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Guide e consigli
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La messa alla prova minorile e reati associativi, Dispense di Sociologia della Devianza e della Criminalità

Vengono analizzate la teoria e le prassi applicative dell'istituto della messa alla prova minorile.

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 19/09/2020

valentina-pulito
valentina-pulito 🇮🇹

4.4

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Scarica La messa alla prova minorile e reati associativi e più Dispense in PDF di Sociologia della Devianza e della Criminalità solo su Docsity! La messa alla prova minorile Presentazione La giustizia minorile in Italia contiene alcune peculiarità che sono indispensabili per il suo funzionamento. Tra queste la doppia competenza civile e penale dell’autorità giudiziaria minorile; la specializzazione degli operatori e la composizione mista dei collegi giudicanti. Il DPR 448/1988 contente il codice di procedura penale minorile si ispira alle regole minime standard per l’amministrazione della giustizia minorile. Il principio ispiratore dell’intera riforma italiana è il recupero del minore attraverso strumenti non solo repressivi ma che si focalizzano sulle condizioni psicologiche, sociali e familiari del minore. La scelta di tali strumenti richiede soluzioni individualizzate che prendono in considerazione le esigenze di sviluppo del minore. L’intero processo penale minorile assume la funzione di riattivare il processo evolutivo del minore, il cui comportamento di rilevanza penale, viene interpretato come un segnale del suo disagio sociale che deve esser e subito colto e affrontato. Introduzione L’istituto della messa alla prova è stato una delle più interessati innovazioni del DPR 448/1998. Si tratta di una forma di probation processuale che offre una rapida fuoriuscita dal sistema carcerario. Conformemente a quanto indicato nelle regole di Pechino, molti paesi europei hanno introdotto nei loro sistemi di giustizia penale minorile l’istituto della probation che si svolge in fase di esecuzione della pena. Ulteriore peculiarità di questo istituto è la sua marcata flessibilità. È infatti possibile che nel corso della sospensione del procedimento penale, il contenuto e gli stessi obiettivi del progetto vengano modificati e meglio calibrarti in ragione delle specificità progressive del processo maturativo del minore e del grado di proficuità degli interventi avviati, o a causa di un improvviso cambiamento delle condizioni personali e familiari; oppure è possibile che il giudice in sede di udienza finale, in caso di esisto parzialmente positivo possa disporre la proroga della messa alla prova. I contenuti del programma della messa alla prova presenta alcuni aspetti importanti da prendere in considerazione tra cui la previsione di percorsi terapeutici volti a costruire o riattivare il processo evolutivo del minore imputato, per dotarlo della capacità riflessiva e rielaborare i vari vissuti psichici. Inoltre, si è rilevato indispensabile sostenere l’adolescente anche nel suo contesto relazionale, in particolare in quello familiare grazie ad interventi di sostegno alla genitorialità. 1. La probation minorile in Europa Nell’ultimo trentennio, le organizzazioni internazionali hanno adottato diversi atti in maniera di giustizia penale minorile. L’analisi delle normative nazionali dei Paesi Europei consente di rilevare che la sospensione del processo con messa alla prova è una prerogativa del sistema di giustizia minorile italiano. Nella maggior parte dei sistemi di giustizia la probation esiste esclusivamente in fase di esecuzione della pena. • Probation in Francia nel sistema francese esiste un istituto simile all’affidamento in prova italiano, ossia la sospensione della pena con messa alla prova (SME). Lo SME è una delle tre forme di sospensione della pena previste dal sistema francese, con la sospensione semplice e la sospensione con prescrizioni di svolgere LPU (TIG in Francia). Lo SME è stato creato per i condannati adulti, l’obbiettivo di questa ordinanza è quello di combattere gli effetti de-socializzanti delle pene brevi e di aiutare il condannato accompagnandolo nei suoi sforzi per la risocializzazione. Il condannato rimane libero ma è soggetto a specifici vicoli disposti dal Tribunale. Si tratta di una forma di sospensione condizionale della pena, in cui il tribunale stabilisce un periodo di prova durante il quale il condannato sarà controllato. Questo periodo inizia dal giorno in cui la condanna è esecutiva, la sua durata non può essere inferiore a 12 mesi e non superiore ai 3 anni. Esistono due tipi di prescrizione per il condannato in SME: MISURE DI CONTROLLO: sono di natura generale e si applicano automaticamente. Sono 5 e il loro scopo è quello di controllare la residenza del condannato, il sostentamento e la situazione lavorativa; PRESCRIZIONI SPECIFICHE: sono elencate in modo tassativo e riguardano la vita sociale e professionale del condannato e anche il suo stato di salute. Durante il periodo di prova, il JAP ha la facoltà di integrare o modificare le prescrizioni. Rispetto all’esito finale si profilando due possibili ipotesi: in