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la musica, la voce e il canto nel curricolo inclusivo 0-6, Appunti di Musica

Riassunto di la musica, la voce e il canto nel curricolo inclusivo 0-6

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 21/02/2023

alessia-giossi
alessia-giossi 🇮🇹

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Scarica la musica, la voce e il canto nel curricolo inclusivo 0-6 e più Appunti in PDF di Musica solo su Docsity! La Musica, La Voce e il Canto nel curricolo inclusivo 0-6 anni Capitolo primo: Il valore della Musica nell’educazione speciale sulle origini della musica e sulla sua significazione i traguardi scientifici conseguiti negli ultimi decenni nel campo delle neuroscienze cognitive e della psicologia dello sviluppo, hanno sensibilmente ampliato le nostre conoscenze sul funzionamento del cervello umano e confutato alcune teorie secondo le quali alla nascita la mente del bambino non è altro che una tabula rasa su cui imprimere nel corso della vita i dati dell’esperienza. Ciononostante, persiste, come eredità nella coscienza collettiva, la convinzione che particolari abilità, come quelle artistiche, siano indipendenti dalle influenze ambientali e dai processi di educazione, ma frutto di chissà quali combinazioni astrali. Nel caso della musica, si è prodotta un’ideologia secondo la quale nascere musicali è appannaggio di pochi eletti. Ma ogni individuo sin dalla nascita è un essere musicale, ossia ciascuno è nelle condizioni di percepire, emettere e organizzare i suoni che esistono in natura secondo le proprie capacità e necessità. Qualsiasi abilità innata come quella musicale, ha necessità di essere alimentata e sostenuta dal contesto ambientale in cui l’individuo è inserito. La musica eleva il livello della nostra vita emotiva ed è pertanto in grado di rinviare a determinati aspetti del vissuto intimo di ciascun individuo. Una delle esperienze più coinvolgenti a cui si è esposti con l’arte dei suoni è la comunicazione e la percezione di particolari stati d’animo, emozioni, passioni, sentimenti. La catena della comunicazione musicale si sviluppa attraverso quindi una serie di aspetti tra di loro consequenziali:  L’intenzione espressiva del compositore  L’intenzione espressiva dell’esecutore  Le caratteristiche fisiche proprie della musica  La percezione e la codifica di queste caratteristiche da parte dell’ascoltatore  Le eventuali risposte affettive dell’ascoltatore Secondo Nattiez, un’opera musicale è costituita da un insieme di strutture, di atti compositivi e di atti interpretativi e percettivi ai quali è possibile attribuire significati intrinseci o estrinseci. L’arte dei suoni, se ben gestita, può rappresentare una via percorribile e incisiva per promuovere la comunicazione, la reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali, l’inclusione sociale e scolastica, nonché la crescita culturale ed educativa. Il suono, per sua natura immateriale, è penetrante e allo stesso tempo avvolgente; è eccitante perché, come conseguenza di una vibrazione, stimola a sua volta il movimento corporeo e celebrale; è universale perché non possiede confini e sa porsi in contatto con gli aspetti più intimi del nostro io. In antichità la musica era presente presso i popoli non tanto come forma di divertimento o di manifestazione artistica, ma come elemento legato con un mondo metafisico o a momenti di vita quotidiana. In numerose civiltà del passato il suono era elemento originario di tutte le cose, la forza creatrice del mondo che precorse il Dio. Gli antichi filosofi attribuivano alla musica particolari poteri. Per Pitagora e Aristotele esiste una corrispondenza tra l’armonia dell’universo e l’armonia musicale. Se nel medioevo la musica ebbe una forte incidenza sulla fede cristiana, in epoche successive, e più precisamente dal Rinascimento in poi, si pone l’accento sulle influenze che l’arte dei suoni fosse in grado di suscitare nell’animo umano. È a partire da quest’epoca che la musica si radicalizzò nel panorama degli studi umanistici europei. Musica e neuroscienze Gli studi sulla specializzazione musicale del cervello hanno favorito nel corso degli anni due linee distinte di pensiero riconducibili l’una alla