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La messa alla prova nel sistema giudiziario minorile italiano, Dispense di Sociologia della devianza

L'istituto della messa alla prova nel sistema giudiziario minorile italiano, introdotto dal DPR n. 448 del 2 settembre 1998, che ha riformato radicalmente il procedimento penale a carico dei soggetti minorenni. Viene descritta la funzione riabilitativa della messa alla prova e la sua applicazione nel Tribunale per i minorenni di Milano. Inoltre, vengono elencati i fattori che il giudice deve tenere in considerazione per concedere il beneficio della messa alla prova e le prescrizioni che devono essere incluse nel progetto di intervento elaborato dai Servizi Minorili.

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 20/09/2022

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Scarica La messa alla prova nel sistema giudiziario minorile italiano e più Dispense in PDF di Sociologia della devianza solo su Docsity! LA MESSA ALLA PROVA 2. LA MESSA ALLA PROVA NEI REATI ASSOCIATIVI: L’ESPERIENZA DELL’UFFICIO GUP DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI MILANO 1. La messa alla prova nel sistema giudiziario minorile italiano Istituto della messa alla prova in ambito minorile -> DPR n. 448 del 2 settembre 1998 -> ha riformato radicalmente il procedimento penale a carico dei soggetti minorenni.  Art 31 Cost: principio della tutela dei minori  Principio ispiratore dell’intera riforma -> recupero del minore attraverso interventi di risposta al reato che siano congrui al suo sviluppo evolutivo, e conseguentemente calibrati in relazione alla specificità delle condizioni psichiche adolescenziali e proporzionati alla gravità e tipologia dell’azione illecita commessa funzione di riattivare il processo evolutivo, le cui difficoltà si palesano con il compimento dell’azione criminosa (funzione riabilitativa);  La messa alla prova costituisce una forma di probation processuale nel senso che comporta un rinvio alla pronuncia del merito -> viene disposta nel corso del processo, prima della decisione conclusiva, ovvero della pronuncia della sentenza e comporta la rinuncia dello Stato alla propria pretesa punitiva, allorché si prospetta come probabile la rieducazione del soggetto e il suo proficuo inserimento sociale.  Il giudice ha la facoltà di disporre la sospensione del processo, sentite le parti, quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all’esito della messa alla prova.  Nel sistema italiano minorile non sussiste una correlazione tra la messa alla prova e la gravità del reato e non vi sono preclusioni oggettive dell’applicazione dell’istituto anche a quelle categorie di reati che, come l’omicidio, destano massimo allarme sociale  La gravità dell’imputazione, tuttavia, incide sulla durata della prova: il processo viene infatti sospeso per un periodo non superiore a tre anni, quando si procede per reati per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi per un periodo non superiore a un anno;  Tribunale per i minorenni di Milano -> messa alla prova più efficace proprio nei casi di maggiore gravità: all’adolescente in una fase a rischio nel suo percorso di crescita, è stata concessa la possibilità di usufruire del trattamento psicoriabilitativo, anziché la sottoposizione a sanzioni penali che ne avrebbero sancito la definitività di un’identità negativa;  Il giudice, con ampio potere discrezionale, può, quindi, disporre sempre la sospensione del procedimento e la messa alla prova, quando ritiene che questa soluzione sia la più opportuna, tenendo esclusivamente conto di due fattori: - La necessità di una migliore conoscenza della personalità del minore e la possibilità che la prova possa costituire in concreto uno strumento di aiuto per lo sviluppo, in senso positivo, della personalità del minore - La possibilità che la prova possa costituire in concreto uno strumento di aiuto per lo sviluppo, in senso positivo, della personalità del giovane e quindi per il suo REINSERIMENTO sociale, attraverso il recupero maturativo || la concessione del beneficio della messa alla prova è consentita nei casi in cui sia formulabile un giudizio prognostico tendenzialmente positivo sulla rieducazione del minore e sull’evoluzione della sua personalità verso modelli socialmente adeguati. Il giudice deve quindi effettuare una valutazione in concreto sugli elementi soggettivi legati alla personalità del minore e alle sue risorse personali, per individuare gli interventi più idonei nel progetto riabilitativo in rapporto alla tipologia del reato commesso. Deve inoltre verificare se in capo al reo sussista la capacità di avviare una rimeditazione critica del proprio passato e una potenziale disponibilità all’inserimento costruttivo nella vita della collettività.  