assenza di incidenti di percorso che ostacolano il compimento del programma, si verifica un esito positivo quindi la condanna è come se non fosse mai stata pronunciata; nel caso di inosservanza delle prescrizioni o in caso di commissione di un nuovo relato, l’esito della messa alla prova è negativo e si può disporre la revoca totale o parziale dello SME o il giudice può disporre la proroga. L’imputabilità in Francia è dai 13 ai 18 anni e lo SME non è applicabile per reati associativi o reati gravi. • Probation in Germania in Germania la responsabilità penale per i minorenni va dai 14 ai 18 anni. Anche in Germania la probation esiste solo in fase di esecuzione della pena. La probation è un istituto molto utilizzato in Germania proprio nel rispetto del principio della privazione della libertà come ultima istanza e per il più breve periodo possibile. Circa il 70% delle sentenze di condanna alla reclusione sono sospese e soggette alla supervisione di un funzionario dei servizi Sociali della probation. • Probation del Regno Unito in Inghilterra l’età della responsabilità penale per i minorenni è dai 10 ai 18. Un minore di dieci anni che ha commesso un reato, può essere condannato alla reclusione in istituto penale per minorenni. La probation nel sistema inglese si applica quando il minorenne è stato accusato e riconosciuto colpevole di un reato, ma il tribunale giovanile non ritiene debba scontare la pena in un carcere minorile. Con probation si intende anche la persona che sta scontando la pena per il reato commesso, ma è autorizzata a farlo nella comunità. La probation ha la doppia finalità: di aiutare a far sì che il minore sia in grado di re-inserirsi nella comunità e di aiutarlo a prevenire la recidiva. La probation contiene delle prescrizioni a cui il minorenne deve attenersi e attività che deve svolgere. Tra le possibili attività: riunioni regolari con un membro dell’équipe dei minorenni autori di reato; partecipazione al trattamento o altre attività; seguire le prescrizioni indicate. Se il minore è stato rimesso in libertà dalla carcerazione prima della fine della sua scadenza, potrebbe avere una combinazione di diverse forme di supervisione nella comunità. Questo può comportare: un periodo in cui si trova una sorta di licenza o un breve periodo di supervisione da parte di YOT; un periodo di controllo successivo al provvedimento se è stata commissionata una determinata condanna; un periodo in cui non è sottoposto a controllo nella comunità ma può ancora essere richiamato in detenzione. • Probation in Spagna nel sistema di giustizia minorile spagnolo, come in quello italiano, l’età della responsabilità penale va dai 14 ai 18 anni. La legislazione penale spagnola prevede gli istituti di sostituzione e della sospensione della pena. dovranno essere presi in considerazione quegli aspetti di carattere più prettamente psicologico quali le autovalutazioni del percorso da parte del minore e le sue capacità progettuali realizzative delle proprie potenzialità e di assunzione di responsabilità riguardo le proprie azioni. Nel caso di valutazione negativa del percorso della messa alla prova il procedimento penale riprenderà il suo corso dal momento in cui è stato sospeso. Nel caso in cui obiettivi del progetto educativo siano stati solo parzialmente raggiunti il giudice può disporre la proroga della messa alla prova. 3. Le bande di giovani latino-americani: origini e interventi Negli ultimi cento anni, sono molti studi sociologici e criminologici che hanno incentrato la loro attenzione sul fenomeno delle bande giovanili. I primi studi degni di interesse corrispondono agli anni 20’ del secolo scorso. Secondo gli studi l maggior parte delle bande nascevano da gruppi spontanei di bambini che giocavano insieme ed erano costituite da amici stretti. L'espulsione da scuola o qualsiasi altra forma di marginalizzazione spesso fungeva da catalizzatore per la formazione di una banda. Da uno studio effettuato su un gruppo di adolescenti, di un quartiere ghetto italiano, emerse che la banda regolava il comportamento dei soggetti anche durante il tempo libero, influendo in modo decisivo sulle scelte individuali dei componenti. Più recentemente è stato identificato come una banda giovanile, un'associazione di pari così costituitasi spontaneamente, corrisponde alle seguenti caratteristiche: il nome della band e i simboli riconoscibili, un capo identificabile, un territorio geografico di riferimento, un regolare luogo d’incontro e azioni collettive per compiere attività illegali. I suoi membri possiedono altresì caratteristiche simili in termini di estrazione sociale, atteggiamenti e comportamenti, al singolo è richiesta adesione totale e indiscriminata al gruppo o l'alternativa è di distaccarsene. Con il termine banda giovanile ci si riferisce a un gruppo di individui in età adolescenziale formato allo scopo di realizzare attività illecite e gestire un preciso territorio d'azione entro cui i suoi membri stabiliscono i confini e regolamenti. Le bande di giovani latinoamericani Si tratta di diverse aggregazioni giovani di età superiore ma a volte anche inferiore ai 18 anni. Le caratteristiche delle bande denominate Latin Kings, Commando, Manhattan, Dangers, Revolution