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La lotta per le investiture - D'Acunto, Appunti di Storia Medievale

Lezioni della parte monografica di storia medievale con il professore Berardo Pio. Riassunto del volume di D'Acunto.

Tipologia: Appunti

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Scarica La lotta per le investiture - D'Acunto e più Appunti in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! PARTE MONOGRAFICA 27/11/2020 “Andare a Canossa” è divenuto un richiamo molto conosciuto e un modo di dire molto conosciuto. Esso significa pentirsi, chiedere perdono, ammettere di aver compiuto degli errori. La vicenda rimanda a Enrico IV che si recò a Canossa per rendere visita a Gregorio VII per chiedere il perdono. Egli però aspetterà 3 giorni fuori, al freddo. Tuttavia, non sappiamo il perché: le motivazioni descritte nelle fonti sono sempre e comunque influenzate dagli storici che ci stanno riportando i fatti. Infatti, l’interpretazione e la riflessione dello storico influenza la cronaca. In ogni caso, esso sarà il momento centrale di una riforma che sembra più una rivoluzione. Canossa è ora un po’ uscita dall’ambito dei singoli studiosi, diventando universale. Anche Caporetto verrà utilizzato come modo di dire, per segnalare una sconfitta, una situazione critica (ricordando la grande sconfitta italiana). Canossa anche nell’immaginario collettivo ormai ha un’interpretazione comune che si è cristallizzata. Grazie a quel gesto, Enrico IV ottiene poi vantaggi a livello militare. Guido Capitani ci fa riflettere sul fatto che questa grande sconfitta morale dell’imperatore sarà in realtà una grande vittoria politica e militare. Questo sarà il punto di partenza del fenomeno delle lotte delle investiture. Nell’introduzione del volume di D’Acunto ci vengono presentate due interpretazioni: • Augustin Fliche: interpretazione iniziale utilizzata tutt’ora da numerosi studiosi. La riforma gregoriana della chiesa porterà ad uno scontro con l’imperatore. Gregorio VII, dà lo slancio a questo cambiamento. Tutto ciò che viene prima è preparatorio per la riforma, tutto ciò che viene dopo ne è la conseguenza. Vede nella riforma gregoriana il punto centrale della lotta delle investiture (dunque inquadrandolo come un fenomeno unitario). Egli illustra il fenomeno della riforma della chiesa come fenomeno unitario con Gregorio VII come figura assolutamente centrale. • Ovidio Capitani: pluralità di orientamenti riformatori, anche ben distinti dal disegno gregoriano che trova un suo manifesto nel Dictatus papae e che mirava essenzialmente ad affermare – per la prima volta con decisione – la superiorità del papato su tutte le altre autorità terrene. Dunque ci troviamo in discordia con Flichte, in quanto non vediamo un fenomeno unitario. Avvertiamo la necessità di riformare i rapporti del clero con i poteri temporali che daranno via a cambiamenti, (inizialmente gestiti dall’imperatore e che solo in seguito prenderanno una svolta diversa). Per cui la riforma gregoriana rappresenta unicamente la riforma e i provvedimenti apportati dal papa Gregorio VII e non tutto l’intero fenomeno secondo l’ideologia di Capitani. Egli evidenzia quindi come vi siano orientamenti diversi rispetto a quello di Gregorio VII nonostante il fulcro e la massima espressione sia il Dictatus Papae. La riforma non nasce come fenomeno unitario e soprattutto non con un intento anti imperiale, anzi, nasce proprio in ambiente imperiale sotto Enrico III. Vescovi: La riforma parte da un’esigenza imperiale: è l’imperatore a sentire il bisogno di questa riforma. Già a partire dall’età carolingia troviamo un rapporto istituzionale molto forte tra l’imperatore e i “suoi” vescovi (perché i vescovi avevano un potere particolarmente importante sul territorio). I franchi capiscono l’importanza della rete di diocesi che copre il territorio e del potere dei vescovi ed è per questo che decidono di convertirsi al cattolicesimo. Con Ludovico il pio questo rapporto sarà essenziale, portando vantaggi ad entrambi le parti: il re ha modo di accrescere il suo controllo sul territorio, mentre i vescovi continuano a ottenere sempre più grandi responsabilità e governo del territorio. Infatti troviamo spesso vescovi che governano territori e contee. Queste concessioni erano fondate su rapporti di fiducia importanti, per cui venivano affidate loro cariche politiche. Spesso abbiamo vescovi