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La legislazione sul lusso nella roma repubblicana- Leggi suntuarie, Sintesi del corso di Storia Della Costituzione Romana

Un percorso sulla legislazione suntuaria Romana nelle diverse epoche

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014
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Scarica La legislazione sul lusso nella roma repubblicana- Leggi suntuarie e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Costituzione Romana solo su Docsity! La legislazione sul lusso nella roma repubblicana Nel 22 D.C. l’edile C.Bibulo fece promotore presso il senato di una richiesta di interventi diretti a porre un freno al lusso e allo spreco, che dilagavano nella città. Ovviamente il senato affidò la decisione a Tiberio. Il principe si tenne ben in guardia all’accettare, in quanto affermò che i provvedimenti avrebbero potuto provocare danni maggiori alla repubblica, potevano essere inutili e , cosa peggiore, avrebbero infamato uomini illustri. Il principe sapeva bene cosa avrebbe comportato l’accettazione di tali proposte e fu prudente nel congedare Bibulo, dicendo che in caso di lusso dilagante sarebbero stati i magistrati a cercare di porre un freno, ma la decisione di tali questioni non spettava a lui. Tiberio sapeva che le precedenti leggi suntuarie erano state colpite da grande disprezzo e non voleva essere trascinato in un’impresa che, se pure moralmente giusta, no sarebbe stata apprezzata dall’elite romana. Detto ciò si capisce che i predecessori di Tiberio avevano già provato a creare una legislazione suntuaria , si ricordi Silla e Augusto, se pure con scopi e finalità differenti tra loro. Sappiamo che a Roma erano importantissimi i valori tramandati dagli EXEMPLA MAIORUM, tuttavia l’applicazione degli stessi era rimessa alla coscienza individuale e privata, ma data la condotta ormai non più etica che caratterizzava la classe abbiente romana, Augusto intendeva affidare alla costrizione legislativa una condotta conforme agli exempla maiorum. Tuttavia, come abbiamo gia sottolineato, le varie leggi suntuarie rispondono ad esigenze diverse così da poter ricostruire solo un modello unitario fittizio, così come esso è stato tramandato e si è sedimentato, attravrso soprattutto il dibattito che si sviluppò nell’Europa fra il 700 e l’800. Montesquieu: nel suo spirito delle leggi, dedica una buona parte alle leggi suntuarie relazionate con i diversi sitemi di governo, e in questa sede Montesquieu sembra apprezzare la scelta di Tiberio di non approvare una legislazione suntuaria, in quanto ritiene che la monarchia sia la forma di governo prediletta del lusso : la frugalità non era adatta ad un impero di questa portata, e che il lusso era una costante della corte e che avrebbe potuto portare benefici. Diversa è la posizione di Voltaire nel Dictionnaire philosophique: il lusso quando è sinonimo di eccesso non può che essere negativo, impertinente, così come il contadino che va ad arare con il suo abito buono o un borghese che si reca a teatro con l’abito di quel contadino. Così recitava dunque la massima di equilbrio e moderatezza del filosofo: est modus in rebus. A tal proposito è interessante l’opera di Pluquet , il Traitè, in cui Pluquet riprende la derivazione del termine lusso, traendone il profondo significato: LUSSO, sinonimo di lussazione, slogatura, così come l’osso, quando è slogato, non può compiere liberamente tutti i suoi movimenti ed adempiere alle sue funzioni, così l’uomo che è schiavo del piacere e degli oggetti non necessari ai suoi bisogni, fuoriesce dalla sua funzione naturale e non riesce ad adempiere le sue funzioni sociali. Così Pluquet mostra il lusso come un male, una distorsione della moralità umana, il lusso, apparente ancora salvifica dell’uomo, conduce in realtà all’infelicità. Capitolo 2 Il nucleo più antico delle leggi suntuarie è da rinvenire nelle XII tavole, con quelle norme, citate da