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La Res Publica: Il Conflitto Patrizio-Plebeo e la Nascita della Repubblica Romana, Dispense di Storia del Diritto Romano

Storia Romana RepubblicanaStoria costituzionale romanaStoria politica romanaStoria Antica

Il conflitto patrizio-plebeo che segnò la fine del regno romano e l'inizio della repubblica, caratterizzato da un mutamento istituzionale che portò all'affermazione del ruolo politico dei plebei. Vengono descritte le leggi e i plebisciti che consentirono agli plebei di ottenere pari diritti con i patrizi, l'accesso a magistrature supreme e a sacerdoti, e la fine della discriminazione politica. Il testo illustra anche la struttura costituzionale della repubblica romana, con l'ascesa di nuove magistrature e l'importanza crescente delle assemblee popolari.

Cosa imparerai

  • Quali leggi e plebisciti consentirono agli plebei di ottenere pari diritti con i patrizi?
  • Che eventi segnarono la fine del regno romano e l'inizio della repubblica?
  • Come si strutturò la repubblica romana e quali furono le nuove magistrature?

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 08/11/2021

alessandra-riccelli
alessandra-riccelli 🇮🇹

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Scarica La Res Publica: Il Conflitto Patrizio-Plebeo e la Nascita della Repubblica Romana e più Dispense in PDF di Storia del Diritto Romano solo su Docsity! Capitolo 2 la res pubblica L'immediata conseguenza del mutamento istituzionale fu l'accendersi del conflitto patrizio-plebeo che segnò tutto il V sec e l’inizio del IV sec (alla fine della quale Roma raggiunse l'assetto costituzionale che ne accompagnò l'inarrestabile ascesa politica nella penisola e nel mediterraneo). Sebbene, infatti, i protagonisti del rivolgimento istituzionale avevano cercato di coinvolgere in esso i plebei attraverso provvedimenti a loro graditi, come il riconoscimento del diritto di provocare per qualunque cittadino che avesse subito la coercitio magistratuale (lex Valeria del 509); l’intervenuta riconduzione a 300 del numero dei senatori attraverso un reclutamento tra i plebei dei nuovi ammessi, che si aggiungevano come conscripti agli antichi patres; l'affidamento ai comitia centuriata della competenza ad eleggere i consoli. Alla cacciata di Tarquinio era seguito il tentativo suo e dei suoi figli di riconquistare la città con l'aiuto di alleati; le continue aggressioni militari che ne seguirono e l'instabilità politica fiaccarono i più deboli, e in particolare i piccoli proprietari terrieri i cui lotti, esposti alle devastazioni nemiche, potevano essere conservati solo attraverso un crescente indebitamento. L'esasperazione si cominciò a manifestare già nel 498 quando i plebei avrebbero condizionato la loro risposta alla leva ad un provvedimento di remissione dei debiti; il patriziato però, preoccupati dell'imminente aggressione del Latini, rinviò la questione a guerra conclusa ottenendo che si facesse fronte all'emergenza bellica con una nuova magistratura straordinaria, il dictator. La situazione precipitò quando, a guerra conclusa, i plebei constatarono l’indisponibilità del senato ad un intervento 9 Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei@libero.it) moderatore sulla questione dei debiti. Fu l'occasione per la rivolta e i plebei abbandonarono la città confluendo sul monte Sacro o, forse, sull’Aventino. La secessione ebbe frutti importanti. Fu confermato il rilievo politico dell'adunanza plebea e il riconoscimento esplicito del diritto dei capi plebei (tribuni) di intervenire con la propria intercessio contro le decisioni consolari, nonché il riconoscimento delle leges sacrate, cioè la liberazione dei plebei che erano stati fatti schiavi per debiti. Dalla secessione in avanti l’organizzazione plebea acquista stabilità. Il numero dei tribuni diventa di 10, ma il tribunus non ha imperium e non è magistratus e non ha auspicia, non può convocare né i comitia né il senatus. Al tribunus spetta solo l’auxlium dei plebei che esercita attraverso il veto con cui può paralizzare qualunque atto di governo e dei pubblici poteri in genere. La nascita dei tribuni confina l’attività degli aediles, che erano stati i primi referenti della plebe, al rango di ausiliari dei primi; questi difendono dalle pretese di prestazioni abusive di munera; promuovono processi multaticii, cioè