di grandi capacità e di grande cultura, il che agevola la loro posizione, in quanto si tratta di uno strumento di governo valido. I vescovi erano dunque persone capaci e affidabili. I vescovi, in quanto ecclesiastici, in genere non hanno grandi legami o una propria famiglia nuova a cui affidare il potere per espandere il suo potere (e questo agevola la situazione, per cui l’imperatore ne può trarre profitto, non preoccupandosi di ambizioni eccessive da parte dei vescovi). I vescovi governano le loro diocesi, con più o meno potere (ad esempio le diocesi tedesche hanno molto più potere rispetto a quelle italiane). Ma il vescovo rischia di diventare “provinciale”, di limitarsi ad un territorio ristretto. Il collegamento con la corte imperiale li “sprovincializza”, allargando il loro punto di riferimento all’intero impero, un territorio più ampio. Se il vescovo deve il suo potere ad un laico è ovvio che sente più la dipendenza con questo laico, piuttosto che con il pontefice (che dovrebbe invece essere al vertice dell’autorità ecclesiastica). Ma fino al XI secolo non verrà particolarmente sentita la dipendenza nei confronti del papa, che infatti per il momento rimane solo una potenza formale. Solo quando il papa comincerà a pretendere un potere maggiore si arriverà a percepire la sua autorevolezza. Perciò i rapporti tra imperatore e vescovi inizialmente non era visto di cattivo occhio. Verso la metà del secolo XI, all’interno della corte imperiale di Enrico III (1039-56) comincia a nascere una nuova sensibilità anti simoniaca. Sappiamo dunque che l’ideologia di Flichte era errata, sebbene molti studiosi ci rimangono particolarmente legati. Spesso troviamo frammenti per le fonti, e sta dunque allo storico riunire le varie informazioni. La simonia è la possibilità di comprare le cariche ecclesiastiche in cambio di denaro. L’immoralità di questa pratica indebolisce anche la persona dell’imperatore come figura di governo. Enrico III capisce che non è visto di buon occhio. Si inizia dunque a distinguere fortemente l’ottenere un incarico per merito o per averlo comprato/aver dato qualcosa in cambio. Consideriamo ora il potere economico per i benefici che questo rapporto chiesa-impero apporta. Il proprietario terriero più grande è quasi sempre il vescovo, quasi ovunque. Un bene della chiesa diventa quindi privato, ovvero del vescovo e della propria famiglia. La donna e i figli portano dunque alla tentazione di strappare beni dall’eredità della chiesa per potersene appropriare nel privato. Il rischio è senza dubbio la patrimonializzazione dei beni ecclesiastici da parte dei vescovi e delle loro famiglie. Perciò, la polemica anti simoniaca dalla corte imperiale si diffonde a macchia di leopardo in tutto l’Occidente provocando una miriade di conflitti locali. Ci troviamo dunque di fronte a una situazione complicata, dove le famiglie proprie dei vescovi si appropriano di beni, sottraendoli alla chiesa. Sempre più beni della chiesa passano pian piano, gradualmente, nelle mani degli ecclesiastici. La simonia è dunque una paga per una carica e spesso viene praticata da un individuo che mira al vantaggio che gli permetterà questa carica e i suoi privilegi/beni annessi: egli potrà infatti recuperare il denaro donato attraverso i benefici, mettendo le mani sul patrimonio economico ecclesiastico passandolo alla sua famiglia. La polemica nasce nella corte di Enrico III, perché egli stesso ci rimette, dato che egli aveva posto i vescovi a governare diversi territori. In seguito, si espanderà un po’ ovunque a livello locale, anche se alcune aree ne saranno sempre esenti. Questa necessità non nasce a Roma, al centro della chiesa, ma al di là delle alpi, nella sede imperiale. Questa condanna verso questo l’atteggiamento degli ecclesiastici diventerà una forte avversione verso ogni forma di ingerenza dei laici nella gestione delle chiese, nella seconda metà del XI secolo. Il papa, a seconda del periodo storico, assume diversi poteri e differente autorità. Il potere assoluto del papa partirà con Gregorio VII, mentre avremo una riforma inerente e focalizzata sui costumi della chiesa a partire da Enrico III. Abbiamo così una restaurazione dell’ordinamento carolingio, evitando invece un richiamo all’osservanza della legislazione canonica. L’imperatore ha diritto di intervenire nelle questioni spirituali e lo fa. Il processo è guidato da Enrico III e non