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La letteratura italiana dalle origini al Cinquecento, Appunti di Letteratura Italiana

Appunti presi parola per parola sulla letteratura italiana che va dalle origini al Cinquecento. Non comprensivo di sezione antologica.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 08/04/2024

camilla-lodini
camilla-lodini 🇮🇹

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Scarica La letteratura italiana dalle origini al Cinquecento e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Letteratura italiana A Modulo 1 Storia della letteratura italiana - Dalle Origini al Cinquecento A.A. 2023 – 2024 1 Index La poesia siciliana La poesia umbra La ballata La poesia toscana • Il dolce stilnovo • Dante • Petrarca Boccaccio L’Umanesimo • Alberti • Manetti L’Umanesimo volgare • Pulci • Lorenzo De Medici • Poliziano L’Umanesimo nel nord Italia • Boiardo • Ariosto • Machiavelli • Guicciardini Il trattato • Castiglione • Della Casa L’anticlassicismo rinascimentale • Berni • Folengo • Ruzzante 2 quasi sempre un amore fallimentare proprio perché la donna è di estrazione elevata). La descrizione della figura femminile è inoltre convenzionale. Tuttavia, dice che questa poesia è nuova e la novità è il modo in cui vengono riproposti i temi. Innovazione dei temi Nella poesia provenzale, al centro c'è la donna, mentre nella poesia siciliana diventa no più important i l'uomo e la rappresentazione delle conseguenze che la visione della donna determina nell’animo maschile. Si parla nello specifico di fenomenologia dell'amore, cioè il vedere la manifestazione dell'amore all'interno dell’animo maschile. Jacopo dice che, come un pittore fa un quadro, l'uomo nel suo cuore fa un quadro della donna amata, e insiste su questo. Il processo della vista è molto importante e si basa sulla medicina dell’epoca. Si riteneva nello specifico, che l'occhio fosse uno specchio (quindi, signor Wilde, no, non è stato il primo ad arrivarci). L'uomo credeva che noi potessimo vedere perché interiorizziamo e proiettiamo le immagini, i fantasmi, degli oggetti nella camera immaginativa, che li proietta sul cuore. C’è poi la memoria che ci consente di ricordarli. La vista diventa, per Da Lentini il tramite per mezzo del quale l’amore può realizzarsi. Gli occhi trasmettono al cuore che raccoglie ogni cosa. Quindi quando i poeti siciliani dicono di avere la donna dentro di loro sono convinti che sia così. Questo determina quindi un amore autosufficiente: basta vedere una volta la donna per esserne innamorati perché ella viene cristallizzata nella memoria. Conta poco l'oggetto concreto che suscita l’amore; si insiste sugli effetti nell’animo dell’uomo che guarda quella figura quando non c’è più. Le donne hanno tutte gli stessi caratteri fisici: tutte bionde, pelle chiara, ecc… Una parte delle poesie cerca di far capire cosa succede nell’animo innamorato. I sonetti non sono singoli spesso, ma ci sono corone di sonetti, sonetti che parlano dello stesso argomento. Rapporto tra amore e fede vv. 25 e seguenti: Da Lentini dice di aver dipinto una figura nel suo animo. Un credente non vede davanti a sé l'immagine di Dio ma la contempla dentro di sé e chi è innamorato fa la stessa cosa; non vede la donna davanti a sé ma la contempla dentro di sé. L’amore viene quindi presentato come se fosse una specie di fede. Qui non c'è tensione tra amore e fede; dice infatti che l'amore viene innalzato ad un livello così elevato che prende il posto della fede e questo dipende dal fatto che la corte siciliana è laica. Usano la fede per sublimare l'amore al sommo grado. Si porta l’attenzione alla penultima stanza: Jacopo dice “assai v’aggio laudato, madonna, in tutte parti,”: sostanzialmente l’autore dice di aver elogiato le bellezze della donna amata in tutti i loro aspetti. In realtà nelle strofe prima non vi è alcuna descrizione fisica della donna; le parti della sua bellezza non sono né elencate, né descritte, né rappresentate. Ciò significa che non vi era una necessità di raccontare direttamente la donna, ma che la rappresentazione degli effetti prodotti dalla donna sull’animo dell’uomo è un elogio della bellezza femminile stessa. Lo scopo non è di tipo descrittivo naturalistico, ma è uno scopo di tipo analitico di rappresentazione della bellezza femminile. Subito dopo Jacopo precisa la sua sincerità nell’elogiare la donna, anche se ella non manifesta esplicitamente di ricambiarlo (sia nella poesia cortese sia in quella siciliana l’amore non è mai pienamente ricambiato). “sacciatelo per singa” anche se io non dico a lei quello che provo, voi donna, potete saperlo ugualmente “per singa” ovvero attraverso i segni esteriori (singa è una metatesi di signa). Cfr Saffo, Catullo. Il comportamento dell’uomo manifesta esteriormente quello che è il suo animo è questo l’elogio della donna espresso nei versi precedenti; alla vista della donna l’uomo non riesce più a parlare, si impappina, abbassa gli occhi,… Questo è un comportamento peculiare del poeta siciliano. Dal punto di vista linguistico e metrico si notano alcuni aspetti: 1. Nei versi appena letti “sacciatelo per singa” dal punto di vista linguistico è un verso piuttosto strano. “sacciatelo” è una tipica forma meridionale e siciliana e “per signa” è 5 una forma utilizzata prettamente in ambito toscano e dalle origini latineggianti. Ciò dimostra che la poesia siciliana è linguisticamente composita (si compone di forme dialettali meridionali, latinismi, provenzalismi, forme francesi, espressioni di altra provenienza). Non è una poesia che piace a Petrarca che invece propone una poesia pura linguisticamente. 2. Nel testo, come in altri testi, viene usato in maniera occasionale un tipico artificio della poesia cortese definito “coblas cap finidas” (dal provenzale coblas “strofe”, mentre "cap finidas" significa che finiscono con la stessa parola con cui comincia la strofa dopo). È molto diffuso nella poesia cortese ed è tipicamente orale (infatti la poesia cortese trova le sue origini nel fatto che venisse cantata in pubblico). Le poesie provenzali non hanno uno svolgimento logico così marcato, ma assomigliano abbastanza alla nostra musica leggera. Di conseguenza il nesso tra le strofe non è così stringente dal punto di vista argomentativo. All’interno della poesia provenzale, l’artificio della coblas cap finidas serviva per memorizzare l’ordine delle strofe. Nella poesia siciliana questo artificio non viene più utilizzato in modo sistematico (poiché è una poesia scritta e non orale) e viene utilizzato non per uno scopo pratico, ma come eredità di una tradizione precedente. Ultimo verso della prima strofa con la strofa successiva (riprende lo stesso verbo e lo stesso concetto). Nella poesia provenzale le due parole invece sono proprio uguali. A livello metrico incontriamo quella che noi definiamo “rima siciliana”. Qualche rima, la maggior parte, è “normale”, ma alcune rime come “ora-fintura-figura” non rimano propriamente per noi. Sembrano delle parole che in sé non rimano. Questo succede perché in origine, nella veste siciliana, la rima era una rima assolutamente regolare. In siciliano non si dice “ora”, ma “ura” e quindi ura-figura-pintura rimano perfettamente. Tali differenze testimoniano che i testi a noi pervenuti siano stati manipolati da copisti toscani che hanno modificato la veste linguistica del testo originale. Essi adattavano dal punto di vista linguistico il testo originale in veste toscana. Coloro che hanno letto successivamente le poesie hanno pensato che fosse un’intenzione voluta dai poeti siciliani. L’alterazione è un’alterazione pesante poiché interviene non solo sul vocalismo, ma anche sulla veste linguistica delle parole per cui noi non sappiamo con precisione come suonassero in origine questi testi. Per molto tempo si pensava che in realtà i colleghi siciliani avessero avessero volutamente mischiato toscano e siciliano. Alla fine del 1700 è stato scoperto un unico testo integrale scritto in siciliano e si è capito che tutto ciò che si pensava della poesia siciliana era completamente falso: i siciliani scrivevano in siciliano, malgrado i latinismi e le cose per fare i fighi. I siciliani, quindi, scrivono in siciliano benché questo fosse di tipo più alto rispetto a quello parlato. Le modifiche vengono fatte quindi dai copisti. IO M’AGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE (Jacopo da lentini) Sonetto giocato su rapporto religione - amore, ma dice cosa scandalosa: ha deciso di restare a servizio di Dio per poter arrivare in Paradiso. “Come” del titolo ha valore finale. Ma dice che va solo se la sua donna va con lei mette amore a livello superiore di fede→ cristiana. Siciliani molto liberi e laici in modo quasi esasperato, non si preoccupavano di implicazioni religiose. Poeta smentisce l’opinione di chi pensi che egli abbia visione edonistica e materialistica della vita e miri solo alla lussuria. Dice al contrario di voler contemplare la bellezza della donna. Qui le parti di bellezza sono elencate (ma non descritte). Poesia molto rarefatta, priva di concretezza materiale, che si compiace semplicemente della contemplazione (ecco la similitudine alla fede), senza dimensione materiale e concreta. Bellezza della donna è così sublime che la rende quasi una creatura divina che risiede nella gloria del paradiso. Non si vergogna a dire che predilige ammirare la gloria piuttosto che Dio. LINGUA E METRICA 6 Rima siciliana (servire, dire, gire, gaudere). L’originale sarebbe stata in -iri. Rima alternata, tipica di poesia siciliana (30-35% poesia) ABA BCB CDC DCD. Ma ancora più diffuso è CDE CDE. Insieme, le due forme coprono l’80-85% circa. Terzine hanno schemi più liberi. Ghiora al posto di gloria: forma tipica del toscano popolare, quindi sicuramente frutto del riadattamento dei copisti toscani. Non conosciamo però l’originale perché non abbiamo il testo originario. PIR MEU CORI ALLEGRARI Pir meu cori alligrari Stefano Protonotaro, la poesia sopra citata è scritta interamente in siciliano. La fortuna, oggi, di possedere almeno un testo in siciliano è fornita grazie a un umanista che nel Cinquecento riesce a trovare un codice in cui sono presenti alcuni testi in siciliano; a quei tempi l’importanza di questa scoperta non è riconosciuta. Infatti, questo codice sparisce di nuovo, e ancora oggi non si sa dove sia. In questo codice i testi dei siciliani sono scritti in siciliano. L’umanista copia alcune parti del codice e copia integramente la canzone “Pir meu cori alligrari", una strofe di un'altra canzone prodotta da Guido delle Colonne e le ultime due strofe finali di un’opera di Renzo (che chi cazzo sia lo sa solo lui). Ergo si hanno un testo intero, arrivato solo in siciliano e quindi non comparabile con una versione toscana, e parti di altri due testi trascritte in siciliano, arrivate a noi in siciliano e in toscano. E’ l’unica poesia siciliana che ci è giunta intera. Completamente diverso rispetto ad altri testi, perchè è proprio in siciliano! E’ una canzone: la canzone siciliana subisce forte irrigidimento, ma in Petrarca la canzone cambia. Alessandro Guidi modifica già canzone Petrarchesca, ma solo Leopardi le scardina. Strofe da 5 a 7; può avere un congedo incluso in ultima strofe o separato (in questo caso è separato). E’ una strofa più corta. Endecasillabi e settenari alternati in modo libero, deciso dal poeta quando scrive la prima strofe, ma deve mantenerla regolare per tutto il componimento. Ogni strofa (o, meglio, stanza) è divisa in due parti nettamente distinte: • (la) fronte (v 1 – v 11) prima metà della canzone. • (la) sirma (o sirima) (v 12) qui è unica. Tra le due c’è forte pausa concettuale ( ; oppure .) • fronte divisa in due piedi: 1-3, 4-7. • sirma non più divisa. In Petrarca è divisa in due parti uguali (volte) e un verso in più (chiave). Struttura: ABC ABC CDD EE CONTENUTO Forte persistenza della poesia provenzale. Narra la gioia dell’uomo innamorato. In seconda parte riconosce che prima della gioia c’è il dolore, la fatica di conquistare l’animo della donna amata, che causa dolore in animo di uomo innamorato. Amore è descritto come servitù (sirviri e penari). Quando donna accetta questa servitù, la sofferenza si trasforma in gioia. Se sia l’uomo sia la donna sono feriti dalla stessa lancia, sono felici entrambi e guariscono entrambi perché sono innamorati. Nel mito greco si diceva che Peleo avesse una lancia in grado di infliggere ferite terribili. Se Achille piantava la lancia dove era stata puntata la lancia del padre, la ferita guariva (erano lance complementari). • immagine della tigre che guarda lo specchio (v. 23). Prova la stessa dolcezza della tigre che si guarda allo specchio(bestiari, lapidari… libri prima in porsa poi versi che trattavano le caratteristiche degli elementi ad es naturali, ma nozioni inventate e interpretate simboligìcamente. Nei bestiario medioevali la tigre era vanitosissima e cacciatori per cacciarla usavano specchio per attirarla perché si guardasse). Cacciatore butta frammenti di specchio a tigre con cuccioli tigre si guarda e→ dimantica i cuccioli cacciatore prende i cuccioli.→ • Protonotaro riprende testo di Rigaud de Berbezhil, trovatore provenzale. Siciliani 7 Visione contemporanea di San Francesco è falsa e artificiosa: a volte ha comportamenti allora ritenuti indecenti (es. si svestì in pubblico). Lui stesso si definisce giullare di Dio: aveva comportamenti al tempo ritenuti buffi, giullareschi. Giullari: buffoni di corte (non puoi fermare questa voglia di ballaaaareeee) La fortuna di Francesco è nell’aver incontrato un papa aperto come Innocenzo III, ma badate! Non è un patato: fa bruciare tutti gli eretici, in accordo con la Francia. Innocenzo III permette attuazione di regola francescana, ma è molto diffidente (anche i domenicani li odiano): solo Onorio III mette per iscritto l’approvazione della regola francescana. Tema Giudizio postivo di Francesco verso natura e materia (posizione minoritaria rispetto ad atteggiamento prevalente del cristiano nel Medioevo). Opposta è la visione di Innocenzo III, che scrive De Contemptu Mundi ciò che ci lega→ alla vita terrena deve essere disprezzato. Per definizione, le creature di Dio portano impresso il sigillo del creatore; tuttavia esse non sono belle e piacevoli in sé, ma in relazione al Dio creatore. Ma esiste un passaggio tra la realtà terrena e la realtà celeste. v.9 il sole «de te, altissimu, porta significatione» All’interno dei padri della chiesa (Filone di Alessandria), sole rappresentato come simbolo di Dio nell’ordine dell’Universo. Testimonia come creature portino immagine di Dio: guardandole possiamo avere un’idea (INCOMPLETA) della grandezza e della bellezza di Dio. Dibattito: cantico scritto in un’unica volta o a più riprese? (unitario o in successione). Leggenda francescana vuole tre diversi momenti di composizione. Espressione ricorrente «per»: legato al significato che noi attribuiamo al genitivo. Genitivo latino: • soggettivo (creature lodano Dio) «per»: complemento d’agente: sii lodato, Dio,→ DA tutte le tue creature. Sarebbe un francesismo (per = par, “da”, compl. d’agente). Oggi è un’interpretazione non stimata. • oggettivo (creature sono lodate da poeta che scrive) tu sia lodato, Dio, a causa di→ tutte le tue creature. Cambia completamente l’interpretazione generale. Qualche francesismo c’è, sia in questo cantico sia in altre opere di San Francesco. Altre due interpretazioni possibili (dal professore preferite) 1) «per»: complemento di mezzo (sii lodato per mezzo delle tue creature) 2) «per» = δια greco (sii lodato nelle tue creature) (forma di tipo mediale-locativo) (preferita dal professore per due ragioni) • contenutistica: nelle creature c’è il sigillo di Dio. Si lega al concetto di creature come manifestazione concreta della perfezione di Dio. • Prima di iniziare a lodare le creature, dice che le lodi devono essere rivolte soltanto a Dio cose materiali lodate in modo → indiretto in quanto create da Dio. In più, dice «et nullu homo ene dignu te mentovare». Se Francesco dice che Dio non si può nominare direttamente, ma è l’unico degno di essere lodato, può essere lodato nelle sue creature, attraverso di esse, che sono una manifestazione indiretta della sua perfezione. Francesco non conosce il greco, ma conosce bene le sacre scritture: il greco δια viene tradotto in latino con «per» presenza, nel cantico, delle forme della liturgia.→ Francesco giudica positivamente le creature, secondo modalità proveniente da S.S. e accettabile da mentalità medioevale. Creature sono utili alla vita dell’uomo (al v 15 la sora acqua è definita utile). Gli elementi del creato servono: attraverso la loro alternanza crescono cibi, piante ed elementi capaci di dare sostentamento all’uomo). Nella Genesi, Dio ha creato il mondo perché gli uomini potessero servirsene per i propri bisogni. Ma Francesco aggiunge un elemento straordinario: loda le cose non solo per la loro 10 provenienza, ma per la loro bellezza (vedi testo). Molti aggettivi riferiti ad apprezzamento estetico del mondo naturale. Ammirare il mondo per la propria bellezza era un fatto pressoché unico nel mondo medioevale. Anche la morte è giudicata in termini positivi (vv. 27 – 28), perché ci conduce dalla vita terrena alla vita eterna. Contrappone però due morti: • la morte corporea: per quanto il corpo sia bello, è caduco di per sé. • la morte dell’anima (v): irreversibile e non prevede salvezza. L’u nica creatura che pecca è l’uomo, tutti gli altri elementi sono buoni di per sé, ma hanno un limite: sono strumenti. L’uomo può scegliere tra il bene e il male; deve mantenere rapporto di amicizia con creato, suoi simili, Dio. L’uomo medioevale non ha paura della morte: è convinto che ci sarà un’altra vita. La paura della morte nasce culturalmente nell’Umanesimo, quando l’importanza viene attribuita all’uomo e alla vita umana, e nel ‘500 si impone fermamente. Umiltà’: tratto fondamentale cui è riservata molta importanza nell’opera. Anche l’acqua è definita pura, umile e casta. E’ un tratto che l’uomo deve cercare di far proprio. Nota: Il cantico è un testo quasi sconosciuto dopo la morte di Francesco, resta solo in una piccola tradizione francescana. Lo stesso Dante, che parla diffusamente di San Francesco e del francescanesimo, non sa della sua esistenza. Forse tutto questo si deve alla differenza che questo testo presenta rispoetto al resto della sua predicazione, cui è riservata molta più attenzione. 