diretti all’irrogazione di multe. Tribuni e aediles vengono eletti nel concilium (la cui convocazione e presidenza spetta ai tribuni). Esso si riunisce per eleggere i propri capi e per discutere e deliberare su ogni argomento ritenuto di interesse. La pronuncia del concilium costituisce plebiscitum; essa non ha valore impegnativo per la civitas, ma è uno strumento di pressione politica in quanto manifesta il punto di vista della maggioranza della popolazione. IL DECENVIRATO E LE LEGGI VALERIE HORATIE Intorno alla metà del V sec e precisamente nel 451 e 450 a.c. il movimento plebeo iniziò a promuovere il superamento delle antiche discriminazioni costituzionali. Già nel 462 il tribuno Terentilio Arsa aveva avanzato la proposta di eleggere un collegio di 5 magistrati con lo scopo di definire con leggi scritte i confini dei poteri consolari, proposta che non ebbe però successo. Soltanto nel 451, sospesi le magistrature e il tribunato plebeo, fu eletto un collegio di decemviri, con poteri illimitati e con il compito di redigere un corpo di leggi scritte. Il decemvirato, dal quale i plebei avrebbero accettato di restare esclusi in cambio di alcune assicurazioni, tenne il governo della città al posto dei consoli e fu autore di 10 tavole di leggi che sarebbero state poi sottoposte all'approvazione dei comizi centuriati. Un secondo decemvirato, questa volta di composizione mista, fu costituito per l’anno successivo; esso fu autore di altre 2 tavole di leggi ma avrebbe imperversato con arbitri e violenze provocando così una sollevazione che pose fine all'esperimento decemvirale e fu ripristinata la precedente costituzione. Le XII tavole redatte dai decemviri sono state pubblicate dai nuovi consoli del 449 Valerio Potito e Orazio Barbato, e fatti approvare dai comizi mediante un insieme di provvedimenti, leges Valeriae Horatiae, che avrebbero Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei@libero.it) attribuito valore vincolante generale ai plebiscita (ossia le pronunce del concilium); è stato introdotto il divieto di costituzione di magistrature che non fossero esposte a provocatio; è stata disposta la esclusione dalla protezione cittadina di chiunque avesse recato offesa ai capi della plebe e, in particolare, ai tribuni e edili. Il decemvirato avrebbe dovuto essere un'istituzione permanente diretta a rendere possibile un governo misto, ed esso esso fallì proprio in questo ruolo di magistratura suprema mista. In seguito al plebiscito Canuleio del 445, i plebei riuscirono ad ottenere la caduta del divieto di connubium con i patrizi; per cui ne conseguiva che unioni miste attribuissero ai discendenti da un patrizio e una plebea condizione patrizia, e conseguentemente era divenuto insensato il divieto per i plebei di sumere auspicia (dato che da unioni miste potevano nascere patricii la condizione di plebeo non costituiva più un ostacolo alla purezza dei riti cui eventualmente partecipassero) dal cui divieto i patrizi facevano discendere l'incapacità dei plebei di rivestire il consolato. Da qui, nel 444 si fece frequente la decisione di non procedere all'elezione di consoli ma di affidare il governo della città a tribuni militum consolari protestate, ossia a capi militari investiti di poteri consolari senza tuttavia essere consoli, con la conseguente possibilità di includere tra di essi anche elementi plebei. Tuttavia non si arrivò mai ad una gestione paritaria della res pubblica, ma i tribuni erano sempre in numero inferiore rispetto a quello dei patrizi. L'aspirazione plebea al consolato si realizzò solo nel 367 quando si pervenne all'approvazione della proposta dei tribuni Licinio Stolone e Sestio Laterano (leges liciniae sextiae)di ammettere un plebeo alla suprema magistratura, ma ciò nel quadro di un compromesso politico che prevedeva, tra l’altro, l'introduzione di un modus nella possessio dell’ager publicus nonchè la riserva al patriziato della funzione giurisdizionale affidata ad un praetor. Tuttavia ciò non comportò la scomparsa della distinzione degli ordini, ma caddero soltanto le più gravi discriminazioni di ordine politico- costituzionale. Superato il problema della suprema carica il pareggiamento tra i due ordini non incontrò speciali resistenze, tuttavia fu necessario ancora un secolo per dirsi definitivamente compiuto. Quanto ai sacerdozi, furono aperti ai plebei nel 300, in