prevede l’esclusione dei laici dal governo della chiesa. Si tratta di un semplice richiamo alle regole. L’imperatore mobilita le migliori intelligenze intellettuali e spirituali con l’intento di conferire una maggiore efficienza al sistema. Fornisce dunque un modello di governo al papa e agli ecclesiastici. Si sente l’esigenza di una riforma morale nella conduzione delle pratiche/cariche ecclesiastiche. In questo contesto si inserisce il concilio di Sutri 20 dicembre 1046, convocato dall’imperatore (all’epoca non era sconvolgente il fatto che l’avesse convocato l’imperatore). Egli convoca un’assemblea/riunione di ecclesiastici con l’intento di ridare efficienza al papato Di sicuro i collaboratori di Leone IX sono portatori di istanze riformatrici ma non sono anti- imperiali. Sono al seguito di Enrico III. La tensione anti-simoniaca nasce nella cerchia dei chierici vicini a Enrico III e si diffonde a cascata. Riforma dei costumi si attua in conformità con la riforma imperiale, parte da lui. Leone è perfettamente in conformità con l’immagine di vescovo/guerriero di matrice ottoniano: al comando dell’esercito di Corrado II contro i normanni nel 1025. Si inserisce perfettamente nelle ideologie dell’epoca. Non si vuole opporre all’imperatore, ma solamente combattere determinati usi del clero. Imput imperiale. Non stupisce vedere che la posizione più estrema contro la simonia è quella di Umberto di Silvia Candida e dei chierici legati alla corte imperiale di Enrico III. Mentre la più moderata è quella di Pier Damiani, condivisa da gran parte del clero italico. Quello tedesco spinge per il cambiamento, riforma ai costumi del clero, non opposizione contro l’impero. Non ci sono due gruppi contrapposti: riformatore romano e comitiva regia contraria al cambiamento. Non è così! Anzi, è l’imperatore a dare un impulso decisivo a questa rivoluzione, modello al papato, un modello piramidale con al vertice il papa. Rafforzare il papa, fornendogli un modello organizzato dove la sua autorità religiosa è massima. Schema verticistico della chiesa che si riflette nella gerarchia del potere temporale, con al vertice l’imperatore. Simonia: Simone il mago (atti degli apostoli) che avrebbe offerto del denaro agli apostoli per acquistare il dono di Dio (possibilità di trasmettere lo spirito santo con l’imposizione delle mani). Da qui lo scambio di cariche del clero in cambio di denaro. Tentativo di ottenere una carica ecclesiastica pagando. In occidente pratica sempre condannata, ma solo dalla metà del secolo IX si apre un’aspra polemica sullo scambio di risorse e uffici ecclesiastici (prima considerati abbastanza normali). Ora diventa un problema politico e non solo un’accusa morale. Esempio riportato da D’Acunto: vescovo di Firenze (Pietro Mezzabarba) afferma tranquillamente in pubblico di aver pagato ben 3000 libre per comprare l’episcopato del figlio. Pratica molto diffusa all’epoca che godeva di un grande consenso sociale, ma spesso si intendeva nel senso che si pagava per il possedimenti dei beni e privilegi della chiesa connessi ad una determinata carica. Spesso il pagamento riguardava la conferma del rapporto vassallatico con l’imperatore connesso alla funzione episcopale. Funzioni materiali e poteri spirituali problema dal punto di vista morale. Polemica molto sentita negli ecclesiastici alla corte di Enrico III. Pier Damiani (punto di riferimento culturale) affronta questo problema in suo trattato (Liber Gratissimus) dove affronta le ordinazione fatte gratuitamente dai simoniaci (1052). In questo caso sono valide o meno le operazioni effettuate da un ecclesiastico simoniaco? Lui stesso era stato ordinato gratis da Gebeardo arcivescovo di Ravenna considerato un simoniaco per il suo rapporto con Corrado II (si diceva che avesse pagato per la sua carica, nominato da Corrado). Pier Damiani non era simoniaco, ma Gebeardo sì, e dunque si crea un problema. Molto più radicale la visione di Umberto di Silva Candida, con il suo trattato Adversus simoniacos (1057-1060): le ordinazione impartite dai simoniaci sono prive di validità perché i simoniaci non possono amministrare i sacramenti. Questo metterà in difficoltà molti individui, che temevano per questo di essere condannati alla dannazione. I simoniaci non avevano ricevuto lo spirito santo, per questo non potevano trasmetterlo (neanche gratis). Anche se avevano pagato in cambio della gestione del patrimonio