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La passione del metodo riassunto, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto dettagliato del libro La passione del metodo di G. Maffei

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023
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Caricato il 13/03/2023

Mariannejeidi
Mariannejeidi 🇮🇹

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Scarica La passione del metodo riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CAPITOLI 1-2 LA PASSIONE DEL METODO SPIEGAZIONE 1. Tutti i saggi che De Roberto ha scritto su Verga sono tra il 1920-25, l’interesse di De Roberto era quello di fare un libro con tutti quei saggi dedicati a Verga, ma poi non riesce a realizzarlo per via della morte della madre e poi la sua che avviene poco dopo. Ma comunque qualcosina riesce a realizzarla, e vediamo che lui si sofferma sugli esordi letterari di Verga, un Verga molto giovane e quindi anche un Verga che parla da una provincia siciliana, una realtà molto piccola, come quella Catanese, quindi Verga viene preso nella sua opera giovanile e non matura, un dato principale è che per lui sono le origini a fare uno scrittore, il posto da cui viene, dove e come si è formato, infatti dà molta importanza ai maestri di Verga, che gli hanno dato tutti i riferimenti per scrivere la sua opera matura. In una sezione della sua biografia, Casa Verga, De Roberto approfondisce gli studi che Verga ha fatto con Abate e Castorina, modello di vita di uomo di lettere, ed era anche suo cugino, prototipo di scrittore e di autore non solo per come scrive ma proprio per come vive, sono autori siciliani, e Verga autore siciliano si forma su autori siciliani, però De Roberto non considera questi due dei grandi autori, ma dice che questi insieme ad altri autori sono minacce alla sua genialità, perché sono esempi di brutto scrivere, quindi sono autori modello, ma in realtà sono autori che non sapevano scrivere e potevano minacciare la sua formazione, il suo ingegno, e quindi tutti questi autori che scrivono male possono rovinare la sua genialità, e infatti questi autori molto acclamati vengono a un certo punto messi da parte da Verga, perché Verga riconosce quanto siano limitanti. Questi studi sui romanzi giovanili di Verga, fa sì che De Roberto, ne porti alcuni alla luce come Amore e patria che viene scritto a 16 anni, quindi parliamo di un Verga ragazzo,questo romanzo non è stato mai stampato ma conservato da Verga come manoscritto e viene ritrovato in un cassetto, e De Roberto poteva accedere a tutti i documenti inediti, ed è per questo che se de Roberto avesse scritto la sua biografia sarebbe stato molto interessante, ma comunque già quello che abbiamo è abbastanza per riconoscere un nuovo aspetto di Verga che nessuno aveva mai trattato, lui lo faceva un po’ da una posizione privilegiata perché aveva accesso diretto a tutti i suoi documenti. Abbiamo poi altre due opere che poi non sono mai state pubblicate che sono I carbonari della montagna e Sulle lagune, che sono opere che Verga ripudia, non le pubblica non gli piacciono, in cui però De Roberto riconosce già il genio di Verga, quindi sono delle opere che contengono tanto potenziale inespresso e che vale la pena di prendere in considerazione per capire il Verga matutro, sempre perché aveva questa considerazione che quello che viene prima in realtà spiega ciò che un autore diventa in seguito negli anni, e dice che tutti i tratti negativi di queste opere sono legate alla tradizione siciliana, quindi quegli autori che rappresentavano il cattivo scrivere, che Verga in giovane età ancora doveva scrollarsi di dosso, quindi mette in opposizione il genio di Verga con il luogo in cui si è formato e utilizza una metafora molto importante, lui usa per Verga una metafora molto forte che è quella del volo d'aquila per la formazione di un nuovo linguaggio verghiano, significa che Verga distaccandosi dalla tradizione siciliana, da quel modo di scrivere un po’ barocco, inaugura un nuovo linguaggio, questo tratto della letteratura siciliana, viene sofferto anche da De Roberto, perché anche lui è macchiato da questa letteratura siciliana, quindi De Roberto anche dice di essere segnato da tutta questa tradizione, lui dice che anche dietro di sè ci sono scrittori di poco conto, e De Roberto ambisce però ad essere uno scrittore valido, che deve distaccarsi da tutto qauello che c’è stato prima di lui in Sicilia, riconosce di essere segnato da questa tradizione e quindi come Verga vuole fare il volo