11 LA BALLATA Forma usata, che è anche la prevalente dei laudari medioevali, è la ballata, una forma semplificata di canzone, formata da strofe (qui 3 versi che rimano fra loro quartana,→ terzana, cotidiana sono le tipologie di ballata). La ripetizione delle rime finali di una strofe proviene dalla poesia cortese, dove le strofe che finiscono con la stessa sillaba si chiamano coblas unisonnans (strofe che presentano nel verso finale sempre la stessa rima per tutto il componimento. Si trovano anche nei componimenti siciliani). Nella ballata, oltre alle strofe, ci sono due versi a rima baciata, detti ripresa (o refrain o ritornello), recitati uguali alla fine di ciascuna strofe. In questo modo le strofe divengono perfettamente simmetriche (ho 3+3 versi che ripetono la stessa identica rima). IACOPONE DA TODI Francescano, ma testi diversissimi e talora radicalmente opposti ai testi di Francesco. Dopo vita dissoluta si converte radicalmente al cristianesimo e intraprende un percorso ascetico. Al contrario di Francesco, considera i beni materiali e le cose materiali (es. corpo) come da disprezzare e mortificare. Auspica che su di lui si abbattano le sofferenze peggiori, che provi tutto il male possibile, che diviene catartico. Invoca che Dio mandi su di lui tutti i mali possibili. Opposto quindi dal pto vista ideologico, ma anche sul piano delle scelte espressive: • Francesco imitava i salmi biblici • Jacopone usa forma in rima molto più facile, ripetitiva, versi estremamente scanditi: la ballata. • Versi per lo più ottonari (il verso metricamente più facile e ripetitivo: ha accento II V VII, estremamente musicale, tipico della poesia popolare). Talora “maltratta” il verso: per lo più sono ottonari, ma a volte abbiamo apparenti novenari e apparenti decasillabi, ma nessuno dei due lo è propriamente. Si tratta sempre di ottonari travestiti: hanno accenti dell’ottonario, ma anche qualche sillaba in più all’inizio. Fenomeno: anacrusi: ad un verso, senza cambiare gli accenti, aggiungo una o più sillabe iniziali. L’effetto è un ritmo molto monotono, ma con ritmo un po’ zoppicante v.11 «mal degli occhi e doglia di fianco» Altri elementi che riconducono JDT a poesia popolare: • Forme dialettali locali. Mentre la lingua di Francesco è comprensibile, quella di Jacopone è locale (es. elementi topografici a noi sconosciuti, noti solo ai locali). Per esempio, v.44 Riguerci → luogo con una faglia. Deduciamo dal discorso che vi potesse essere un lazzaretto. • Lingua molto localizzata e pregna di riferimenti a noi quasi incomprensibili. • Rime non perfette. Jacopone, è stato appurato, è un poeta coltissimo, conosce poesia provenzale e coblas unisonnans, conosce poesia siciliana (es. rime imperfette rivedi lez. 1). Vuole conferire ai→ suoi testi un’idea di approssimatività questo perché ritiene che cultura e sapienza di→ questo mondo è stoltezza agli occhi di Dio (come diceva …). Quindi Jacopone, colto e dotto, sceglie di trascurare una forma curata e costruisce un’idea di approssimazione. PUBBLICO: gli altri frati del suo convento e nessun altro. Allora scrivere secondo la parlata locale e fare riferimenti ad elementi noti soltanto a coloro cui ci si rivolge, crea ambiente chiuso e diviso dal mondo. In un certo senso, conferisce al discorso una veste più “intima”. O SEGNOR, PER CORTESIA 12 LA POESIA TOSCANA In Toscana • poesia raffinata → dolce stilnovo • poesia pregna di metafore oscene, dettagli imbarazzanti → poesia comico- realistica. Per molto tempo si pensava che distinzione fosse ideologica, in riferimento alla visione della vita. Da un lato modello d’uomo sublime, dall’altra materiale e spregevole. Questa chiave di lettura durato fino alla fine dell’800 (piacevano agli Scapigliati). Per noi, calibrare esattamente significato della poesia comico-realistica non è facile. Comico-realistica: usate in modo diverso rispetto al moderno. Non sempre fanno ridere (70 – 80% sì, ma ad es. Folgore da San Gimignano no). Il comico va inteso secondo la retorica degli stili: 1. basso – commedia (comico) ri→ ferimento solo al registro linguistico, legato qui agli oggetti quotidiani. 2. medio - elegia 3. alto – tragedia Realistico: noi intendiamo rappresentazione fedele della realtà. In questo caso non capita: Folgore è realistico, ma altri testi no (es. s’i fosse foco di Angiolieri). Qui emerge una visione della realtà da vicino, il poeta presta attenzione a dettagli della realtà cui la letteratura solitamente non lascia spazio. Si trova un’esagerazione ad es degli elementi fisici, oppure vengono riportati i nomi propri degli abitanti. A volte iperboli, esagerazioni di dati apparentemente realistici. Lettura che dice che è parodia ha un problema: anche autori stilnovo hanno scritto testi comici (amore presentato in modo opposto rispetto a tipiche poesie stilnovo, es. Guinizzelli testi amore alto e testi carattere comico). → Cavalcanti non esplora comico; Dante ha anche produzione comica! A noi giunta in parte. Anche ad es. Rustico Filippi e altri hanno produzione alta. Non è autore stilnovista, ma scrive sonetti di carattere cortese ( legame→ con provenzale). Non si tratta quindi di idee, ma generi, modi, stili diversi, non di motivazioni ideologiche. Anche questa posizione ha problemi esegetici: nel Canto XXII del Purgatorio Dante incontra l’amico Forese Donati (hanno violenti scambio di invettive, sul modello della tenzone: Dante lo accusa, probabilmente in maniera scherzosa, di essere un pubblico ladrone, tanto che ha una cicatrice in volto, segno distintivo lasciato ai ladri. Accusa la moglie di Donati di essere di facili costumi e dedita alla sodomia. Se fosse solo un gioco, si capirebbe come Dante abbia un senso di disagio rispetto agli scritti giovanili). In questo canto, Dante fa un’ “ammissione di colpa”, si scusa nei confronti di Forese e di sua moglie, della quale dice che è l’unica donna virtuosa genuinamente in una Firenze macchiata da vergogne e costumi deprecabili. Quindi, questi versi sono modalità differente di fare letteratura, ma non da prendere assolutamente sul serio, ma piuttosto come gioco letterario. Per interpretarli bene, dovrremmo tener conto di relazioni interpersonali fra persone, contesto privato e sociale, cose che non conosciamo e, se sì, in modo decisamente approssimativo. A VOI, MESSERE IACOPO COMARE (RUSTICO FILIPPI) Autore di un canzoniere dipartito: metà di carattere cortese, metà comico. Parte comica dà problemi: • interpretativi • di comprensione precisa del discorso. Questo perché Rustico fa moltissimi riferimenti a vita contemporanea di Firenze (es. nomi di personaggi, sui quali non abbiamo alcuna notizia sicura. In taluni casi intuiamo propriuo dal testo di Rustico o da altri suoi testi [ad esempio, qui Messer Iacopo Comare può essere attribuito a due personaggi (vedi scheda), forse ad un terzo, Iacopo da Leona]. 15 Il riconoscimento del personaggio non è indifferente: non sappiamo il loro rapporto con lui e con la società, dunque non possiamo conoscere la connotazione del testo (reale, critica, scherno amichevole). Testo pieno di ironia e allusioni. Questo testo nasce nel contesto comunale e si relaziona a questo mondo. Sarebbe indispensabile la conoscenza del contesto socio-politico. E’ evidente un’intonazione fortemente polemica e oltraggiosa (es. primo e utlimo verso), ma non ne conosciamo l’intento. • Comare e donzello ha connotazione oscena: senza dubbio allusioni all’omosessualità. Altre immagini all’interno del testo riconducono all’omosessualità. • Elemento del denaro è frequentissimo nella poesia comico-realistica (trascurato invece da stilnovo, che presenta un mondo rarefatto e idealizzato, privo di denaro). Realtà importante nella Toscana: Firenze e altre città sono le prime che presentano passaggio da feudo a mercantato. Modello molto più dinamico, con attività economiche, commerciali e (nuovo!) bancario. Denaro quindi è importante per vita benestante in città. Denaro rappresenta un valore (in Dante, al contrario, rappresenta un disvalore. Il fiore (fiorino) ha portato corruzione morale e materiale. Spesso usato anche per indicare potenza sessuale. • vv. 12-13: lui sta con Fastello (lett. mannello di rami, allusione all’organo genitale maschile fastello è molto dotato) fintanto che quello gli dà soldi (si prostituisce).→ Altra interpretazione: denaro è soltato metafora per indicare potenza sessuale: egli sta con fastello fintanto che quello è sessualmente dotato. • “Hai conosciuto Fastello” → conoscere in ambito sessuale. • Monna Nese: non si sa chi sia esattamente, ma intuiamo che si tratti di un triangolo amoroso, benché i suoi termini non siano chiari. • Molte allusioni di carattere politico (non esplicite). Questo sonetto è legato ad altro suo sonetto in cui si rivolge a Fastello (che forse era podesta cittadino) riferimenti→ politici alle divisioni politiche molto forti. CECCO ANGIOLIERI Famiglia benestante, ma si lamenta di non avere soldi e di padre che non gli permette di vivere la vita che vorrebbe. [Nell’Ottocento considerato predecessore dei poètes maudits, ma poi detto che poesie di Angiolieri hanno carattere scherzoso. Alcune notizie, tuttavia, affermano che Angiolieri muore davvero in povertà (es. documenti attestano che lui e fratelli rinunciano all’eredità paterna famiglia in grave crisi economica, grandi debiti. Ma non si dìsa bene perché. Ha→ sperperato i beni? Ha subito traversie?)] - Da non prendere fino in fondo: non vuole uccidere padre e madre, non vuole sovvertire l’ordine del mondo. Sì però ama la bella vita. TRE COSE SOLAMENTE M’ENNO IN GRADO Solo tre cose sollevano l’anima: • Donna • Taverna: amici, bere, mangiare • Dado: gioco d’azzardo Ma questi sono temi letterari: appaiono già nei carmina burana Carmina burana: testi in latino degradato composti dai clerici vagantes, che si spostavano da un’università all’altra. Anche detti goliardi. Anche in questo caso difficile dire se questi clerici v. fossero davvero anticonformisti radicali cacciati per tendenze eversive. Vero è che questa tradizione dei carmina burana è stata ripresa come una specie di topos letterario (ripresa nella poesia di Angiolieri). 16 La sua borsa lo sbugiarda: non ha abbastanza soldi per condurre la vita che vorrebbe e soldi sono importanti per farlo. differenza fra giovani e adulti. In quegli anni sta nascendo la→ borghesia, quindi i padri tengono i soldi da parte, mentre i figli vorrebbero spenderli di più. Vv 10-11: falconi tenuti a stecchetto: più erano affamati, più attivi e reattivi erano durante la caccia. BECCHIN’AMOR! Tematica amorosa. La donna amata si chiama Becchina (nome fittizio, in questo caso segnal: in stilnovo, usato per descrivere la caratteristica principale della donna indicata (es. Beatrice Beatrix, portatrice di beatitudine). → Qui Becchina: beccare = avere rapporto sessuale. Dare da beccare: concedersi sessualmente (opposto di Beatrice). Vena di parodia letteraria è presente, perché ci troviamo di fronte a una specie di commedia: uomo cerca di sedurre la donna, la quale fa resistenza in questo sonetto. L’impressione è di trovarsi di fronte ad una manfrina scherzosa). Genere letterario del contrasto: genere in cui ci sono due personaggi che discutono animatamente fra loro assumendo posizioni opposte. Di solito però, versi più lunghi, da più versi ciascuno, Cecco però sole usare verso frantumato al suo interno. Anche in S’i fosse foco. Qui siamo di fronte ad una parodia: uomo finge di essere ad un livello elevato, ma unico scopo è quello di portarla a letto. Donna fa resistenza, ma non in maniera assertiva. Contrasto fra registri linguistici: • Cecco: registro alto, di stile stilnovistico-cortese (fede, non tradire, fallare, morire…) linguaggio sublime. • Donna: linguaggio basso, popolare. Donna che cerca di resistere si esprime nella lingua più quotidiana (es. abbo udito, tegnoti per li panni?). Dire se parodia è polemica nei confronti di stilnovo (“la vostra è una poesia falsa che non tiene conto delle realtà dellla vita!”) o se è solo scherzo stilistico, è difficile. TENZONE FRA CECCO ANGIOLIERI E DANTE Tenzone fatta di più sonetti. A noi sono giunti solo i sonetti di Cecco, non quelli di Dante, il quale peraltro dà il via alla tenzone. Non conosciamo accuse di Dante a Cecco, se non per via indiretta dai versi di Cecco. Tenzone celebre, cui fanno riferimento altri poeti a loro contemporanei. E’ interpretabile come presa di distanza di Cecco dalla poesia di Dante e come accusa a Dante di incoerenza fra esperienza di vita ed esperienza letteraria, ma per confermare questa visione dovremmo avere più informazioni. «Se io sono un ciarlatano, tu lo sei non meno (1), mi incalzi da vicino. Se nel corso di un duello uno riesce ad avvicinare la lancia alle reni dell’avversario, riesce a disarcionarlo. Se sono un fanfarone, sei vicino a me (2). Se vado a cena a casa di altri, tu vai a cena; se mordo il grasso, tu succhi il lardo (3). Se taglio il panno, ti freghi il cardo. Se mi comporto come un nobile, anche tu ti atteggi a messere (4). Se io sono stato mandato in esilio a Roma , tu lo sei stato in Lombardia (aka Italia settentrinale. Da Vercelli al Friuli). Io sono il pungolo e tu sei il bue». (1) Accusa: Dante è ciarlatano, che si atteggia, ma che non va preso sul serio. • difficile interporetazione. Secondo i più, Cecco si riferisce al parassitismo. Secondo altri, non va inteso come riferimento a banchetti, ma ad avidità (grasso e lardo = ricchezza, denaro). • cimare i panni cioè pareggairli, tagliare i fili che sporgono dalla parte superiore o inferiore: criticare qualcuno. • Cardi: usati per rendere lana più morbida e vaporosa prima della lavorazione. Qui usato per dire criticare amaramente qualcuno. Significato: se io critico, tu fai la stessa cosa. • Cecco: benestante. Dante: non notizie sicure su famiglia. Nel Paradiso dice di provenire da famiglia nobile, ma non abbiamo notizie effettive. Forse più verosimile 17 IL DOLCE STILNOVO Movimento a Firenze (ultimo decennio ‘200 – primi due decenni ‘300). Da anni ‘70 a 2010 si è insistito sul fatto che fosse scuola capitanata da Guinizzelli. Tuttavia, questo approccio è stato messo in discussione in modo molto forte negli ultimi anni: tra essi, filologo italiano Federico Sanguineti. Personalità politiche, dice, sono troppo diverse fra loro perché si possa parlare di scuola. Egli dice che fino a metà Ottocento, nessuna storia letteraria aveva mai parlato di stilnovismo; il primo a introdurlo è Francesco De Santis, in Storia della letteratura italiana. Dolce stilnovo proviene da un verso di Dante. In Purgatorio, cc XXI – XXVI: bilancio della poesia precedente. Tra i personaggi incontrati, v’è Guido Guinizzelli (c. XXVI; lo definisce come padre suo e di quelli che poetano nello stesso suo modo). Già nel c. XXIV incontra un altro poeta toscano (Bonagiunta Orbicciani. Riconosce che la sua poesia era arcaica, non nuova. ___Guittone d’Arezzo ___). Dante dice di scrivere sotto l’ispirazione dell’amore, elemento da cui prende punto e “sotto la cui dettatura scrive”. Dice di essere scriba dell’Amore (Amore di Dio, ricorda!). Bonagiunta risponde a Dante nei versi successivi: “sentendo le tue parole capisco perfettamente il nodo che mi ha tenuto al di qua del dolce stil novo di cui tu mi vai parlando”. Qui Dante contrappone due tipi di poesia: 1. antica. 2. nova, superiore alla poesia antica. Ma che cos’è questo dolce stile novo? Sta parlando di questo stile in generale o della propria poesia all’interno di questa Commedia? Sta dicendo che lui è incommensurabilmente oltre ad una poesia nella quale l’elemento di Dio mancava? Non facile rispondere. Forse Dante sta ipotizzando comunità poetica di cui lui è il più alto, forse sta parlando soltanto di se stesso. Sanguineti ha messo in discussione la lettura comune di questo testo: partendo dalla molteplicità dei diversi manoscritti della Commedia, è convinto che il v. __ sia corrotto. Propone un’altra vesione: Di qua dal dolce stil! Ch’i’odo novo Quindi, secondo Sanguineti, dante non avrebbe mai parlato di stilnovo! Questa posizione è rifiutata da moltissimi studiosi (fra cui il professore). Abbiamo moltissimi manoscritti della commedia, ma nessuno autografo di Dante. Sanguineti dice che scegliere di fare come in tutta la tradizione scritta da Petrotti, cioé ricostruire il testo della Commedia dal confronto fra svariate versioni, è limitante e falsificatore. Ritiene che nessuno abbia mai letto versione veritiera. I manoscritti (e dunque le versioni) sono svariate migliaia. Dante è consapevole del fatto che la sua modalità di poesia sia nuova rispetto a quella precedente. Dice di aver tratto le nove rime e che esista un dolce stile (dolce stil novo). Pone in relazione a se stesso questa svolta. Nel canto del Purgatorio, insistenza sul pronome io (benché sostenga spesso che non bisogna enfatizzare troppo se stessi). Conseguenze: 1. Sulla base di questo passo è difficile poter ritenere che questo dolce stil novo comprenda gli autori che siamo soliti inserire in questa categoria. Dante è iniziatore: non si può inserire Guinizzelli (scrive quando Dante ha 10 anni) e Cavalcanti (più anziano anche lui). 2. L’Amor che spira è un amore divino, con la A maiuscola, coincidente con lo stesso Dio. Il fatto che Dante usi il verso spirare che richiama l’azione ispiratrice dello spirito santo e dittare. Usa dittare una sola altra volta, nel De Monarchia: dittatore, detto di Dio. L’amore di cui parla Dante è l’amore divino e non l’amore stilnovisticamente inteso. Se è così, la cerchia dei poeti di cui Dante parla si restringe enormemente; in essa c’è l’allievo di Dante, ___________. Questo versi sollevano un ulteriore problema: Dante usa stile per indentificare questa nuova tendenza letteraria. I versi precedenti non si riferiscono a carattere stilistico, ma all’intenzione della poesia (come parola di Dio). Sembra caratterizzare la nuova modalità di poesia su elementi di carattere stilistico. Da un lato ciò ci aiuta: se ci limitiamo a valutazioni 20 stilistiche, obiettivamente si trovano elementi che accomunano da vicino autori che riteniamo stilnovistici, ad eccezione di Guinizzelli. Sappiamo cos’è la dolcezza per Dante, perché lo spiega nel De Vulgari Eloquentia: uno stile dolce risponde a tre caratteristiche: 1. struttura sintattica del periodo non troppo articolata, con preferenza di paratassi rispetto all’ipotassi. 2. Dal punto di vista lessicale, deve prevedere un uso di termini lontani dalla sfera concreta e materiale della vita, con una predilezione per i termini di carattere astratto e di significato il più possibile generico. 