sono varie, in primo luogo il fatto che loro membri sono originari dell’America Centrale in particolare El Salvador Guatemala e Honduras e dall’ America del Sud in particolare Ecuador e Perù. I paesi toccati dal fenomeno delle bande latinoamericane riguardano anche l'Europa in particolare Spagna e Italia. Gli interventi per contrastare questo fenomeno nel paese di origine sono stati incentrati su un approccio essenzialmente securitario e repressivo, tolleranza zero, però con tale approccio non sono stati raggiunti i risultati attesi. Le caratteristiche delle bande latinoamericane riprendono queste caratteristiche: 1. la provenienza dei suoi membri da uno stato di origine come l’Ecuador e il Perù; 1. l'appartenenza dei suoi membri a famiglie destrutturate caratterizzata dalla separazione dei genitori; 2. Un contesto socioeconomico di provenienza nello stato di origine connotato da povertà marginalità e assenza di prospettive; 3. Un progetto migratorio della figura materna verso un altro stato o continente come USI Spagna Italia e l'abbandono del figlio ad altri componenti della propria famiglia allargata; 4. il successivo ricongiungimento della figura materna con il figlio divenuto nel frattempo preadolescente sbarra adolescente; 5. la percezione di solitudine del figlio una volta raggiunta la madre nello stato di destinazione, dovuto a vari fattori tra cui lavora a tempo pieno della madre che non riesce a occuparsi del figlio per il ricongiungimento; 6. la ricerca di preadolescenti/adolescente nel gruppo dei pari di un contesto in cui riconoscersi e nel quale costruire la propria identità. Una tipologia più recente di queste bande è costituita dalle Maras o Pandillas de El Salvador: le Maras sono nate negli anni '80 nelle grandi città degli USA. La città di Los Angeles si divide in due grandi arterie stradali la tredicesima e la 18ª. I salvadoregni emigrati a Los Angeles si sono stabiliti nella 13ª e i messicani alla 18ª. Quando i salvadoregni non avevano più spazio nella 13ª hanno iniziato a cercarlo nella 18ª e viceversa per i messicani. Tra messicani i salvadoregni non è mai corso buon sangue, forse anche per ragioni di rivalità calcistica. Alla fine degli anni '80 le due bande hanno raggiunto il controllo totale e il monopolio di alcuni quartieri delle città americane soprattutto per quanto riguarda la gestione del traffico di droga e di prostituzione. Quando questo fenomeno è diventato un vero problema per queste città la polizia ha iniziato a espellere i leader e i membri di queste bande gerarchicamente più importanti nei paesi del Salvador e Messico ossia dove erano originarie e dove rapidamente ricostruivano lo stesso sistema di gestione dei traffici illeciti. Si tratta di bande latinoamericane con un'organizzazione molto più strutturata, aventi come obiettivo il controllo del territorio e conflitto incondizionato con la banda avversaria. I giovani che vivono in un quartiere particolare si identificano con essi e vengono reclutati dalla banda per la difesa e il controllo del territorio che rappresenta uno degli elementi principali. Ciò che i giovani trovano nella banda è un senso di appartenenza infatti i giovani portano i simboli di appartenenza della banda tatuati su tutto il corpo, e sono costretti a subire rituali iniziatici in cui devono dimostrare la loro devozione alla banda, il loro grado di obbedienza e le loro abilità. Nella seconda metà degli anni 2000 in El Salvador ogni giorno 16 persone venivano uccise nei conflitti armati tra bande, per questo motivo il presidente del Salvador si è dato come obiettivo primario quello della lotta contro il crimine contro la criminalità. Tuttavia, questa politica, durata tre anni, non ha raggiunto per i diversi risultati attesi. È stato così consigliato al presidente di gestire la situazione dando ascolto alle richieste dei Mareros, ma il presidente ha ritenuto più opportuno affidare questo compito la chiesa cattolica che è riuscita a gestire una tregua tra le due band, infatti il numero delle morti giornaliere passo da 16 a 5. 4. Il rito processuale minorile come antidoto al rito della banda Il recupero maturativo dell’adolescente che Delinque richiede all’apporto di molteplici ruoli professionali la cui presenza mobilità un campo dinamico di forze interagenti ciascuna delle quali influenza ed è influenzato dal rito del processo penale che li ha convocati. Gli operatori psico sociali educativi rilevano costantemente l'alta pregnanza emotiva evocata dal rito processuale del minore e nel loro controtransfert virgola non che la portata che so e nell’adolescenza evoluzione del suo trattamento. Il rito processuale sul significato simbolico ampio. Riti di passaggio e procedimento penale È utile sottolineare, per le riflessioni che può suscitare in riferimento al processo penale minorile, l'attenzione che Eliade ha rivolto ai riti di passaggio e di iniziazione puberali, in quanto ne mette in luce la funzione introduttiva nell’ambito sociale e contemporaneamente nel mondo valoriale della comunità di appartenenza, con ciò segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Altri autori sottolineano analogamente come rito iniziatico esprima anche nei