dell’aquila, anche per questo riconosce Verga come maestro, quello che è importante è la questione del linguaggio, perchè allontanandosi da questa tradizione si crea uno stile nuovo, dice io sono siciliano ma non appartengo a tutta quella categoria che è venuta prima di me. Dobbiamo ricordare che ogni volta che un autore scrive di un altro autore lo fa per spiegare un po’ anche di sé stesso, se De Roberto parla di Verga in realtà sta parlando di sé stesso, se parla del nuovo linguaggio, del volo dell’aquila, lo fa per parlare di se stesso, e parla delle opere di Verga anche per parlare della sua di tradizione, lui sceglie Verga non solo perché è vicino come genere ma anche vicino come percorso di vita, sente di aver vissuto la stessa difficoltà, si paragona a Verga ma non esplicitamente, anche se ovviamente sa di non aver ottenuto gli stessi risultati, lo pone comunque su un gradino superiore rispetto a lui. Quindi loro condividono la Sicilia, la Catania, ma la Catania in cui si forma verga non è la Catania di De Roberto, sono comunque passati 20 anni e da allora Catania subisce delle modifiche per lo più riguardo la società, non tanto per il territorio, che non ci interessa più di tanto, ma per la società, c’è stata l’unificazione nel 1860, De Roberto nasce durante l’unificazione, nel 1861 e quando inizia a scrivere è già grande ha visto l’Italia che non è più abbandonata a sè, ma è inglobata, ha visto la Sicilia molto più progredita rispetto a una Sicilia degli anni prima e anche alla Sicilia degli anni di Verga, che era fatta di agricoltori, invece quella di De Roberto era una Sicilia in cui era cambiato qualcosa, tra cui l’istruzione, infatti De Roberto ha potuto studiare nelle scuole pubbliche, su giornali e riviste, anche i modelli erano diversi, se quelli di Verga sono Abate e Castorina, i modelli di De Roberto erano Verga e Capuana, un livello nettamente superiore, Verga ha dovuto fare il vero volo, perché Verga aveva una tradizione fatta di modelli da cui doveva allontanarsi, mentre De Roberto aveva come modelli Verga e Capuana, quindi aveva già il terreno spianato, e si distacca fino a un certo punto. Anche se dobbiamo anche dire che la tradizione era diversa ma anche la lingua era diversa, perché il siciliano diVverga non era quello di De Roberto, perchè unificandosi l’Italia si unificava anche la lingua, e quindi nonostante possiamo fare un confronto tra le opere giovanili dell’uno e dell’altro questo paragone non ha molto senso, perché sono scritti in un siciliano diverso, perché c’è stata l’unificazione, una tradizione diversa, una formazione diversa, scuola pubblica di De Roberto e modelli come Castorina e Abate di Verga, e una lingua diversa perché il siciliano di Verga era diverso da quello di De Roberto. Altro punto importante è che De Roberto non fa studi classici ma scientifici, fa una sorta di mix tra istituto tecnico e liceo scientifico, quindi fa studi tecnici e questo resterà in tutta la produzione letteraria, perché un certo tipo di studi influenza anche la scrittura, e De Roberto è influenzato da tutto questo e lo riversa nelle sue opere, ed è per questo che si avvicina a Verga e al verismo, perché c’è lo straniamento, l’eclissi dell’autore, introduce l’indiretto libero, possiamo pensare a Le feste belliniane, in cui la prosa è equilibrata al punto da sembrare una prosa scientifica, ma è importante fare attenzione a non vedere in questo un’anticipazione della letteratura del 900, perché il 900 vede tanti autori che fanno tanti mestieri, es. Gadda faceva l’ingegnere, Levi che era un chimico, c’erano molti scienziati e matematici che scrivevano e anche nel loro caso questa scrittura era influenzata dal loro lavoro, ma questo non è il caso di De Roberto, con De Roberto non si tratta di innovazione come gli autori del secondo 900, De Roberto scrive tra fine 800 e inizio 900 e si lega anzi a una tradizione molto antica con radici che arrivano addirittura al mondo classico es. Lucrezio che scriveva con riferimenti a questioni scientifiche e a fatti naturali, e infatti il professore fa drammi al di fuori di sé, mentre quando sono dentro di sé lui non riesce a parlarne, e solo mettendole al di fuori di sé lui riesce a combatterli. In particolar modo, questo aspetto dell’anima è messo in evidenza nella prima edizione nel 1889, in cui c’è un ragazzo che agisce nel mondo, impara, agisce, migliora e diventa adulto, ma c’è una deformazione perché sbaglia, prova a scrivere e a pubblicare ma poi non riesce e si suicida per una situazione avvenuta con una