delle chiese e non per l’ordinazione sacramentale (gratuita). Il tema della simonia perderà progressivamente importanza con la radicalizzazione dello scontro tra papato romano e corte tedesco (=necessità di rafforzare il consenso). Il nicolaismo: risultato più duraturo (ancora tangibile): adozione generalizzata del celibato del clero. Fino a tutto VIII secolo attestate ovunque in occidente donne che condividevano il magistero dei propri sposi (episcopissae, presbiterae e diaconae). Obbligo di continenza sancito a più riprese dalla legislazione canonica. Nell’apocalisse di Giovanni si parla di nicolaiti, che Giovanni odia e che si sono sviati (ma non si capisce da che cosa). Gruppo ritenuto al di fuori della comunità cristiana. Questa vecchia setta avesse comportamenti sessuali particolarmente deviati, degenerazione degli ecclesiastici che si uniscono con una donna. Le norme lo vietavano, ma di fatto era una pratica comune (così come era avvenuto per la simonia). Riferimento a Nicola di Antiochia, uno degli aiutanti degli apostoli probabilmente. Possiamo tradurlo in parte come concubinato. Alcuni addirittura un matrimonio vero e proprio. Attestata presenza di donne che condividevano la vocazione religiosa dei loro mariti/compagni ecclesiastici. Gli ecclesiastici avevano delle donne che spesso vivevano con loro. Bisogno della continenza dal punto di vista sessuale della convivenza di un ecclesiastico con una donna. Nelle decretali pseudosidoriane sanzioni per i chierici che non accettassero il celibato. Sanzioni per le donne legate agli ecclesiastici: confisca dei beni, reclusione in monastero, riduzione allo stato servile. Nei vari concili provinciali del mondo carolingio sempre ribadito il divieto di coabitazione con donne. Nell’età postcarolingia viene contemplato il legame concubinario, tollerato (non il matrimonio, ma questo sì). I figli nati da unioni concubinarie del clero non potevano aspirare all’eredità paterna, ma potevano essere avviati alla carriera ecclesiastica (in questo modo però prendevano il controllo delle chiese, soprattutto nelle campagne, e dei relativi patrimoni che sfuggivano al controllo del vescovo). Dominio della chiesa nelle campagne a determinate famiglie. Controllo delle chiese periferiche sfuggono al controllo del vescovo. Altra eccezione: uomini sposati che con il permesso del vescovo venivano promossi agli ordini sacri (molto diffusa a Milano sulla base del concilio di Ancyra del 314, i diaconi che al momento dell’ordinazione avessero dichiarato la loro indisponibilità al celibato potevano poi prendere moglie ed esercitare il loro ministero). Tutto ciò testimonia la presenza usuale di questa pratica e la sua tolleranza. Secolo XI: centralismo papato, questo problema si accentua. Rafforzamento centralismo papale. Si apre una riflessione teologica, giuridica e di propaganda sulla disciplina del celibato (rinnovamento della vita comune del clero). Il papa vuole imporre i costumi giusti all’intera cristianità. Il sacerdote deve vivere insieme agli altri ecclesiastici, in modo da controllarsi a vicenda per quanto riguarda il concubinato. Leone IX (sinodi (raduna gli ecclesiastici disponibili) 1049 e 1050) ribadisce il divieto per i sacerdoti di congiungersi con le proprie mogli. No rapporto carnale tra ecclesiastico e donna a prescindere. Le concubine dei presbiteri romani vengono assegnate al Palazzo Lateranense come serve. Perdita della libertà. Divieto di partecipare alle liturgie officiate da chierici concubinari. Il fedele normale non può partecipare/godere ad una cerimonia sacramentale se questa viene detenuta da un ecclesiastico concubinato. Bloccare questo fenomeno del concubinato. Motivazioni sono tanti. Necessità di dedicarsi al bene della comunità senza distrazioni (non occuparsi di una eventuale famiglia ma dedicarsi all’impegno spirituale). Necessità di garantire la purezza culturale (motivazione più morale). Con Gregorio VII, uso sacrilego del patrimonio ecclesiastico sacro e inalienabile/inviolabile (dote alle figlie con i beni della chiesa). Patrimonio della chiesa sacrilegio donarlo. Con Gregorio VII, la lotta al concubinato con maggior impegno: sinodi 1074 e 1075 il nicolaismo viene accomunato ai simoniaci (stesse pene). Chi ha una moglie/concubina non può svolgere il suo ministero né godere di benefici ecclesiastici (no esercitare potere spirituale o beni della chiesa), a meno che non lascia la donna e fa una penitenza. Un conto è la condanna giuridica teologica senza effetti concreti, un conto sono i provvedimenti specifici e pratici. Come si esce da questa situazione? 