seguito ad un plebiscito Ogulnio, i collegi degli auguri e dei pontefici (in tale momento era in pieno svolgimento il conflitto con i Sanniti). Cessata poi la discriminazione per le magistrature, i plebei si videro, infatti, riconosciuta la possibilità di accedere anche alla dittatura e alla censura, venne meno l’impossibilità per i plebei di essere accolti in senato sui posti che si rendevano vacanti e riservati agli ex-magistrati. | senatori plebei, tuttavia, conservarono a lungo, come conscripti, una posizione che li rendeva esclusi da alcune funzioni come l’auctoritas e l’interregnum. Venuta meno la discriminazione politica dei plebei anche l'assemblea plebea finì con il vedersi 11 Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei@libero.it) riconoscere rango di assemblea costituzionale e le sue delibere finirono con l'essere riconosciute vincolanti per tutti i cives. Si ritiene infatti che ai plebiscita in passato fosse riconosciuta efficacia vincolante per la civitas ma ciò attraverso apposite successive deliberazioni costituzionali. La stessa lex Valeria Horatia del 449 potrebbe avere avuto il valore di provvedimento attributivo ex post di valore vincolante generale alle precedenti deliberazioni plebee. In ogni caso nel 287 una lex Hortensia dispose la piena efficacia per tutti i cives delle delibere che da quel momento in poi sarebbero state assunte dal concilio plebeo (la lex fu votata a cavallo tra la fine delle guerre sannitiche e l'inizio del conflitto con Taranto). ISTITUZIONI POLITICHE TRA IL V E IL Il SEC | due secoli che intercorrono tra la fine del regnum e il superamento del conflitto patrizio-plebeo, sono caratterizzati dal succedersi di guerre e conflitti tra Roma e i suoi vicini. Tutto il V sec vede Roma impegnata contro Equi e Volsci. Il IV sec si apre con l'invasione gallica e la ripresa delle ostilità contro Roma da parte dei Volsci e dal tentativo degli alleati Latini di sottrarsi alla egemonia di Roma. Nel 326 si apre il conflitto con i Sanniti che si chiuderà solo nel 290, e nel 280 Roma è magistrato. Una posizione a parte hanno il dictator, cui spetta una posizione di preminenza assoluta che lo pone anche al di sopra dei consoli e, tra i magistrati ordinari, i censori, che si considerano investiti di potestas maxima parallela e in nessun modo interferente a quella dei consoli. Il censore può subire perciò, a parte il problema dell’intercessio tribunizia, solo l'interferenza dell'altro Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei@libero.it) censore. Inoltre in virtù della collegialità della carica, il venir meno meno dell'uno comporta anche il dovere per il superstite di abdicare. Connessa con la potestas è la materia degli auspicia. Solo ai magistrati patrizi spetta la facoltà di interrogare le divinità e trarne indicazioni di comportamento, di sumere gli auspicia. Gli auspicia non valevano solo per le attività che dovesse personalmente compiere il magistrato ma per qualunque attività pubblica; per cui ogni magistrato poteva obnuntiare, ossia fare opposizione ad altro magistrato in forza di eventuali signa sfavorevoli impeditivi dell’attività che questi stava per intraprendere. Si poteva configurare così un contrasto che poteva essere superato avendo riguardo al grado di potestas dei magistrati; prevalevano gli auspicia di chi avesse maior potestas. L'attività politica di un magistrato poteva allora essere impedita dall'eventuale intercessio di un collega, ma anche da una obnuntiatio rivoltagli da chi fosse capace di auspicia maiora rispetto ai suoi. Ai magistrati plebei possono presentarsi solo auspicia spontanei (oblativa). Gli auspicia si distinsero in: ex coelo; ex tripudis; ex quadrupedibus; ex diris. Per evitare che i delicati equilibri costituzionali che si erano venuti creando venissero compromessi da concentrazioni di potere, vennero fissati nel tempo una serie di principi. Innanzitutto fu vietato il cumulo nella stessa persona di più magistrature. Era possibile rivestire la carica solo dopo un intervallo decennale, salvo per la censura e, poi, per il consolato per le quali fu previsto un divieto assoluto di iterazione. Un intervallo di due anni nella copertura di diverse magistrature fu fissato dalla lex Villia del 180. Alla stessa lex Villia si debbono un insieme di disposizioni per effetto delle quali si definì una gerarchia fra le