3. Evitare il più possibile l’asprezza dei suoni, tendendo invece alla musicalità, soprattutto in sede di rima. Scelta di rime musicali, facili, che non presentino lo scontro consonantico. Problema:_________ Ognuno nella critica ha dato impostazioni differenti le une rispetto alle altre. Una di essere, non giustificata appieno dal tetso, ma che risolve molti dubbi, è data da Teodolinda Barolini. Secondo lei, Dante istituisce un doppio piano di discorso: • tratta la poesia dal punto di vista generale, esteso anche ad altri autori. • dà un’altra definizione di poesia che si riferisce a se stesso soltanto (“[…] che quando Amor m’ispira”) In questo passo del Purgatorio, cita Donne ch’avete intelletto d’amore. L’idea di una nuova modalità di fare poesia non riguarda solo Dante, ma è molto più estesa e risale a prima di Dante. Possediamo una tenzone fra Bonagiunta da Lucca e Guinizzelli (morto prima del 1276). B accusa G di aver corrotto la poesia: ne avrebbe introdotto un tipo che tradisce i caratteri comunemente accettati di fare poesia. L’idea di uno stile vecchio e di uno stile nuovo era quindi antecedente a Dante! Guinizzelli è chiamato da Dante, nel Purg. XXVI, il proprio padre. Significato non completamente chiaro, ma emerge chiaramente un riconoscimento in lui qualcosa che prepara la sua poesia, ma intende anche la poesia di Guinizzelli come differente dalla propria (due generazioni differenti, ergo due visioni differenti). Alcuni critici ritengono che Dante parli di Guinizzelli per accentuare le divergenze fra la sua poetica e quella guinizzelliana. Chiama Cavalcanti il primo suo amico → vicinanza maggiore fra D e Cav. Nella tenzone, Bonagiunta insiste sul fatto che i poeti nuovi continuano a trattare la stessa materia dei poeti precedenti (la materia amorosa), ma in modo diverso, nuovo: essa viene affrontata con una sottigliansa che prima non era contemplata. C’è un modo di ragionarvi sopra completamente differente, sicché sembra che i poeti nuovi vogliano traier canson per forsa di scriptura. Verso di difficile interpretazione. Scriptura: da intendere in senso generico (prodotti letterari) (1) o in senso specifico (Sacre Scrutture) (2)? (1) Primo caso: poeti nuovi scrivono in maniera elaborata, sicché i loro versi non sembrano naturali, ma cavati con violenza attraverso un procedimento retorico complesso. (2) Secondo caso: Bonagiunta accusa i nuovi poeti di voler applicare le modalità delle Sacre Scritture al tema amoroso. In effetti i riferimenti di carattere religioso sono presenti già prima di Dante nelle produzioni sia di Cavalcanti sia di Guinizzelli. Da questi versi si può desumere con certezza che B nota l’avanzare di nuova poesia, che applica all’amore dei modelli che non vi sono usualmente applicati (filosofia, religione). Per B, una scelta di questo tipo è tradimento dell’aspetto fondamentale della poesia, ovvero l’aspetto lirico. I poeti nuovi sarebbero dunque dominati dalla cerebralità. Altra tenzone ci dà informazioni: qui si discute sempre fra poesia an Cino da Pistoia e Onesto da Bologna. 21 • Onesto: fedele a Guittone • Cino: fedele a Dante La critica principale di Onesto da Bologna è che i nuovi poeti vanno filosofando. Siamo verso il 1303 (secondo le ricostruzioni filologiche). Il contenuto lirico è adombrato da un contenuto più dottrinale. AL COR GENTIL REMPAIRA SEMPRE AMORE (Guinizzelli) Conferme Nessun dubbio che qui Guinizzelli applichi a tematica amorosa elementi che solitamente non vi vengono applicati. Parte istituendo una relazione fra la gentilezza del cuore e l’amore. Doppio filo lega questi deu elementi: dolce amore nasce solo all’interno di un cuore gentile e il dolce amore nobilità il cuore rendendolo gentile*. Cuore gentile è un’espressione costruita. Fino a quel momento, cuore gentile indicava la nobiltà di stirpe. Sclatta: famiglia. Gentile: da gens appartenenza a gens (stirpe) elevata.→ Qui il concetto di gentile non è più basato sulla sclatta, ma sul coraggio. La gentilezza non è più ereditaria, non dipende più da un fattore ereditario. Coraggio: difficile interpretazione. Indica di certo qualità dell’animo, morale, sentimentale. Associa il cuore gentile agli elementi naturali (uccello che sta nei boschi, la luce del sole, diamanti nelle miniere…). Per esprimere l’idea della corrispondenza, elenca un vasto numero di elementi naturali, il cui scopo è ottenere un fortissimo valore intensificativo, assertivo, in modo che il concetto non possa essere messo in discussione dalla mentalità comune, rispetto alla quale sta proponendo un nìconcetto nuovissimo. L’amore non è l’innamoramento, ma ha un’enìssenza profonda e spirituale ed è riservato soltanto agli animi sensibili, puri, nobili. *Contraddizione? Risolta nella seconda strofe: _____ In medioevo si credeva che ogni pietra preziosa possedesse una specifica virtù, la capaiìcità di generare un particolare impulso donne nel Medioevo hanno spesso diademi con pietre sulla fronte o sulle braccia, perché rafforzano qualità di chi la porta]. Esse hanno in sé determinate proprietà, che esercitano l’effettivo influsso solo quando sono portate a compimento dall’azione dei corpi celesti. Lo stesso fenomeno, dice G, avviene per l’amore. Nell’animo c’è già gentilezza come proprietà potenziale, ma solo l’amore lo trasforma in atto. Risolto nella filosofia aristotelica: attoo e potenza. Potenza è presente., ma senza le circostanze giuste non può divenire atto. Animo umano è già volto alla gentilezza, ma solo l’esperienza amorosa lo trasforma in atto. Da qui si capiscono le critiche di cerebralità e costruzione che sono rivolte ai poeti nuovi. Anche i Siciliani parlano dell’amore in termini filosofici (ulteriore problema rispetto al testo dantesco). - SE SCRIPTURA SI TRADUCE CON SACRE SCRITTURE Nell’animo umano amore è lo stesso che si verifica all’interno del creato per effetto della volontà di Dio. Crede infatti che il movimento dei corpi celesti sia la manifestazione della loro volontà di ricongiungersi a Dio. E’ Dio stesso che imprime questo movimento dei cieli e degli astri, attraverso le intelligenze angeliche. A ciascun cielo sovrintende un gruppo di angeli che trasmettono movimento da Dio (motore immobile) ai cieli, che invece si muovono). La stessa cosa succede nell’amore: la donna suscita nell’uomo innamorato il desiderio di seguire la sua volontà. Ciò implica una sorta di cosmologia basata sull’amore e c’è una perfetta corrispondenza, L’amore sarebbe dunque una forza cosmica. Ma qui ci sarebbe un problema: qual è il rapporto che lega l’amore terrestre, umano, a quello celeste? E’ il problema trattato nell’ultima strofe. Dio infatti, dice, si adira: ha paura che Dio lo ammonisca quando andrà nel Paradiso per aver messo sullo stesso piano questi due amori (celeste e terrestre), che invece sono lontani. Dunque il problema resta, Guinizzelli non lo 22 cristisnesimo vi sia una sola anima, la quale tuttavia riconosce i tre suddetti caratteri come sue qualità. Quando l’uomo si innamora, una delle tre prevale: l’anima sensitiva. Questo squilibrio provoca un tramortimento delle altre, per cui l’uomo non è più in grado di controllarsi dal punto di vista intellettuale e perde il controllo della sfera vegetatica! Si riduce la sua percezione di sensazioni ecc. Si credeva che queste facoltà venissero controllate da alcuni spiritelli. Questi, colpiti dal turbamento violentissimo prodotto dall’amre, cessano di svolgere la loro funzione e l’uomo resta inerte. Oppure gli spiritelli vanno ogniìuno per conto suo, senza lavorare più in accordo. Come nella poesia di Cavalcanti, l’Uno compatto e organico si frantuma. C’è inoltre la convinzione che l’anima individuale sia soltanto provvisoria: esiste la mortalità dell’anima individuale, mentre l’anima universale è immortale e vivifica l’intero universo. Da essa si staccano piccole parti che sono anime individuali degli uomini e della natura. Al momento della morte del corpo, l’anima individuale torna a confluire all’interno dell’anima universale. Un sistema del genere mette in discussione l’eternità dell’anima e la concezione dell’aldilà come concepita dal Cristianesimo: è una dottrina fortemente eretica. Dante è amico di Cavalcanti, ma lo inserisce fra gli epicurei e i materialisti nell’Inferno, poiché non crede nell’immortalità dell’anima. La filosofia averroista è fortemente razionalistica (altro motivo per cui è condannato dalla Chiesa). L’unica modalità di conoscenza è quella che passa attraverso l’esperienza sensibile. Un bambino, secondo Averroè, non sa assolutamente nulla. Deve ascoltare, sentire, sperimentare accumula dati, che, elaborati, gli permettono di conoscere.→ La conscenza è dunque una qualità potenziale, che richiede l’ esperienza sensibile per divenire atto . Da questo punto di vista, la dottrina averroista è pessimista: nessuno avrà mai la conoscenza e la comprensione compreta. A differenza della filosofia illuminista, vi sono limiti insormontabili alla conoscenza umana. Tornando a Cavalcanti, non si può comprendere fino in fondo l’essenza della donna. C’è una linea interpretativa minoritaria che interpreta la figura della donna in modo allegorico: ella rappresenterebbe la conoscenza nell’animo umano. L’amore che non può mai essere raggiunto fino in fondo indica la conoscenza che non può mai essere completamente raggiunto. La donna di Cavalcanti non saluta, l’uomo non può ricevere la salute, così come il bacio della conoscenza. Mente: ha accezione greca di νους, cioè l’anima intellettiva. 25 DANTE ALIGHIERI GUIDO, I’ VORREI CHE TU E LAPO ED IO Formazione di Dante è di tipo stilnovistico: la prima parte della produzione di Dante lo testimonia, attraverso rime sparse e la prima parte della Vita Nova. Cerca di ottenere saluto di Beatrice. Dante usa le donne-schemo (due donne di cui dice di essere innamorato per non farlo sapere a Beatrice). Beatrice se ne accorge e la vive come un tradimento: gli toglie il saluto, atto che causa una sofferenza atroce a Dante. Tre poeti, Guido (Cavalcanti), Lapo e Dante, sono intimamente legati. Dante chiama Cavalcanti il suo migliore amico e con cui condivide un legame profondo anche di tipo biografico. I poeti vivono nello stesso ambiente per fondare una scuola o uno stile. Condividono temi ed esperienze. Hanno un legame biografico e letterario (sogna di poter essere sempre insieme a Cavalcanti, Lapo e alle due donne amate dai due): • Quella ch’è sul numer delle trenta: problemi di identificazione. Beatrice? I o II delle donne della Vita Nova? Non abbiamo gli strumenti per capirlo. • Monna Alagia: donna amata da Lapo • Monna Vanna, cioè Giovanna, che significa “primavera”. Porta con se la primavera, cioè il rinnovamento dell’anima. Ragionar d’amore: ragionare significa parlare in gruppo, confrontarsi. Per Dante il culmine dell’esperienza poetica è il confrontarsi su tematiche di tipo erotico. Porta questi poeti in un mondo astratto: vorrebbe che potessero viaggiare sempre sul vasel (il vascello di mago Merlino, di tradizione arturiana, privo di dolori, con una condizione di felicità perfetta e assoluto, lontano dalla storia e dal mondo. Qui Dante vorrebbe stare con C e L a parlare e poetare di amore. D, C e L hanno qualità superiori rispetto agli altri: vivono in mondo superiore non condizionato da limiti e bruttezze della vita umana. Sono inoltre presentati come perfettamente in accordo fra di loro, un talento: un unico desiderio. Dante davvero si è trovato in totale e perfetta sintonia con Guido (poi prenderanno strade diverse). [Opinione assolutamente minore: Dante persava quasi a gruppo iniziatico, esoterico, che aveva visioni della realtà precluse agli altri (Pascoli e la destra leggono così l’esperienza stilnovistica di Dante, come se fossero affiliati d’amore)] LA VITA NOVA Capitolo XVIII considerato il passaggio chiave: cambiamento di stile. Punto di partenza è molto vicino al testo precedente (Guido, i’vorrei che tu e Lapo ed io), ma ad un certo punto si mette a parlare d’amore con le donne e poco per volta prende consapevolezza del fatto che il suo è un amore diverso da quello stilnovistico. Donne ridono di Dante, perché egli non fa bella figura: di solito l’uomo innamorato desidera vedere la donna che ama, ma Dante è talmente imbarazzato da Beatrice che gli ha tolto il saluto che non ha più il coraggio di guardarla o si sente violentemente sopraffatto dal sentimento d’amore. A questo punto, Dante sopporta tranquillamente queste risate, senza l’imbarazzo che ci si aspetterebbe. Le donne gli chiedono: “che razza di amore è il tuo? Un amore come il tuo deve avere una realizzazione novissima, del tutto eccezionale e straordinaria”. Queste parole introducono un elemento di novità importante. Dante dice che la sua visione dell’ammore non è stata mai concepita prima, ma le parole che usano richiamano un’atmosfera di tipo religioso. Nell’ambito cristiano, i novissimi sono i fatti che accadono alla fine del mondo (cioè la visione di Dio). Dante si rende conto di non essersi comportato in maniera coerente fino ad ora. Prende atto del fatto che il saluto gli è stato tolto e che la sua sofferenza c’è stata (fase cavalcantiana), ma poi si rende conto che qualcosa non può venirgli sottratto: si accontenta della lode id Beatrice senza nient’altro. Non c’è neanche più bisogno del saluto, fino ad allora cercato disperatamente dallo stilnovismo: l’amore diventa un amore autosufficiente ed autoreferenziale. Dante ORA si vergogna perché non è stato coerente: fin da subito si era 26 reso conto che ella fosse venuta dal ciel a miracol mostrare, ma non ha agito di conseguenza. Ha paura anche di non riuscire a scrivere i nnuovi versi, le poesie dela loda, poiché ha paura di non avere gli strumenti necessario per farlo emerge per la prima volta il tema→ dell’ineffabilità’. In Vita Nova vi sono 3 fasi, coincidenti con le fasi di visione di Dio nell’ottica medioevale. Per arrivare a Dio vi sono 3 fasi, descritte nell’Itinerario Mentis in Deum di Bonaventura da Bagnoregio. 1. extra nos: riconosciamo Dio nelle bellezze del creato (nella VN è la fase in cui Dante cerca il saluto di Beatrice) 2. intra nos: dopo aver conosciuto la bellezza di Dio, lo lodiamo nel nostro animo. E’ l’inizio del capitolo XVIII della VN. 3. super nos: coincide con il momento dell’esperienza estatica. Abbandona la materia e si eleva spiritualmente per giungere alla visione di Dio. Alla fine della VN, Dante dice di aver sperimentato un excessus mentis (nel frattempo ricordiamo che Beatrice è morta). Nei primi capitoli era stata definita gentilissima, alla fine beata Beatrice. Dice di voler fare una cosa nuova e arrivare a forma di scrittura completamente diversa rispetto a quella sperientata nell’ambito stilnovistico. Dice di essere approdato in Paradiso (rivedere la struttura tolemaica dei cieli come concepita da Dante). Dice di esservi andato non con tutto se stesso, come dirà nella Commedia, ma soltanto in spirito. Infatti dal suo animo esce un sospiro che va fino in Paradiso. Il viaggio verso il Paradiso non si può vivere in autonomia, ma viene assicurato dalla grazie di Dio: è l’Amore che innalza la vitz del poeta. Questa ascensione avviene attraverso il dolore: piangendo, Dante fa esperienza di redenzione e liberazione dalle proprie colpe e dalle cose materiali (catarsi) e concede di avviarsi al Paradiso. Nell’ascendere, Dante vede una donna, una domina, ricevere la vìbenedizione dagli angeli del paradiso e Dante contempla il suo splendore. Splendore: per Dante implica necessariamente che siamo di fronte ad una liuce riflessa, non diretta. Dante, nel convivio, distiguue fra il raggio (luce diretta) e lo splendore (luce indiretta o riflessa). Nel Paradiso le anime sono splendenti: brillano non di luce propria, ma di luce divina riflessa. Dante vede Beatrice splendere. Non è una caratteristica sua propria, ma è un dono di Dio. Dante dice di non essere in grado di parlare dell’esperienza che ha vissuto. Ricordiamo che Dante è in paradiso solo con la mente e ciò si vive con l’excessus mentis, cioè il distacco dell’anima dal corpo. Se vado in Paradiso solo con la mente, non si può vedere: ciò perché mancano gli organi visivi (gli occhi) cui si attaccano i fantasmi degli oggetti che vediamo. A differenza di questo viaggio, quello narrato nella Commedia è stato compiuto in corpo e in spirito ed ecco perché Dante può narrarcelo. Dante si rende conto non nel concreto di ciò che ha sperimentato, ma dell’impressione che gli ha lasciato. Non è in grado di descrivere la donna che ha visto dinnanzi a sé, ma ne ha avuto un’impressione talmente dolce che riesce a ricordarla e ne avverte ancora l’essenza. Capitolo finale Parla di Beatrice come santa e non più come donna gentile, dotata di gentilezza straordinaria. Non ne parla più in termini stilnovistici, ma in termini religiosi (la definisce benedetta). E’ l’anima che guida Dante verso la beatitudine. Beatrice è un’anima beata e in quanto tale è solo riflesso della bellezza divina. Gli ultimi versi sono interamente dedicati a Dio (Beatrice vi è in qualche modo inglobata). IL CONVIVIO Secondo trattato I capitolo. Dante parla dell’interpretazione allegorica della letteratura. 