il discorso medico, criminologico, psichiatrico affondava ancora le radici nella scienza ottocentesca di Cesare Lombroso, che inquadrava la figura della prostituta nata come l’esatto corrispettivo dell’uomo delinquente. Questo approccio al comportamento “criminale” che riguarda anche la questione prostituzionale attraversa, quindi, il dibattito sul progetto Merlin. La prostituta era vista come un “oggetto” clinico diverso dalle donne “normali” e per molti osservatori, anche favorevoli al progetto Merlin, la prostituzione era una patologia psicofisica di cui la prostituta sarebbe stata più o meno affetta e che derivava da fattori ambientali e morali piuttosto che ereditari. Buona parte del dibattito sul progetto Merlin verte proprio sulla “moralità” della prostituta. Essa, infatti, era considerata tale non perché vittima della società, ma perché spinta dal vizio o da un sogno di ricchezza o, al pari dei delinquenti, perché vittima della sua stessa mente corrotta e malata. Tra le cause della prostituzione, infatti, non erano da escludere le caratteristiche innate di tali donne che erano considerate, in particolare quelle di origine borghese, “meretrici di istinto”. Queste opinioni trovavano appoggio anche nei sostenitori della legge Merlin: in particolare, Leone Lattes riscontrava nelle prostitute, tanto nell’ambito somatico che in quello psicologico, caratteristiche degenerative, debilità intellettuale e morale, precocità sessuale, instabilità, imprevidenza e omosessualità. Altre caratteristiche, quali peso maggiore rispetto alla statura, mano più lunga, diametri facciali e specialmente mandibolari più sviluppati venivano attribuite da indagini attraverso metodi antropometrici e bio-psicologici. Ma, principale caratteristica della psicologia della prostituta era la menzogna. Infine, altri parlamentari sempre favorevoli al progetto Merlin consideravano le prostitute come persone mentalmente tarate. Accanto a quelli che ammettevano una predisposizione organica alla prostituzione, vi erano quelli che, da un punto di vista clinico, continuavano a distinguere la prostituta dal resto della popolazione (sia maschile che femminile). Secondo questa impostazione la prostituta presentava ancora caratteristiche psicofisiche speciali acquisite, però, nel corso della sua esistenza. Ciò nonostante, i fautori di quest’ipotesi erano sostenitori della legge Merlin, anche se attuavano nei confronti della prostituta un carattere paternalista, da superiore a inferiore: la prostituta, infatti, non è una persona da porre al proprio stesso rango. Negli anni successivi all’entrata in vigore della legge Merlin, molte testimonianze maschili esprimeranno un sentimento nostalgico per la chiusura delle case di tolleranza, principalmente per il rimpianto di un rapporto sessuale igienicamente sicuro in contrapposizione al rischio sanitario insito nella prostituzione in strada. È proprio la questione sanitaria il perno del più aspro dibattito tra le opposte posizioni: per i contrari alla legge Merlin, infatti, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione cesserebbe di offrire un controllo sanitario efficace sulle prostitute che si tradurrebbe in un rischio maggiore nella diffusione di infezioni a trasmissione sessuale nella società (dove per società si intendeva esclusivamente il cliente della prostituta. Dal punto di vista sanitario, una delle principali questioni che la legge Merlin si prefiggeva di risolvere era quella di un accesso alle cure mediche rispettoso della dignità della prostitute e delle donne in generale. Nel marzo del 1952 giungono alla discussione nell’aula del Senato gli articoli 5 e 7 del progetto di legge Merlin che affrontano, rispettivamente, il divieto di sottoporre a visita coatta 5 le donne e la spinosa questione della vigilanza sanitaria sulla prostituzione dopo la chiusura dei bordelli. Con la modifica del quadro d’intervento sanitario previsto dal sistema di regolamentazione tramonta, quindi, definitivamente una procedura (quella della visita ginecologica coatta) da sempre odiata dalle donne, caratterizzata da aspetti umilianti e offensivi sul piano fisico e simbolico. 