magistrature (ordo magistratuum) e un collegato cursus honorum, ossia le tappe che dovevano essere osservate da chi percorreva la carriera pubblica. Speciali onori discendevano dalle varie magistrature. Si andava dall’eponimia per i consoli, che consisteva nel dare il proprio nome all'anno, al diritto dei censori di essere sepolti nel manto di porpora; al posto da occupare in teatro. | magistrati potevano affidare speciali funzioni a propri delegati. Così il console poteva nominare un praefectus urbi; il pretore nominare a sua volta praefecti iure dicundo cui affidare l'esercizio della sua iurisdictio fuori Roma. Particolarmente importante fu il consilium di giureconsulti, che assisteva il praetor urbanus nell’esercizio della sua iurisdictio. AI fine di evitare di interrompere l’attività di comandanti militari impegnati in campagne di guerra che presentavano andamento favorevole, si instaurò la prassi di prolungare il loro imperium per il tempo necessario alla conclusione delle imprese belliche in corso. Tale prassi venne estesa anche alle altre 17 Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei @libero.it) figure di magistrati; tali soggetti erano investiti di analoghi poteri senza tuttavia essere magistrati, bensì pro-magistrati; ciò in forza di una prorogatio imperii che si realizzava con un senatoconsulto fatto seguire da un plebiscitum. | magistrati e pro-magistrati godevano dell’immunità; essi non potevano essere chiamati a rispondere del loro operato fino a quando fossero in carica e godevano anche di una più generale immunità che ne rendeva inammissibile qualunque convocazione in giudizio, anche per cause private. I SACERDOZI Con la repubblica i collegi sacerdotali divennero autonomi; ruolo importante continuarono a volgere il collegio dei pontifices e quello degli augures. Inoltre era stato portato dalla lex ogulnia a 9 membri di cui 4 plebei. Il collegio dei pontifices tuttavia perse il monopolio dell’interpretatio iuris e fu dedita alla materia del fas e dell’ius divinum. | pontifices, che avevano ereditato dal Rex il compito di definire il calendario, coordinavano anche l’attività di una serie di altri sacerdoti che da essi dipendevano. Il collegio degli augures era il custode della delicatissima materia degli auguria e degli auspicia. Le cariche sacerdotali erano vitalizie. Anche il collegio degli augures era stato portato a 9? membri dalla lex Ogulnia di cui anche qui 4 plebei. LE ASSEMBLEE POPOLARI Con l'avvento della repubblica crebbe il ruolo costituzionale dei comitia; viene, infatti, intensificata la pratica di sottoporre all'approvazione popolare le decisioni più importanti. Ad esse spetta eleggere i magistrati, approvarne le proposte che divengono leges publicae populi Romani, pronunciarsi sui crimina che prevedono l'applicazione delle sanzioni più gravi. Il populus viene inizialmente chiamato a pronunciarsi per curiae poi anche per centurie e, infine, si introdusse la possibilità di un voto espresso per tribù, così ai comitia curiata e centuriata si affiancano i comitia tributa. Ricordiamo che ai tempi della Repubblica il populus viene chiamato a pronunciarsi per curie (comitia curiata) o centurie (comitia centuriata) e in seguito con l'affermazione dell’organizzazione plebea si introdusse la possibilità di un voto espresso per tribù (comitia tributa). Mentre i comitia curiata furono confinati a poche e residuali competenze, quelli tributa ebbero una crescente importanza, cui di norma si ricorreva quando non vi fosse l'obbligo costituzionale di convocare il comitiatus maximus, costituito dai comitia centuriata. Il concilio plebeo costituì un'assemblea costituzionale le cui deliberazioni furono denominate leges, ed ebbero efficacia generale (dopo la lex Hortensia). Alle curiae appartengono i discendenti delle tre antiquae tribus dei Ramnes, Tities e luceres che continuano ad avare propria sede e un proprio capo. Ad essi tuttavia continua a spettare la lex de imperio con Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale- mazzei (natalemazzei@libero.it) cui si autorizzavano i magistrati all'esercizio dell’imperium militare, e l’adrogatio, con la quale si autorizzavano mutamenti nella composizione dei gruppi agnatizi (mutamento della condizione patrizia in plebea e viceversa). La distribuzione in centurie riguarda invece tutta la popolazione romana idonea alle armi. Si