La decisione può essere adottata solo in presenza di un progetto di intervento elaborato dai Servizi Minorili dell’amministrazione della giustizia a cui il minore viene affidato, in eventuale collaborazione con i Servizi psico-socio-assistenziali degli enti locali, per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno.  CONSENSO del minore all’avvio del progetto riabilitativo è ritenuto INDISPENSABILE in ragione, proprio, delle finalità dell’istituto  Il progetto di intervento viene elaborato dai Servizi Minorili e rappresenta l’elemento sul quale verte la decisione del giudice e, contemporaneamente, il programma di vita che il minore si impegna ad assumere. In base alla legge, esso deve contenere, tra l’altro: le modalità del coinvolgimento del minore, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita gli impegni specifici che il minorenne assume, eventualmente le modalità di attuazione diretta a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa.  Nell’approfondimento della condizione personale, familiare e sociale del minore per individuare le dinamiche nelle quali si è originata la difficoltà o il blocco evolutivo che si presume alla base del comportamento deviante; nel coinvolgimento del minore stesso e del relativo nucleo familiare (coppia genitoriale) in prescritti colloqui periodici di supporto elaborativo con l’assistente sociale e/o lo psicologo; nell’avvio, se valutato necessario, di interventi trattamentali, psicoterapeutici e riabilitativi che prevendono il coinvolgimento di Servizi Specialistici (SERD, UONPIA, CPS)  In prescrizioni inerenti l’attività scolastica, i percorsi di orientamento professionale, di avviamento al lavoro, di formazione o di apprendistato; indicazioni inerenti i momenti di socializzazione e l’impiego del tempo libero  In prescrizioni inerenti lo svolgimento di attività socialmente utili, a seconda della tipologia del reato, ed eventualmente di attività risarcitoria nei confronti della persona offesa o, simbolicamente, nei confronti della comunità sociale.  NECESSARIO INTERVENTO MULTIPROFESSIONALE: dotare il ragazzo di quella capacità di riflessione e rielaborazione dei propri comportamenti che gli consenta di acquisire adeguati strumenti mentali, funzionali ad astenersi di ulteriori azioni delinquenziali; sostenere il giovane anche nel suo contesto relazionale, e in particolare in quello familiare, posto che spesso il suo disagio evolutivo e la tipologia di reato sono strettamente connessi alla trasmissione della sofferenza psichica tra le generazioni, con la conseguente difficoltà dei genitori nello svolgimento delle funzioni che sono proprie del loro ruolo. - > SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’  Progetto riabilitativo -> TENSIONE CONDIVISA da tutte le professionalità coinvolte nell’iter penale del ragazzo per aiutarlo a comprendere le difficoltà evolutive che hanno originato l’atto delinquenziale, per rielaborarle e trasformarle in un nuovo significato all’interno del suo percorso maturativo  Inserimento in strutture residenziali? A volte necessario laddove le difficoltà genitoriali e la stessa rete sociale di appartenenza ostacolino tale processo e i diversi tempi rielaborativi non siano compatibili con i percorso riabilitativo del giovane  Messa alla prova italiana -> marcata flessibilità: è, infatti, possibile che nel corso della sospensione del procedimento il contenuto e gli stessi obiettivi vengano modificati e meglio calibrati in ragione del verificato grado di adattamento del minore agli interventi avviati, o a causa del sopravvenuto improvviso cambiamento nelle condizioni personali e familiari;  SERVIZI MINORILI -> ruolo determinante -> esecuzione del progetto (soprattutto) - Erogano gli interventi previsti mirati alle singole esigenze socio-psico-educative dell’adolescente, - Agevolare nei familiari il recupero e lo sviluppo delle competenze genitoriali necessarie alla comprensione e al sostegno dei nuovi compiti evolutivi del figlio - Informano il giudice con relazioni periodiche in merito all’attività svolta e all’evoluzione del caso proponendo, ove necessario, modifiche al progetto, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, nel caso di gravi e ripetute violazioni, la revoca del provvedimento di sospensione.  