teoria della modularità, l’altra alla teoria del parassitismo. Secondo quest’ultima posizione, la musica è un elemento parassita in quanto si appoggia a sistemi biologici destinati ad altre funzioni. Diversamente, la teoria della modularità considera la musica come l’emanazione di un’intelligenza distinta rispetto alle altre facoltà umane, per cui possiede un settore di specializzazione del cervello a essa riservato. Questo spiegherebbe per esempio come in soggetti autistici si possano verificare compromissioni anche profonde delle funzioni intellettuali e linguistiche senza per questo pregiudicare quelle musicali. Le attitudini musicali possono quindi svilupparsi e persino raggiungere livelli di eccellenza indipendentemente dal funzionamento del sistema cognitivo. Oltre all’autismo, un’altra forma di patologia celebrale a sostegno di tale ipotesi è l’epilessia. In alcuni casi la crisi epilettica può essere scatenata dall’ascolto della musica. Gardner pone l’attenzione sulle risorse cognitive differenti e gli stili cognitivi contrastanti di ciascun individuo, arrivando ad auspicare nell’istruzione un pluralismo metodologico in grado di agevolare il perseguimento delle abilità di vita desiderate. Le attività di apprendimento esperienziale e ludico-didattiche con il suono e la musica al nido e nei successivi ordini di scuola dovrebbero sempre tenere presenti questi aspetti evolutivi. Molta cura e attenzione andrebbero rivolte nella scelta delle proposte musicali da presentare, soprattutto per quanto riguarda il canto. La madre è un ponte di connessione tra il figlio e il mondo esterno che il bambino prenatale utilizza per accrescere le sue facoltà e per prepararsi alla vita futura. Durante la vita intrauterina si instaura una relazione e una comunicazione sempre più intima tra la madre e il nascituro. Nell’educazione al suono e alla musica durante la vita prenatale e postnatale si considera imprescindibile il favorire momenti di scambio, di stimolo, di crescita diversificati e significativi. Prevedere al nido dei percorsi di ascolto e di pratica musicale durante il periodo prenatale integrati al laboratorio di educazione al suono e alla musica con i bambini, potrebbe orientare in maniera più efficace l’intervento educativo conclusivo favorendo nelle mamme una gestione più agevole delle delicate fasi gestazionali sia sotto il profilo emotivo sia fisico. Una tale prospettiva stimolerebbe la promozione, all’interno di un ambiente protetto come quello del nido, una prevenzione primaria continua in grado di accompagnare il ciclo di vita iniziale e di promuovere tempestivamente gli interventi sui disturbi evolutivi specifici per la tutela della salute e del benessere dei piccoli. Musica e gioco al nido: la dimensione pedagogica dell’educabilità e perfettibilità per tutti e per ciascuno La prima infanzia costituisce un arco temporale di straordinario valore per stimolare l’apparato percettivo e sostenere il successivo sviluppo umano e identitario. L’interazione tra il bagaglio genetico di partenza e il contesto ambientale promuove la strutturazione dell’architettura fisica e celebrale del neonato. Durante il primo anno di vita i bambini sono particolarmente sensibili ai mutamenti ambientali, ne consegue che ogni suono nuovo, o insolito, cattura la loro attenzione. Il perfezionamento dell’apparato uditivo intorno ai tre mesi gli consente di ascoltare i suoni che lui stesso produce, e attraverso il feedback acustico, di modificarli quando necessario. Intorno ai 2/6 mesi è in grado di imitare i modelli vocali proposti e percepiti quotidianamente dall’ambiente circostante. Ha inizio cosi la fase di lallazione e la comparsa di prime manifestazioni cantate. Prima dell’inizio del secondo anno di vita, i bambini sono spesso in grado di associare determinati gesti con la musica all’ascolto delle canzoni d’azione. Soltanto a partire da questa età si può parlare di comunicazione intenzionale. In qualsiasi processo di apprendimento, la fase iniziale di ascolto riveste un’importanza fondamentale per la percezione e la decodifica delle informazioni. A questa sollecitazione vocale e sonora è importante far seguire momenti di silenzio affinché il bambino elabori gli stimoli percepiti