distinguevano 18 centuriae di equites, 170 centuriae di pedites e 5 centuriae di inermi. Le centurie di pedites si distinguevano in centurie di iunores, di età compresa fra i 17 ei 45 anni dai quali si prelevavano i combattenti, e centurie di seniores, di età compresa fra i 46 e i 60 anni che costituivano i riservisti. L'appartenenza alle centuriae si fondava sulla consistenza patrimoniale del gruppo familiare. Per effetto di ciò i possessori dei patrimoni di prima classe disponevano assieme ai censiti tra gli equites di un numero complessivo di centurie e quindi di voti comiziali superiore a quello di tutti gli altri cives messi insieme ( 98 contro 95). Tra gli equites venivano censiti i senatori e quanti avessero un patrimonio definito maximus. La classe dei pedites rifletteva una scala di ricchezza. Sono di competenza dei comitia centuriata la lex de bello indicendo, quando doveva indirsi guerra contro comunità già alleate, la elezione dei magistrati capaci di auspicia maiora (consoli, pretori e censori), le deliberazioni de capite civis (ossia i giudizi che potevano comportare la pena capitale, che non veniva però eseguita lasciando al reo la possibilità dell’exilium seguito dalla esclusione dalla comunità). A ciascuna delle tribù territoriali risultavano appartenenti tutti coloro che in essa avessero sede, intendendo per tali solo gli assegnatari di un fundus, anche se alla fine del IV sec si trovarono iscritti alle tribus anche i non possessori fondiari, concentrati nelle 4 tribù dell’urbs. Assegnati alle tribù furono poi anche gli abitanti delle comunità minori, municipia e coloniae, cui fosse stata riconosciuta la cittadinanza romana. Ai comitia tributa spettavano tutte le deliberazioni, sia legislative, elettive e giudiziarie, che non spettassero agli altri comitia. Accanto ai comitia continuano ad avere luogo i comitia calata, ossia riunioni del populum formalmente convocato in comitio alla presenza del collegio dei pontefici, per assistere al compimento di alcuni atti. | comitia si riuniscono e deliberano secondo procedure definite e costanti. Il magistrato che intendeva convocare i comitia emanava un edictum. Nel giorno fissato, risultati favorevoli gli auspicia, il magistrato invitava il popolo a riunirsi per deliberare nel luogo e nelle forme dovute. La riunione dei comitia centuriata si svolgeva extra-pomerium nel Campo Marzio o in altro luogo prossimo alla città; quella dei comitia tributa sia nel Campo Marzio che nell’area Capitolini o nel foro; la riunione dei comitia curiata si svolgeva invece nell'apposito spazio di riunione previsto accanto al foro. Il voto veniva espresso, inizialmente, oralmente e raccolto da appositi rogatores, poi alla fine del IV sec. veniva espresso in tabellae deposte in cistae (urne di raccolta). Concluse le 19 Document shared on www.docsity.com Downloaded by: natale-mazzei (natalemazzei @libero.it) operazioni di voto si procedeva allo spoglio, il diribitio. Nei comizi elettorali si scriveva nella tabella il nome del prescelto; in quelli legislativi “uti rogas” per approvare, “antiquo” per respingere; in quelli giudiziari “A”, cioè absolvo, o “€” condemno. Se l'assemblea era elettorale, il presidente operava la renuntiatio, ossia accoglieva il risultato, e procedeva alla creatio dell'eletto, che veniva designatus alla carica. Se l'assemblea era legislativa il testo della rogatio approvata diveniva lex publica e veniva preceduto da una praescriptio, che conteneva gli elementi per la sua identificazione e collocazione nel tempo, e seguito da una sanctio, che definiva il rapporto con il contesto normativo precedente. La riunione dei comitia veniva preceduta da riunioni informali, c.d. contiones, nelle quali si discutevano le proposte e si svolgevano i pareri a favore o contro. Per tale motivo le rogationes legislative dovevano essere promulgate, ossia affisse nel foro dal giorno dell’edictum di indizione dei comitia a quello della loro riunione. Nei comitia centuriata si votava in un ordine che rifletteva il privilegio che stava alla base della loro organizzazione. La votazione si interrompeva non appena si raggiungeva il quorum, di maggioranza (97 voti). Nei comitia curiata e tributa si votava secondo un ordine sorteggiato e si arrestavano non appena si fosse formata la maggioranza dei voti.
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