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La lotta per le investiture, Dispense di Storia

Con il termine lotta per le investiture si fa riferimento allo scontro tra papato e Sacro Romano Impero avvenuto dall'ultimo quarto dell'XI secolo al 1122 e riguardante il diritto di investire gli alti ecclesiastici e il papa stesso.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 10/04/2021

prof.mirko.tamburello
prof.mirko.tamburello 🇮🇹

4.7

(6)

14 documenti

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Scarica La lotta per le investiture e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! Storia Medievale La lotta per le investiture 1. La corruzione del clero Agli inizi del secondo millennio (dopo l’anno 1000), la Chiesa attraversava una profonda crisi: come tutte le istituzioni, anche la Chiesa aveva le sue debolezze. Solo in minima parte aveva saputo diffondere il messaggio cristiano della pace e della fratellanza. La Chiesa medievale sembrava aver dimenticato la propria missione spirituale. Vescovi, abati, cardinali, gli stessi pontefici erano spesso governanti, amministratori, signori feudali, e si comportavano più come uomini di potere che come uomini di fede. - Alcuni ecclesiastici avevano famiglia, l’obbligo del celibato (il divieto di prendere moglie) non veniva rispettato; - Altri ecclesiastici avevano acquistato la carica religiosa, perché questa donava potere e ricchezza ( questo fenomeno è chiamato simonìa); - in altri casi le autorità ecclesiastiche assegnavano i beni e le proprietà della Chiesa a parenti e figli (questa pratica è detta nepotismo). Uomini corrotti e senza un’autentica vocazione spirituale causarono la profonda crisi della Chiesa romana. Podcast: La lotta per le investiture Prof. Mirko Tamburello Storia Medievale 2. Da Cluny a Gregorio VII: il movimento di riforma della Chiesa Molte persone di profonda cultura e sensibilità avevano ben chiara la necessità di una riforma della chiesa. I più forti sostenitori di questa esigenza furono i monaci del più grande monastero della Francia, quello di Cluny, che era stato fondato nel 910. I cluniacensi, cioè i monaci che vivevano a Cluny, sostenevano: - una maggiore severità e moralità nel comportamento degli ecclesiastici; - una maggiore autonomia dei monasteri rispetto ai signori feudali. Si diffuse un movimento di moralizzazione, grazie al quale gli abati più corrotti e disonesti furono allontanati; venne proibita la vendita dei beni e delle ricchezze dei monasteri e si fece anche rispettare la regola del celibato. L’idea della necessità di riformare la Chiesa non rimase chiusa nei monasteri, ma si diffuse a tutti i livelli: la sostenne anche il nuovo papa Gregorio VII. Egli pubblicò nel 1075 un documento destinato a diventare famoso, il Dictatus papae (“Dichiarazione del papa”); in questo testo proclamava: - la superiorità della Chiesa su qualsiasi autorità politica (anche sui sovrani); - il diritto di consacrare e deporre i sovrani (tra cui lo stesso imperatore). Per comprendere questa presa di posizione da parte di Gregorio VII, dobbiamo chiarire quale fosse, all’epoca, il rapporto tra potere politico e Chiesa. Gli imperatori germanici pretendevano di avere il diritto di scegliere e nominare i vescovi. Queste nomine erano per loro molto utili: • essi, infatti, assegnavano ai vescovi i feudi (vescovi-conti). Dopo la morte del feudatario i feudi tornavano necessariamente all’imperatore: i vescovi, infatti, essendo vincolati (almeno formalmente) al celibato, non potevano avere figli cui trasmetterli in eredità. Naturalmente i sovrani nominavano vescovi non gli uomini più religiosi, ma quelli più capaci e a loro fedeli, anche se moralmente indegni. Gregorio VII, per la sua riforma, poteva essere catturato e ucciso dagli uomini dell’imperatore. Ma egli sapeva anche di avere tra le mani un’arma formidabile, quella della scomunica; quest’arma gli avrebbe consentito di escludere dalla comunità dei fedeli chiunque gli si opponesse, anche l’imperatore, che sarebbe stato in questo modo privato di ogni potere: i Podcast: La lotta per le investiture Prof. Mirko Tamburello Storia Medievale 4. La pace di Worms: la divisione dei poteri Lo scontro tra papato e impero durò ancora circa mezzo secolo, anche dopo la morte dei due grandi rivali. Solo nel 1122 la lotta per le investiture si concluse. La pace fu stabilita dal cosiddetto “concordato di Worms”, un accordo firmato da entrambe le parti, che all’epoca erano rappresentate dall’imperatore Enrico V, figlio di Enrico IV, e dal pontefice Callisto II. Tale accordo stabiliva: • che i vescovi dovevano essere eletti dal clero e dal popolo dei fedeli e consacrati dal pontefice; • che i vescovi, però, potevano anche ricevere la concessione di feudi da parte dell’imperatore. Le due diverse investiture, quella ecclesiastica e quella feudale, sarebbero avvenute con due cerimonie distinte. Il papa consegnava al vescovo l’anello e il pastorale, un alto bastone ricurvo che simboleggiava il suo ruolo di “pastore di anime”. L’imperatore gli dava uno scettro, un bastone più corto, che rappresentava il potere politico. Dunque, il concordato era il frutto di un compromesso: nessuna delle due parti poteva dirsi chiaramente vincitrice. Veniva riconosciuta una certa divisione dei poteri: - il potere spirituale era di pertinenza del papa; - il potere temporale veniva concesso dall’imperatore. La Chiesa di Roma, che aveva iniziato lo scontro in posizione di grande inferiorità, ne uscì rafforzata. morì in esilio, senza poter tornare a Roma. Podcast: La lotta per le investiture Prof. Mirko Tamburello Storia Medievale Podcast: La lotta per le investiture Prof. Mirko Tamburello
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