PERIODO DI SOSPENSIONE: momenti di verifica intermedia della messa alla prova, o nelle forme della udienza davanti al giudice collegiale, e quindi nel contraddittorio delle parti, o in sede di convocazione avanti al presidente del Collegio o davanti a uno degli altri componenti, allo scopo delegato.  Qualora, venga rilevato l’andamento negativo del progetto in corso, il PM può chiedere la fissazione anticipata della udienza finalizzata alla verifica della messa alla prova.  In ogni caso, decorso il periodo di sospensione del procedimento, il giudice fissa detta udienza di verifica finale nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se ritiene che la prova abbia avuto esito positivo, tenuto conto del comportamento del minore e dell’evoluzione della sua personalità. - Evoluzione della sua personalità? Si dovrà valutare, sia attraverso valutazioni espresse dagli operatori psico-sociali, sia a seguito dell’osservazione effettuata dal Collegio durante le udienze, e dal singolo giudice durante le convocazioni intermedie di verifica, se l’imputato sia riuscito, nel corso del progetto e attraverso di esso, a raggiungere un adeguato grado di responsabilizzazione rispetto alle condotte illecite STORIA ANAMNESTICA E TRATTAMENTO DEI DUE IMPUTATI 1. Marcelo  Gemello su cui investono molto sulla carriera scolastica ritenendolo il depositario delle aspettative di riscatto sociale -> ritenuto gemello più maturo, equilibrato, protettivo rispetto al fratello gemello, godereccio e irresponsabile.  Sviluppo sociale procede fino alla bocciatura -> crisi adolescenziale problematica -> acquiescenza e adattamento passivo delle precedenti fasi di sviluppo vengono sostituite dall’irruente oppositività e dalla ricerca attiva di un nuovo gruppo di appartenenza che legittimi il recupero delle radici disinvestite dalla cultura familiare in cui contenuti sono rimasti scissi per le lacerazioni subite nello sviluppo emozionale primario.  Fondazione del sé ha riscontrato alcuni ostacoli: questione cure  ACQUIESCENZA COMPIACENTE dimostrata da Marcelo verso le richieste del mondo esterno, nonostante i traumatismi e le reiterate interruzioni dei legami subiti, mette in luce un FALSO SE’ che si è arreso all’impossibilità di accoglimento del gesto spontaneo, perché la madre vi ha sostituito il proprio “chiedendo al figlio di dare a esso un senso attraverso la sua condiscendenza -> distorsione del processo di sviluppo  Appartenenza alla banda: opportunità di acquisire forza ostensiva e un’identità propria seppur deviante, nella quale riconoscere e sperimentare parti del sé, oscuramente percepite, ma fino ad allora denegate. TRATTAMENTO:  Inserimento nella comunità educativa, il trattamento psicoterapeutico e il sostegno alla funzione genitoriale / fuoriuscita dal ruolo di guida protettiva  Riesce progressivamente a maturare una lettura più critica del Sé orientando la regolazione dell’autostima verso parametri maturativi quali lo sviluppo di competenze relazionali  Importanza della funzione genitoriale nel recupero del figlio: rielaborazione del mito familiare e delle consegne inconsce ai figli dei nodi psichici irrisolti che hanno condizionato la loro crescita. EZIOLOGIA TRAUMATICA DEL REATO  Dimostrazione della devastazione subita nel mondo interno che non ha trovato possibilità di modulazione elaborativa, dove la brutalità dell’azione dice l’assenza del pensiero;  Discontinuità nelle cure, ma ancor di più l’interruzione del rapporto materno, inducono vuoti di contenimento mentale percepiti dal bambino come esperienze emotive traumatiche che esitano nella formazione di aree esperienziali non mentalizzate, per l’impossibilità di introiettare le funzioni pensanti di una madre capace di accogliere e capire lo stato d’animo del bambino e di restituirlo reso pensabile, attraverso un’attribuzione di significato.  Vissuti emotivi non accolti e trasformati dalla mente materna permangono nel mondo interno marcati dalla stessa modalità violenta e traumatica.  La vittima diviene capro espiatorio di tutte le mortificazioni subite ed è necessaria la degradazione delle sue qualità umane per renderla più aggredibile -> gli viene intimato di non guardare l’aggressore perché l’aggancio visivo potrebbe incrinare la visione ed evocare un pur lontano senso di pietas, per la comune appartenenza all’umano. IL FUNZIONAMENTO PSICHICO DEL GRUPPO Reato = contesto relazionale di cui sembra utile esplicitare il funzionamento per meglio cogliere il significato dall’atto criminoso nella sua valenza individuale e collettiva Il gruppo costituisce un’entità con dinamiche proprie, date dalle caratteristiche aggiuntive dell’essere insieme come globalità; tale condizione viene esperita come uno stato mentale, nel quale, possono coesistere un’attività intellettuale di grado elevato e una vita emotiva primitiva.  