popoli primitivi il passaggio dal rapporto con la madre rapporto con il gruppo, con i suoi miti le sue regole. L'efficacia del rito deriva anche da alcune caratteristiche che gli sono proprie come il significato attribuito al tempo e al coinvolgimento del corpo attraverso la postura e la gestualità. Possiamo considerare in tal senso il processo penale minorile la postura eretta dei convocati davanti al giudice e al collegio giudicante anche all'ascolto delle descrizioni verbali dei reati contestati all’imputato e l'adozione di un registro linguistico. Il significato del tempo nel rito trasforma il qui e ora dell’udienza nella e allora archetipico. Evoca anche il tempo antico in cui i genitori interni e perciò eterni hanno stabilito che il figlio sopravvivesse accogliendo nei bisogni e praticando regole e comportamenti che ne garantissero la crescita appunto dallo stesso alveo valoriale deriva autorevolezza con la quale il giudice diviene anche garante della crescita sollecitando gli aspetti più sani della personalità dell'adolescente virgola e la necessità di una risposta blocco evolutivo con l'attivazione dei servizi psico socio educativi . I riti della società primitiva, quando sono con cura lo sviluppo maturativo dell’individuo, prevedono generalmente il superamento di prove ad alta pregnanza simbolica correlata alla rinuncia dello Stato infantile per consentire l'acquisizione di valori, competenze e abilità dello Stato adulto. E quanto viene chiesto l'adolescente per l'applicazione messa la prova nel processo penale minorile in modo che possa acquisire gli strumenti sofisticati del pensiero elaborato attivo e affrancarsi da quello operatorio concreto sotteso all’atto deliquenziale. 5. il processo maturativo adolescenziale Eziologia traumatica del reato L’eziogenesi traumatica del comportamento delinquenziale sembra correlata alle continue perdite dell’ambiente supportivo materno e paterno, già nello sviluppo emozionale primario. La discontinuità nelle cure, ma ancor più l’interruzione del rapporto materno, inducono vuoti di contenimento mentale percepiti dal bambino come esperienze emotive traumatiche. Quando ciò accade il bambino sperimenta stati di angoscia profondi che tende a sua volta a estroflettere attraverso modalità concrete, sensoriali e motorie. L'incapacità materna di recepire le angosce persecutorie viene vista dal bambino come la conferma di un universo minaccioso, ingiustamente deprivante che strappa violentemente il legame per poi abbandonarlo nel momento di maggiore debolezza. Tali vissuti rimangono attivi e lasciano ferite profonde nel mondo interno del bambino. Questi vissuti sono conservati in una particolare memoria inconscia e implicita e originano nel soggetto un’analoga discontinuità nel livello del funzionamento psichico. I comportamenti reattivi essendo privi di mente rimangono concreti perché non sono stati trattati nella relazione materna e non sono pertanto leggibili attraverso una matrice semantica e relazionale. Sono comportamenti ascrivibili a nuclei psichici inconsci, simili a incubi concreti rimasti in sospeso. Possono essere tradotti in azione sotto la spinta della coazione a ripetere, quando la portata di un sommovimento psichico per un evento esterno interno, come la crisi adolescenziale. Il funzionamento psichico del gruppo L'analisi delle dinamiche interne la banda delinquenziale richiede una riflessione preliminare sul funzionamento del gruppo, in quanto, consente di coglierne l'evoluzione patologica. Nel gruppo lo stato mentale dei singoli è costantemente intersecato dal funzionamento psichico gruppale. Il gruppo costituisce un'entità con dinamiche proprie, date dalle caratteristiche aggiuntive dell'essere insieme come globalità, tale condizione viene attuata come uno stato mentale nel quale possono coesistere: un'attività intellettuale di grado elevato e una vita emotiva primitiva. L'individuo per partecipare al gruppo accetta una regressione che implica la rinuncia alla propria individualità, una sorta di depersonalizzazione conseguente al convincimento che il gruppo esiste come entità con caratteristiche proprie in grado di suscitare ansie profonde paure estremamente primitive analoghe a quelle sperimentate del soggetto nel rapporto con i primi oggetti di relazione. Quando le persone si riuniscono in un gruppo prende corpo un’attività mentale collettiva che funziona in molte circostanze come unità, producendo una mentalità di gruppo. I componenti vi contribuiscono in forma anonima e inconscia, diretta e personale. Esso affronta difficoltà e la vera natura del gruppo che attraverso una struttura e un'organizzazione, seppur primitiva e rudimentale media tra i bisogni dell'individuo la mentalità del gruppo. Bion differenzia il gruppo di lavoro dai gruppi funzionanti in assunto di base, cioè mediante gli stati emotivi primitivi, inconsci e automatici, che qualificano il contenuto emotivo in quel momento attivo nella mentalità del gruppo che orienta l'organizzazione e le modalità da raggiungere, gli scopi sociali e i desideri di questo istituto nei 30 anni trascorsi dalla sua introduzione del processo penale minorile. Oltre alle considerazioni di carattere positivo è auspicabile