1123 primo concilio lateranense: riprende un canone del concilio di Nicea e proibisce di vivere con moglie, concubine o donne diverse da madri, sorelle, zie o comunque parente. Famigliari stretti. Nel 1339, secondo concilio lateranense: privazione dell’ufficio e del beneficio ecclesiastico, proibisce la frequenza di messe celebrate da chierici sposati o concubinari. Due aspetti di polemica principale suscitati dagli ecclesiastici della corte di Enrico III. Papa: capo della cristianità. Scisma 1054: celibato. Una delle maggiori differenze tra chiesa cattolica (romana) e quella ortodossa (greca) consiste nel matrimonio del clero. Per ortodossi castità obbligatoria per i monaci, ma per il clero in cura d’anime è consentito (ancora oggi) il matrimonio. Nel 1054 questi due mondi si separano definitivamente, scisma d’oriente. Di fatto le chiese d’oriente erano subordinate al basileus, indipendente dalla chiesa d’occidente. Ortodosso = giusta dottrina, universale (secondo loro). Patriarca ha competenza in materia dottrinale. Il potere laico (secondo le tradizione romana) mantiene competenze di natura disciplinare. Per gli ortodossi non esiste un papa (quindi non può esserci cesaropapismo). La figura dell’imperatore è centrale. Problema gerarchico tra le due realtà. In occidente proprio la riforma del secolo XI distinguerà nettamente il ruolo del pontefice da quello dell’imperatore (che viene estromesso dalla gestione della chiesa). In oriente possibilità del basileus di interferire nella chiesa e nelle questioni spirituali. Differenze dottrinali: 1053 il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario convoca un concilio a Bari (ancora dei bizantini) per affrontare la questione del Filioque: in occidente nel credo lo spirito procede dal padre e dal figlio, in oriente invece solo dal padre. Genera scontro. Luglio 1054 il nuovo papa Vittore II scomunica Michele Cerulario (percepita come rottura momentanea, ma i rapporti si affievoliranno sempre più a causa della dottrina del primato romano: il governo effettivo della chiesa, rivendicato dal papa romano non seguito dai bizantini). Nel 1058 decreto sull’elezione del papa. Morto Leone IX fu scelto come papa (in accordo tra Enrico III e i riformatori romani) Gebeardo vescovo di Eichstatt (Vittore II (1054-1057)). 5 ottobre 1056 muore Enrico III, il figlio Enrico IV di soli 4 anni affidato a Vittore II che però muore dopo un anno. Eletto papa Federico di Lorena (Stefano IX), abate di Montecassino e fratello del duca Goffredo il Barbuto. Momenti essenziali per lo scontro papato-impero. Contesto in pieno movimento, pontefici che si alternano rapidamente, tutti provenienti dalla realtà riformatrice tedesca. Ma con a capo del potere temporale un giovane bambino, ancora non pronto per governare. 3/12/2020 1059 decreto sull’elezione del papa Morto Leone IX (papa scelto dall’imperatore) fu scelto come papa (in accordo tra Enrico III e i riformatori romani) Gebeardo vescovo di Eichstatt (Vittore II (1054-57)). Governa la chiesa per 3 anni grosso modo, sostegno alla riforma (solito dei papi tedeschi di questo periodo). Il 5 ottobre 1056 muore Enrico III, il figlio Enrico IV di soli 4 anni venne affidato a Vittore II che però muore dopo un anno. Eletto papa Federico di Lorena (Stefano IX) (grande esponente della riforma), abate di Montecassino e fratello del duca Goffredo il Barbuto (duca di una parte della Lorena che aveva sposato Beatrice di Canossa, famiglia di ufficiali imperiali che controllano un’area molto ampia nel regno italico tra la Toscana e l’Emilia). Sposando Beatrice mette le mani anche su questo territorio. Morte di Enrico IV battuta d’arresto dell’autorità imperiale proprio mentre si rafforza il gruppo riformatore all’interno della curia romana (nato grazie all’intervento imperiale e al papato di Leone IX). L’impero torna ad assumere una connotazione prevalentemente tedesca. Il papato assume maggiore consapevolezza e compattezza e vuole sempre più autonomia: decreto per regolamentare l’elezione del pontefice. Forze imperiali viste a volte come un ostacolo alla riforma. Tante realtà (anche laiche) che possono interferire nella scelta del pontefice. Marzo 1058 muore Stefano IX. Aristocrazia