e incominci a rispettare l’alternanza. Questa esperienza iniziale permette inoltre di sviluppare la consapevolezza e il pensiero musicale, ovvero la capacità di sentire dentro di sé e di comprendere mentalmente il suono anche se non fisicamente presente nell’ambiente. Un educatore musicale, durante la prima fase di apprendimento, agisce come un genitore musicale cantando melodie e ritmi e muovendosi in modo fluente seguendo il flusso energetico della musica. Dopo aver acquisito le informazioni attraverso l’esposizione alla musica senza alcuna imposizione da parte dell’adulto, le elabora con l’obiettivo di uscire allo scoperto solo quando si sentirà pronto a farlo. La manifestazione più evidente che si verifica dopo il primo anno è la comparsa del canto spontaneo. Educazione al suono e alla musica nella prospettiva inclusiva della scuola dell’infanzia In una fase successiva al primo sviluppo, intorno ai tre anni, i bambini iniziano l’estrazione delle caratteristiche ritmiche e tonali dei canti appartenenti alla loro cultura a cui seguirà la capacità di ripetere intere canzoni. A poco a poco i bambini iniziano a dare risposte musicalmente corrette o a proporre piccole frasi improvvisate fino al raggiungimento di una buona coordinazione tra respiro, movimento, intonazione e ritmo dando cosi vita a vere e proprie conversazioni musicali con i loro interlocutori. Del tutto originale è la comparsa, intorno ai quattro anni, delle canzoni potpourris inventate attraverso la collazione di diversi frammenti melodici appartenenti a canzoni diverse precedentemente ascoltate. Solo a partire dai cinque anni la maggior parte dei bambini riesce a riprodurre i canti familiari e le cantilene infantili con un certo grado di accuratezza. Siamo passati cosi dalla fase di imitazione alla fase di assimilazione in cui il bambino è ormai in grado di esprimere competenze che ormai gli appartengono. Intorno ai cinque anni si riduce drasticamente la frequenza delle canzoni spontanee. Dopo la fase iniziali di acculturazione musicale durante l’infanzia, è possibile avviare il bambino all’istruzione della musica anche attraverso l’approccio a uno strumento tradizionale, senza peraltro tralasciare l’importanza dell’esplorazione sonora, del movimento, dell’improvvisazione, della creatività e del canto. Musica e sviluppo del pensiero creativo L’essere creativi è una delle abilità innate dell’uomo, nel senso che tutti possediamo per natura un istinto al fare. Affinché i bambini si concentrino con impegno in un’attività, è fondamentale che provino godimento delle loro azioni e che si sentano liberi da qualsiasi vincolo. Solo un’esperienza di questo tipo può preservarli da qualsiasi stereotipo che ne limiterebbe la libertà d’iniziativa. È ciò che viene definita fissità funzionale che rappresenta il maggiore impedimento per lo sviluppo di uno spirito creativo. Nonostante il concetto di creatività si presti a varie interpretazioni si è soliti definirla come quella capacità di produrre idee ed oggetti che siano nuovi, originali, appropriati. L’atto creativo possiede una dimensione psicologica, individuale e sociale. Secondo l’opinione di alcuni psicologi come Gardner, ciascuna persona può essere creativa in un’area specifica e non in generale. Essere creativi, è uno stile di vita, una condotta che richiede un comportamento sistematico e una solida esperienza dell’area specifica. La disposizione a produrre creativamente richiede un particolare stato mentale che non è sempre attivo, né tantomeno facilmente attivabile anche nei grandi talenti. Da un punto di vista psicodinamico il concetto di creatività è stato ben descritto da Winnicott secondo il quale il vivere in modo creativo prende origine dal rapporto primario madre- bambino. Uno degli elementi implicati nelle attività creative è il corpo in movimento. Capitolo secondo: La voce e il canto come mediatori per la costruzione di ambienti di apprendimento inclusivi Voce e parola: i presupposti per l’educazione sociale e inclusiva Nella società odierna tutto sembra dominato dalla velocità e dall’impazienza perché la vita produttiva e sociale tende a premiare principalmente che non si ferma. Raramente questo tipo di atteggiamento induce a dare valore al silenzio, all’ascolto e alla riflessione, in quanto sollecita una serie di comportamenti impulsivi ad agire rendendo impossibile l’instaurarsi e il consolidarsi di stili di vita salutari. Anche la comunicazione è travolta da questo impeto del veloce. Questo modo di sopraffare gli altri impedisce non solo una corretta comunicazione, ma anche, produce fraintendimenti e stimola la contesa.  