poter notare con ricerche più approfondite anche limiti e i nodi problematici dell'applicazione del DPR 448 del 1988. Uno dei temi che ha profondamente interrogato gli operatori giuridici e sociali in questo periodo è stato quello rappresentato dal costituirsi di bande di ragazzi stranieri che hanno condotto carriere criminali e hanno commesso reati anche molto gravi. In particolare, a Milano si sono verificati episodi antisociali molto gravi che hanno visto coinvolte bande di ragazzi latini che hanno rappresentato una vera sfida nella comprensione delle dinamiche sottostanti i processi di costruzione dell'identità dei ragazzi latinoamericani, ragazzi spesso ricongiunti con le famiglie di origine e più delle volte con la sola madre dopo essere cresciuti lontani da ogni riferimento genitoriale. Di fronte alle nuove complessità sociali verificatesi negli ultimi decenni l'istituto della messa alla prova sembra aver rappresentato esso stesso una sorta di messa alla prova del sistema minorile che ha continuato a mostrare nel tempo la sua efficacia e la sua rispondenza alle caratteristiche psicologiche dei soggetti in età evolutiva. La messa alla prova nel processo d'appello? In seguito a queste considerazioni non può non stupire il limitatissimo ricorso a questo istituto nei processi trattati in sede di Corte d'appello, i casi in cui è stata disposta la messa alla prova in questa fase processuale non raggiungono nemmeno l'un percento del totale. Un dato che fa riflettere in particolare è la distribuzione geografica dell’utilizzo della messa alla prova nei distretti delle corti d'appello minori. La così ampia differenza nel ricorso a questo istituto nelle diverse sedi può far pensare alla mancanza di una ponderata considerazione di questa possibilità anche in una fase processuale diversa da quella di primo grado. Presso la Corte d'appello di Milano da qualche anno è stata presa in esame questa possibilità. Il momento processuale di applicazione della messa alla prova È possibile ipotizzare che un limite all’utilizzo della messa alla prova in sede di Corte d'appello possa essere legato all'idea che una sospensione del processo, nella forma prevista per i minori, potrebbe apparire contraddittoria intervenendo al momento in cui si è già pervenuti a una condanna nel processo di primo grado. Si tratta di una misura di prevenzione speciale che, sembra meglio rispondere alle specifiche condizioni psicologiche del processo evolutivo adolescenziale che si presenta come estremamente variabile e spesso connotata da una caratteristica di transitorietà. La messa alla prova può essere disposta durante l'udienza preliminare, oppure durante il dibattimento; in entrambe le ipotesi si tratta di un giudice specializzato. Ci si è interrogati circa la competenza del giudice di appello a provvedere in ordine alla messa alla prova e alle risposte al quesito sono state contrastanti. La Corte di Cassazione ha ritenuto che il giudice di appello, abbia il potere di pronunciarsi in merito, nei limiti e secondo le norme che governano giudizio del gravame. L'esperienza ha mostrato che la distanza che il tempo ha frapposto tra il processo di primo grado e la sua trattazione Corte d'appello sembra aver permesso, in molti casi, Il delinearsi di uno spazio di pensiero che, nel periodo più vicino all’atto antisociale poteva apparire ancora soltanto abbozzato. Il compito evolutivo dei giovani adulti Nei processi trattati in Corte d'appello arrivano ragazzi per i quali il primo attraversamento della giustizia minorile non è stato ancora in grado di attivare un cambiamento. Spesso sono ragazzi che non avevano raggiunto una consapevolezza sufficiente del reato oppure ragazzi per i quali una prima MAP non era stata positiva. in entrambi i casi si è verificato un fallimento dell'incontro del minore con lo spazio della giustizia minorile appunto spesso sono gli stessi ragazzi a riprendere i contatti con i servizi territoriali o con l'ufficio dei servizi sociali minorili con una precisa domanda di riallacciarsi al percorso precedente, avendo maturato la consapevolezza delle necessità educative allora messo in evidenza. Durante la prima adolescenza il soggetto sosta ancora in uno spazio di crescita che continua a funzionare all'interno di un sistema di protezione da parte delle agenzie socioeducative ossia la famiglia la scuola le istituzioni che sostengono il suo procedere. Il giovane adulto invece hai gli occhi del mondo perde quella sospensione o moratoria psicosociale che veniva fisiologicamente accordata all’adolescente. Ritratto del giovane adulto Nelle condizioni di molti dei giovani giunti a richiedere la sospensione del processo per iniziare una messa alla prova durante la fase d'appello spesso si riscontra una sorta di fuga in avanti che presenta prematuramente la forma bagnata di una vita assimilabile a quella degli adulti. Spesso si incontrano nei processi d'appello giovani adulti alle prese con esperienza di genitorialità e convivenza in autonomia dalla famiglia d'origine che richiedono di poter incontrare uno spazio di accompagnamento dove sostare ancora per un po’ per ritrovare la fiducia e rinnovare la speranza di poter uscire dal labirinto bloccato