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La musica di Beethoven, Appunti di Teoria e Analisi della Musica

Carattere delle composizioni, biografia e opere principali

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 28/08/2020

viola.arena01
viola.arena01 🇮🇹

4.5

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Scarica La musica di Beethoven e più Appunti in PDF di Teoria e Analisi della Musica solo su Docsity! BEETHOVEN CARATTERE SETE DI CULTURA: pochi compositori quanto lui parlano di libri e lettura, citando frequentamente autori filosofici e letterari come Kant, Goethe, Rousseau. VALORE DELLA DIFFICOLTA’: Beethoven è permeato dal desiderio di evolversi tramite il superamento di ostacoli che diventano occasioni ed esortazioni al miglioramento ISPIRATO DA HAYDN E MOZART: Da H  eredita lo scatto tematico e la modulazione a sorpresa Da M  trova in egli la già costituita personalità delle tonalità; il do minore, il mi bemolle maggiore sono scelte che Beethoven compie sulle orme dei campioni mozartiani DIVERSO DA HAYDN E MOZART: in Beethoven è maggiore l’uso di dissonanze non preparate, frequenti armonie di nona, sonorità ravvicinate nel registro basso tramite rapide successioni di note congiunte ai confine del rumore ARMONIA: allungamento del tempo armonico, risoluzione della dominante viene rimandata fino a 20 battute MELODIA: rottura dell’identificazione fra vocale e strumentale (Beethoven prediligeva il recitativo strumentale) applicando alla melodia un’espressione cantabile e declamatoria RITMO: campo ricco di innovazioni come la frquente presenza di sincopi, accenti storti, sforzati, accelerazioni e distensioni ROTTURA DELL’EQUILIBRIO: l’unitarietà delle sue opera sta nella forma che esalta il contrasto tematico e di intensità che contraddicono la forma perfetta della foma-sonata BIOGRAFIA Ludwig Van Beethoven nasce nel 1770 a Bonn in Germania. Il suo nome significa “dai campi di rape” e, seppure “Van” non era un prefisso nobiliare, Beethoven teneva a farlo credere dicendo di essere figlio di un Imperatore. Beethoven crebbe in un ambiente culturale e familiare tutt'altro che propizio. Il padre è tacciato dagli storici di esser stato un maldestro cantante ubriacone, capace solo di sperperare i pochi guadagni in grado di racimolare, e di spremere fino all'ossessione le capacità musicali di Ludwig. La madre, donna umile ma giudiziosa e onesta, appare segnata da una salute men che cagionevole. Ebbe sette figli, quattro dei quali morti prematuramente. Il temperamentoso Ludwig si trova dunque ben presto gettato nell'arena della sopravvivenza, forte solo del suo precoce talento. A nove anni inizia studi più regolari con Christian Neefe, organista di Corte, a quattordici è già organista della Cappella del principe Maximilian Franz. elettore (l'anno prima perde la madre, evento che lo traumatizza). A seguito della morte della madre e ritorvandosi un padre alcolizzato, Beethoven prende in mano le redini della famiglia. Presso la corte di Maximilian Franz conosce il mondo intellettuale e la filosofia, in particolare si applica nella lettura di Kant. Si iscrive alla facoltà di filosofia e aderisce alla massoneria. Nel 1792 lascia Bonn per trasferirsi nella più vivace Vienna, dove nel 1887 aveva compiuto un viaggio d’istruzione che lo aveva portato alla conoscenza di Mozart e di Haydn. Questa città sarà quella che di più lo avrebbe apprezzato e in cui poi si sarebbe fermato per il resto della vita. Le sue capacità improvvisative, basate su aggressioni premeditate al finora esile pianoforte alternate a inaudite dolcezze, scioccano l'uditorio. Nel 1792 si trasferisce a Vienna e compie studi musicali con Haydn e Albrechtsberger, dal quale imparerà il contrappunto scolastico dalle fughe. Negli anni seguenti compone numerose opere e si esibisce in concerti a Praga, Dresda, Lipsia, Berlino e Budapest. Nel 1794 dopo che l’elettorato a Colonia viene rovesciato dai francesi, Beethoven perde il lavoro fisso, ma ciò è compensato dall’approvazione conquistata dei nobili e aristocratici l’anno successivo. Mentre viene idolatrato, in