Psichico  Fisiologico  Fisico Nel processo psichico i concetti elaborati nel cervello dell’individuo A vengono associati a una corrispondente immagine acustica. Successivamente il cervello trasmette agli organi di fonazione un impulso relativo all’immagine a cui segue la propagazione del suono dalla bocca dell’individuo A alle orecchie dell’individuo B. Il circuito prosegue nell’individuo B in ordine inverso. Spiegare la comunicazione e il linguaggio verbale solo in termini di psicologia, fisiologia e fisica acustica è comunque assai riduttivo. Lo sapeva lo stesso Saussaure che decise quindi di approfondire il rapporto tra fonie e sensi, tra langue e parole. La comunicazione pertanto si realizza all’interno di un gruppo mediante le relazioni interpersonali dei membri che condividono i significati, i sistemi di segnalazione e quell’insieme di regole sottese negli scambi. L’aspetto relazione della comunicazione è un fattore di primaria importanza perché identifica il rapporto che si crea tra un emittente e un ricevente. È quindi di fondamentale importanza che i bambini fin dall’infanzia abbiano modo di curare e potenziare le loro abilità comunicative e relazionali. Prima ancora di iniziare a formulare correttamente le sue parole, il bambino sviluppa la comunicazione orale a partire dal suono e dall’intonazione del linguaggio. Spesso noi poi comunichiamo in modo involontario. Tra i tipi di comunicazione non verbale distinguiamo:  Il canale cinesico  Le caratteristiche fisiche  Il contatto corporeo  Il paralinguaggio  La prossemica  Gli artefatti  I linguaggi di gesti  Le arti espressive Nella categoria cinesica sono racchiusi tutti i messaggi espressi attraverso i movimenti del corpo, la postura e le espressioni facciali. Questi diversi tipi di gesti si distinguono in emblemi, illustratori, rivelatori di emozioni, regolatori e adattatori. Al di là della competenza linguistica, è importante educare i bambini alla valorizzazione e alla gestione delle capacità comunicative non verbali. Anatomia -fisiologia della comunicazione La fonazione avviene attraverso meccanismi complessi di sinergismo ed efficienza di vari organi non solo prettamente deputati a produrre la voce. Per produrre la voce si attivano più organi:  Il mantice respiratorio  La laringe  Le cavità di risonanze e di articolazione  Il sistema nervoso centrale  Il sistema uditivo  La colonna vertebrale  L’apparato endocrino Il mantice polmonare produce un flusso aereo espiratorio, la laringe attraverso le corde vocali genera l’energia sonora. Il meccanismo della fonazione avviene sotto il monitoraggio del sistema nervoso che opera, controllando gli atti respiratori, la motilità delle diverse strutture muscolari interessate e la postura. L’apparato respiratorio è contenuto all’interno della cassa toracica ed è composto dalla trachea, dai bronchi primari, dagli alveoli e dai polmoni. Si distinguono due fasi respiratorie: l’inspiratoria e l’espiratoria. Durante la fase inspiratoria vengono coinvolti i muscoli del diaframma, gli intercostali esterni e gli elevatori delle coste. Successivamente ha inizio l’espirazione mediante la quale l’aria viene espulsa dai polmoni. A seconda delle zone del torace coinvolte si distinguono tre tipi di respirazione: quella costo- diaframmatica, quella toracica e quella delle sole coste superiori. Cattive abitudini respiratorie sono spesso causa di disturbi della voce. L’apparato di emissione è composto dalla laringe e dalle corde vocali. La laringe è un organo cartilagineo che collega la parte superiore della trachea con la parte posteriore della bocca. Nella parte apicale è posta l’epiglottide, una plica cartilaginea che chiude la laringe nel momento della deglutizione direzionando il bolo alimentare e la saliva nell’esofago e quindi nello stomaco. La sua funzione è pertanto protettiva