romana (Tuscolani (VS Crescenzi)) fa eleggere Benedetto X. I riformatori fuggono da Roma e a Siena eleggono il vescovo di Firenze: Niccolò II (che ottiene la meglio grazie al sostegno militare di Goffredo il Barbuto. Niccolò II avrà la meglio militare su Benedetto X proprio perché sostenuto da queste forze. • Sostegno ad alcune realtà cittadine per minare il potere dei grandi aristocratici (ad esempio nei territori dei Canossa) • I principi non più percepiti come cooperatori del re (così in età ottoniana) Conflitto dunque re VS aristocrazia soprattutto in ambito tedesco. I principi pretendono maggiore potere (anche nella definizione del potere regio). Rivendicano il diritto di partecipare alla gestione del regno (e all’assegnazione delle cariche). Durante la minorità di Enrico IV hanno messo le mani sulle risorse imperiali (rosicchiato piano piano il territorio di dominio regio). Quando il re tenta di riequilibrare il sistema (ad esempio recuperando territori) esplode lo scontro. Sassoni: principi nella Germania settentrionale. Principali nemici della politica di accentramento tipica della dinastia di Franconia. In Sassonia ci sono ampi territori che la dinastia di Franconia aveva ereditato da quella di Sassonia (ereditato beni e territori della dinastia precedente). Punto nevralgico il palazzo di Goslar. Sfruttamento delle risorse (soprattutto grandi latifondi, ma anche estrazione dell’argento e lo sfruttamento delle foreste regie per caccia e legname). Dinastia di Franconia esercita potere nella Sassonia tramite controllo militare, tutto ciò non è ben visto. Esplode la rivolta: luglio 1073: il duca Ottone di Nordheim chiama i Sassoni alla rivolta: una mobilitazione impressionante. 1075 repressione sanguinosa della rivolta (un esercito possente devasta duramente i territori dei ribelli, alla fine costretti alla resa). Indiscutibile vittoria del re sui Sassoni che preoccupa la restante aristocrazia tedesca (si teme l’autoritarismo del giovane sovrano). Sinodi quaresimali ribadiscono la condanna della simonia e del concubinato. Sinodo quaresimale del 1075: duro intervento contro cinque consiglieri del re, accusati di favorire la simonia. La corte tedesca diventa l’obiettivo da colpire perché è da qui che emergono i problemi simoniaci. Alcuni vescovi tedeschi e italiani furono sospesi; Dionigi vescovo di Piacenza fu deposto. Scontro tra due diverse concezioni dell’episcopato: tradizionale (collegialità episcopale, vescovi partecipi di un unico potere con il papa che deve governare insieme agli altri vescovi) e gregoriana (supremazia papale). Gregorio VII sta alzando la gravità dello scontro. Papa diventa vero capo della cristianità occidentale, rivendica il suo ruolo di vertice, il primato petrino. In questo contesto di scontro, Dictatus papae 1075. 27 affermazioni non datate inserite nel registro tra una lettera del 3 marzo e una del 4 marzo 1075. Opinione prevalente secondo gli studiosi: serie di massime raccolte in un documento personale, non destinato alla pubblicazione, che testimoniano il pensiero di Gregorio. Uno studioso del 900 Giovanni Battista Borino: indice di un trattato di diritto canonico richiesto dal papa a Pier Damiani. Un grande studioso tedesco Horst Fuhrmann: difficile credere che la canonistica precedente potesse servire per comporre un siffatto trattato (non consentiva di collocare il papa con tanta chiarezza al di sopra degli altri vescovi, ma descrive una chiesa legittimamente e consapevolmente policentrica, dove il ruolo collegiale è svolto dai vescovi. Traduzione a pagina 130. Papa come unica era autorità universale, può deporre l’imperatore, sciogliere i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. L’imperatore è escluso dal governo della chiesa (e dalle nomine). Il vero protagonista è il papa (22 affermazioni su 27 lo riguardano direttamente): vertice dell’autorità della chiesa ma anche al di sopra del potere temporale. 