5. Il male minore e il sommo bene: la questione morale e politica Il dibattito sulla proposta di legge Merlin viene affrontato tenendo in considerazione due fronti: 1. la questione etico sociale: vi sono quelli favorevoli alla legge Merlin perché le case costituiscono un’offesa alla dignità della donna e perché gli uomini vedono nelle case di prostituzione quasi un invito all’abuso sessuale che comporta un’iniziazione al vizio e al malcostume; altri ritengono i tempi ancora non pronti per poter abolire i postriboli, sebbene d’accordo coi principi ispiratori della legge Merlin; infine, quelli che sostengono che le case chiuse hanno “un loro senso” anche sul piano etico-sociale; 2. la questione sanitaria: vi è chi è favorevole all’immediata chiusura dei postriboli; chi è favorevole in linea di principio, ma con seri dubbi sull’opportunità della legge nella situazione dell’epoca; infine, chi era contrario alla soppressione della regolamentazione. Questo scenario indica una caratteristica fondamentale del dibattito sulla legge Merlin, ovvero che quando si discutono gli aspetti morali della questione, il numero di quelli che si dichiarano favorevoli alla legge risulta nettamente superiore a quello dei contrari. Ciò dimostra l’esistenza di una forte e radicata motivazione etica alla base della soppressione della regolamentazione. Per i contrari alla legge Merlin la necessità dei bordelli si giustificava non solo per considerazioni di ordine sanitario, ma anche perché essi rappresentavano uno strumento di mantenimento dell’ordine sociale e morale, di cui la famiglia era l’architrave. In tal senso, la prostituzione regolamentata garantiva la tenuta della famiglia e svolgeva, quindi, una funzione di salvaguardia della moralità e dell’ordine pubblico poiché il bordello evitava all’uomo il pericolo di ricercare la soddisfazione dei propri istinti “naturali” in situazioni rischiose dal punto di vista sanitario e, inoltre, permetteva lo sfogo delle tendenze poligamiche del maschio in un luogo sicuro, controllato e lontano dalla società, garantendo la conservazione dell’equilibrio monogamico su cui si fonda la famiglia. L’opinione degli antiabolizionisti era che le case di tolleranza fossero il male minore che presuppone un bene da salvaguardare ad ogni costo, in questo caso l’unità e l’armonia familiare, ma anche il pudore e l’ordine pubblico. In regime di regolamentazione, la tutela del pudore pubblico si assicura rinchiudendo l’oscenità di un desiderio maschile incontenibile in spazi chiusi e lontani, per disposizione di legge, da luoghi di culto, scuole ecc. Abolita la regolamentazione, il principale reato perseguito dalla legge Merlin diventa lo sfruttamento della prostituzione. Viene posto al centro della scena il concetto astratto del pudore, al quale corrisponde una minimizzazione della dignità della donna, lasciando al di fuori un tema tutt’altro che estraneo alle dinamiche della prostituzione, quello della sessualità maschile. In questi anni, tuttavia, l’idea di considerare la sessualità maschile come un tema di pubblica discussione appare scabrosa e di difficile realizzazione poiché si tratterebbe di sottoporre a discussione uno dei principali fondamenti simbolici dell’ordine politico complessivo, ma anche di quello culturale, morale, mentale degli uomini in quanto genere e in quanto singoli individui. Qualcuno definisce “un salto nel buio” l’approvazione del progetto di legge Merlin se non accompagnato da altri provvedimenti e reso operate gradualmente. Non mancano, infatti, a quattro anni dalla sua approvazione, dolorose conseguenze della legge, quali l’aumento dei delitti a sfondo sessuale, atti osceni, violenze carnali, corruzione di minorenni, per citarne alcune. 