dalle esperienze negative incontrati in adolescenza. La messa alla prova si avvicina di più a quella degli adulti ai quali viene richiesta una piena assunzione di responsabilità e una maggiore autonomia non soltanto relativamente ai propri processi di crescita e di ingresso nel mondo adulto bensì attraverso la richiesta di una risposta responsabile in termini più concreti rispetto alla società della quale si sta entrando a far parte in pieno diritto. In questa fase della crescita il lavoro di accompagnamento educativo riguarda scelte di vita più concrete effettive stringenti rispetto a un futuro proprio prossimo nella sua realizzazione. Il reato si presenta spesso legato a specifici processi psichici che possono incontrare la forma dell’agito di un pensiero messa in azione appunto nel corso di questo processo la gito andrà a rappresentare una delle possibili risposte al travaglio della crescita alternativa la mentalizzazione rappresentando frequentemente il tentativo di evitare il lavoro psicologico innescato dalla ricerca di una propria identità durante l'adolescenza. Per il giovane adulta entrato nel sistema penale durante la minore età il compito di meglio delineare e definire la propria identità diventa sempre più stringente incisivo e la revisione delle risposte prima formulate ha la funzione di dipanare il senso dei comportamenti antisociali relazione processi evolutivi attraversato in precedenza appunto molti dei ragazzi ormai maggiorenni che incontrano lo spazio penale nella fase processuale della Corte d'appello sono ragazzi con alle spalle esperienze relazionali offerte cresciuti all'interno di famiglie che non hanno rappresentato un punto di appoggio la loro crescita. In molti casi si verifica addirittura un rovesciamento dei ruoli generazionali per la presenza dei genitori che necessitano di assistenza sostegno e molte volte anche economico da parte dei figli appena maggiorenni punto il progetto di messa alla prova durante la fase successiva il processo di primo grado anche quando si tratta di ragazzi che non sono ancora diventati maggiorenni e che hanno già subito una condanna a volte in seguito al fallimento di una prima messa alla prova dovrebbe poter consentire la costruzione di un progetto di vita segnato da una maggiore autonomia ed è da un effettiva responsabilizzazione. 7. La messa alla prova minorile nei reati di criminalità organizzata Nell’esperienza catanese i criteri di applicazione della messa alla prova seguono la natura flessibile dell'istituto, in linea con la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che in questa materia ha: a) Confermato che il provvedimento di sospensione del processo nei confronti di imputato minorenne , disposto senza che sia stato elaborato il progetto di intervento da parte dei servizi minorili e senza la preventiva audizione delle parti, comporta una nullità di ordine generale in quanto attinente alla partecipazione del pubblico ministero e all’intervento dell' imputato, indubitabile la violazione dei poteri del pubblico ministero di iniziativa nell'esercizio o quanto meno nella prosecuzione dell'azione penale atteso che l'esito favorevole della prova comporta l'estinzione del reato ; b) ribadito che l’ammissione alla messa alla prova dell’imputato previa sospensione del processo è subordinata al vaglio discrezionale del giudice in merito circa la possibilità di rieducare e di inserimento del soggetto nella vita sociale; c) Sottolineato che l'istituto della messa alla prova e relativa sospensione del processo per controllarne l'esito non possono comunque prescindere dalla redazione di uno specifico progetto che deve essere idoneo a raggiungere lo scopo della socializzazione del minore e prevedere impegni precisi che l'imputato assume; d) ha chiarito, infine, che la sentenza con cui il g.u.p pronunci nei confronti del minore, sentenza di non luogo a procedere perché estinti i reati per esito positivo della messa alla prova. I nodi critici I nodi critici riguardano la valutazione della sospensione del processo quando: 1.1 Pur in presenza di elementi probatori univoci di colpevolezza non vi sia stata omissione della responsabilità; 1.2 La piena adesione a tutti gli impegni del progetto e la conseguente individualizzazione del progetto tenuto conto della fattibilità in rapporto alla personalità del giovane imputato in un’ottica di equilibrio di sfruttamento delle effettive risorse possibili sul territorio; 1.3 Il venir meno nel corso della prova di alcuni impegni e la realizzazione significativa, anche al oltre le aspettative virgola di altre al fine di una valutazione complessiva dell’esito. Rispetto al primo punto, si ritiene che la confessione non sia un presupposto anche per l’incompatibilità con il principio costituzionale di non colpevolezza e il diritto di difesa e tenuto conto comunque edificio e l'efficacia educativa della misura è un obiettivo e non una condizione che si raggiunge attraverso un percorso evolutivo, deve comunque sussistere una consapevolezza. Secondo punto, nei progetti di messa alla prova vengono sfruttate prevalentemente le risorse presenti sul territorio, che hanno una valenza riparativa in diretta. Il progetto di messa alla prova nei