delle vie aeree inferiori in quanto il suo corretto funzionamento impedisce che il cibo e i liquidi possano finire nei polmoni. La laringe è la sede della fonazione perché al suo interno ci sono le corde vocali vere. Si tratta di due fasci muscolari di colore biancastro rivestiti da mucosa e protetti dalle corde vocali false. Le corde vocali vere delimitano uno spazio virtuale denominato glottide attraverso il quale avviene il passa dell’aria durante il ciclo respiratorio. Il tratto respiratorio inizia il suo sviluppo a partire dalla terza settimana intrauterina, ma solo del terzo mese la laringe assume un aspetto definito. Nel periodo della muta vocale (tra gli 11 e i 15 anni), le corde vocali raggiungono il loro massimo sviluppo e si assiste a una graduale perdita delle caratteristiche proprie della voce bianca dei bambini. La muta è molto più evidente nei maschi poiché la laringe raggiunge dimensioni maggiori rispetto alle femmine. Le caratteristiche del suono vocale dipendono da tre diversi fattori: l’intensità, l’altezza tonale e il timbro. Per altezza tonale si intende la frequenza prodotta dalla vibrazione delle corde vocali, misurata in Hertz. Oltre che a una frequenza di base, ciascun individuo è in grado di vocalizzare in una gamma di frequenze diverse che dipendono dalle dimensioni delle corde vocali, dalla forza adduttoria e dalla pressione sottoglottica. L’insieme delle frequenze emesse nella voce cantata costituiscono l’estensione, mentre nella voce parlata formano il range frequenziale. Il timbro è la qualità della voce prodotta da ciascun individuo, l’impronta vocale che caratterizza ogni essere umano. Le sue caratteristiche dipendono principalmente dalle differenze anatomiche e dall’atteggiamento funzionale che viene assunto durante la fonazione. L’apparato di risonanza è dotato di estrema plasticità in quanto è costituito da segmenti anatomici duri e fissi, sia molli e mobili. Le cavità piene d’aria che lo compongono formano il tratto vocale o tubo aggiunto. Gli organi fono-articolari sono gli organi deputati a modificare e frammentare il suono per favorire la produzione del linguaggio verbale con le sue vocali e consonanti. Gli altri organi che si attivano per la produzione della voce sono il sistema nervoso centrale, il sistema uditivo e la colonna vertebrale. La vocalità infantile e i disturbi della voce Forse il motivo per cui tendenzialmente siamo soliti non accorgerci della nostra voce è che essa è parte di noi e rappresenta in modo naturale una delle forme comunicative più spontanee e inconsapevoli a nostra disposizione. Per abituare i bambini a periodi più lunghi di concentrazione, di rilassamento, l’esperienza d’ascolto in gruppo dovrebbe diventare una consuetudine. Prevenzione dei disturbi della voce nel bambino in età prescolare: ricerca educativa e pratiche basate sull’evidenza Nel campo dell’educazione speciale, l’evoluzione della didattica si sostiene attraverso la promozione di ricerche finalizzate alla validazione e all’efficacia di specifiche applicazioni metodologiche nei vari contesti educativi. L’obiettivo di tale prospettiva è quella di guidare le scelte didattiche operate dai docenti attraverso i risultati e le informazioni raccolte con procedure di ricerca rigorose e di ridurre le distanze tra il mondo accademico e gli operatori scolastici. Affinchè le applicazioni didattiche e le conoscenze derivate dalle ricerche possano riferirsi ai principi chiave del modello di Evidence Based Education, devono soddisfare i seguenti aspetti:  Che cosa funziona?  Quando funziona e per chi?  Come possiamo fare per farlo funzionare? Il primo quesito si riferisce all’efficacia degli interventi, mettendo in evidenza gli aspetti che condizionano il risultato ottenuto; il secondo quesito si attiene agli effetti prodotti dagli interventi; l’ultimo riguarda le modalità di applicazione. Nell’educazione inclusiva della prima infanzia e nell’ambito dell’educazione musicale e vocale, è indispensabile mettere a disposizione dei direttori di nido, dei dirigenti scolastici, degli educatori e degli insegnanti le conoscenze e i risultati che emergono dalla ricerca empirica. In una recente ricerca è stata verificata l’ipotesi di valorizzare la pratica