primis dai nobili del tempo che fanno a gara per assicurargli vitalizi e vedersi omaggiati nei frontespizi delle opere, scrive musica secondo le sue esigenze espressive e non secondo commissioni. Girolamo Bonparte gli offre il ruolo di Kappelmeister, ma gli aristocratici fanno una controfferta di 4000 fiorini all’anno che accetta, dedicandosi così alla composizione. Dal 1802 frequenta Salieri dal quale acquisisce lo stile dell’opera italiana. Il tarlo auditivo lo colpisce già in giovane età, nel 1816, causando crisi al limitare del suicidio e intensificando il suo orgoglioso distacco dal mondo, frutto non di banale disprezzo ma dell'umiliazione di non poter godere in modo semplice della compagnia altrui. Col tempo, per comunicare con lui, gli amici dovranno rivolgergli le domande per iscritto, edificando per i posteri i celebri "Quaderni di conversazione". Ansioso di calore familiare, non trovò di meglio che estorcerlo forzosamente al nipote Karl, orfano di padre, poi indotto addirittura al fortunatamente mancato suicidio dalle soffocanti attenzioni dello zio, in disdicevole competizione con la madre naturale. Si rivelerà durante la lotta nei tribunali per l’affidamento del ragazzo che Beethoven non aveva in realtà origini aristocratiche. Il 26 marzo del 1827 cede ai mali che lo tormentano da tempo (gotta, reumatismi, cirrosi epatica), e muore a Vienna. LE SONATE Le Sonate di Beethoven furono spesso suddivise in più periodi o stili (2 da Liszt, 5 da Newman e 3, i più famosi, da sostituisce il secondo movimento tratto dagli stilemi dell’opera con un intermezzo che funge da cerniera fra il primo movimento e il finale. 4° periodo: le “piccole Sonate” (op. 78,79,81,90) Per quanto riguarda le dimensioni delle sonate, queste si vengono a miniaturizzare per le op. 78, 79, 81a, 90. Per queste composizioni viene sperimentata una ricerca coloristica di raffinatezza alessandrina. 5° periodo: le ultime Sonate (op. 101/106/109/110/11) Le ultime cinque sonate sono il risultato della decisione di proseguire con forme puramente classiche. Questa scelta non si tratta solamente di un atto di coraggio e di fede, ma anche di riconoscere tutti i problemi affrontati al volgere del Settecento nell’Ottocento e di portarli a una nuova sintesi, utopistica anzichè rivoluzionaria. Il problema maggiore era quello che concerneva la ripresa della fuga. Nel finale dell’op.101, che è un classico allegro bitemtico, Beethoven mise un vitalistico fugato sul primo tema, al posto dello svilppo. Nell’op. 106, con la ripresa dele forme classiche, conclude con una fuga di grande complessità. Sonata op. 101 (1816-1817) Con questa Sonata dedicata a Dorotea Von Ertmann, che doveva avere in origine il titolo dell’op. 106, “Hammerklavier”, avviene una svolta molto netta nelle Sonate di Beethoven e vi sono più ragioni per questo. Innanzitutto, nel 1815, con la fine ufficiale del Congresso di Vienna, il pubblico che solo un anno prima prediligeva le composizioni di Beethoven, adesso si volgeva a Hummel e Moscheles, e così Ludwig perse il successo che aveva acquisito. Inoltre, nel 1815 morì il fratello minore Karl, che affidò a lui e alla cognata l’affidamento del nipote. La battaglia in tribunale contro la cognata provocò a Beethoven affanni familiari che si aggiungsero alla mancata diffusione delle sue opera e all’aggravarsi della sordità. Beethoven reagisce a tutto ciò proiettando verso il futuro la sua fede umanisitica di intellettuale formatosi nell’Illuminismo. Beethoven si esprime in questa sonata attraverso l’ambizione di conciliare l’essenza classica della forma- sonata con l’essenza barocca del contrapunto e della fuga. Qui, difatti, si trova la compresenza di canoni classici e barocchi. I sottotitoli ad ogni tempo sono stati riportati da Schindler, sostenitore che Beethoven avesse affidato ad ogni movimento questi titoli. 