27 PETRARCA IL SECRETUM Dialogo fra Sant’Agostino e Petrarca è la somma di entrambi i personaggi Due tipi di dialoghi: • discendenza platonica: Fatto di battute brevi o brevissime e con una forte interrelazione fra gli interlocutori. Le persone parlano e si crea un continuo conflitto di idee con una concitata partecipazione. La verità è una verità in ricerca, che nasce dal confronto fra gli interlocutori. Sistema induttivo (dal particolare al generale) → PETRARCA. Cerc di ricavare una lezione anche etica dalla propria esperienza, ma con fatica, senza mai arrivare a risposte esaustive edi carattere definitivo. Riferimento filosofico principale di Petrarca: San’tAgostino, che si colloca sulla linea del platonismo. La verità non è già data, è il frutto di una ricerca individuale o collettiva, di confronto, di dialogo. In interiore homine stat veritas. • discendenza aristotelica: ciascun personaggio argomenta in modo dettagliato e autonomo la propria posizione. Ognuno ha un giudizio che presenta in modo ampio e circostanziato. Rarissime batture. Monologhi lunghi pagine e gli interventi degli interlocutori sono limitati e di servizio. La verità è già data. Sistema deduttivo (dal generale al particolare) DANTE. Si usa il sillogismo: si parte da due premesse e si→ giunge a conclusione. Il Convivio di Dante inizia con un sillogismo. Dante dice che ogni cosa ricerca la propria perfezione la perfezione dell’uomo è la sapienza → → l’uomo cerca la sapienza. Nella letteratura italiana prevale il dialogo aristotelico (anche per Dante), mentre il Secretum è di stampo platonico: segno delle differenti visioni della verità fra Dante e Petrarca! Benché allusivamente, la presenza di un personaggio di nome Agostino fa riferimento a sant’Agostino. E’ un dialogo di un laico e un religioso sulla coscienza si tratta di una→ confessione, in senso proprio sacramentale. Ricordiamo che Agostino è l’autore delle Confessiones. Agostino fa domande al penitente Francesco sulle sue specifiche condotte in merito ai 7 peccati capitali; Petrarca si dichiara colpevole di tutte le colpe, tranne quella dell’invidia. Petrarca si dichiara colpevole dell’amore per Laura e dell’aegritudo. Parte considerando che il proprio male spirituale più grave è l’aegritudo, anche chiamata accidia. La definizione di accidia di Dante e Petrarca è diversa. • Per Dante è ogni manifestazione di inerzia interiore, un passivo abbandono intellettuale. • Per Petrarca è inteso in un senso più stretto. E’ una malattia dell’animo: la piena consapevolezza di cosa bisogna fare dal punto di vista etico, ma l’impossibilità ad agire di conseguenza. Si sa ciò che è bene e ciò che è male: il problema non è il riconoscimenti dei valori, ma la loro applicazione alla vita. Non si tratta perciò di una questione intellettuale, ma della mancanza d’azionee ciò si realizza soprattutto riguardo a due grandi questioni: l’amore e la letteratura. L’amore Per definire l’amore, parte dalla tradizione a lui precedente circa la materia amorosa. Parte da una tradizione cortese-stilnovistivo. Francesco dice: quel poco che mi vedi sono per lei, né sarei mai giunto a questo grado...con nobilissimi sentimenti educata. Dice che è la donna a nobilitare il poeta. Come guinizzelli, parla della donna come fautrice della trasformazione da potenza ad atto. Laura nobilita l’animo di Francesco portandolo al raggiungimento della gloria. Si intrecciano 30 amore e poesia, amore e gloria terrena. Ma la gloria terrena non dovrebbe esserel’obiettivo di un cristiano! Questo legame diventa ancora più evidente poco dopo: dice che la così alta fama di Laura indusse anche in me il desiderio di una fama più chiara. Legame strettissimo di causa e di effetto fra amore (sentimento erotico) e pratica della letteratura per giungere all gloria. Laura: il Lauro (gloria) e l’aura (il vento volatile volatilità ed effimeratezza dei beni→ → terreni) Più avanti Agostino, rimproverandolo, gli mostra che scelta che ha compiuto implicava già una conseguenza di questo tipo. Amando Laura, Laura diventa un segnal. Laura richiama il Lauro, cioè l’alloro, simbolo della gloria poetica connubio fra amore e letteratura.→ E’ vero che Francesco aveva semenza nativa delle virtù in astratto, ma Laura, anziché sublimare e portare al massimo grado questi semi, si è dedicato a cose che l’hanno distolto da quest’obiettivo. Agostino fa un’apologia di Laura: dice che non è colpa di lei, lei non ha fatto nulla, anzi, ha rifiutato il suo amore. E’colpa di Petrarca, che, per colpa dell’amore è finito in un baratro bello, ma pur sempre un baratro: quello del peccato. Per colpa di questo amore, ha trascurato ogni altra cosa bella. Precisa Agostino: ella ti ha allontanato l’animo dal creatore celeste…. Petrarca è lucido: attraverso le parole di Agostino, porta al massimo grado la contraddizione della canzone guinizzelliana (immaginava che Dio lo rimproverasse per aver onorato la donna anziché lui Petrarca fa la stessa cosa e dice che è stato Dio a dare creature così belle.→ [cioé: non viene Laura e poi forse se ne ho voglia magari anche Dio, ma Dio e Laura forse dopo come riflesso delle bellezza divina]. Francesco: Ma io l’ho amata anche quando stava invecchiando Agostino gli dice: Ma tu l’avresti amata se quelle qualità spirituali fossero state in un corpo osceno? Francesco: Well yes but actually no Agostino: bene, allora risponditi da solo. E gli rimrpovera anche di cercare scuse per il tuo amore fittizio che è ingiustificabile. Agostino indica l’amore di laura come elemento che ha contribuito al FURORE di Petrarca (furor = pazzia). Qiindi Petrarca, nell’opera, definisce l’amore per Laura come causa di furor. Sentimento amoroso irrompe e si configura come furor. Non è un’invenzione petrarchesca, ma è già diffusa all’interno della poesia erotica latina (in particolare negli elegiaci e tra essi in particolar modo Ovidio). Da un lato sta il fascino per l’irrazionalità dell’animo, dall’altra la consapevolezza che gli istinti allontanano dalla virtù. L’amore per la gloria Alluso attraverso l’amore di Laura e il motivo del lauro nella prima parte. Nella seconda parte, rispreso, ma al contrario. Francesco è stato persuaso da agostino. «Hai ragione, Agostì. Ci lavoro, ma ora non posso, sto lavorando ad alcune opere letterarie [opere minori: si tratta di un’opera dis tori adi grandi proporzioni, che non scriverà mai. Scriverà invece il De Viris Illustribus». Dice di voler passare con poetico legno in Africa (cioè libro che abbia per argomento la seconda guerra punica. E’ l’opera da cui si aspetta la massima gloria futura). Ricorda! Petrarca è classicista, riscopre i classici! Spera e crede che l’Africa debba essere il culmine della sua gloria.L’immagine che vuole darci di sé è quella di un poeta latino, capace di restaurare il latino e risportarlo all’antica magnificenza. Il latino di p<etrarca è un latino altissimo, di stampo ciceroniano. Il latino di Dante è un latino corrotto dalla tradizione medievale ed esercitato sulle Sacre Scritture. 31 De secretum conflictum mearum Francesco cerca di sconfiggere l’attaccamento alle cose materiali e Agostino lo incalza violentemente. E’ un grande conflitto interiore, caratterizzato da molto vocabolario bellico. Psicomachia: guerra combattuta nell’anima. Petrarca riconosce che Agostino ha ragione: occorrerebbe dedicarsi all’anima: dice “lo farò, ma quando avrò finito di badare alle cose a cui devo badare e che devo finire”. Lo dice con un’immagine allusiva: quando potrò, raccolgierò i vari frammenti della mia anima. Con questo, Petrarca riconosce la frammentazione della sua anima. Il canzoniere in realtà si chiama Rerum Vulgarium Fragmenta. Quindi, dicendo “i frammenti della mia anima”, sta citando la sua opera più importante. Petrarca insiste sul fatto di vivere una frantumazione interiore forte, che mette in relazione forte con la propria esperienza poetica. Allude più volte ai RVF, ma non li nomina mai; nomina spesso l’Africa. Titolo Rerum Volgarium Fragmenta • neutro: “cose”. Definire i propri versi “cose” significa svalutarli. • ma titolo in latino! • cita Catullo, che chiama i suoi versi “frammenti”, ma dà loro un’importanza enorme. Non c’è la possibilità di venire a capo del conflitto interiore: ciò è descritto con l’immagine del vagabondaggio (lettera di ascesa al mont Ventou). Attenzione: può essere che nei Rerum Volgarium Fragmenta abbia citato l’altra opera, non il contrario. Petrarca vuole dare immagine di sé del poeta latino e letterato giga chad, ma per farlo talora bara spudoratamente sui dati oggettivi della sua xp. La crtitica, con fatica, afferma che il brighello a volte ha alterato i propri dati biografici per darci immagine di sé idealizzata. In modo clamoroso appare nella Lettera posteritati (l’ultima che mette nel suo epistolario, rivolta alle future generazioni. Lì altera i dati biografici in modo clamoroso). Vuole mostrare uno che è riuscito a giungere alla sapienza nonostante i vari cazzi della sua vita. Mai credere a occhi chiusi a ciò che ci dice, ma verificarlo. Dice che il Secretum è stato composto esattamente 16 anni dopo innamoramento di Laura → dato preso buono dalla critica sarebbe anteriore ai rerum sticazzi non sarebbe→ → un’autocitazione, ma riprenderebbe un testo precedente per usarlo come titolo per una nuov opera ora non abbiamo prove sicure, ma quella dtazione (1343) è stata molto mesa in→ discussione e ora Francisco Rico, il massimo petrarchista spagnolo, propone di datare il Secretum 10 anni dopo (1343/1354). Lo stesso problema persiste per i RVF. Ci teneva perché ne ha fatte 7 redazioni divere. Abbiamo un termine ante quem, ma non data precisa. Rico dice che sonetto proemiale sia stato scritto fra 1349 e 1350. Sonetto proemiale Il primo verso riprende il titolo della raccolta. Non è un poema. Non ci può essere proemio vero e proprio, ma questo pseudo-proemio indica chiave di lettura dell’opera. v.1: ripresa immagine di frantumazione ripresa nel titolo: in rime sparse. Quest’espressione indica anche non un modello strofico dato una volta per tutte, come la terzina dantesca, ma un sistema metrico cangiante (molte forme metriche le une diverse dalle altre). Abbiamo canzoni, sestine liriche (forma metrica più difficile esistente all’interno della tradizione italiana. Genere particolare d canzone con sempre3 sei strofe ciascuna di 6 versi. Ciascun verso finisce con le stesse sei parole, il cui ordine è prefissato strofe per strofe all’interno della poesia), madrigali (endecasillabi e settenari alternati, con maggioranza di endecasillabi, di estrema musicalità. Alcuni suoi madrigali ripresi e musicati da musicisti. Seicento è il secolo dei madrigali (Monteverdi). FRANCO FORTINI NEL 900 SCRIVE “A MILANO”, SESTINA LIRICA Petrarca immagina che suo pubblico sia fatto di ascoltatori, non lettori. Implicazioni significative: 1) il lettore deve seguire il ritmo dei versi. Non badare solo a ciò che dico, ma anche alla veste musicale con cui te lo presento. 32 “paletti”, da limiti. Esiste, ma non distrugge il disegno complessivo. Atteggiamento differente di boccaccio rispetto a Dante anche nell’organizzazione strutturale dell’opera. Gli imitatori di Boccaccio non sno interessati a cornice, tranne due eccezioni: • Sercambi • Giovan Battista Giraldi Cinzio: capisce bene il discorso di boccaccio nella cornice. Anche lui sceglie momento di rottura radicale dell’ordine, rappresentata dal sacco di Roma del 1527. Per Boccaccio era la peste del 1348, che mette a dura proa l’intera Europa. C’è l’elemento di rottura e c’è il confronto con esso. La cornice è dunque intimamente legata alle novelle e ne diviene la chiave di lettura. La peste è ilpunto di partenza della raccolta ed è decisivo nella sua concezione a molteplici livelli: • Struttura narrativa. Offre l’occasione che consente a Boccaccio di megttere insieme e di riusnire le novelle. 10 giovani, 7 donne e 3 maschi, si trovano a Firenze, nella chiesa di S.M. Novella, nel mezzo della peste, decidono di lasciare la città e andare in campagna insieme dedicandosi all’attività del novellare. 7 donne e 3 uomini, 7+3, non 5+5. Legato alle consuetudini del tempo di vita di boccaccio. Già il fatto che 7 giovani vadano a vivere insieme in campagne era una scandalo, ma la peste lo consente. Era una condizione eccezionale e la fuga era l’unico modo per sopravvivere. Boccaccio evita che si possano formare 5 coppie, il che sarebbe davvero eversivo dal punto di vista etico. Ci sono storie sentimentali fra i novellisti, ma non sfocia nello scandalo. Non vanno 5 coppie da sole, ma portano dietro persone e devono seguire norme sociali. FA attenzione a classi sociali: classe popolare bassa ok tutto. Classe sociale→ alta no! Si è obbligati ad una civiltà che, badate, non è soltanto ipocrisia, ma fa→ parte di una serie di importanti norme morali. I novellatori non vanno via per augurarsi condizioni di vita migliori, ma per sopravvivere alla dilagante peste NON→ VERO. Non è scopo pratico (fuggire alla malattia), ma scopo diverso: la peste mette in discussione le capacità degli uomini: le strutture sociali, il modo di viviere, e fa capire che forse quella realtà aveva delle falle e l’uomo deve dare una risposta allo sconvolgiment naturale della natura. La peste rappresenta la fortuna (vox media → sorte) che l’uomo non può tenere sotto controllo. Deve comunque dare una risposta e qui 2 possibilità: 1) abbandono: comportamenti ancora più irrazionali 2) risposta: dell’intelligenza (virtù, cioè la forza opposta alla fortuna) • scelta di genere letterario. sa generi letterari con libertà. E’ Praticamente inventore del romanzo. A suo modo, il Decameron è una sorta di commedia: siamo quasi in un ambiente comico. Inizia male, finisce bene, usa registro basso. Buona parte di vocabolario simil-erotico è stato inventato da Boccaccio. Livello tematico: inizia male, con la peste, e finisce bene. Ma quando il decameron finisce la peste non è conclusa, c’è ancora (legato al concetto di prima: non vogliono scappare dalla peste, ma volgiono trovare un modo di vivere che realizzi appieno le qualità dell’uomo, anche con la peste n corso). Passaggio importante: questo orrido cominciamento vi fia … Dice che sua scrittura inizia con orrido cominciamento (la peste). Ma dice i lettori che mi seguono sono invitati a salire una montagna, al di là della quale troveranno un bellissimo piano e dilettevole → lettore fatica prima, ma finirà bene. Paole simillime a quelle di Dante a Cangrande della Scala per descrivere l’inferno (orrido inizio). Boccaccio oscura la fama di Dante: legge i primi 13 canti dell’inferno tra le 25000 e→ le 35000 persone. Il pubblico di boccaccio riconosce subito la citazione dantesca → Boccaccio usa immagini simili (anche arrampicata sulle cornici del Purgatorio). Obiettivo: non cielo, ma benessere sulla Terra. • per comprendere lo scopo dell’opera che Boccaccio si appresta a scrivere.Lo scopo è quello di insegnare all’uomo ad affrontare e superare le traversie. Questo non in ottica etica-ascetica, ma in ottica di vivere meglio la prorpia vita. Boccaccio parla di un dilettevole Piano. La vita deve essere elegante, nel rispetto delle regole, ma deve 35 ricercare il piacere un piacere non anarchico, ma armonico, ben organizzato, ben→ costruito, che prevede il rispetto degli altri e quello della società. Dice che nell’opera la pestilenza non è finita (quando scrive lo è). Avete tutti vissuto in quel frangente uno dei periodi peggiori della vostra vita, ma lo avete tra-passato per giungere ad un altro vostro presente. Vi dice che la portate nella fronte, ma siete tornati a vivere e in modo più consapevole. Nel rappresentare la peste, boccaccio segue due linee perfettamente armonizzate: 1. tradizione letteraria: nella descrizione della peste di Firenze si rifa a tra dizione letteraria, ma quali siano esattamente questi modelli è stato oggetto di discussione. Dopo gli studi di Vittore Branca, il più importante studioso di Boccaccio di sempre, dice che essere sono Paolo Diacono e Lucrezio. C’è di sicuro anche Virgiglio (egloga V delle Bucoliche, che rappresenta la peste). Boccaccio non parla solo delle conseguenze della peste sulla vita degli uomini, ma anche su quella degli animali, esattamente come Lucrezio (prova incontrovertibile). 2. realismo: rappresenta anche aspetto realistico della realtà (non comico-realistico, ma vero e prorpio realismo). Sintomatologia della peste, nata dalla stessa radice, sono diversi da Oriente a Occidente dell’Europa. La stessa cosa in Italia: sintomo principale sono i gonfiori tumefatti, descritti da boccaccio con un realismo estremo. Questo realismo non è il fine, ma un mezzo serve per→ cercare di capire qualcosa che a mano a mano che vinene studiato si rivela sempre più incomprensibile. Ad un certo punto, la peste è descritta come una vera e propria apocalisse. Il numero delle vittime che dà è esatto, ma dice che siamo davanti ad una situazione limite. Presta attenzione ai segni: laddove interpretat0, formiscono risposte. Ma c’è un problema: anche interpretando i segni delal peste non arrivo a ciò che mi serve: 1. capire la cagione della peste 2. intuirne e trovarne la cura Usa congiunziione disguintiva “o” o “e” per elencare tutte le idee e domande che si pone insieme. Boccaccio non ipotizza batterio della peste, ma dice di aver visto qualcosa di meraviglioso (=eccezionale, incomprensibile) : se un maiale strofina il grugno sul vestito di un ,alato di peste, si ammala anche lui. Osserva: Trasmissione della peste Passaggio della malattia da una specie all’altra (superamento della barriera della specie). Presenta anche i diversi comportamenti degli uomini, che dipendono dalle loro idee → conclude che nessuna soluzione ottiene il minimo risultato. Le diverse opinioni non hanno alcuna interazione o alcun risultato utile alla peste, che può colpire chiunque in modo casuale. Il discorso non è di reagire alla peste dal punto di vista medico, ma di rispondere alla peste restando umani. La peste ha trasformato gli uomini in bestie: hanno perso la ragione, sivivono ormai in una tale anarchia che non si preoccupano neanche di andarea achiudere gli animali nei ricoveri. Gli animali hanno più lucidità degli uomini! Tanto che dice che gli animali vanno da soli dove sono soliti dormire. (cfr Tucidide peste di Atene). Che cosa dunque deve fare un uomo per essere un uomo? Reazioni diverse. Divide uomini in categorie a seconda delle loro reazioni. 1. diffidenza da parte dei propri simili si allontanano e vivono in solitudine e→ misantropia. Boccaccio: “l’uomo è uomo solo se vive in società e se prova pietà nei confronti degli altri”. La prima parola con cui apre la raccolta, dedicata alle donne, dice che le donne hanno pietà per natura. 2. si godono la vita senza controllo, in totale anarchia individuale. Il piacere è un bene, 36 ma dev’essere moderato. 3. lascia e abbandona ogni cosa e non chiude neanche più la porta di casa. Per boccaccio è scandaloso! Siamo nella Firenze mercantile in cui sta nascendo la borghesia. Secondo lui, i beni sono fondamentali e devono essere tutelati e conservati oculatamente 4. abbandona le leggi. Per Boccaccio le leggi sono “sia umane, sia divine”. Non mette in discussione religione cristiana. Leggi vanno rispettate sempre. 5. fuga dalla città. Anche i 10 novellatori vanno via da città, ma per 15 giorni, non definitivamente. Per b, la città ha un valore fondamentale. Siamo figli della nostra città e abbandonarla, insieme al nostro posto in essa, è un limite gravissimo. 