musicale e corale per la prevenzione dei disturbi della voce con bambini della scuola dell’infanzia. Il DSM-5 classifica tali disfunzioni nella macro-categoria dei disturbi della comunicazione; se ne individuano 5 sottocategorie:  Disturbo del linguaggio  Disturbo fonetico-fonologico  Disturbo della fluenza  Disturbo della comunicazione sociale pragmatica  Disturbo della comunicazione non altrimenti specificato L’esperienza di ricerca è stata condotta per verificare se, attraverso la pratica musicale e corale proposta durante l’orario scolastico in un’organizzazione laboratoriale, il bambino fosse in grado di sviluppare una corretta fonazione. Tuttavia, dal momento che una corretta fonazione implica non solo l’utilizzo e la gestione del corpo, ma anche della sfera psichica e ambientale, ne consegue che educare a voce eufonica significa innanzitutto educare l’individuo in modo eterogeneo e globale. I disturbi vocali, sono spesso associati a una scarsa coordinazione motoria e pneumo-fonica, ai deficit di attenzione e iperattività, oltre che al disagio psicologico e ai disturbi specifici dell’apprendimento. Gli esiti di questa ricerca hanno evidenziato che già in età prescolare si riscontra, nella maggior parte dei bambini tra i 4 e i 5 anni, una lieve devianza della voce. I bambini coinvolti nella ricerca non presentavano alcuna alterazione vocale iniziale perché lo scopo dell’indagine non era quello di curare la voce, ma di sensibilizzare i piccoli, l’ambiente scolastico e quello familiare all’importanza e alle ricadute positive che una corretta fonazione è in grado di produrre sul benessere personale e sociale. Cantare ci fa bene: igiene vocale e pratica corale per i contesti educativi inclusivi Al fine di mantenere sano ed efficiente il nostro organo vocale, è indispensabile osservare fin dall’infanzia alcune norme comportamentali in grado di ridurre o modificare i fattori che determinano un abuso o un cattivo uso della voce. Dal momento che le tre funzioni comunicative principali della voce sono l’udibilità, l’intelligibilità, l’espressività, dovremmo sempre prestare particolare attenzione al controllo della pressione sottoglottica, alla gestione del tratto vocale e a una fonazione ben articolata. Sarebbe auspicabile promuovere in età prescolare progetti di alfabetizzazione vocale ed emotiva attraverso un lavoro di scoperta e sperimentazione sonoro-musicale in cui sollecitare condotte di tipo esplorativo, espressivo e organizzativo. In fase di programmazione si dovrebbe innanzitutto cercare di coinvolgere il bambino in maniera attiva al suo stesso apprendimento. Le attività dovrebbero inoltre essere sempre presentate in maniera ludica in una dimensione laboratoriale. L’improvvisazione di gruppo vocale e strumentale, le attività di danza e di movimento, il dialogo sonoro e il canto corale possono essere impiegati come strumenti principali per accrescere nei bambini le acuità sensoriali e le capacità di condivisione e di sincronizzazione con i propri compagni. Per promuovere inoltre l’apertura all’ascolto e la valorizzazione del contributo sonoro di ciascuno, è consigliabile rivolgere particolare interesse al consolidamento di particolari forme di relazione e socializzazione in grado di facilitare lo sviluppo dell’empatia. Durante la prima infanzia sarà soprattutto l’ambiente a condizionare il nostro sviluppo vocale ed è per questo che l’adulto deve proporsi al bambino come modello sano da imitare. Capitolo terzo: Il laboratorio vocale e musicale nel curricolo inclusivo: promuovere relazioni positive al nido e a scuola Musica d’insieme e sviluppo dell’interdipendenza positiva Nell’epoca in cui viviamo, il bisogno di comunicare è cosi impellente che spesso si abusa di comunicazione, e, di conseguenza, si riscontrano frequentemente enormi difficoltà nello stringere rapporti interpersonali significativi e duraturi. Saper gestire al nido e a scuola un clima favorevole e positivo basato sullo spirito di collaborazione, di fiducia, di attenzione e di rispetto tra i vari soggetti, incide sulla qualità dell’apprendimento e sulla possibilità di creare una rete idonea ed efficace di relazioni umane. Non meno impellente è il bisogno di promuovere una più cosciente