Individuo: depersonalizzazione conseguente al convincimento che il gruppo esiste come entità con caratteristiche proprie, in grado di suscitare ansie profonde e paure estremamente primitive, analoghe a quelle sperimentate dal soggetto nel rapporto con i primi oggetti di relazione  I componenti vi contribuiscono in forma anonima e inconscia, ma diretta e personale, anche se le loro opinioni  Bion distingue gruppo di lavoro dai gruppi funzionanti in “assunto di base”, cioè mediante stati emotivi intensi primitivi, inconsci e automatici, che qualificano il contenuto emotivo in quel momento attivo nella mentalità del gruppo che orienta l’organizzazione e le modalità da raggiungere gli scopi e soddisfare i desideri del gruppo -> assunti di base si alternano ma non coesistono nel funzionamento gruppale, quando sono inattivi “rimangono confinati all’interno di un sistema protomentale di cui è postulata l’esistenza come qualcosa in cui il fisico e lo psicologico, o mentale, si trovano in uno stato indifferenziato.  Caratteristica comune: OSTILITA’ con la quale si oppongono allo sviluppo, in quanto tendono a evitare la frustrazione, la fatica e lo sforzo necessario dell’apprendere dall’esperienza, l’unico apprendimento che può produrre un cambiamento evolutivo nella personalità, perché basato sul pensiero  Bion ritiene che nei gruppi sia attivo anche il meccanismo aggiuntivo dell’identificazione proiettiva, cioè la scissione e la proiezione inconscia di parti del sé tra i componenti che orienta il gruppo in “assunto di base” a individuare il capo nel soggetto maggiormente recettivo ai livelli emotivi più arcaici. Bion elenca tre tipi di gruppi funzionanti: - Gruppo in assunto di base di dipendenza - Gruppo in assunto di base di attacco-fuga - Gruppo in assunto di base di accoppiamento Il funzionamento psichico della banda delinquenziale in riferimento al gruppo di lavoro Nel gruppo di lavoro i componenti sono capaci di tollerare le frustrazioni, di elaborare le emozioni, per trasformarle in pensiero e di conseguire le proprie finalità nella cooperazione rispettosa dell’Altro, utilizzando, per la realizzazione dei compiti posti dal principio di realtà, metodi evoluti e scientifici.  Necessario che lo sviluppo dei singoli partecipanti si possa definire adulto, sia dal punto di vista “dell’organizzazione della loro personalità che del loro stato mentale in modo che l’esito del loro lavoro sia utile a coloro che da esso dipendono  È in grado di porre un controllo alle emozioni violente che sempre incombono per condurlo allo stato mentale inconscio, confusivo e atemporale  Contenimento mentale -> decisivo per la nascita della capacità pensante e simbolica dell’individuo, richiede la presenza di una mente disponibile a recepire la sofferenza psichica implicita in ogni sviluppo, per restituirla progressivamente modulata in senso qualitativo e quantitativo in base alle esigenze della crescita, al fine di consentire l’introiezione di analoghe capacità di contenerla e trasformarla attraverso il pensiero.  Nella banda tutto questo non si verifica, diventa prioritaria la soddisfazione del bisogno individuale a prescindere dalle necessità dell’Altro, utilizzato come fonte di appropriazione ingorda e rapinatoria di risorse utili per un benessere esclusivo nel del soggetto.  Mito di un contenimento grandioso, quanto illusorio, fondato sull’utilizzo reciprocamente strumentale dei soggetti e sulla promessa implicita che la sofferenza maggiore può essere evitata attraverso la creazione di un MONDO A PARTE, vale a dire un sistema delirante, fondato su simboli illusori che costringono a ricercare vittime per evacuare con l’azione la sofferenza psichica che il soggetto e la banda sono incapaci di elaborare.  La banda rappresenta una radicalizzazione del funzionamento psichico di tutti gli assunti di base declinati in un clima emotivo schizoparanoide, dove i vissuti emotivi sono scissi e proiettati persecutoriamente orientando in tal senso il suo funzionamento.  Stato mentale di inadeguatezza è ribaltato e si trasforma in uno stato di superiorità automatica.  