04/12/2020 Crisi tra papato e impero con il dictatus papae. Notte di natale 1075 un sostenitore dell’imperatore, Cencio del prefetto Stefano, attenta alla vita di Gregorio VII durante la celebrazione della messa in S. Maria Maggiore, alcune fonti dicono che avrebbe voluto perfino ucciderlo. Reazione della parte avversa spesso affidata alla violenza. Gennaio 1076 Enrico IV convoca un sinodo a Worms di vescovi tedeschi e lombardi (presente anche il cardinale Ugo Candido, cardinale del partito riformatore ma che voleva armonia tra papato e impero per la riforma, nel momento in cui vede la frattura egli è l’unico cardinale a rimanere dalla parte imperiale) che depone il papa eletto irregolarmente (eletto dal popolo), tratti i vescovi come servi, non riconosce il ruolo dell’imperatore come capo della cristianità. Enrico avalla la decisione del sinodo e invita i romani ad allontanare Ildebrando (lo si torna a chiamare così). Tutto viene preparato anche se tutto sembra casuale, fa vedere che la scelta è venuta dal basso e dagli ecclesiastici. Gregorio convoca un sinodo quaresimale (febbraio) 1076: Gregorio VII scomunica i vescovi presenti a Worms e Enrico IV (evento mai successo prima: fatto del tutto privo di precedenti storici). Provvedimento molto duro. In questo modo rilancia le speranze dei Sassoni e dell’aristocrazia tedesca (preoccupata dal potere di Enrico IV nel reprimere i Sassoni). Anche parte dei vescovi tedeschi si allontana da Enrico (fino ad allora dalla sua parte), per paura della censura pontificia o temendo una deriva autocratica e rilanciando l’idea che l’elezione del vescovo dovesse avvenire per clerum et popolum (eletti dal clero e dal popolo). Iniziano a teme per la loro autonomia delle loro diocesi. Imperatore interferire su queste scelte. Enrico si trova isolato. Convocata un’assemblea dagli aristocratici tedeschi per procedere all’elezione di un nuovo re/sovrano (prima per l’ottobre 1076, poi gennaio 1077) destinata ad essere presieduta personalmente da Gregorio VII (grande accusatore di Enrico IV). Se Gregorio fosse arrivato in Germania avrebbe avallato l’elezione di un nuovo re: Enrico IV decide di andargli incontro con un piccolo seguito. 20 gennaio 1077 Enrico si reca verso Canossa (presenti presso Matilde la marchesa Adelaide di Susa e altri aristocratici del regno italico (centro nord d’Italia), l’abato Ugo Cluny (padrino dell’imperatore)) dove era il papa. Analisi delle mosse dell’imperatore: l’imperatore grande trovata teatrale: in abito da penitente che si umilia per 3 giorni: da ribelle richiesto di arrendersi alla volontà del papa si trasforma in penitente che si umilia. La fermezza di Gregorio rischia di apparire come un tiranno arrogante privo di perdono, apparire tracotanza, insensibilità al perdono di mostrarlo come un tiranno violento privo di cuore. Dunque non può che revocare la scomunica, moralmente costretto a farlo. Ma l’assoluzione della scomunica comporta la reintegra nei poteri di re e di potenziale imperatore? Più tardi Gregorio dirà di non averlo reintrodotto nel regno (minimizzando la portata dell’assoluzione di Canossa). Il rito però era stato ambiguo, non ci aiuta a capire la portata di quel perdono. I Sassoni e i principi tedeschi si comportano come se nulla fosse successo a Canossa ed eleggono un nuovo re, Rodolfo di Svevia. Inizialmente Gregorio resta neutrale: vuole recarsi in Germania per decidere la vertenza e mostrarsi come colui che deve decidere tutto, aspetta una scorta per diversi mesi, poi torna a Roma. Il conflitto va avanti, Enrico torna in Germania e sconfigge i suoi avversari militarmente (non aiutati dal papa). 1080 Gregorio rinnova la condanna della simonia e scomunica nuovamente Enrico IV per aver congiurato con alcuni vescovi contro il papa, non aver corretto i suoi comportamenti come promesso a Canossa, per aver impedito l’incontro convocato dal papa per risolvere la questione tedesca. Enrico è deposto; si riconosce la legittimità di Rodolfo di Svevia, già eletto dai principi tedeschi. Lettere che Gregorio VII invia a Ermanno di Metz, vescovo di Metz (sostenitore di Enrico IV). Quest’ultimo (Ermanno) gli chiede come abbia potuto scomunicare l’imperatore. Dopo la prima scomunica: elenca una serie di casi storici di scomuniche di imperatori (Zaccaria deposto re dei Franchi, Ambrogio scomunicato Teodosio) + potestà di sciogliere e di legare concessa Pietro da Dio (testimonianza di un potere del papa direttamente da cristo, indiscutibile) + il potere spirituale viene da Dio, quello temporale dalla superbia umana. Dopo la seconda scomunica (2 lettera) ribadisce le stesse cose + aggiunge la lettera di papa Gelasio all’imperatore Anastasio (l’autorità dei sacerdoti è più importante del potere regio, sottomesso secondo Gregorio VII ai sacerdoti e maggior ragione al papa. 25 giugno 1080: risposta alla scomunica: tedeschi e borgognoni