1 mov (Sentimento di sogno): In forma-sonata. L’esposizione è qui condensata in una sola pagina. Il primo tema inizia su un pedale di dominante (Mi) nella mano sinistra e la melodia nella mano destra è costruita su particelle di tre note che in un tempo composto di 6/8 costituiscono 3/8. Il primo periodo ha la struttura di 6 battute (2+2+2) e viene troncato, evitando la cadenza a La maggiore. Dalla Battuta n. 15 inizia il secondo tema che elabora la figura delle tre note ciascuna da un ottavo del primo tema e si estende anch’esso sull’area di dominante. La coda dell’esposizione, come indicato nella didascalia, è “espressiva e semplice”, ma mostra una quieta instabilità nella figura ritmica della sincope. Lo sviluppo, che si viene a creare dalla coda, inizia in fa diesis minore e modula verso do diesis minore. Dalla battuta n. 61 parte la ripresa. Con il “ff” su una settima giunge la coda finale nel quale ritorna il secondo tema. 2 mov (Invito all’unione): E’ uno scherzo con trio di forma A-B-A, basato sulla figura puntata. Le prime 5 battute contengono tutti gli elementi costitutivi di questo tempo, tra cui le note ribattute presenti nella mano sinistra. Nello scherzo, sia nella prima parte del movimento che nell’ultima, appare come in Haydn il pedale aperto di dominante, mentre nel trio si presenta un canone imitativo e contrappuntistico, di carattere canoro pastorale. 3 mov (Ritorno dei sentimenti sognanti): la particolarità timbrica di questo moviemento, lento e malinconico, è l’impiego all’inizio di “una corda”, mediante l’azione di un meccanismo comandato a pedale che sposta la tastiera verso destra e facendo si che i martelletti colpiscano una corda anzichè tre, attenuando la sonorità. Alla fine viene citato il primo tema, dove a poco a poco tutte le corde vengono toccate, che fa da collegamento con l’ultimo movimento. 4 mov (Azioni): L’elemento costitutivo del tema principale è l’intervallo di terza discendente a cui risponde la seconda discendente. Si svolge tra le due mani un doppio contrappunto. La sezione dello sviluppo è sostituita da un grande fugato centrale che viene, dopo la ripresa, riproposto all’interno della coda. Da un punto di vista strumentale, vengono qui utilizzate le note estreme del registro della tastiera e il registro grave viene utilizzato anche melodicamente. Sonata op. 106 “Hammerklavier” (1817-1819) Dedicata a Rodolfo d’Asburgo Lorena, fu composta con l’obbiettivo di mettere questa composizione in circolo sul mercato inglese. Il primo esecutore a suonarla in pubblico fu Liszt nel 1837 al Conservatorio di Parigi. Il titolo significa “Tastiera a martelli” e rappresenta l’opera più imponente di Beethoven, non tanto per la sua difficoltà tecnica, bensì per il suo virtuosismo altissimo di tocco e per la sua durata, che metteva a dura prova sia l’esecutore che l’ascoltatore, di 40 minuti. Quest’opera era pensata come una tragedia da lettura che prescinde dal teatro. La forma è nei primi tre movimenti quella tradizionale di Allegro di sonata (con la sola differenza dell’ampiezza), Scherzo con trio e adagio Smisurato in forma bitematica senza sviluppo. 1 mov: Al primo tema in Si bemolle segue un ponte modulante che tende a re, quinta di Sol, tonalità del secondo tema. Ad una piccola coda all’esposizione segue una parte fugata. La ripresa è regolare, presentando un breve episodio in si minore. 2 mov: Nello scherzo il tema è composto da 14 battute (7+7). Il trio presenta una piccola cadenza che riconduce allo scherzo. A questo segue la parte finale che è un “Presto” nel quale Beethoven utilizza un elemento che verrà riconosciuto come schubertiano, cioè quello dell’ottava su si bequadro ai dilettanti, che all’epoca però furono portati a considerare la pratica del pianoforte come esercizio sportivo che comportava impegno e fatica. Infatti nella n. 1 troviamo ottave, terze e seste. Nella n. 5 e 6 si rivela il gusto per l’umoristico gioco di botte e risposte rapidissime di Beethoven e nella n. 10 troviamo la tecnica dell’incrocio delle mani. Variazioni su un tema di Wranitzky (1796-1797) Originariamente scritte per clavicembalo o pianoforte e didicate alla contessa A. M. Browne, queste variazioni risentono dell’esperienza salottiera viennese . Queste rappresentano un gioco di travestimenti su un tema di danza russa “La fanciulla del boscio” di un