Rito iniziatico assume anche il ruolo di contattare l’area traumatica e “priva di mente” del soggetto, in una sorta di “coazione a ripetere”  Aspetto prioritario è “essere accettato”  Dimensione schizoparanoide permanente diviene una follia lucida nell’utilizzazione di tutte le risorse del mondo interno ed esterno per salvaguardare l’inermità e la deprivazione di un Sé costantemente a rischio di sopravvivenza e per una difesa grandiosa nei confronti della realtà esterna e dei suoi rappresentanti. IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE MATURATIVA NELLA MESSA ALLA PROVA Lavoro psichico -> costruzione apparato mentale -> sofferenza rielaborativa delle proprie emozioni -> rilettura delle dinamiche interne alla banda  Assunto di base: dipendenza psicotica  Famiglia di origine viene rivalutata  Varie parti del sé integrate -> più sintoniche e compatibili 6. La messa alla prova nel processo d’appello: nuovi orizzonti dell’innovazione più significativa del processo minorile > messa alla prova: 1988 -> nuova forma di “probation” ispirata al sistema anglosassone, direttamente accessibile in fase giudiziale, che prevede la possibilità di sospendere il processo per avviare un percorso educativo e di accompagnamento alla crescita dei ragazzi che hanno commesso reati. Momento processuale di applicazione della messa alla prova Limite all’utilizzo della messa alla prova in sede di Corte d’Appello possa essere legato all’idea che una sospensione del processo, nella forma prevista per i minori, potrebbe apparire contraddittoria intervenendo “successivamente” al momento in cui si è già pervenuti ad una condanna nel processo di primo grado. Messa alla prova -> misura di prevenzione speciale che, presentando un lieve tasso di afflittività è configurata come misura di ordine generale che può essere applicata quando ne ricorrano le condizioni.  Limite iniziale: artt. 28 e 29 DPR 448/1998 vige il principio di obbligatorietà dell’azione penale, quindi l’istituto può trovare applicazione solo dopo che l’azione penale è iniziata  Limite finale: si colloca prima della pronuncia di condanna.  QUINDI può essere disposta durante l’udienza preliminare, oppure durante il dibattimento; in entrambe le ipotesi si tratta di un giudice specializzato.  fase processuale in cui in modo più coerente ed efficace si colloca l’applicazione: udienza preliminare -> fase più vicina alla commissione del reato e meglio si presta alla sospensione del processo  la corte d’appello di Milano ha mostrato che dal punto di vista del percorso evolutivo, la sospensione temporale intervenuta rispetto al processo di primo grado, a volte anche della durata di alcuni anni, può portare nuovi elementi di maturazione nei giovani che sono diventati già maggiorenni quando giungono a presentare un progetto di Messa alla prova nel processo d’appello. Ritratto del giovane adulto Nei processi d’appello spesso si incontrano giovani adulti alle prese con esperienze di genitorialità e convivenze in autonomia dalla famiglia d’origine che richiedono di poter incontrare uno spazio di accompagnamento dove sostare ancora per un po’, per ritrovare la fiducia e rinnovare la speranza di poter uscire dal labirinto bloccato dalle esperienze negative incontrate in adolescenza e per riuscire a meglio definire un’identità più concreta e operativa. Quando la MAP coinvolge ragazzi che sono più avanti nel processo evolutivo, si avvicina di più a quella degli adulti ai quali viene richiesta una piena assunzione di responsabilità e una maggior autonomia.  Compito di meglio delineare e definire la propria identità diventa sempre più stringente e incisivo e la revisione delle risposte prima formulate ha la funzione di dipanare il senso dei comportamenti antisociali in relazione ai processi evolutivi attraversati in precedenza ( pag 8, II) 7. La messa alla prova minorile nei reati di criminalità organizzata di stampo mafioso: l’esperienza catanese Territorio della Corte d’Appello di Catania  La valutazione della prova poi consiste in un giudizio complessivo volto a valorizzare la positività o negatività dell’impegno anche su alcune delle prescrizioni impartite che, in certi casi, possono assumere una sub- valenza rispetto ai singoli punti del progetto; Verso una più ampia strategia di prevenzione Componente del percorso di comunicazione e collaborazione intra ed extra processuale che mira alla significatività delle scelte e a prassi che colgano il senso e il valore della regola ricavabile dall’ordinamento, tale da incidere sul singolo ragazzo e, per l’effetto, sul possibile risanamento dall’intera polis. 8. La messa alla prova minorile nei reati di criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico: l’esperienza del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria Messa alla prova: istituto giuridico che meglio di altri consente di intercettare e analizzare i disagi personali e familiari espressi dall’imputato minorenne mediante la commissione del fatto penalmente rilevante.  