6 Sul piano morale, per molti sostenitori del progetto Merlin era necessario sanare al più presto la “piaga della prostituzione”. In particolare, sono gli interventi provenienti dal mondo cattolico quelli sui quali si insiste maggiormente sulla moralità per sostenere l’abolizione delle case. Attraverso la loro impostazione principalmente moralistica, gli abolizionisti cattolici svolgono un’opera di mediazione fra il rigorismo perbenista e le ragioni emancipazioniste alla base dell’originario progetto Merlin. In cambio, i cattolici chiedevano e ottenevano un primato morale sulla questione e un ridimensionamento dei toni femministi. Un aspetto importante dell’approccio moralistico alla questione prostituzionale verte sul tema della “redenzione” della prostituta, problema che viene posto al centro dell’attenzione in seguito alla chiusura delle case di tolleranza. Anche sul tema della redenzione ci sono due punti di vista contrastanti: il primo, quello di chi ritiene che l’esercizio della prostituzione sia un fenomeno legato alla personalità “speciale” e immodificabile della prostituta, quindi non esiste la possibilità di “redimerla”; il secondo, quello di chi crede nella possibilità di riabilitazione delle ex prostitute ed è consapevole che uno dei problemi principali che la ostacolano consiste nel moralismo di coloro i quali non mostrano alcuna pietà nei confronti delle donne. Ne è un esempio una lettera di un’ex prostituta che non riesce a trovare un lavoro “onesto e onorato” poiché “il passato fa da muro e mi chiude ogni via d’uscita”4. Qui il tema del peccato assume un ruolo centrale, che viene superato nel processo di redenzione attraverso una rinascita virtuosa della donna. È in questa circostanza che nascono in questi anni istituti (cosiddetti “istituti di redenzione”) che offrono accoglienza e assistenza materiale e morale alle donne uscite dalla prostituzione. Nel complesso, le occasioni di dibattito pubblico in cui emerge un sostegno maschile alla legge Merlin, ispirato ad un principio di uguaglianza fra uomini e donne e su una maggiore libertà delle donne stesse nel pubblico e nel privato è decisamente minore rispetto alle opinioni d’ispirazione moralistica favorevoli al progetto. Tuttavia, non sono completamente assenti dal dibattito sul progetto Merlin temi sull’uguaglianza di genere, i diritti delle donne, i rapporti fra uomo e donna che cercano di superare dinamiche gerarchiche e rigidezze patriarcali e non mancano neppure discorsi maschili che criticano la logica misogina che alimenta e difende il regime della casa di tolleranza (tra i tanti interventi a favore, quello del senatore Lazzarino recita “Bisogna che noi ricordiamo che siamo seduti su questi banchi anche col voto delle donne e la donna non ci ha mandato qui a difendere i nostri egoismi, ma a difendere anche le sue libertà. Quindi noi non possiamo esimerci dal dare un voto favorevole alla legge Merlin”5). Inizia ad affermarsi lentamente nell’opinione pubblica maschile un senso comune più “moderno” e “civile” in merito alle relazioni di genere. Questo cambiamento si traduce anche nella scelta di fare un piccolo passo indietro rispetto ad un modello di identità maschile patriarcale, un presa di distanza dalla mascolinità tradizionale che, nonostante la sua rilevanza sul piano dell’evoluzione storica delle identità e delle relazioni di genere, contiene anche caratteri di ambiguità. Infine, il ruolo svolto da molti uomini di orientamento progressista nella vicenda del progetto Merlin è sicuramente decisivo. Nelle loro motivazioni ideali è possibile scorgere determinate concezioni dei rapporti di genere che da un lato, per il loro carattere “illuminato” e per la loro ispirazione etica offrono un contributo essenziale alla causa abolizionista, ma dall’altro (per la stessa ragione) evitano agli uomini di assumere fino in fondo i contenuti impliciti nella questione prostituzionale, che è imprescindibile dalla disuguaglianza di potere fra i generi in un dato contesto storico e dalle dinamiche del desiderio maschile. 4 Ivi, pg. 163 5 Ivi, pg. 164 7
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