6. disgregazione dei rapporti, anche famigliari. Es è scandalizzato dal fatto che anche donne nubili si facciano vedere in sottana dai servitori. Abbigliamento, soprattutto che riguarda le donne 7. mancata sepoltura dei cadaveri o, laddove praticata, non celebrata neanche da parenti. C’è un unico gruppo di persone che si comporta in modo adeguato, collocato a metà dell’elenco dei comportamenti negativi elencati. Non eccedono né nella restrizione né nell’eccesso alimentare. Via di mezzo, il buon senso razionale. Hanno cura di se stessi (profumi, mazzolini di fiori per confortare il cerebro). Questo gruppo viene descritto usando quasi stesse parole e stesse immagini ceh Boccaccio usa per descruivere i novellatori delle 15 giornate: persone equilibrate, che in questa situazione di caos hanno mantenuto la propria razionalità e la propria umanità. Questo gruppo racconta novelle, ma es. di sabato e domenica fanno riti religiosi. C’è un re, ma non tiranno. Decide il gruppo chi sarà il prossimo concilia monarchia e democrazia. Il valore più grande dell’uomo è la letteratura: salva→ l’animo, ne rappresenta il livello più alto, richiama l’animo alla razionalità. Un “Robinson Crusoe ante litteram”. Restaurazione del mondo a partire dalla letteratura. I giovani si riuniscono in palazzo con giardino. Lucia Battaglia Ricci: descrizione dei personaggi nel giardino riproduce affreschi di giovani nell’affresco del Campo Santo di Pisa. Quelle scene, nella pittura medioevale, avevano valenza negativa: futilità dello svago e di quelle attività ricreative. Invece Boccaccio vuole mostrare il contrario. Uno degli aspetti fondamentali è la parola. Durante la peste, essa è pervertita. Non c’è uso equilibrato di essa (urla, pianto…). Boccaccio insiste invece sui ___ motti. Scrivere per scamoare alla morte: tema delle mille e una notte (conosciute in Occidente e tradotte) ma differenza: Nelle MUN le storie servono per vivere, salvarsi. Nel Decameron, esse servono per vivere meglio. Differenza strutturale fra cornice e novelle. Diverse modalità di narrazione: distingue tra historia e novella. Istoria trae il proprio contenuto da realtà effettiva, mente novella da quella fittizia. Picone dice che la vicenda della peste è una historia, che si lega a ciò che c’è stato prima e ciò che c’è stato dopo. Per questio non c’è vera e propria fine al Decameron. 37 prosecuzione di Platone e di Plotini. Fiicino parte sempre dalla Genesi. In particolare dice che animali sono vincolati a una condizione immutabile. Sanno usare delle artes, ma arti cdefinite e determinate dalla volontà di Dio e non possono essere cambiate. Gli uomini invece hanno la capacità di imparare cose nuove o fare le stesse in modi diversi (diverso dall’ape che, ad esempio, fa un alveare sempre nello stesso modo). Gli uomini sono rivali della natura gareggiano con la natura e fanno meglio di lei. Ella esercita→ arti in materia meccanica, l’uomo le esercita con consapevolezza e portandole al massimo grado. Prima c’è bisogno di crescita conoscitiva-intellettuale. Bisogna elaborare modelli di costruzione delle cose. Attraverso l’attività intellettuale ci avviciniamo al mondo delle idee. La conoscenza delle idee gli consente di emendare, correggere la terra. Sulla terra, l’uomo svolge lo stesso ruolo che Dio svolge nel cielo. E’ anche in grado di controllare, dice, fenomeni naturali (magia naturale): partendo da microcosmo si può arrivare a controllare macrocosmo. La magia a quel tempo era considerata una scienza. Magia: esercitare l’influsso di una cosa su un’altra attraverso una mediazione. Altra magia è quella negromantica, fortemente condannata dalla Chiesa, passibile di morte dopo un processo. Essa si propone risultati malvagi e si propone di spezzare le leggi naturali. V34 quidam: elemento che non ha tutte le caratteristiche per essere riconosciuto come un elemento x perfetto, ma ha quelle sufficienti perché lo sia. Quasi: qualcosa di diverso che somiglia Quidam: quella cosa, ma non con tutte le qualità che la cosa avrebbe. “un qualche” DE HOMINIS DIGNITATE Giovanni Pico della Mirandola, 1486. Allievo di Ficino e nella sua opera si vedono chiaramenti i segni dell’influenza e dell’educazione ficiniana. Pico spinge oltre il discorso di Ficino in una prospettiva ancor4a più sincretistica e spiritualistica. Anche qui si parla della creazione. Dio ha creato il mondo secondo un’arcana sapienza. Dio è come un faber, un artigiano che crea il mondo secondo un’arcana sapienza. Dio ha stabilito e creato tutto sotto un mistero e l’uomo è in grado di raggiungerlo e comprenderlo. Pico dice che la sapienza è un mistero, un alcano, riservato ad un piccolo gruppo di eletti carattere→ inziatico. Il mondo è la manifestazione concreta della potenza di Dio. Non siamo lontani da una visione di tipo immanentistico, c’è ancora un Dio creatore che abita anche nel creato. Con Pico siamo ai limiti dell’eresia in chiave cristiana. Dice che in tutte le filosofie e in tutte le religioni ci sia una parte di verità, seppur imperfetta e concreta. Guardato sempre con estremo sospetoo. Muore a 31 anni, sanissimo forte sospetto di avvelenamento.→ Dio vive nella zona iperurania. Profonda distanza tra fra terra e cielo. Terra vista in prospettiva negativa, mente Dio ha abbellito con intelligenze la zona iperurania. Dio è nella materia non in quanto materia, ma in quanto forma. Essa condizione in negativo il manifestarsi della forma in tutta la sua pienezza. L’uomo deve suoerare la materia e approdare alla conoscenza di Dio. L’uomo è stato creato da Dio non perché ve ne fosse bisogno per governare il mondo, ma perché vi fosse qualcuno che svelasse l’arcano. Pico si distacca dal suo maestro, Ficino, il quake al centro della visione del mondo poneva la fortza dell’amore come motore fondamentale dell’universo. Egli fonde il cristianesimo con il platonismo (traduce peraltro il Simposio di Platone). Per Pico, invece, prevale un approccio intellettuale: Dio crea qualcuno che possa intellegere e capire la ragione per la quale Dio ha creato il mondo. Ratio: qui consiste nel capire come il mondo sia stato organizzato, a quali principi corrisponda. In subordine, c’è un aspetto contemplativo (amare la bellezza del mmondo), ma il principale è “afferrarne la ragione). Pico ha una visione sincretistica: il sapere è uno solo, unico, universalmente valido, ma mai 40 raggiunto nella sua pienezza da alcune religione e alcun culto. L’obiettivo è quello di porre a confronto le diverse religioni per rivelare l’arcana sapienza che governa il mondo. Come affermano Mosé e il Timeo (mette a confronto la Genesi e Platone!). Dice ui che entrambi i testimoni hanno compreso una parte. Parte dall’idea che Dio ha creato il mondo a partire dagli archetipi (corrispondenti alle idee di Platone). Queste idee sono divise per gradi secondo una rigida gerarchia. Le prime cose create sono sublimi (angeli e creature celesti); a mano a mano che si scende alle creatire terrene il livello si abbassa. Le cose create stanno su un livello inferiore rispetto agli archetipi, poiché limitato dal peso della materia, che è giudicata in termini negativi. Quando deve creare l’uomo, ha esaurito gli archetipi, non ha più idee. Volendo creare una nuova creatura capace di comprendere e contemplare l’universo, per questa sua ultima (extrema: ultima in ordine cronologico; ma anche estrema perché l’uomo ha dentro di sé la possibilità di conoscere l’arcana sapienza di Dio e, in qualche modo, diventarlo egli stesso, cosa negata a tutte le altre creature) fattura, procede in modo molto diverso: mette dentro di lui tutti gli aspetti che sono compresenti nel creato. Viene messo al centro del mondo. Quindi l’uomo partecipa dei caratteri che appartengono a tutte le sue creature (c’è qlc che lo riporta agli angeli, qlc che lo riporta alle bestie). Solo l’uomo ha la facoltà dell’arbitrio, cioè può scegliere liberamente se salore verso l’alto o scendere verso il basso. Non è né celeste né terreno, ma è artefice di se stesso (artefice: parole già usata da Pico poc’anzi per indicare Dio). Quindi l’uomo e Dio hanno qualcosa di molto importante in comune: la possibilità di scegliere. E l’uomo, badate bene, non è più l’artefice della natura, come in Ficino: qui l’uomo modella se stesso, non la natura, assumendo la forma (= “aspetto sostanziale”) che sceglie, degenerando nelle cose inferiori o ascendendo alle cose superiori, divine. Virtù più importanti: • razionali: • intellettuali: vicine a Pico della Mirandola contrappone ragione a intelletto. Nel linguaggio di Ficino: • Ragione: insieme dellaìe capacità intellettuali che consentono di comprendere le cose terrrene, di questo mondo. • Intelletto: capacità di comprendere le cose della metafisica, le cose ultime, le cose celesti. Se l’uomo sviluppa in maniera perfetta il proprio intelletto, diventa un tutt’uno con Dio ed il suo mistero, ma c’è un disprezzo per le cose terrene. Quindi si passa da una visione collettiva basata su questa vita ad una visione individualistica ed elitaria basata sulla metafisica. 41 UMANESIMO VOLGARE PULCI Pulci non dà problemi dal punto di vista descrittivo, ma dal punto di vista esegetico. Il significato è difficilmente interpretabile. Quando siamo in un testo comico, l’esegesi è sempre ardua: non sappiamo se sia un gioco o se abbia un significato dietro. Autore del poema Il Morgante. Si discosta dai poemi della tradizione e vede protagonisti i personaggi del mondo cavalleresco (paladini, quali Carlo Magno, Orlando & friends), ma inseriti in mondo quotidiano degradato (dal punto di vista delle situazioni e dei comportamenti). Commissionato dal Lucrezia Tornabuoni, la madre di Lorenzo il Magnifico, per divertimento. E’ un puro gioco o c’è un altro significato più importante? Ce lo domandiamo perché parla di religione, conoscenza del mondo… Pulci ha lasciato gli studi. E’ un’opera di divertimento, ma non sbuca dal nulla come un funghetto: tradizione carolingia aveva precedenti di tradizione sia nelle corti sia popolare (es. Boccaccio). Pulci muove proprio da opere anonime a lui precedenti (STUDIARE BENE LE FONTI DEL MORGANTE), che rielabora liberamente, ma si tratta di letteratura di consumo. Solo divertimento? Quasi certamente no. Materia parla di Carlo Magno e dei suoi paladini che combattono contro Turchi. Erano arcìgomenti attualissimi per questioni: 1. militari. Turchi in quel momento rappresentavano una minaccia in tutto il Mediterraneo. Erano la froza militare più importante (es. riconquista di Costantinopoli) 2. Francia importante. Firenze ha fatto svolta completa: fino ad allora si era schierata con la Spagna, poi, proprio quando Pulci inizia a scrivere quest’opera, si schiera con la Francia Pulci farebbe così un omaggio indiretto alla Francia.→ Pulci aggiunge aspetti magici, magnifici, in modo anche gfrottesco e surreale per la prima→ volta c’è parziale sovrapposizione fra ciclo carolingio (carlo Magno) e ciclo bretone (re Artù). Ma c’è differenza tra Pulci e Boiardo: del ciclo bretone Pulci riprende solo l’aspetto magico, mentre l’aspetto amoroso viene completamente tralasciato. Perchè viene fatto? Forse per ragioni di tipo etico. In effetti, Lucrezia Tornabuoni era un cristiana intransigente e bigotta; oltre a commissionare quest’opera, ella crea attorno a sé ambiente culturale di tipo religioso. Attorno a lei cengono composte molte sacre rappresentazioni (momenti della vita di Cristo, della Madonna e dei santi in colonna). Una risposta di questo genere, però, si scontra però con il fatto che all’interno dell’opera ci sono molti momenti sconci, metafore oscene e addirittura parodie religiose. Lucrezia non l’avrebbe mai ammesso! In realtà non si scandalizza: lo sappiamo perché resta nella corte dei Medici. Poi verrà cacciato comunque per i suoi contrasti con Ficino. Ricorda che la Firenza di metà 500 è molto libera dal punto di vista filosofico e da quello comportamentale. Domina una dimensione concreta, mercantile. I piaceri della vita vengono assecondati liberamente. C’è un carattere molto concreto del vivere. Questo è il contesto in cui cresce e di cui narra Pulci. Nella tradizione letteraria precedente, questa situazione è legata a Burchiello e alla poesia burchiellesca (priva di ogni valenza morale, solo per gioco). Gli esordi stessi di Lorenzo de Medici sono questi, sono un elogio alla vita mondana! Es. galleria delle osterie di Firenze, scrive Uccellagione, cioè uno scritto sulla caccia, l’attività di svago principale dei nobili. A partire dagli anni 70 accadono due cose in parallelo: • Firenze si trasforma in una signoria assolutamente • nobilitazione dell’ambiente fiorentino poesia volgare progressivamente rimossa;→ elevata la poesia di stampo più classicheggiante: es, per la filosofia, Ficino e , per la prosa, Poliziano, che fa risorgere la Grecia antica più ancora che Roma. Parallelamente a questo, Lorenzo de Medici allontana sempre di più Pulci. Morgante: prima edizione: 78 ; seconda edizione: 83. Non abbiamo nemmeno una copia 42 s’ammazzano tra loro. Rinaldo chiede ad Astarotte se quegli uomini possono salvarsi (ragionamento: se salvezza è riservata ai Cristiani, loro che sono pagani dove finiscono?). La risposta di Astarotte è colta: in parte riprende dìle argomentazioni di Dante nel canto del Cielo di Giove (Paradiso) ove stanno le anime degli spiriti giusti e Dante affrotna il problema della giustizia divina. Dice: non è giusto che solo chei ha la possibilità di conoscere Dio si salvi e gli altri no possibile salvarsi. Basta aver aìcreduto e adorato un dio salvatore e aver→ vissuto nella rettezza etica e morale. Ottava 233: Se Cristo fosse venuto nel mondo per salvare solo i settentrionale, sarebbe stato parziale: avrebbe dato vantaggio e salvezza solo a una parte degli uomini not possible. La Croce è→ elemento salvifico di tutti gli uomini, che hanno possibilità di salvarsi. Certamente, l’oggetto di adorazione da parte degli altri uomini è sbagliato: nell’aldilà tutti adoreranno la religione cristiana. Ottava 234 Il cristianesimo è l’unica religione vera e la Vergine è stata assunta in cielo, ma ciò non significa che anche gli altri non poossano salvarsi. Tutti coloro che crederanno e alimenteranno la fede nel loro animo, saranno ben voluti da Dio. Accetta anche il sacrificio di coloro che non conoscono la fede cristiana. Timore, osservanza, riverenza sono necessaria. La religione discerne le bestie dagli umani. C’è nell’uomo una spinta verso il religioso che lo divide e lo differenzia dalle bestie. Che cosa distingue l’uomo dagli animali? La ragion o l’anima? Astarotte dice che è la presenza di uno spirito religioso verrebbe da pensare l’anima. Ma nel’’ottava 236 dice che è→ la mente che determina la salvezza o la dannazione dell’uomo. Difficile da interpretare: Dante dice che la mente coincide con l’anima, ma ormai quest’uso dantesco cìdella parola era ormai superato. Mente indicava l’insieme delle facoltà razionali e infatti Pulci questo descrive meticolosamente. Se all’uomo è precluso l’accesso al Paradiso, è per una mala condotta. Perché l’uomo può perdere la facoltà di conoscere? Se la mente è: - ottusa: manchevole di capacità intellettiva; limiti intellettuali - crassa: non ha mai affinato queste conoscenza studiando e impegnandosi - pigra: non esercitata - accidiosa: più o meno stessa cosa - trista: ha applicato al male la sua intelligenza Questi elementi sono disposti a climax ascendente in fatto di gravità. Da crassa a trista: dannazione sicura. Se hai la mente ottusa, invece, sei solo un po’ scemo, non è colpa tua. Visione dantesca ha influenza su questo. Da una parte riprende le idee dantesche (folle volo) Dall’altra parte, viaggio di Ulisse è fallimentare Ulisse è un’anima dannata, che non può→ approdare a conoscenza positiva.Pulci invece, dice che la colpevolezza sta nel non voler conoscere, ergo superare le colonne d’Ercole è del tutto comprensibile. Certo, la conoscenza deve avere un fine etico (il miglioramento morale). Cita un salmo: noluit intelligere tiene buona solo la parte della ricerca intellettuale. La→ parte di tipo etico viene trascurata, lievemente allusa. Gli interessa più l’aspetto intelletuale che quello etico. C’è una legge che organizza il mondo e l’uomo deve cercare di comprenderla. Ottava 239 Il mondo non è stato fatto a caso: c’è un filo regolatore, un senso, e l’uomo deve comprenderlo. Dio viene chiamato Sommo Giove legame con dante, che lo chiama così nel→ VI canto del Purgatorio. Poco dopo, contraddice Dante, dicendo che quando l’angelica natura (lucifero) fu condannato da Dio, precipitò da quella parte (il monte del Purgatorio) nel 45 centro della Terra. Dante invece immagina che Lucifero sia caduto nel centro della terra dall’altra parte, cioé Gerusalemme e la montagna del Purgatorio è una conseguenza. Interpretazione 1. Quest’opera è una celebrazione del sapere dell’uomo Pucli umanista, che celebra la→ capacità dell’uomo di capire come sia fatto il mondo. Sarebbe prova di un umanesimo estremo, per cui la razionalità è la qualità suprema dell’uomo, tanto che soltanto per via intellettuale si può giungere all’ampliamento della conoscenza. L’atteggiamento di Dante di condanna ad Ulisse non avrebbe senso. 2. Watch out! A fare questo discorso è un diavolo e i diavoli di solito mentono → rappresentazione dei limiti della conoscenza umana? 3. Ci sono parole nel suo discorso sono al limite dell’eresia: es, ci si salva in ogni caso, senza precisare che bisogna credere in un Dio venturo. Badate bene! La maggior parte dei critici ritiene che il diavolo sia il portavoce di Pulci, mentre altri dicono che sia una presa di distanze dalla visione umanistica. Oppure, nel diavolo può riconoscersi l’acerrimo nemico di Pulci: Ficino. Pulci fa le pulci a Ficino. “la virgine che è stata assunta in cielo”: discorso teso. Es i Luterani non credono nella verginità di Maria. Astarotte potrebbe davvero esprimere visione di Pulci, un po’ strana: di stampo razionalistico, secondo la quale, peraltro, aspetti come la veriginità di Maria non sono dipinti come molto probabili. Però si para il culo con l’espediente del diavolo “noooo gentile→ critica, non sono io a dire queste cose, è un diavolo! Pigliatevela con lui”. Secondo alcuni Astarotte è Ficino; secondo altri, Ficino è rappresentato dall’omonimo re pagano che fa il doppio gioco con i Cristiani (si allea con loro e poi si getta contro di loro). Ipotesi molto meno sicura e meno evidente. Testo molto ambiguo e forse anche apposta: vuole tenersi la libertà di giocare con le sue posizioni ideologiche senza correre rischi. LORENZO DE MEDICI Produzione immensa ed eterogenea: moltissimi generi letterari che paiono inconciliabili fra loro. Poemetti comico-realistici, trionfi, canti carnascialestici, poemi di stampo classicistico, sacre rappresentazioni, roba di stampo religiosa. Comento di ascendenza dantesca e stilnovistica, che riprende le opere dantesche. (Ricordare le opere). Esempio: ne La Nencia da Barberino (elogio da parte del contadino Ballera a Nencia, la donna di cui è innamorato. Ballera usa espressioni provenienti dal mondo contadino di cui fa parte, es. ha denti più belli di quelli di un cavallo (emmenomale zi’). Dice che quella donna l’ha nobilitato nell’animo, la descrive con espressioni di stampo stilnovistico, ma come parodia. Nei commenti invece, lo stilnovismo viene ripreso in modo serissimo. Quindi la critica non sa che cosa pensare: fa parodie per passatempo? Usa il tempo libero per scrivere versi un po’ a caso? Alcuni critici mettono in discussione la paternità di tutti i suoi scritti. Dicono che Lorenzo, che aveva piacere di essere ben considerato, si fa scrivere le opere dagli maici della brigata medicea e li fa pubblicare a suo nome. Ipotesi abbandonata. Lunghezza testi: da 8 ottave a una 50ina di ottave e non sappiamo se risalgano solo a Lorenzo o a qualcun altro. Oggi si ritiene che la versione da 20 ottave sia quella più facilmente attribuibile a Lorenzo. Come fa un testo a conoscere dilatazione simile? E’ un elogio: si possono aggiungere o togliere dettagli o elementi a piacimento. Inaugura un verso proprio genere letterario che porenderà piede nel 600: il genere Nenciale (dal nome della donna). Stampo umoristico, con un sacco di doppi sensi osceni. Ne abbiamo parecchi, il genere ha molto successo. Non c’è una trama, ma sono per lo più giochi di parole, di carattere equivoco, o elogi scherzosi. Chi lo copiava aggiungeva/toglieva ottave in base al suo gusto. 