riuniti a Bressanone dichiarano deposto Gregorio VII (il falso monaco soprannominato papa). Gregorio VII viene accusato di simonia per aver acquistato la carica di arcidiacono da Niccolò II e di aver fatto uccidere 4 papi (per diventare papa lui). Successivo sinodo di Worms i vescovi fedeli all’imperatore eleggono papa l’arcivescovo di Ravenna Guiberto che prende il nome di Clemente III (figura importante di antipapa, 20 anni, in genere gli antipapi duravano poco). Vero grande protagonista: attivo politicamente. Clemente III godeva di un vasto consenso nel regno italico e giunse a Roma scortato da Enrico IV e dal suo esercito. Gregorio bloccato in Castel sant’Angelo mentre Roma assediata dall’esercito imperiale: 27 marzo 1084 Clemente III solennemente intronizzato. 31 marzo Enrico IV incoronato imperatore da Clemente III. Maggio 1084 i normanni di Roberto il Guiscardo saccheggiano Roma, liberano Gregorio VII e lo portano a Salerno. Gregorio VII ormai isolato e debolissimo muore a Salerno il 25 maggio 1085. Clemente saldamente fisso a Roma. Gregorio VII perde totalmente il controllo della situazione. Crisi dopo la morte di Gregorio VII. Lunga crisi successiva alla morte di Gregorio VII (25 maggio 1085). Un anno per eleggere il suo successore (Desiderio abate di Montecassino (Vittore III che accettò nel marzo 1087 e morì il mese successivo)). Un piccolo gruppo di cardinali, accogliendo l’indicazione del morente Vittore III, nel marzo 1088 elegge Oddone di Chatillon cardinale di Ostia, Urbano II. Urbano II: consolida il legame con i normanni (riconosciute le investiture dei domini che hanno conquistato e concessioni di privilegi, sostegno militari dell’azione riformatrice della chiesa, sostengono potere gregoriano). 1089 sinodo di Melfi papa rilancia l’azione riformatrice (simonia, celibato del clero, investitura laica). No legami di subordinazione tra ecclesiastici e laici. Riprende azione riformatrice del papato. 1059 concilio di Piacenza: le ordinazioni fatte dai vescovi scismatici e simoniaci sono prive di validità, ma solo se l’ordinato conosceva la condizione di chi gli conferiva l’ordinazione. Papa libertà di azione anche nell’Italia centro settentrionale. Scappatoie per tutto un clero: tutto ciò serve ad Urbano II per accrescere il consenso degli ecclesiastici (soprattutto tedeschi di cui molti ordinati da superiori simoniaci). Ribadito il divieto per i chierici di prestare il giuramento feudale ai signori laici. No ricevere dai laici un giuramento di fedeltà: gli ecclesiastici devono rispondere solo alla chiesa che vede al suo vertice il papa. Nuova concezione del ruolo del papa: si intensifica l’uso della interpretatio: il papa giudica se le leggi emanate da lui stesso o dai suoi predecessori siano di volta in volta applicabili. Il papa decide se la legge si applica o meno a seconda del caso. Il papa può dispensare dalla legge per motivo di necessità. I vescovi ordinati irregolarmente o legati in precedenza al fronte imperiale possono essere giustificati e arruolati nel fronte urbaniano attraverso una riordinazione. Basta che stai dalla mia parte e sei perdonato. I temi della riforma vengono proposti anche in altre aree come Francia e Inghilterra dal massiccio impiego di legati papali (lotta a simonia ecc. anche altrove). Dettano linee di questa riforma. Rafforzamento del fronte riformatore. Enrico IV cerca di contenere questa politica aggressiva di Urbano II. Matilde di Canossa sostegno di Urbano II ma difficile posizione perché nella zona imperiale. 1091-92 nuova spedizione militare in Italia (conquista di Mantova e del castello di Canossa). Urbano costretto a rifugiarsi nei domini normanni del sud. Clemente III rientra a Roma scortato dall’esercito di Enrico IV e vi celebra un concilio nel 1092. Enrico IV in tutto ciò continua a temere la ribellione dei principi tedeschi. Ribellione di Corrado (figlio di Enrico IV) incoronato re d’Italia a Milano nel 1093. Milano e altre città lombarde si ribellano contro i loro vescovi filo enriciani e si alleano contro l’imperatore. 1094 Urbano recupera Roma. Enrico sconfitto perché deve garantire forza militare sia nell’Italia che nel mondo tedesco. 1099 muore Urbano II, 1100 muore Clemente III, 1105 Enrico IV abdica (morirà nel 1106 e da qualche anno era emarginato da suo figlio Enrico V). A Roma eletto Pasquale II (che riuscirà a
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