consapevolezza di sé, nonché la necessità di facilitare interazioni sociali più intense in grado di incoraggiare in futuro una maggiore e più attiva compartecipazione di tutti alla vita sociale, culturale e intellettuale. Nei percorsi di educazione al suono e alla musica al nido e nella scuola dell’infanzia, l’attività di musica d’insieme, può svolgere un ruolo significativo nella riduzione dell’ansia e dello stress e alimentare parallelamente una maggiore fiducia nei propri mezzi. Il laboratorio di musica d’insieme è pertanto uno spazio di apprendimento dove ciascun partecipante contribuisce alla realizzazione di un progetto unico e condiviso. L’educatore non svolge un ruolo di preminenza in quanto il suo atteggiamento dovrà favorire la partecipazione di tutti. L’adulto si propone quindi come un vero e proprio facilitatore di relazioni significative. Sul piano operativo la musica d’insieme è quindi in grado di affrontare la sfida dell’inclusione per promuovere in tutti i bambini il senso di convivenza e condivisione, funzionali a stimolare gli apprendimenti e la crescita culturale in ciascuno. Educare alle emozioni nella prospettiva dell’inclusione Le emozioni possono essere definite come stati mentali complessi e dinamici che possiedono un’originaria utilità adattiva poiché mediano i rapporti tra gli individui e il loro ambiente. Attraverso un processo multidimensionale si passa dalla comparsa delle emozioni semplici o primarie a quelle complesse. Dapprima quindi si assiste allo sviluppo delle abilità di espressione delle proprie emozioni e, progressivamente, alle abilità di riconoscimento, di comprensione e di regolazione emotiva. Nel caso del secondo:  Emotivi  Relazionali-comunicativi  Tecnici  Interpretativi Nelle attività di musica di insieme a scuola, le prospettive appena evidenziate dovrebbero esigere un capovolgimento di intenti da parte del docente-direttore e dei suoi coadiutori. Durante le sedute osservative è emersa l’idea di una nuova figura: quella del direttore- educatore ossia un elemento di sistema che, interpretando il punto di vista di ciascuno, promuove il confronto con gli altri, il coinvolgimento emotivo e corporale degli alunni. La valenza educativa del laboratorio inclusivo Musica e ben-Essere: dalla ricerca basata sull’evidenza alla didattica inclusiva Sul piano operativo e nella sua dimensione laboratoriale, la musica incoraggia l’apprendimento collaborativo anche nelle attività più complesse dell’educazione musicale, come il suonare e cantare insieme. Musica e ben-Essere è un percorso educativo sperimentale ideato e condotto dall’autore dal 2002, che ha coinvolto circa 10.000 bambini da zero a dieci anni. L’idea di origine del progetto deriva dall’esigenza di educare i bambini al suono e alla musica attraverso la pratica del canto, della danza e degli strumenti musicali non convenzionali. Si è sempre perseguita la dimensione inclusiva e transdisciplinare. La dimensione inclusiva si basa sul presupposto che la valutazione degli alunni con difficoltà avvenga non su base medica ma pedagogica e didattica del consiglio di classe. Un’attività educativa inclusiva efficace deve tenere in considerazione tre aspetti fondamentali:  Il funzionamento umano differente  L’equità  L’efficacia tecnica e la piena partecipazione sociale Al fine quindi di favorire una reale inclusione, i laboratori di Musica e ben-Essere, si avvalgono di un ampio repertorio di pratiche d’insieme connesse a livello interdisciplinare sia con le altre attività esperienziali, sia con le discipline del curricolo scolastico. Sulla base dell’esperienza di ricerca e di indagine empirica del laboratorio Musica e ben- Essere, l’alfabetizzazione musicale, emotiva e vocale, è promossa attraverso un lavoro di scoperta e sperimentazione sonoro-musicale in cui si sollecitano condotte di tipo esplorativo, espressivo e organizzativo. Le attività vengono presentate in maniera ludica all’interno di un ambiente inclusivo in cui tutti i piccoli possono realmente sentirsi accolti e sviluppare il proprio potenziale. I singoli incontri sono quindi articolati secondo diverse finalità: 1. Allenamento all’ascolto profondo di sé e dell’altro 2. Percezione di sé e del proprio corpo in relazione