reati associativi o aggravati di vincolo associativo Problematica è la questione del rispetto delle finalità educative o riparative con riferimento a specifiche condizioni o qualità dell’autore del fatto, per esempio quando si tratta di minori stranieri, di ragazzi affetti da disagio psichico, ovvero nell’ipotesi di reati di abuso sessuale e infine nei casi di inclusione dei giovani imputati in ambienti di criminalità organizzata di tipo mafioso e con a carico imputazioni per i più gravi reati previsti dalla legge penale. Per quanto riguarda i reati che aggregano alle organizzazioni mafiose si pone il problema dell’applicabilità dell'istituto della messa alla prova vista la profonda compromissione personale sociale insita in questa tipologia di reati. In questi casi lo studio della personalità dell'imputato assume aspetti di particolare complessità soprattutto quando l'aggregazione e la malavita organizzata si consuma all'interno della famiglia di appartenenza dell'imputato stesso e al contesto di vita dal quale difficilmente minore si allontana. Sul punto un riferimento giurisprudenziale, la possibilità della messa la prova è esclusa in presenza di una struttura psicologica di personalità ormai definitivamente orientata ma può essere esplorata, senza alcuna preclusione, se vi è una chiara con propensione evolutiva al cambiamento. La decisione di sospensione del processo trova fondamento normativo nella necessità per il giudice di valutare la personalità del minorenne all’ esito della prova e tale valutazione non può prescindere dallo studio personologico dell’imputato minorenne all’esito dell’esame dei fatti e degli elementi di consapevolezza acquisiti. La responsabilità penale da un lato è la previsione di uno spazio per un efficace azione educativa, dall'altro lato nel caso di una personalità potenzialmente predisposta al cambiamento consente di progettare il superamento della distanza tra questi due ambiti esperienziali del giovane autore di reato. Nell’ottica del superiore interesse del minore il procedimento deve infatti sempre costituire un ambito nel quale la trattazione dei fatti di causa sia svolta in una dimensione prognostica ove le decisioni da assumere siano corroborate dalla comprensione dei fatti psicologici, pedagogici, sociali e medici in gioco. Qualunque percorso di messa alla prova disposto processualmente dovrà tenere conto delle reali e motivate possibilità di recupero del minore e dovrà essere analizzata la sua cognizione sociale intesa come quel processo neurocognitivo che consente all’individuo di interagire consapevolmente con consapevolezza 9. La messa alla prova minorile nei reati di criminalità organizzata di stampo camorristico Il modello penale minorile, come concepito nel 1988, aveva lo scopo di essere una risposta alle situazioni di sottosviluppo ed emarginazione sociale che rappresentavano le più significative cause scatenanti della degenza minorile. Non vi è alcun dubbio che i contesti sociali in cui si muovono la gran parte dei minori propongono modelli assolutamente diseducati dove apparire conta molto più che essere, dove le tradizionali agenzie educative stentano a svolgere il loro ruolo che, il più delle volte, è messo in discussione proprio da quegli adulti che dovrebbero essere esempio guida per i minori. Adulti che non sono più in grado di gestire questo ruolo troppo concentrati a vivere una propria perenne adolescenza che rende scomodo il perseguire le funzioni educative che gli sarebbero proprie e che preferiscono abdicare a questo ruolo ovvero viverlo nel modo meno conflittuale possibile con il minore. Un minore che non deve interferire con gli interessi, bisogni e desideri dell’adulto. Avere una visione educativa del processo minorile non significa non dover dare risposte che siano adeguate ai fatti commessi. Queste risposte, anche energiche, devono essere sempre al punto di partenza per il recupero e il reinserimento del minore. Ma è altrettanto vero che le risposte repressive non hanno mai sortito alcun effetto. Se il processo minorile come concepito dal dpr 448/88, ha finalità educativa non vi è alcun dubbio che tutta l'azione giudiziaria debba essere tesa al recupero e al reinserimento del giovane entrato nel circuito penale. Quei bisogni che non sono stati soddisfatti nei confronti del minore che si è determinato alla commissione di reati, spesso di assoluta gravità e con evidenti legami con la criminalità organizzata. Una criminalità che ha un potere di fascinazione, troppo spesso, di gran lunga più forte di quello che offre la società civile. Compito della giustizia minorile quindi deve essere fornire il ragazzo tre elementi fondamentali: la conoscenza del bello, il diritto al sogno e la speranza. La conoscenza del bello inteso nel più ampio senso, il bello delle relazioni affettive, delle relazioni amicali, del modo di vivere secondo le regole reciproco rispetto della solidarietà, di una vita che rispetta i diritti dei minori; Il diritto al sogno come fondamento dell'essere umano che deve avere la possibilità di immaginare per sé le cose che desidera; la speranza di una vita senza affanni e migliore di quella vissuta fino al momento del reato. Se non gli si offre il