Cicerone, che impongono un freno al lusso funerario. Tali norme sembrerebbero ispirarsi a un alto ideale, secondo cui di fronte alla morte si doveva sopprimere ogni distinzione di fortuna ( dati i pirei impinenti, cortei varipinti, bande e profusioni di ori nelle tombe che erano soliti adottare le famiglie abbienti). Tuttavia tutto il corpus decemvirale sembra pervaso da una sorta di linea imitatrice al lusso e , messi da parte gli alti ideali a cui si ispirava, il motivo concreto sembra piuttosto essere la crisi economica che stava attraversando Roma. Si cominciano a porre le basi per la costruzione di un’etica della città attenta a un uso accorto della propria ricchezza come dimostrano anche le leggi che tutelano il patrimonio familiare da un uso improprio del furiosus o del prodigus. Ma le argomentazioni riguardo il lusso diventeranno ben presto, intorno al III-II sec A.C., argomentazioni politiche destinate a scontrarsi: come in Catone la difesa della sobrietà quale valore etico fondamentale svolge una precisa funzione politica, in altri autori il sumptus identifica il cittadino illustre. Insomma si vengono delineando due opposti pensieri: l’uno, riconducibile a Catone, che sostiene la morigeratezza del cittadino, l’altro, il cui emblema rappresentativo è Licinio Crasso Dives, per cui la ricchezza e non la paupertas è l’espressione più elevata dei comportamenti sociali. La cosa importante da notare è come tali concezioni, oltre a rappresentare un modello etico, riguardante la sfera interiore dell’uomo, diventano anche modelli politici, modelli propagandistici. Infatti, in base all’ideologia della rappresentanza dello Stato, cambiano le strategie di politica interna ed estera, cambiano le decisioni e, in tal modo, l’assetto dello Stato, in base all’orientamento nell’uno o nell’altro senso dei gruppi dirigenti. Tuttavia, l’espansione di Roma, nel giro di solo mezzo- tra il III e il II sec A.C.-secolo porta con sé un mutameto profondo, si sostituiscono valori come il benessere personale equivalente a quello sociale, l’elogio alla povertà, con ideali completamente diversi. I Romani cominciano a conoscere la RICCHEZZA, ed è così che la società non è più ispirata al dispendio, alla paupertas, ma all’accumulo onesto di beni. Questo cambiamento di concezione si avverte anche nelle commedie di Plauto, dove la povertà viene vista in maniera negativa, e dove appare chiaramente la corsa alla ricchezza, quale aspirazione comune a tutti i cittadini. Emblematica la figura del servo Gripo, che crede di aver trovato un valigia piena d’oro e crede che questo evento stravolgerà la sua vita: potrà comprare campi, intraprendere la strada del commercio e diventare ricco, condizione di assoluta felicità. Un altro dato importante che emerge anche dall’opera De agri coltura di Catone è il fatto che il commercio sia visto di buon occhio da chiunque volesse cercare fortuna. Tuttavia il commercio, e in particolar modo quello marittimo, poteva essere particolarmente pericoloso e far perdere in pochissimo tempo l fortune accumulate da decenni dalle famiglie, ed è per questo che molte norme imitatrici ebbero come oggetto proprio il commercio marittimo. Un’altra emblematica commedia di Plauto e il Trinummus ( le tre monete), date come ricompensa a u sicofante da un giovane scialacquaore che chiede bugie per salvarsi dalla difficile situazione in cui viene a trovarsi, ed interessante è il dialogo tra la lussuria e la povertà: dove la dissipatzza ha esaurito il suo compito , subentra la miseraia. E in due modi un giovane può dissipare il proprio patrimonio: con il commercio marittimo e il commercio degli schiavi. Un altro imposrtante motivo che emerge dalle commedie è l’importanza del patrimonio tramandato dagli antenati, che apriva le porte a un brillante cursus honorum: i beni che con fatica avevano accumulato e trasmesso gli antenati erano preziosi i dovevano essere conservati e tramandati a loro volta