all’ambiente esterno 3. Respirazione 4. Postura e rilassamento 5. Proiezione vocale, articolazione e risonanza 6. Attività di movimento fluente e ritmico 7. Educazione vocale 8. Pratica corale e strumentale 9. Attività di improvvisazione, dialogo sonoro, teatro musicale Macro-obiettivi I macro obiettivi del laboratorio Musica e ben-Essere sono definiti in fase di programmazione dividendo i singoli percorsi educativi in tre momenti dell’anno:  Primo periodo: vengono proposte una serie di attività musicali in grado di sviluppare nei bambini le capacità di ascolto e di riconoscimento dei suoni e delle emozioni di base in sé e negli altri  Secondo periodo: si persegue l’obiettivo di sviluppare nei bambini capacità musicali ed emotive superiori, come la produzione dei suoni e l’empatia.  Terzo periodo: si conducono esperienza d’improvvisazione sonora e di espressione corporea al fine di instaurare una relazione sinergica ed empatica all’interno del gruppo e la diffusione di un clima di fiducia Setting e ruolo dell’educatore È importante scegliere all’interno dell’ambiente del nido e della scuola uno spazio vuoto, definito e protetto in modo da permettere ai bambini di muoversi in piena libertà senza alcun impedimento e senza il rischio di farsi male. L’idoneità acustica è un criterio fondamentale per la selezione del luogo dove poter svolgere le attività: è del tutto sconsigliabile infatti proporre un percorso di educazione sonoro- musicale con le finalità descritte in un ambiente dove sia difficile distinguere singolarmente i suoni e le voci. Nella strutturazione degli incontri è importante rispettare un ordine di presentazione delle varie attività distinguendo una fase iniziale, una fase centrale e una fase finale. Gli stessi interventi devono essere programmati in maniera dinamica in modo tale che l’educatore possa sempre trovarsi nella condizione di poter raccogliere gli spunti e i suggerimenti che i bambini offrono. Il suo ruolo è quello di facilitare le relazioni di gruppo e di promuovere le iniziative di ogni singolo partecipante. Alcune indicazioni operative per la condizione del laboratorio musicale, vocale ed emotivo nella Scuola dell’Infanzia Fase iniziale  Il paese della Musica Obiettivi: rituale di accoglienza, presentazione, rispetto dei turni Descrizione: il primo approccio è in classe dove i bambini indossano i calzini antiscivolo e successivamente vengono invitati, con una canzone, a mettersi seduti in cerchio. Una prima forma di socializzazione e di scambio è generalmente offerta da un breve ascolto musicale e un saluto cantato in cui i piccoli si passano di mano in mano un oggetto transizionale, in questo caso un cagnolino di peluche. Successivamente, al fischio del flauto, si mettono in fila formando un trenino per dirigersi verso il laboratorio che rappresenta il paese della musica. Giunti alla porta inizia il rituale di ingresso: i bambini si danno la mano e entrano stando in cerchio e danzando fluentemente. Una volta seduti segue nuovamente una melodia al flauto e una breve canzone di saluto. I bambini seduti si passano il cagnolino e pronunciano il proprio nome nei momenti di silenzio. Si esegue poi una danza di saluto o di riscaldamento, semi-strutturata, per favorire maggiore padronanza del corpo. Fase centrale La parte centrale degli incontri è il momento più libero e aperto alle varie esperienze educative con la musica.  Di che emozione sei? Obiettivi: riconoscimento delle emozioni di base in sé e negli altri; esprimere le emozioni attraverso la comunicazione non verbale Descrizione: in cerchi, ogni bambino a turno lancia il dado delle emozioni su cui sono raffigurate 5 espressioni facciali e un’immagine bianca. Il gioco consiste nell’imitare l’espressione capitata o, nel caso dell’immagine bianca, scegliere un’emozione e comunicarla ai compagni attraverso il suono della propria voce e/o di uno strumento musicale. I partecipanti devono indovinare l’emozione ed esprimerla verbalmente. A conclusione si esegue una danza in cui i bambini esprimono le emozioni.  Il suono delle emozioni Obiettivi: riconoscere le emozioni e saperle esprimere con i suoni e con il gesto; rispettare i turni
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