46 Nelgi ultimi tempi si è insistito su uno svolgimento cronologico: la produzione di LDM rifletterebbe l’evoluzione della cultura fiorentina del secondo ‘400. In molti casi non sappiamo data recisa delle opere, m aipotizziamo • Primo tempo di stampo Pulciano (comico-scherzoso) • secondo tempo di stampo Polizianesco e classicistico (poemetti) (Poliziano è il precettore di casa Medici) • terzo tempo di stampo religioso e visione pessimistica (avverte sopra di sé inquietudini di tipo religioso) (rapporti stretti con Savonarola). LDM muore abbastanza giovane e d’improvviso: non è facile dunque pensare a invecchiamento e preparazioni alla salute dell’anima. E’ anche vero, tuttavia, che c’è un bel tipello che bazzica a quell’epoca: Girolamo Savonarola, che promuove una visione pessimistica, in chiave religiosa. E’ come se Lorenzo plasmasse la produzione sulla base degli intellettuali con cui aveva rapporti stretti. Ma badate! Trionfo di Bacco e Arianna (di stampo edonistico) Trionfo: celebrazione di figura allegorica trasportata sopra un carro e seguita dal proprio corteggio. Sono gli antenati dei nostri carri carnevaleschi. Si pone statua sul carro, la si adorna e intorno c’è il corteggio di satiri e ninfe. Questo è trionfo di Bacco, che tira su Arianna, piantanta in Nasso, e se la porta via per godersi con lei le gioie della vita. C’è però aspetto lievemente pessimistico: chi vuole esser lieto, sia: di doman non c’è certezza. E’ un testo tardivi (del 1490 o 1491), scritto quasi contemp.te a celebrazione di _____, un testo moralistico. Scrive anche canti carnascialeschi: cantati da ragazzi a Carnevale travestiti da una professione, che alludeva in realtà alla sfera sessuale, e cantavano i relativi canti (es. il canto degli spazzacamini). Quindi non prendere la scansione cronologica in modo troppo stretto: ci sono elementi di contrasto e lievi incongruenze. Principio della convenienza: uomo è fatto di tanti caratteri diversi. Dividerlo in una cosa sola, o piaceri della carne o sfera intellettuale, sarebbe riduzionismo negazionista. Es Machiavelli (testi politici da un lato, dall’altro testi sconci). Leggendo solo triondo di Bacco e Arianna, si può pensare che LDM abbia visione epicurea della vita in realtà no, lo scrive per Carnevale. → Anche Machiavelli, in un alettera a Guicciardini, dice: se qualcuno vedesse le nostre lettere, ci prenderebbe per pazzi. Talora discutiamo di filosofia, alte volte usiamo linguaggio che ci si vergognerebbe ad usare. L’uomo ha una natura composita, non dobbiamo negare una parte. POLIZIANO Leggere: le stanze per la giostra (poemetto) L’Orfeo (tatro di tipo volgare e profano). A proposito di esse, sono state date interpretazioni diverse. LE STANZE PER LA GIOSTRA Poemetto incompiuto (scrive un canto e mezzo). Forse l’opera è incompiuta per rappresentare la fragilità dell’amore. Scopo encomiastico. Viene fatta una giostra a Firenze nella quale vince Giuliano de Medici, cugino di Lorenzo. La giostra è un fatto reale, lotta tra cavalieri. Stanze → indicazione metrica: indica le ottave (anche tutti i poemi cavallereschi sono in ottave). Perché l’opera è incompiuta? - Lorenzo de Medici muore in congiura del Pazzi (1495), ergo non c’è più il destinatario. Ma inizia a scriverla 3 anni prima. Fino a anni ‘60 dei Novecento, Poliziano era visto come l’espressione piena dell’equilibrio, del 47 deriva dalla dimensione materiale del palazzo, ma dalla sua natura artificiale, comprensiva di tutti i suoi ornamenti). Non importa il materiale con cui è stato costruito, ma dall’arte con lui è stato costruito ancora → rimando a Ficino (arte nobilita l’uomo) Linea esegetica recente: c’è tematica orfica, ma non c’è Orfeo come protagonista. Iulio viene descritto con gli stessi caratteri riservati, nel mito classico, a Ippolito (di Euripide). Rifiuta l’amore e si dedica solo alla caccia, ma ad una certa viene preso dall’ammore e abbandona la caccia identificato allora come un eroe orfico. Noi non abbiamo informazioni o testi orfici→ sicuri che ci infìdichino che cosa sia esattamente l’orfismo. Autori che lo citano vi alludono in modo per noi criptico. Erano comunque riti iniziatici rivolti ad una cerchia ristretta di orivilegiati. C’è anche nel testo di poliziano un aspetto di privilegio. Pare che gli orfici non mangiassero carne Ippolito abbandona la caccia chiaro→ → riferimento all’orfismo! Non sappiamo assolutamente come avvenissero i riti e ciò causa difficoltà a livello esegetico anche su testi come quelli di Poliziano, che dall’orfismo traggono chiara ed esplicita ispirazione. La favola di Orfeo Primo esempio di teatro non religioso in Italia.Fino ad ora, l’unica forma teatrale erano le sacre rappresetnazioni, di origine religiosa, con l’aggiunta di un po’ più di particolarità. Poliziano vive a Firenze, ma ha contrasti con Clarice Orfini, moglie di Lorenzo DM, che lo fa cacciare ed egli si trasferisce a Mantova. Non sappiamo bene che cosa sia successo. E’ l a Mantova che compone l’Orfeo. Cambiamento di luogo è importante, perché in Toscana il genere delle SR è presentissimo. Tra Mantova e Ferrara (Gonzaga ed Este) nasce letteratura più di diletto ed evasione e lì nasce il suddetto genere. Ipotesi: idea dell’Orfeo già nata a Firenze, ma realizzata solo a Mantova. Poi Poliziano riesce a farsi perdonare e torna a firenze per la brve parte finale della sua vita. Modello classico importantissimo per teatro volgare! Orfeo non deriva da teatro classico, ma da IV libro delle Georgiche di Virgilio. Poi legame diverrà ancora più stretto rappresentazione di traduzioni di testi classici (tra i primi→ ricordiamo i Maenechmi di Plauto). Favola: già questo termine rimanda alla classicità: fabula = intreccio di una composizione teatrale. Esegesi Complicata da interpretare. Se già c’è esperienza di tipo orfico, non si conclude in modo pienamente soddisfacente. Forse vuole rappresentare mondo in cui non tutto finisce bene → Orfeo perde Euridice. In più, nel finale, c’è piccolo episodio successivo che è tragicissimo: amareggiato, Orfeo si dedica ad amore omosessuale punito da Dioniso manda le→ → Baccanti che lo tagliano a pezzi e si cibano del suo corpo. Da poesia sublimata passiamo a poesia intensamente drammatica, plìiena di immagini popolaresche, concrette, metafore oscene e talora difficili da comprendere. EL CORO DELLE BACCANTE Polimetria (uso di metri diversi). Forse rispone a volontà di rifarsi al teatro greco. Fprse fa riferimento a dramma satiresco del mondo antico (mix sublime + popolare). Invito a ubriachezza smodata in un linguaggio pieno di termini tecnici dell’enologia del tempo (imbottare, pevere…) Qui tutte metafore sessuali (tanto per cambiare) Letture antitetiche di questo testo: 1) this is dimostrazione del fallimento di qualsiasi visione idealizzante e di innalzamento, ma fallimento radicale e totale 2) this is fallimento parziale: non riguarda universalmente l’uomo, ma le modalità messe in 50 atto da Orfeo (vincere il razionale con la poesia) fallimento non complessivo, ma limitato→ all’esperienza poetica (la poesia non basta per vincere le forze del male e dell’irrazionalità) 3) this finale is non pessimistico, ma da leggersi in termini positivi. «Questi ultimi versi non mi danno turbamento. Semmai mi danno un sentimento di eccitazione orgiastica» (Boggione, 2023). e il cervello a spasso va; ambiguità dell’irrazionalità, che dipende dal mio pormi in una visione apollinea o dionisiaca. Il dilaniamento di Orfeo sarebbe positivo: perde la propria dimensione umana circoscritta e limitata e si fonde con il mondo. Poliziano è double-face: ha un lato tutto tenuto, per bene e un altro molto più libertino. 51 UMANESIMO NEL NORD ITALIA Ferrara, dopo Firenze e insieme a Napoli è la capitale dell’Umanesimo italiano. Qui però è diverso: al nord è molto più viva la tradizione della poesia francese, letta ancora per tutto il Quattrocento. Si leggevano si storia di Re artù e tavola rotonda sia ciclo carolingio. Umanesimo settentrionale è particolare, sia in arte figurativa sia in letteratura. La nuova visione umanistica si interccia con la tradizione precedente. Proiettati valori nuovi, moderni su immagine tradizionale. In Piemonte capita mooooolto con l’arte figurativa (gotico fiorito) figure di provenienza→ classico-medievale, rappr come gotiche (esempio lampante sono gli affreschi del castello di Manta). Pulci pigliava per il culo poema cavalleresco, Orlando e paladini, mentre al nord no, è letto sul serio. Altra differenza realtiva a statuto dell’intellettuale: a Firenze l’intellettuale guadagna facendo l’’intellettuale (insegnante o precettore), secondo il modello mediceo. Al nord no: gli intellettuali non osno pagati per farl, ma lavorano nell’apparato burocratico della corte (svolgono funzioni politico-militari) ambasciatori, esecutori del progetto politico del→ signore… Quindi letteratura diviene passatempo legato al tempo libero (si vede bene con Boiardo e Ariosto. Quest’ultimo passa la vita a lamentarsi perché deve fare cose di cui non gli frega una nerchia). B OIARDO AMORUM LIBRES TRES riferimento alla tradizione latina (amores: titolo di una raccolta ovidiana). Modello petrarchesco sì, ma no imitazione stretta e strutturale dell’opera di Petrarca (es divisione non è in vita o in morte della donna amata, ma a tema: 1) gioie 2) dolore 3) nostalgia per amore perduto e ricordo) con struttura rigida da parte di Boiardo, diversa dalla struttura del Canzoniere. Ciascun libro è fatto da 50 componimenti, per lo più sonetti. Anche le modalità di rappr di tematica amorosa sono diverse. L’amore di Boiardo è concreto, non astratto come quello di Petrarca, ma amore vissuto, relazione di due anni (1469 – 1471) che lascia segno profondo in Boiardo. Descritti rapporti felici, tradimenti, gioie, dolori… Anche a livello strutturale c’è questo: primi 14 componimenti cominciano ciascuno con una lettera del nome della donna e ultimo componimento è un acrostico. Modo di concepire poesia diverso da quello valso fino ad allora. Rappresetnato anche a dimensione fortemente passionale. Margine di convenzionalità rimane, ma amore rappresentato come forza vitale, concreta, non discorso per parlare d’altro (filosofia, teologia…) SONETTO Genere del plaser: Boiardo riprende molto i modi e le forme della tradizione provenzale, riadattandoli. Ecco una dimostrazione dell’apprezzamento della letterstura francese nelle corti dell’Italia del nord. Bellezza della donna paragonata a tre elementi naturali 1. sole 2. rosa 3. erba che spunta in primavera Nell’ultima strofe: la bellezza della donna li supera tutti. Novità: • modalità con cui l’esperienza è ritratta: il poeta pone in primo piano il verbo 52 Orlando: paladino dei Cristiani Agricane: re dei Tartari, feroce, violento, ma con propria nobiltà legata a senso dell’onore militare e guerresco. C’è addirittura sospensione del duello, perché Agricante, mentre sta vincendo, vede i compagni in difficoltà e chiede il permesso di allontanarsi per aiutarli l’importante non è il→ risultato, ma sono i valori e i principi. Orlando gli concede pausa, poi quando torna, Agricante è convinto di vincere facile: ottava 29 Usa modi di dire di tipi popolare (es anche ottava 30 non li stimava quanto un vil botone) → prima descrive battaglia sublime, ora usa espressione popolare, ma badate, non come Pulci per smontare tutto, ma per conferire più ironia. Agricane fugge Orlando non vuole ucciderlo, ma lo segue comunque: arrivano ad un locus→ amoenus. Orlando lo rimprovera di essere scappato come un coniglio, ma Agricante gli dice “non son un coniglio, ma era di fronte al più franco barone, cioé nobile avversario, e gli dispiaceva doverlo uccidere. Ott 35: Agricante gli dice: o mi lasci stare, o dobbiamo ricoinciare a combattere. Orlando risponde con un atteggiamento altrettanto disponibile: siamo tra due nemici di religioni diverse, che hanno lottato per ora, ma che si trattano con umanità esemplare. Non si odiano, ma sono giunti da un sentimento di humanitas. Orlando adduce altra preoccupazione: io sono cristiano, tu sei pagano: se ti uccido vai all’Inferno! Cerca di convincerlo a convertirsi per salvarsi. Che patato <3 Agricane però, benché nobile, si rivela un po’ gnugnu: io ho la mia religione, tu la tua, fatti i fatti tuoi. Allora ripigliano fino al crepuscolo, quando la battaglia si interrompe perché c’è una regola nella tradizione cavalleresca: tutti i combattimenti si arrestano col buio. Questo perché? Il cavaliere combatte per fama, gloria e onore: di notte non si può ottenere fama, perché non vince il più bravo, ma il più fortunato, perché la visibilità è scarsa e si danno colpi a caso. (prima dei duelli, si dicono sempre il reciproco nome, per esere ricordati in caso di morte). Ott 40: Dormono insieme senza protezione (uno avrebbe potuto uccidere l’altro, ma avrebbe preso su di sé una vergogna schiacchiante da cui non si dìsarebbe mai più liberato). Si fidano l’uno dell’altro. Sono lì e parlano amichevolmente di argomenti a loro confacenti (duelli, armi, lotte). Qui Ott 42 Orlando prova di nuovo a convincere Agricane a convertirsi, ma Agricane lo blocca fortemente: “non mi interessano le cose astratte” abbiamo → due modelli antitetici: 1) Orlando: tiene conto sì della dimensione fisica, in quanto cavaliere, ma sottolinea l’importanza della cultura. Modello positivo dell’uomo dell’Umanesimo. 2) Agricane: sfera fisica: per lui sono importanti sono la destrezza e l’abilità. Hanno provato a farlo studiare, ma “ha spaccato la testa al maestro” (qui anche ironia). Antimodello. (ott. 43) Ott 46 Agricane pone fine al discorso dicendo: se sei persona educata e io no, non possiamo parlare, hai tu la meglio. Ma riconosce l’eccellenza di Orlando e lo ammira per la sua fama. Parlando, scoprono di essere innamorati della stessa donna e qui sì che il combattimento riprende, anche nel cuore della notte. Orlando è in grado di controllare la forza dell’amore, non si butta immediatamente sul rivale. Agricane, al contrario, non è in grado di controllare la forza dell’amore (ardea oltre misura). Il discorso è basato sulla misura. Agricane cerca di resistere, ma dopo un po’ sbrocca, Orlando invece si controlla. Agricane gli propone di rinunciare per ora ad Angelica, se l’indomani l’avesse ucciso se la sarebbe presa lui, altrimenti Agricane. Orlando gli risponde “ma ‘sto cazzo!” e ricomincia il duello. 55 LUDOVICO ARIOSTO Per le satire, il modello è l’Orazio delle Epistole. Dialogo a tu per tu, senza presunzione. ORLANDO FURIOSO La protasi del poema è anche qui cruciale per quanto riguarda l’impostazione dell’opera e i principi seguiti dall’autore nel corso dell’’opera. “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto”. Questa protasi è impostata in maniera diversa dall’Innamorato, è molto più regolare rispetto alle norme tradizionali del genere. Nei versi 1-12 c’è l’indicazione della materia (propositio), dal 13-16 c’è l’invocazione, ottava 3 e 4 hanno la dedica. Impostazione più classicistica rispetto a Boiardo. Questa è ulteriormente sottolineata da un fatto: i primi versi hanno l’espressione “io canto”, che proviene dal genere del poema classico, ad esempio l’inizio dell’Eneide. La collocazione del verbo “canto” è proprio un omaggio evidente offerto al modello virgiliano, spesso ripreso nel Furioso. Alcuni episodi, come quello di Cloridano e Medoro, in cui i due amici compiono una spedizione notturna per recuperare il corpo del proprio signore ricordano l’episodio di Eurialo e Niso nell’Eneide. Si tratta però di un classicismo non rigidissimo. Sono ben evidenti gli elementi principali della ripresa dei classici, ma sono intrecciati con altri elementi o sono modificati tramite l’ironia. Nei primi due versi è evidente la ripresa dell’Eneide, ma è altrettanto evidente la ripresa alla Commedia dantesca, precisamente al canto XIV del Purgatorio. Dunque incrocia modelli moderni e antichi. L’opera di Ariosto è quella in cui ci sono più riferimenti alla tradizione letteraria precedente, incrociata con grande libertà da parte dell’autore. Per Ariosto non c’è differenza tra i modelli volgari e i modelli classici, principalmente latini ma anche greci. Un libro scritto nei primi del ‘900 da Pio Rajna “Le fonti dell’Orlando Furioso” parla appunto delle fonti del Furioso. È un libro di tipo 600 pagine, le fonti sono immense dunque. Osserviamo anche come i primi due versi siano perfettamente costruiti dal punto di vista retorico. Il primo verso ha un chiasmo donne-amor, cavallier-arme. Il secondo verso ha un parallelismo cortesie-imprese. La sequenza cavallier-arme-imprese riassume la tradizione carolingia, l’altro trinomio fa riferimento al ciclo bretone. La fusione tra carolingio e bretone già incontrata in Boiardo viene ripresa in maniera evidentissima. Ariosto però cambia di brutto il modo di rapportarsi al pubblico. Boiardo si riferiva a cavalieri (anche immaginari) presenti davanti a lui. Qui i cavalieri sono l’oggetto della poesia, non il pubblico a cui è destinata. Questo testimonia un cambiamento rilevante avvenuto nel giro di non troppi anni, una trentina d’anni. Anche Ariosto scrive all’interno della corte degli Este, ma ora non c’è nessuna finzione di oralità. In questo periodo i libri iniziano ad essere molto più stampati, non ci sono pochissime copie come accaduto ai tempi di Boiardo, si sviluppa l’industria della stampa. Ariosto è uno dei primi autori che ne prende consapevolezza, progetta le edizioni della propria opera, lavora con gli stampatori e fa tante edizioni diverse (prima volta nella letteratura italiana) destinate a diversi tipi di pubblico. Ci sono edizioni raffinate, con le illustrazioni, e ci sono edizioni piccoline (in sessantaquattresimo, il primo equivalente di un’edizione economica moderna); è la prima volta che un autore tiene conto del proprio pubblico, non circoscritto e limitato. Ariosto si rivolge a un pubblico nazionale se non europeo. Questo piccolo cambiamento rispetto all’incipit di Boiardo lo dimostra in maniera molto evidente. Sempre confrontando gli incipit