ai discendenti, dissiparli equivaleva chiudere le porte a qualsiasi carica pubblica;una cattiva condotta, un cattivo tenore di vita potevano rovinare le fatiche di anni, anche a quest’esigenza dovevano rifarsi le leggi suntuarie. Vi sono diversi modi di pensare riguardo la ricchezza e la sua acquisizione e quello che è il modo di pensare, in linea di massima, della classe dirigente ci è dato da Cicerone: la ricchezza è un bene quando l’incremento del proprio patrimonio non è pregiudizievole per gli altri, quando è funzionale alla collettività, quando non si limita all’accumulo egoistico di beni conservati solo per sé, ma quando tale accumulo di ricchezza viene utilizzato per aiutare i propri amici e allo Sato in caso di bisogno. L’incremento è benevolo quando risponde ai criteri dell’onestà, della diligenza, della soliferietà, e mai a quelli della lussuria e del capriccio. Anche i segni esteriori della ricchezza devono rispondere a tali criteri ed essere “intelligenti”: una casa di un ricco proprietario non dovrà essere bella fuori, ma spaziosa dentro cosicchè la ricchezza non sia un decoro ma motivo di funzionalità per il padrone. Cicerone, poi, distingue i diversi tipi di generosità: la prodigalità e la liberalità. La prima, forma negativa e colpita dalle leggi suntuarie, è la profusione del denaro tramite gesti futili, che non portano nessun concreto giovamento ( allestimento di enormi banchetti, spettacoli gladiatori, ecc.). la giusta forma di profusione del denaro è quella derivanti dalla liberalità , consistente in gesti come la liberazione degi amici dai debiti, la sistemazione delle loro figlie o la riscossione di un servo. Altra regola etica era la ricchezza non egoistica, non per sé, ma per la propria famiglia, i propri amici, il proprio Stato! Cicerone, però, non cita mai la legislazione suntuaria, o per preservare i pensieri filosofici per cui l’opera era destinata o per la scarsa incidenza di tale normativa. Tuttavia ben presto comincia ad emergere la ricchezza del singolo intesa quale valore, forza militare, l’arricchimento diventa sempre più connesso all’arricchimento di guerra, tramite i bottini. E sarà la vittoria di Manlio Vulsone in Asia a determinare la dilagazione del lusso a Roma: i soldati portarono dall’Asia letti decorati di bronzo, tessuti preziosi, suppellettili di valore, i banchetti cominciarono ad essere popolati di danzatrici e suonatori e cominciò un processo difficile da gestire Capitolo 3 La prima lex contro il lsso, estranea al catalogo più tardi definito da Macrobio e Gellio, è la lex Metilia de fullonibus, poco nota sia nel senso sostanziale che nel senso politico. Secondo la storia questa lex sarebbe stata emanata con un plebiscito del tribuno M.Metilio. La nostra unica fonte è Plinio, il quale la cita parlando dei diversi tipi di cera utilizzati dai fullones, e afferma che Metilio avrebbe trasformato in plebiscito la proposta contenuta nell’editto dei censori C.Emilio e L.Emilio del 220. Tuttavia sorgono non pochi problemi riguardo la veridicità di tal fonte, in quanto Metilio sarebbe stato tribuno della plebe nl 217 e si sarebbe distinto per diversi suoi atti. Tale lex appare legata anche al nome di Flaminio . Pertanto si è affermato che Metilio possa essere stato tribuno per due volte nel 217 e nel 220, tuttavia la cosa è improbabile, mentre appare molto più probabile che vi siano due diversi Metili, uno operante nel 217 e uno nel 220. Inoltre Plinio parla di una lex sottoposta al voto popolare e dunque più di un plebiscito si tratterebbe della proposta di un pretore; e un pretore del 220-219 non avrebbe mai accettato la carica di tribuno della plebe nel 217. Tuttavia non si capisce bene la portata di tale lex, in quanto non sembra credibile che sia stata volta a limitare l’attività dei fullones. Cerchiamo di ricavare altre notizie dal testo pliniano: questi, parlando dei diversi tipi
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