I sistemi familiari criminali come la ‘ndrangheta fondano la loro forza criminogena, per il raggiungimento del beneficio strumentale, nell’azione deviante, ricodificando proprio i linguaggi e i sistemi educativi.  Sistemi sociali hanno scardinato i normali passaggi generazionale di tipo normativo definiti dal sistema-legge, sostituendoli con il trasferimento di regole e simboli prodotti dal loro stesso microcosmo deviante, con effetti devastanti sulla personalità in via di sviluppo dei minorenni;  È ritenuto necessario fornire all’imputato la possibilità di realizzare il percorso di rielaborazione critica dei propri agit i in un ambiente neutro, lontano dalla sede operativa del sistema criminale: passaggio fondamentale per consentire agli operatori delegati di essere liberi da pressioni ambientali e, nel contempo, al minore di prendere coscienza della sua individualità al fine di sviluppare potenzialità comprese dal deleterio ambito di provenienza -> far intravedere al ragazzo un mondo diverso, dandoli la possibilità di decidere  Coinvolgimento dei genitori = a volte può essere opportuno, altre no  L’istituto non è mai stato concesso alla presenza di reati di sangue, omicidi o tentati omicidi, a meno che non si siano avviati formali percorsi di collaborazione con la giustizia 9. La messa alla prova minorile nei reati di criminalità organizzata di stampo camorristico: l’esperienza napoletana  contesti sociali mutano, modelli diseducanti dove apparire conta molto più che essere, dove le tradizionali agenzie educative stentano a svolgere il loro ruolo, che il più delle volte, è messo in discussione proprio da quegli adulti che dovrebbero essere esempio e guida per i minori -> adulti che non sono più in grado di gestire questo ruolo troppo concentrati a vivere una propria perenne adolescenza che rende scomodo il perseguire le funzioni educative che gli sarebbero proprie e che preferiscono abdicare a questo ruolo ovvero viverlo nel modo meno conflittuale possibile con il minore.  Logica del magistrato minorile, quindi, non deve essere solo essere quella di agire per rispondere ai bisogni. Quei bisogni che, evidentemente, non sono stati soddisfatti nei confronti di quel minore che si è determinato alla commissione di reati, spesso di assoluta gravità e con evidenti legami con la criminalità organizzata  Potere di fascinazione del crimine  “Banda” -> fenomeno del tutto normale tra coetanei, soprattutto giovani e giovanissimi -> fase del distacco dalla famiglia e la sperimentazione di sé in un gruppo di pari, senza protezioni da parte di adulti  Criminalità per questi ragazzi -> vedono nell’adesione la loro realizzazione di vita, la conquista di uno status sociale che li renda “visibili”, il passaggio per il carcere minorile diventa una medaglia da esibire con orgoglio  Cultura che vede nella violenza l’unica arma per far valere i propri diritti o per vendicarsi dei torti subiti e, spesso, anche solo per affermare la propria esistenza.  Via percorribile: messa alla prova -> solo quando il fatto reato non rappresenti la manifestazione di una condizione di disagio che, attraverso il progetto educativo contenuto nel programma di messa alla prova, può determinare quel pregresso educativo che conduce il ragazzo a stili di vita non devianti - Dare significato al reato (istituzioni) - Puntare sul lavoro  Doveroso chiedere al giovane di assumersi le proprie responsabilità / non chiedere dichiarazioni che possano esporlo a rischi più che considerevoli  Concetto di RESIPISCENZA: chiede solo l’ammissione di aver commesso gravi errori lasciandosi coinvolgere in situazioni assolutamente negative.  Messa alla prova FLESSIBILE -> art. 27 D.Lgs. 272/89 prevede che i servizi, nel corso della prova, possono proporre, over lo ritengano necessario, modifiche al progetto. Un esempio tratto dall’esperienza del Tribunale per i Minorenni di Napoli Servizi minorili della Giustizia -> onere di inquadrare al meglio la personalità del minore-reo che hanno dinanzi, il relativo contesto d’appartenenza, le risorse e le criticità. In primis, individuare in ciascun minore la presenza o meno di quei margini su cui poter lavorare in questa direzione e, eventualmente, quali le leve su cui fare pressione.  MINORI di solito vengono convinti da chi li coinvolge in attività criminali, di una propria rapida e più o meno indolore fuori-uscita dal circuito penale e questo, almeno in una prima fase della custodia cautelare
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