balletto costruito esoticamente su frasi irregolari di 5 battute. Le variazioni, 12, sono brillanti, impetuose, ma con ben 3 episodi in la minore (n. 3, n. 7, n. 11), mentre il resto della composizione è in La maggiore. Variazioni op. 34 (1802-1803) Il tema su cui sono costruite le 6 Variazioni è in forma di canzone e rispecchia la struttura tradizionale, ma le variazioni non si limitano ad ornamentarlo. Esse invece si allontanano molto dal tema e sono fortemente caratterizzate per quanto riguarda la tonalità (che segue un andamento per terze discendenti; fa-re-si bemolle- sol- mi bemolle-do), il ritmo, che alterna misure binarie semplici, misure binarie composte e misure ternarie, e la velocità. Nel finale si rivede il tema che torna, come nell’op. 109. Variazioni op. 35 (1802-1803) Il tema utilizzato è quello della Contraddanza op. 14 n. 1 già ripreso nel finale del balletto “Le Creature di Prometeo” e che poi ritornerà nel finale della Sinfonia Eroica. Da un punto di vista tecnico, quest’opera postula la netta differenza tra la tecnica dei professionisti e quella dei dilettanti, ma non è solo in questo che si manifesta la novità delle Variazioni. In questa composizione Beethoven iniza il recupero del barocco che presenterà poi la costante della sua poetica. Dopo l’accordo tonale in Mi bemolle, il bassso viene presentato da solo, in due frammenti di 8 battute ciascuno ripetuti due volte; molto caratteristica la contrapposizione di tre note fortissime isolate rispetto alle altre diciannove pianissime e una piano. Dopo il basso non viene presentato il tema, ma un contrappunto A Due, poi A Tre, e infine A Quattro. Finlamente, dopo questo sfoggio di contrappunto rivisitato alla moderna, arriva il tema, dolce e molto cantabile. Alla variazione n. 15 segue l’Allegro con brio del Finale al cui termine, si apre un Andante con moto, ultima e ampliata esposizione del tema. Variazioni op. 120 Diabelli (1819-1823) L’editore Antonio Diabelli ebbe l’idea di mettere insieme un’opera nazionale chiedendo a molti compositori residenti nell’Impero asburgico di scrivere ciascuno una variazione su un suo Valzer. La raccolta publicata nel 1824 sotto il titolo pomposo di “Società Nazionale degli Artisti. Variazioni per pianoforte su un terma originale, composte dai più eccellenti compositori e virtuosi di Vienna e dell’Impero Austriaco”, comprendeva 50 variazioni ognuna composta da un compositore diverso. Tra questi vi erano Schubert, Hummel, Moscheles, Kalkbrenner, Czerny e il giovane Liszt. Beethoven non fu compreso nella raccolta. Egli si era messo a lavorare sul Valzer di Diabelli fin dal 1819 e nel 1823 aveva consegnato all’editore un monumento di ben 33 variazioni, pubblicate con dedica alla moglie del banchiere Franz, Antonia Brentano. La partizione dell’opera si divide in due parti evidenti. La variazione n. 20 di scrittura accordale, che segna la fine della prima parte e l’inizio della seconda, è quella chiamata da Liszt “La Sfinge”, condotta dai limiti di intensità del piano e del pianissimo, con bassissima densità ritmica e senza che venga mai toccato il registro acuto del pianoforte. Il rapporto che vi è tra le due sezioni dell’opera rispecchia quelli della sezione aurea, che appare nel titolo del trattato di Luca Pacioli sull’architettura, “De divina proporzione”. Infatti il rapporto tra l’intera composizione (tema + 33 variazioni) e la prima parte è la stessa che vi è tra la prima parte e la seconda. Le Variazioni si costituiscono sugli elementi costruttivi del tema, che viene elaborato secondo la tecnica dell’amplificazione. Nella Variazione n. 22, indicata da Beethoven come “Alla giorno e notte faticar”, si possono notare stilemi della musica pianistica fra ‘700-‘800 tra cui una citazione a Mozart. Le n. 29 e 31 sono due Adagi barocchi, la n. 30 è una invenzzione a Quattro voci e la 32 è una doppia fuga handeliana. L’ultima variazione è un Tempo di Minuetto, cioè un minuetto stilizzato e trasfigurato. In queste variazioni si esprime il ritorno di Beethoven al barocco di Bach e Handel.
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