diritto di sognare non sarà mai possibile spingerlo verso la realizzazione di una vita diversa da quella che la sua condizione gli propone. Se non gli si offre la speranza di poter trovare un lavoro dignitoso e poter realizzare almeno parte dei propri sogni, dei propri desideri noi gli si consentirà di fare una scelta. L'impossibilità di comunicare verbalmente il disagio emozioni gli Stati d'animo possono determinare una comunicazione comportamentale e, lì dove il disagio, spesso si genera violenza per manifestare difficoltà e cultura di appartenenza. In questa già difficile cornice si inquadra l'adesione dei giovani e più in generale le bande giovanili o quelle legate alla criminalità organizzata. Generalmente la banda è costituita da soggetti che provengono dalle stesse aree territoriali da condizioni socio-familiari simili o assimilabili. Può assumere un significato negativo quando è costituita da giovani che manifestano il disagio e che sono privi di validi punti di riferimento educativi che riescono a incanalare le spinte auto mistiche che a volte si mostrano con aggressività, opposizione. L’ adesione alle bande giovanili legate alla criminalità organizzata hanno come terreno di cultura, per questo negativo tipo di aggregazione giovanile, gli ambienti degradati e deprivati dove giovani vengono lasciati a sé stessi sia dal contesto familiare sia dal contesto sociale che non offre alcuna alternativa all’aggregazione spontanea della banda. Quest'ultima diviene luogo necessario di Unione di giovani e di conformismo comportamentale, al fine di non divenire un soggetto isolato e a rischio di essere vittima degli atti di prevaricazione da parte degli aderenti alla banda. “Nella palude dell'ignoranza, dell'abbandono in cui vivono innumerevoli nuclei familiari, nella totale assenza di strutture sociali di aggregazione e di prevenzione, senza una scuola che abbia i mezzi e le possibilità di svolgere adeguatamente il proprio compito virgola non possono che proliferare l'arroganza e la barbarie della mafia.” Un'analisi assolutamente assimilabile a quella della Campania. Molti di questi ragazzi hanno iniziato il loro corso mafionistico con reti apparentemente banali e mentre lo Stato, in ognuna di queste occasioni di devianza non era capace di agganciare il giovane, il sodalizio criminale osservava e prendeva nota dei progressi, valutando il se, come e quando utilizzare il giovane per poi renderle definitivamente organico. E allora, per questi ragazzi che vedono nell’adesione alla criminalità organizzata la loro realizzazione di vita la conquista di uno status sociale che li renda visibili, il passaggio per il carcere minorile diventa una medaglia da seguire esibire con orgoglio. Quello che caratterizza i minori di alcune aree della città con presenza di criminalità organizzata e la cultura della mafiosità. Una cultura che vede la violenza come unica arma per far valere i propri diritti e per vendicarsi dei torti subiti e anche solo per affermare la propria esistenza. Per intervenire su un minore connotato da caratteri individuali comporta problemi di rilevante entità e uno sforzo di più che considerevoli proporzioni sia da parte dello Stato che da parte del giovane che intende uscire dalle logiche di vita che lo hanno caratterizzato. Lavorare su un giovane che ha aderito alle logiche della criminalità organizzata, significa spingerlo a una revisione critica dei propri comportamenti, dei propri vissuti, all'abbandono della logica della violenza e della prevaricazione. Il problema è la strategia da seguire per coinvolgere il giovane nell’ipotesi di cambiamento di vita. La prima risposta che deve essere data al comportamento deviante assunto deve essere sempre adeguata e volta a far comprendere che ogni azione ha una conseguenza. Di fronte a episodi di assoluta gravità come quelli che si determina nell’ambito della criminalità organizzata la prima risposta non può che essere la custodia in istituto penitenziario minorile pur nella consapevolezza che questo per il giovane può rappresentare lo spirito riconoscimento della sua mafiosità. Ciò sia perché è indispensabile che minore comprende cosa significa la privazione della libertà, sia perché l'aiuto del personale educativo e psicologico presente nelle strutture minorili può avviare quel processo di revisione critica. Perché ciò sia possibile, è indispensabile che l'ordinamento giudiziario sia modificato in un tratto essenziale. Partendo dal principio sancito dall' articolo 1. della Costituzione Italia è “una Repubblica democratica fondata sul lavoro” il lavoro, lo studio o la formazione professionale devono essere obbligatori e la mancata adesione alle attività di lavoro di formazione possono essere sanzionate con l'esclusione dei benefici relativi agli sconti della pena, accesso a misure alternative alla detenzione e permessi premio etc. Una volta avviato il percorso di revisione è senz'altro possibile iniziare a considerare uscite del giovane dal circuito penale anche attraverso le forme definite storie del processo diverso dalla condanna appunto nello specifico attraverso l'applicazione dell'istituto della messa alla prova.
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