notiamo che Boiardo ci parlava di Orlando innamorato, ma si rivolgeva a un pubblico di tipo maschile. Nella corte degli Este c’erano le donne, ma l’atteggiamento di Boiardo era fortemente maschilista. Il pubblico privilegiato è maschile e anche all’interno dell’opera il ruolo della donna è un ruolo tutto sommato marginale per Boiardo, le donne occupano pochissimo spazio e rivestono dei ruoli solo passivi, non hanno la capacità di influenzare gli eventi. La stessa Angelica è oggetto della concupiscenza dei maschi nel poema, ma è continuamente inseguita e non può fare altro che scappare. Ariosto mette sullo stesso piano il mondo femminile e il mondo maschile. Anzi, cita prima le donne e i cavalieri nella protasi. Nell’episodio dell’innamoramento di Angelica per Medoro si osserva un cambiamento decisivo per quanto riguarda le figure femminili. Le donne iniziano ad avere scelta, hanno una loro autonomia, decidono anche loro, ci sono rapporti in cui ha 56 prevalenza la donna. Come dicevamo, la prima strofe e mezza parla dell’argomento. Da questo punto di vista l’Orlando Furioso era un’opera molto più vasta dell’Innamorato. Si può osservare che la materia non è compatta ma è distribuita secondo tre linee principali che si intrecciano tra loro. La prima è quella indicata nella prima strofe: la guerra tra cristiani e saraceni (Carlo Magno vs Agramante) materia guerresca. Circa un terzo dell’opera è proprio legato a duelli ed→ episodi di guerra, soprattutto nella parte finale. Nella parte centrale del poema riveste un ruolo centrale Orlando con il suo amore per Angelica. Non è soltanto Orlando a innamorarsene, ma tutti i paladini, che la inseguono senza raggiungerla. Quello che in Boiardo era solo un innamoramento, qui diventa una vera e propria follia d’amore “furore e matto”. Furore e matto vogliono dire la stessa cosa, ma “furore” è un’espressione latineggiante, “matto” è di carattere molto più volgare. A questo proposito possiamo osservare come questa idea del furore (presente anche nel titolo) faccia riferimento a un altro modello latino, una delle tragedie di Seneca "Hercules Furens”. Il terzo argomento non è presente nella propositio, ma è associato alla dedica, ed è il personaggio di Ruggiero con le sue vicende d’amore con Bradamante. È nella dedica perché è coerente con il carattere encomiastico dell’opera. In Boiardo i nomi sono leggermente diversi da quelli usati in Ariosto (nomi molto simili ma storpiati). Ruggiero e Bradamante sono gli antenati tradizionalmente canonici della famiglia degli Este, raccontarne l’amore significa celebrare indirettamente la casata. Boiardo non lo esplicita, Ariosto lecca per bene il culo. In quest’opera c’è una rivendicazione di originalità “dirò d’Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai né in rima”, quando dice prosa si riferisce alla tradizione francese, mentre quando dice rima si riferisce ai canterini e a Boiardo. Dunque riprende la dichiarazione di originalità già usata da Boiardo ma la estremizza escludendo sia prosa che poesia. L’originalità sta proprio nel furore d’amore di Orlando. Ariosto è strettamente legato al poema di Boiardo, così legato che lo presenta come aggiunta, sequel, del poema boiardesco. Infatti Ariosto dà per scontato che il lettore conosca ciò che Boiardo ha raccontato, inizia a narrare le vicende dal punto in cui Boiardo le ha interrotte. Questo è stravolgente, l’opera non ha un inizio vero e proprio, fa riferimento a un’opera precedente. La trama è comprensibile anche senza aver letto Boiardo, ma non la si può capire in maniera perfettissima. Ariosto è attentissimo al pubblico come abbiamo detto, quindi scrive comunque un’opera comprensibile a tutti, ma la attacca a un’opera precedente. Questo segna un’originalità strutturale incredibile, notata per la prima volta da Italo Calvino: è un’opera a cui manca un inizio, ma manca anche una fine. L’opera finisce con un singolo duello tra dei campioni saraceni e campioni cristiani su Lampedusa. Ma l’ultima ottava presenta Ruggiero che “si trasse d’impaccio”. È come se Ariosto avesse lasciato un finale aperto per permettere a qualcuno di continuarla: prima opera aperta della letteratura italiana. È un’opera aperta per molti motivi, ci sono momenti seri e momenti comici, l’ambientazione è molto varia, ci sono tantissimi posti europei, argomenti sublimi e bassi. È un’opera mondo, in cui c’è un po’ di tutto, scienza, filosofia, arti figurative, ma anche scherzi, giochi, divertimenti; è un’opera che non conosce limite in alcun genere, motivo per cui è un’opera unica. Ariosto dice di voler raccontare la follia di Orlando, ma subito dopo la mette in relazione con un’altra follia (ultimi versi ottava 2), la propria. Anche Ariosto è impazzito d’amore e potrà scrivere la sua opera solo se la donna di cui è innamorato gli lascerà una quantità sufficiente di buonsenso per permettergli di comporre i suoi versi. Prima volta in cui viene esplicitato un legame strettissimo tra la materia raccontata e la vita dell’autore (in questo genere). I cavalieri di Boiardo rappresentano un modello ideale per i cavalieri della corte estense. Qui invece i cavalieri hanno gli stessi comportamenti, le stesse pazzie che hanno le persone normali, al punto che l’autore si paragona al protagonista principale, pazzi per amore. Ma questo paragone non ha un intento nobilitante, vuol fare invece emergere la prevalenza dell’irrazionalità nei comportamenti umani. L’umanità presentata da Ariosto è un’umanità non razionale, capace di controllare i propri impulsi, ma è un’umanità continuamente incline a perdersi dietro desideri vani, eccessivi, dietro impulsi irrazionali difficili da controllare. Di fronte a questo però Ariosto non si abbandona, non lo presenta in termini drammatici, lo 57 Il nome stesso di Angelica in tutto questo è ironico. “Angelica” richiama gli angeli, le donne angelicate, ma Angelica è una donna in carne ed ossa e particolarmente incline a cedere all’impulso sessuale, e dunque anche questo rappresenta ironia. ottava 33 “Angelica a Medor la prima rosa coglier lasciò”, la rosa intende la figa nella letteratura del tempo. Angelica voleva solo congiungersi amorosamente con il suo amato, però siamo nel 1500, è troppo disdicevole farlo al di fuori del matrimonio, dunque per coprire la cosa, per renderla meno immorale, si sposano. Il matrimonio che celebrano è però puramente fittizio, viene fatta ironia anche per quanto riguarda le cerimonie sante: i testimoni sono l’Amore e la moglie del pastore che ospitava Angelica. Non si arriva dunque al libero amore, sarebbe stato uno scandalo eccessivo. Qui troviamo un amore molto molto prosaico, borghese. Angelica che è una principessa si sposa con un semplice fante e, nel momento in cui lo sceglie, perde le caratteristiche da eroina del poema cavalleresco, in seguito cadrà anche dal cavallo. Lo scopo di Angelica e Medoro è principalmente edonistico, di piacere carnale. Il cambiamento attuato da Ariosto è un cambiamento che porta 3 tipi di conseguenze: • sconvolge l’organizzazione sociale: la donna che ha un ruolo superiore a quello dell’uomo. • smascheramento del modello cortese, che si rivela essere soltanto una pura finzione agli occhi di Ariosto. • sconvolgimento ideologico: la centralità dell’istinto e del sentimento. L’importanza dell’impulso sessuale. I due innamorati vanno continuamente in giro a incidere le loro iniziali sugli alberi che incontrano, si abbassano socialmente. ottava 35: Da un lato Ariosto richiama modelli classici e sublimi, i due trovano una grotta in cui amoreggiare che ricorda la grotta in cui si sono riparati Enea e Didone. Riferimento classico con un evidentissimo intento ironico. L’amore tra Enea e Didone era solenne, sublime, tra due sovrani. Un amore che vede il suicidio di Didone quando Enea va via. Questo amore viene paragonato a un rapporto principalmente sessuale. Importante: Angelica è la protagonista femminile del poema e scompare completamente nella seconda parte del poema. Ci spostiamo nel canto XIII. Le conseguenze dell’amore tra Angelica e Medoro su Orlando. Orlando capita nei luoghi in cui Angelica e Medoro hanno lasciato i segni del loro passaggio, tuttavia all’inizio non impazzisce. ottava 103 in avanti: Orlando vede le scritte sugli alberi e soffre in maniera terribile. Orlando mette in atto un comportamento più o meno inconsapevole di autodifesa. Ariosto ha un’abilità incredibile nel ricostruire i meccanismi psicologici: noi oggi sappiamo benissimo che quando il nostro cervello riceve impulsi negativi cerca di difendersi inconsciamente. Quando Orlando vede i segni sugli alberi pensa “ah ma non sarà mica quella Angelica”. Però Orlando riconosce benissimo la grafia di Angelica e cerca un’altra spiegazione per non soffrire: “Angelica si sarà inventata un nome per indicare Orlando” (il segnale, per nascondere il nome). Orlando sa che questi ragionamenti non stanno da nessuna parte. Ad un certo punto c’è un elemento che impedisce a Orlando di immaginare queste fantasie consolatorie: Orlando entra dentro la grotta in cui hanno scopato e vede una scritta fatta da Medoro. Vede una scritta inequivocabile che testimonia che quella precisa Angelica è andata a letto con un altro uomo, Medoro scrive per celebrare il piacere provato nella grotta (sottolinea che l’importante è il piacere). Per celebrare questa cosa Medoro scrive una poesia, Ariosto immagina che Medoro scriva in arabo (era circa un saraceno) e la definisce colta, elegante e raffinata nella sua lingua. Medoro è un fante e non è verosimile che un fante sappia comporre in maniera adeguata ironia. Del resto il modo in cui Ariosto la traduce in→ italiano è esso stesso ironico: la traduce con riferimenti a Petrarca, anche lo stile è petrarchesco. La caratteristica fondamentale dello stile petrarchesco è il ritmo binario e il ritmo terziario. Aggettivo + sostantivo ripetuto 3 volte / sostantivo + 2 aggettivi. L’amore petrarchesco però è un amore rarefatto, sublime, riservato a un animo elevato. Medoro imita 60 Petrarca in maniera molto meccanica e l’ironia di Ariosto ha l’apice nel far celebrare a Medoro l’atto sessuale. Angelica giace nuda e viene posta importanza sulla comodità del→ luogo per provare piacere. Orlando è un cavaliere cortese, in quanto tale conosce sia arabo che volgare, dunque per questo la sa leggere. Il poliglottismo gli è tornato spesso utile per superare ostacoli, qua invece lo fa rimanere di merda, tuttavia non impazzisce ancora. Orlando subisce una reificazione, perde la consapevolezza di sé, come abbiamo spesso visto in Cavalcanti. È ai limiti della follia, sta per uscire di senno, ma riesce comunque a controllarsi. Ariosto parla con l’autore, dice di essere stato tradito dalla donna che amava e garantisce che è una sensazione terribile (non siamo certi che sia vero). Nonostante tutta sta merda Orlando evita ancora la pazzia cercando di rimuovere quello che non gli piace (meccanica freudiana). Ariosto aveva una capacità di indagine psicologica straordinaria per il tempo. Narra seguendo le teorie psicologiche dell’epoca, ma integrando ragionamenti molto moderni. “Magari qualcuno ha imitato la grafia di Angelica e vuole diffamarla, o magari qualcuno vuole far soffrire Orlando”. Sono sotterfugi che non ottengono un risultato straordinario, dice Ariosto, ma bastano per permettergli di non diventare completamente pazzo. ottava 120: Orlando impazzisce quando scopre in maniera sicura che non solo Angelica si è innamorata di un altro, ma si è innamorata di un povero fante. ottava 121: questa è la conclusione che gli ha fatto perdere la testa, lo scardinamento del principio di amore cortese in cui Orlando credeva. La fine del canto è dedicata alla follia di Orlando. Fino a poco prima Orlando ha messo in pratica dei meccanismi psicologici che tutt’ora riconosciamo come validi. Orlando verso la fine segue principi della psicologia rinascimentale, basata sul principio dell’equilibrio degli umori, teoria di origine classica (Teofrasto, in Grecia, Galeno, latino). Ci sono 4 umori, la salute fisica e psicologica è definita dall’equilibrio dei 4, ogni squilibrio definisce una malattia. Quello di Orlando viene definito “umor malinconico”. Malinconia non va inteso col significato moderno del termine, ma va intesa in senso etimologico: deriva dal greco “melaina”, nera, “colè”, bile. La malinconia è la malattia in cui prevale la bile nera, è uno degli stati mentali più gravi che un uomo possa provare. È rappresentata sia nella letteratura che nelle arti figurative. Ariosto descrive Orlando secondo i tratti caratteristici della melancolia: oltre alla bile nera c’era un’idea di corrispondenza tra il microcosmo e il macrocosmo: gli eventi che capitano all’uomo sono associati ai corpi celesti. La melancolia era associata a Saturno, il dio classico violento e distruttore che ammazza suo padre Crono. L'umore malinconico veniva associato a una serie di caratteristiche molto ben evidenti nella descrizione della pazzia di Orlando: • asocialità: Orlando impazzito rifiuta la società, scappa dalla casa del pastore e inizia a vagabondare all’esterno. • buio: il teatro della follia di Orlando è una notte scura, senza stelle. Il buio come simbolo di pazzia è abbastanza naturale, Saturno è un dio notturno nella tradizione più remota. Orlando esce nel pieno buio. • perdita dell’umanità/imbestiamento: Orlando si toglie armatura e vestiti e rimane nudo. Per un cavaliere togliersi l’armatura rappresentava l’abbassamento al livello degli altri: il cavaliere non può più combattere. Nel primo canto dell’Innamorato vediamo un cavaliere che ha perso l’elmo e prova a recuperarlo. Orlando si spoglia della natura umana e diventa simile ad una bestia, completamente nudo, senza cibo e dormire per 3 giorni. • il prorompere della violenza: Saturno è il dio distruttore, dio violento, porco dio. Orlando diventa una belva, inizia ad ammazzare gli animali a mani nude, sradica le piante a mani nude (un pino addirittura). Quando riprende a mangiare mangia la carne cruda degli animali ammazzati a mano. Ariosto utilizza anche il meccanismo di dissociazione psicologia: afferma che Orlando non è più uno, è doppio e non riesce a tenere insieme i vari frammenti di sé. Non è tipico dell’umore malinconico. ottava 128. “Non sono io quel che paio in viso, quel ch’era Orlando è morto et è sottoterra: la sua donna ingratissima l’ha ucciso”. Orlando usa anche una parola che ha una grandissima 61 tradizione alle spalle, dice di essere un esempio. Gli exempla erano raccolte di storie che i predicatori medievali raccontavano per educare il popolo. Ariosto non fa il predicatore, ma ci ricorda che le storie che ci racconta ci servono per capirci meglio, per rappresentare meglio la nostra vita. Canto XXIX Orlando vagabonda come un coglione e arriva fino in spagna e nel nordafrica. Orlando incontra nuovamente Angelica, che insieme a Medoro sta cercando di attraversare lo stretto di Gibilterra. ottava 58 a seguire: Angelica non riconosce Orlando perché il furore lo ha trasformato completamente, deformandone i tratti. In più è andato in giro nudo come un animale ed è stato bruciato dal sole. Anche Orlando non riconosce Angelica, eppure si ripete il meccanismo che aveva dominato tutta la prima parte del poema: Angelica scappa e Orlando la insegue, pur non riconoscendosi a vicenda. Dunque Orlando viene preso dall’aspetto più irrazionale e violento della pulsione sessuale, è “goloso” di Angelica. Valter afferma “vuole mangiarsela come fosse un bocconcino”. Orlando aveva negato completamente l’istinto, aveva scelto l’amor cortese, ma quel modello lo ha portato a diventare schiavo dell’istinto nel momento in cui l’amore è stato negato dalla scoperta dell’amore tra Angelica e Medoro. Cosa vuole dirci Ariosto? Che la ricerca di modelli sublimi e rarefatti ci espone al rischio di precipitare nella degradazione più totale. Orlando che voleva essere il più sublime di tutti si mette a correre nella maniera più degradata dietro a una donna come fosse un cane che insegue una bestia. Ci vuole dunque moderazione, dobbiamo essere consapevoli che la sfera degli istinti non va negata, ma va moderata. ottava 65 a seguire: Angelica che è una perfetta cavallerizza scappa in fretta, ma non riesce a fuggire a Orlando, ma si ricorda che ha un anello magico che la rende invisibile se lo mette in bocca. Però lo fa mentre cavalca impetuosamente e cade da cavallo, gambe all’aria. Questa è l’ultima volta che Angelica compare nel poema. La degradazione raggiunge il culmine, la principessa si abbassa a borghese ed esce di scena in una maniera tutt’altro che nobile. Ariosto è un narratore onnisciente, sposta le vicende intervenendo in prima persona, sfrutta tutte le possibilità della narrazione. Ariosto qui fa finta di non sapere come mai Angelica sia caduta: forse perché ha lasciato una briglia per mettere l’anello in bocca, magari il cavallo è inciampato. In tutto ciò Angelica vivrà una vita tranquilla, si comprerà un altro cavallo o lo ruberà. Ariosto presenta le donne come astute, spregiudicate, Angelica è una principessa che ruberà un destriero e se la caverà. Orlando non si accontenta: non vedendo più Angelica corre incontro alla cavalla e le salta addosso, catturandola come avesse “fatto la festa a una donzella”, espressione oscena che allude a un rapporto sessuale. Rapporto che non avviene di fatto, ma Ariosto usa una serie di espressioni oscene per alludere a una cosa di questo tipo. Ariosto ci suggerisce l’idea che non riuscendo ad avere Angelica, Orlando si accontenta della cavalla, cavalcata con così tanta violenza che stramazza e muore. Orlando è proprio al livello più basso di sempre, sostituisce la donna con una cavalla e finisce per cavalcarla in prospettiva erotica fino ad ammazzarla. Nel poema tutti i paladini desiderano delle cose e tutti i paladini non riescono a ottenerle, fin dal primo canto: Sacripante vuole l’elmo di Ferraù e prova a pescarlo, non riesce; arriva Angelica e Sacripante si interessa a lei; Angelica viene portata via da Rinaldo… (forma della quest, tradizionalmente quella del sacro Graal, queste sono più basse come quest, ma non riescono ad essere soddisfatte) i desideri dell’uomo non si possono mai ottenere→ perfettamente. Dunque gli eroi di Ariosto cercano oggetti sostitutivi, cercano di consolarsi con una cosa di minor valore altro meccanismo psicologico che Ariosto ricostruisce in→ maniera clamorosa per il suo tempo. L’unico eroe che non cerca mai oggetti sostitutivi è Orlando, ma non è un vantaggio, si risolve in un disastro: sempre impegnato a cercare Angelica, nel momento in cui la donna sparisce prende il cavallo come sostituto. Per Ariosto non→ 62 MACHIAVELLI Dedica del principe e capitolo XXV punti nevralgici per l’ottica machiavelliana non strettamente politica. DEDICA DEL PRINCIPE Scritta dopo rispetto al trattato. Di Machiavelli abbiamo poche informazioni e nelle critica ci sono fratture anche aggressive. Datazione della critica incerta (di sicuro dopo il 1513). Non sappiamo se sia stata scritta dopo la prima redazione o se era stat aggiunta in occasione della dedica nell’oopra a Lorenzo De Medici (Lorenzo II de Medici, non il Magnifico!) Contatto con realtà contemporanea: Scrive le opere o in frettissima, sull’onda di ciò che succede, o le fa maturare a lungo. Il Principe ha redazione brevissima (qualche mese). Questo trattato nasce in una situazione, secondo Machiavelli, ottimale per l’instaurazione in Italia di un principato nuovo, uno stato solido, ributsto, in grado di superare le divisioni politiche. L’idea di Machiavelli, però, non è quella di instaurare uno stato nazionale itrìaliano, ma uno stato più unito nel Centro Italia. Ciò è dovuto a una serie di circostanze: - 1513: i Medici sono appena tornati a Firenze dopo ___, c’è notevole compattezza nello stato di Firenze i Medici possono estendere la loro signoria, anche al di fuori dei confini toscani.→ “Ex malo bonum”: i grandi stati potenti sono nati sempre su basi di partenza rappresetnati da grande frantumanzione e difficoltà politica. Teseo è riuscito a render forte Atene partendo da una forte divisione fra villaggi. L’Italia, secondo Machiavelli, nel 500 si trova in situazione pessima, la peggiore possibile: trupper straniere su terrotorio italiano che combattono fra loro, Firenze ha conosiuto un periodo difficile sotto Savonarola… 1516 situazione ancora più favorevole perché a Roma si è radicata una presenza: Papa Leone __, di origine medicea. Questa situazione è fantastica, perché si può creare asse forte tra Medici e Chiesa Italia→ centrale è favorita. Per Machisvelli la politica è il valore supremo dell’esistenza. NON DICE LA FRASE “IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI, GLI E’ STATO ATTRIBUITA DOPO. E’ però convinto che lo Stato giustifichi i mezzi. Per Machiavelli non importano il sistema politico o l’aspetto istituzionale dello Stato, perché sono i singoli individui, eroi, capaci di imporre la loro guida agli altri. Si tratta del comportamento individuale, non collettivo. Parla della “cognizione delle azioni degli uomini grandi”. La presenza di uno stato forte assicura il benessere di tutti coloro che vi vivono. Es, ok ammazzare qualche leader se ciò è utile all’evoluzione retta dello stato. Le persone devono fare dei regali ai principi per averne un vantaggio: regalano le cose che abbiano più care o che piacciono di più al principe Machiavelli dice che regalerà il suo libretto. Il libretto del principe racciude tutta la sua conoscenza Capire quali sono i principi teorici sulla base dei quali agiscono i grandi autori della storia. Machiavelli punta ad un’azione politica diretta e uno scopo pratico, il quale però richiede una parte precedente di carattere teorico. Machiavelli è definito anche il teorico stesso della poesia. E’ il primo a considerare la politica come un mondo autonomo meritevole di una ricerca intellettuale; separa la politica dalla morale → scienza della politica. Ma non sicuro che abbia compreso bene i pilastri fondamentali della politica come scienza, perché sarebbe da analizzare in modo oggettivo e meticoloso. Lo studio dev’essere rivolto ai fenomeni e dev’0essere volto ad un processo deduttivo: astrarre le condizioni e applicarle ai casi generali. Tutti gli stati, per Machiavelli, sono o repubbliche o principati, ma non fa distinzioni fra es. repubblica democratica o aristocratica. Ragionamento è di tipo deduttivo. Usa la disgiunzione: per lui è tutto o bianco o nero esclude tutta la varietà delle situazioni→ intermedie, che è ciò che fa un politico. Per questo procedere per alternative, il modo di ragionare di Machiavelli è stato definito dilemmatico. Per la sua scelta di seguire solo una delle sue alternative è detto propagginato. 65 Machiavelli dice di aver appreso la politica attraverso: • l’esperienza: l’essersi interessato alla politica contemporanea (il che è scientifico) • la lezione delle cose antique: l’insegnamento ricevuto dalle opere letterarie dei classici. Naturalismo storico: l’uomo non cambia, di fronte a stesse situazioni si comporterà allo stesso modo. Machisvelli ritiene dunque fondamental la storia e lo studio del passato. Raooresenta la storia per exempla (sempre due contrapposti: exemplum antico, exemplum moderno). Ultima parte della dedica volta ad aspetti stilistici: no ornamenti retorici. Il Principe è un’opera breve e concentrata. Ma ormaneti retorici ci sono eccome e sono fondanti per il discorsi che sta svolgendo. Parla di ornamento estrinseco per indicare quello fine a se stesso. Non dev’essere fine a se stesso, ma funzionale alla descrizione delle cose che si stanno illustrando. Linguaggio usato sulla base dei temi e delle situazioni che descrive (quando parla di osteria: ling basso; quando studia i classici: ling sublime). Machiavelli immagina che signore cui dedica la sua opera gli rimproveri di essere un po’ superbo per voler insegnare il mestiere ad un principe. Mach risponde: i geografi esaminano dal basso le cose alte, dall’alto le cose basse. Dice “per capire la natura del principe occorre essere popolo e viceversa”. LA FORTUNA Insieme alle qualità, anche la fortuna, sorte, gioca il suo ruolo. Ella ha forma mutevole da un’opera all’altra di machiavelli: talora le attribuisce ogni potere, altre volte dà più responsabilità agli uomini. Parlando di se steso, si rivela fatalista (si vede isolato, costretto all’inazione, trascurato da tutti) si sentie vittima di una grande malignità di fortuna. La→ posizione prevalente è auell di equilibrio fra responsabilità dell’uomo e responsabilità del destino. In capitolo XXV dice che metà delle azioni umane dipendono dall’uomo, metà dalla fortuna. Due categorie di principi: 1. IMPETUOSI: non pensano troppo, agiscono più d’impulso 2. RESPETTIVI: temporerggiano e hanno pazienza. Dice che in sé non fa differenza l’essere impetuosi o l’essere respettivi, dipende dalle circostanze. S eil comportamento del principe si accorda con la fortuna, ha successo; se non si accorda, non ha successo. Mach dice che non è possibile cambiare il modo di comportarsi: se sei respettivo lo sei e lo resti, così come se fossi impetuoso. Adduce che se uno ha agito in un solo modo in tutta la sua vita, si rifiuta di cambiare, ma il mondo intanto cambia t’es foutu.→ Conclude dicendo che la fortuna è una donna e come tale dev’essere picchiata e urtata [Mach è radicalmente misogino]. Dice che la fortuna è randomica, quindi sarebbe meglio essere impetuosi. Dice in riferimentoa Giulio II, che l’impeto può essere funzionale se si vive poco, altrimenti t’es foutu. Se fosse vissuto più a lungo, dice, non avrebbe cambiato il suo comportamento e gli sarebbe andato male. Fa una teoria astratta! E’ talmente poco convinto che si inventa una storia che non c’è, come l’isola di Peter Pan. Fortuna: forza violenta e distruttiva . Visione dovuta alla terribile situazione in cui verteva nel ‘500 (dal più importante centro culturale europeo a teatrino di battaglia di Spagnoli e Francesi, che ammazzano gente a destra e a manca e fanno disastri). Dice che in situazioni di pace e equilibrio bisogna mettere in campo strumenti necessari per contenere e arginare danni provocati da situazioni avverse. Ciò implica due cose fondamentali: 1. è vero che l’uomo può agire, ma solo in difesa. Può difendersi dalla fortuna, ma mai controllarla. 2. quest’azione difensiva si configura come rimedio : studiare in maniera adeguata le situazione e cercare di porre rimendio in anticipo ai problemi che possono 66 verificarsi Nella Mandragola, la parola rimedio appare più e più volte. GUICCIARDINI, LA STORIA D’ITALIA Titolo: non è titolo d’autore. Titolo editoriale (oopera pubblicata postuma) che però ci dice già aspetti importantissimi: 1. STORIA D’ITALIA. Cfr Storie Fiorentine di machiavelli. La tradizione dominante erano storie municipali, che riguardano una singola soecifica città. Guicciardini è il primo a rendersi conto del fatto che raccontare la storia di una singola città è inutile, in quanto è legata in modo inscindibile alle altre realtà italiane need for storia→ nazionale. 2. scelta di una storia di argomento contemporaneo (sotire municipali iniziavano dalla fondazione della città ai tempi contemporanei. La parte più ampia era dedicata ai fatti antichi, alle fondazioni). Guicciardini narra storie che ha visto lui stesso. Raccogliere tutte le notizie che si hanno a disposizione! Altrimentni buchi informativi che rendono impossibile la concezione corretta della sotria. Guicciardini va per documenti e ricostruisce la storia per documenti. Non scrive per i suoi contemporanei, ma per chi, un domani avrebbe avuto gli strumenti per interpretarla meglio. Storie d’Italia: venti libri. Segue un sistema annalistico, anno per anno. Per lui è un modo per essere fedele nei minimi dettagli alla realtà della storia. Cerca di seguire passo passo gli avvenimenti. Guicciardini, in questo senso, è il contrario di Machiavelli: Guicciardini è convinto che ogni singola vicenda sia uìin tutto e per tutto diversa da ogni altra realtà storica. Bisogna cogliere l’analisi, non la sintesi. PROEMIO Ho deliberato di scrivere le cose accadute alla memoria nostra. Principi italiani stolti e irrazionali: i principi sono mossi da impulsi e ragionamenti sbagliati e finiscono per restare vittime delle priprie stesse scelte. Principe degli Sforza ha chiamato i Francesi per chieder loro aiuto traggedia.→ Anche per Guicciardini la storia è fatta dai singoli uomini, dai condottieri. Per Guicc, la storia è solo quella (popolo inesistente, mancano completamente riferimenti all’aspetto culturale, sociale, economico). Per Machiavelli i condottieri sono persone eccezionali; per G sono persone normali che ricoprono un ruolo decisivo. Insignificanti cause anche di natura pricologica hanno conseguenze enormi e devastanti. I Lanzichenecchi sono mal organizzati, non hanno le provviste necessarie, non riescono a conquistare l’Italia come pensavano di poter fare. Unico oersonaggio con statura impressionante: Lorenzo de Medici. Guicciardini è stato il primo a proporlo come ago della bilancia. 67 proprio signore e saperlo guidare scientiemente. l’intellettuale diventa la guida del→ principe, per guidarlo e , se necessario, contraddirlo avvalendosi della grazia acquistata con le sue buone qualità. E’ un obiettivo etico e altissimo. Come nel De Cementia di Seneca, anche qui l’uomo colto deve guidare il princeps. Il ruolo dell’intellettuale è laico fino all’arrivo del dominio spagnolo: a quel punto, l’intellettuale può formarsi solo negli ambienti della Chiesa. Il sogno di Baldassar svanisce. Baldassar dice che solo grazie all’esercizio della virtù si può diventare un uomo di corte perfetto. I principi tengono in maggior considerazione l’ultile e l’onore, ma il buon consigliere deve far loro capire che nulla di ciò è possibile senza virtù. La mondanità della vita di corte è il fiore, bisgona raggiungere il frutto. Tasso presenta la corte allo stesso modo, ma non crede di poterla cambiare, al contrario di Baldassar (episodio di Erminia fra i pastori). LA QUESTIONE DELLA LINGUA Tema molto caldo nel 500. Castglione, amico di Bembo, non concorda per nulla con lui su questo. Bembo dice che bisogna seguire precise norme e regole stabilite. Bisogna seguire la grammatica, desunta dai grandi scrittori del Trecento (Petrarca, Boccaccio). Soluzione rigidamente normativa. Dante non è indicato come autore di cui imitare la lingua verrà→ trascurato dalla cultura generale. Castigione dice che la lingua promossa da Bembo è povera, deve essere arricchita, prendendo esempio da altri autori altrettanto validi. Per Bembo, la lingua vera è quella che ha studiato, non quella che parla. Castiglione, invece, ritiene che la comunicazione sia importantissima. La prospettiva di Castiglione è quella di una lingua cortigiana, di comunicazione. La posizione di Bembo prevale. Altra posizione: Machiavelli, che promuove il fiorentino parlato (ha estensione enorme: da forme più basse e volgari a forme più alte e sublimi.). E’ una lingua difficile, piena di forme idiomatiche che solo i Toscani capiscono. 70 GIOVANNI DELLA CASA – GALATEO Tra 1552 e 1553, nel pieno svolgimento del Concilio di trreno. L’Italia si sta irrigidendo sia dal punto di vista delle regole morali, sia da quello della politica. Il trattato non parla più di politica, ma di carattere pratico riguardo una vita di corte mondana. Opera fortissimamente precettistica. Ha avuto successo straordinario per tre secoli. Letta e tradotta in tutta Europa. Nelle corti, quanto più diminuisce la libertà di pensiero, tanto più diventa imporante comportarsi in modo adeguato cambia proprio la concezione dell’etica e della civiltà. Il→ maestro viene definito un idiota, cioè inesperto di letteratura. Ciò che conta non è essere acculturato, ma sapersi comportare bene. Della Casa, in realtà, è iperletterato. L’opera è scritta in uno stile magniloquente, raffinato in modo esasperato. Conciosiaccosaché prima parola del trattato. Periodare lungo, eterno, pieno di incisi e subordinate, con una scrittura quanto mai solenne. C’è pericolo a corte di farsi trasportare dalla mondanità. “Devi raggiungere la mondanità, la laude e l’onore che si addicono alla tua orrevole (nobile) famiglia”. E’ improbabile, in vita di corte, trovarsi a dover mettere in atto comportamenti virtuosi. Dice che alcune visrtù sono più rilevanti, ma ci sono meno occasioni per metterle in pratica. Conclusione piuttosto amare: persone magari molto più eccellenti dal punto di vista spirituale hanno avuto risultati molto meno soddisfacenti di qualcuno anche meno eccellente, ma con una migliore padronanza della raffinatezza e delle buone maniere (aspetti della superficialità della vita pubblica). Della Casa accetta questa prospettiva. L’uomo si realizza nella vita pubblica, è un animale sociale. Nella sua visione, prevale l’aspetto del voler piacere algi altri. Della Casa sostiene che bisogna adottare un comportamento improntato alla medietà (concetto diverso da quello della medietà di Castiglione: per lui era un valore di tipo etico-filosofico, soprattutto spirituale. Della Casa intende invece temperare e ordinare i modi secondo il piacere di coloro con i quali si interagisce, non ad un principio di coscienza individuale). Valutare il comportamento della maggioranza. Se si mostra di compiacere troppo le persone intorno, si viene considerati un adulatore; se ci si comporta in modo troppo rozzo, si viene ritenuti insegni di questo mondo. E? Consapevole che non hanno successo i migliori, ma i più mondani e ritiene che tutto ciò sia non solo accettabile, ma anche un principio su cui basare la nostra esistenza. 71 ANTICLASSICISMO RINASCIMENTALE Ordine intellettuale e morale, equilibrio, arminia di stampo classicistico. Esiste però un’altra linea quantitativamente e qualitativamente rilevante, che sceglie un modello opposto, antitetico rispetto al modello classicheggiante dominante. Alle forme di Petrarca o Boccaccio preferisce lingua popolare, dialettale; ai temi alti preferisce temi bassi ecc. A proposito del comico realistico, gli scrittori la praticano insieme alla letteratura cortese. Qui c’é qualche scrittore che scrive sia testi di carattere anticlassicistico sia testi improntati a un rigido modello classicistico. Gli anticlassicisti non praticano letteratura alta, ma scelgono altro modello, altra linea letteraria. Modello relativamente autonomo. Per lungo tempo, ciò ha indotto la critica a _________ le ragioni letterarie di questa scelta. La pratica dell’anticlassicismo è stata considerata o un rifiuto del classicismo o è stata additìrittura caricata di forti cìvalenze ideologiche (coe se si trattasse di opporre il mondo concreto e degli istinti a realità rarefatta e astratta della letteratura alta). Questa posizione non è più molto sostenuta. Fabio Finotti: «anticlassicismo non è eversivo, non ha valenza polemica impotante, tale da mettere in discussione modello classicistico, ma è questo modello stesso che prevede l’esistenza di questo genere contrario, in occasione soltanto di alcuni temi, alcuni generi». Ci sono momenti idonei e momenti non idonei a questo stile. E’ un corollario accettato a livello sociale proprio perché non ha intenzioni e potere eversivi. Bisognerebbe guardare caso per caso, perché talora autori hanno portata eversiva, ma sono pochissimi casi (fra cui Niccolò Franco, segretario di Pietro Aretino. Vanno d’accordo, poi litigano, Franco polemizza violentemente contro Aretino rispetto al suo prostituirsi agli ambienti nobili. Condannato a morte per oscenità e omosessualità. Per omosessualità dimostrata era prevista la condanna a morte. A Niccolò Franco applicata, ma solo per eliminarlo perché era un personaggio scomodo: scrive libretto violentissimo contro le oscenità e le condotte orrribili di Papa Carafa). F RANCESCO BERNI Caso ambiguo: Francesco Berni, inventore di un genere letterario (che noi chiamiamo appunto poesia bernesca). Questo genere ottiene un successo straordinario nel ‘500, ‘600 e parte del ‘700. Trova le proprie radici nella Commedia di Dante ed è composto di terzine a rima incatenata ed è il genere deputato, nel ‘400, alla poesia morale. Berni lo ribalta e lo usa per la poesia comica. Gusto di bizzarra inventività dal punto di vista verbale. Nella maggior parte dei casi si ratta di elogi di cose matieriali (spesso cibi, talora altro). Molti doppi sensi di natura sessuale e spesso evidentemente omosessuale (es. elogio delle pesche e del melone). L’abilità poetica sta nel saper giocare fra senso pratico e senso comico. Documantata una serie di parole legate alla concretezza della vita quotidiana che altrimenti non sarebbero attestate. Berni è anche teorico della letteratura: si scaglia contro principio dell’ imitazione (“non è un valore, bisogna partire dalla realtà delle cose deride i poeti perché si copiano sempre l’un→ l’altro. Non sono solo i moderni che copiano gli antichi, ma essi stessi si copiano fra loro”). La poesia di Michelangelo, ad esempio, è apprezzato da Berni, perché fa riferimento a cose quotidiane. “chiome d’argento irte ed attorte”: linguaggio ricercato come in Petrarca, ma significato non sublime! “capelli grigi ispidi e annodati”. Però, lui che si pone contro l’imitazione dà luogo ad una genere che si espande e tutti i poeti ripetono temi, stili, modi. 72
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