ragazza, quindi un romanzo di formazione al contrario, ma comunque c’è un fallimento, qualcuno che fallisce nella vita non solo nella scrittura, tutto questo c’è nella seconda versione, ma è messo un po’ da parte questo aspetto della deformazione, è messo in risalto invece l’aspetto della confessione, di un io che parla di tutto quello che sente, è un romanzo molto interiore, e inoltre vi è un’ aggiunta importante, quella dell’aspetto sensuale ed erotico, perché sia nella vita che nell’opera, il suo è un erotismo ambiguo, infatti è evidente lo stupro, e in altre opere vi è il sadismo, fantasmi della sua vita che vengono rappresentati in un modo ambiguo, parlando della sessualità di Ermanno parlava della sua, era sessofobico da un lato, dall’altro aveva una pulsione sessuale fortissima, che lo portava a fare cose sadiche, ma poi aveva anche paura del sesso, era anche misogino, quindi da un lato sesso e dall’altro astinenza, in tutto si muove sempre tra due estremi, non ha mai una posizione netta, vuole provare una via di mezzo, in tutto, è sempre molto ponderato in quanto uomo di scienze. E tutto questo è all’interno della nuova sezione aggiunta nella seconda edizione intitolata “La vera fine di Ermanno Raeli”, per capire come Ermanno sia De Roberto addirittura lui fa nascere questo Ermanno da due genitori di diversa nazionalità, il padre siciliano, e la madre tedesca, proprio come i genitori di De Roberto, e questo crea ad Ermanno problemi linguistici, che aveva avuto anche De Roberto, questo dimostra ancora una volta quanto fosse autobiografico, poi c’è un’altra sezione che viene chiamata Versi di Ermanno Raeli, che mette in luce tutti questi tentativi di scrittura di Ermanno, la parte che più lo avvicina a De Roberto, quindi non sono testi che lui scrive per questo romanzo che vuole far credere che siano di Ermanno, in realtà sono testi che lui aveva ascritto per sé stesso e che magari non gli piacevano e quindi voleva congedare, ma non voleva neanche che si perdessero e infatti li mette in quest'opera, e quindi se sono brutte è giustificato perché dice le ha scritte Ermanno, e finge di averle scritte al momento quando in realtà le aveva scritte molto prima. Poi ci sono traduzioni e imitazioni, e l’autore prediletto per queste cose è Baudelaire, ora dobbiamo ricordare che lui prima di passare alla prosa è passato alla poesia, lui quindi inizialmente si era interessato alla poesia e poi alla prosa, e gli autori che predilige sono principalmente Baudelaire e Bourget, e insieme a questi anche dei filosofi, perché De Roberto inizia a fare proprio vera e propria filosofia in queste opere e inizia a ragionare sulla vita e i principali filosofi a cui fa riferimento sono quelli del pessimismo come Schopenhauer e dell’etica come Kant, quindi ci sono questi estremi etica che lo porta a comportarsi bene, a fare castità ad avere morale, e Schopenhauer che è pessimista, e quindi ancora questo binomio che lui deve unire e bilanciare tra cui si deve muovere. Quindi Baudelaire e Bourget sono modelli non solo per la poesia ma anche di ispirazione per il romanzo, in particolare Baudelaire gli serve per rappresentare il suo personaggio tormentato, con riferimento allo spleen che è la noia esistenziale e soprattutto per l’impossibilità della fede su cui vince il peccato, quindi ancora l’etica che torna, tutti questi vizi sono incarnati all’interno delle donne, quindi tutto ciò che è demoniaco e peccato è visto nella figura della donna, come fa anche Baudelaire. Ermanno si innamora molte volte in particolare è interessante il rapporto con Massimiliana, è interessante perché lui quando ci sta insieme ne parla in un modo, quando sono lontani ne parla in un modo opposto, quando la incontra e desidera di stare con lei la descrive come Beatrice, come una donna angelo, poi ci ripensa e parla di lei come una prostituta, impressionante perché di punto in bianco c’è sempre questo estremo tra santità e degrado, questo continuo slittamento di senso, soprattutto nei confronti delle donne, e questo rimanda alla figura della madre e soprattutto alle teorie freudiana, infatti ci sono fantasie incestuose, desiderio sporco, che si bilancia con l’etica con il desiderio invece di essere pulito, infatti ci sono immagini in cui Ermanno guarda il cielo e cerca l’azzurro, continuo tentativo di cercare il bene nelle cose. Il suo è un male che ha all’interno, lui non subisce ingiustizie dall’esterno, non è un male del mondo, lui si lamenta e soffre per quello che ha dentro, lui sa di avere qualcosa di oscuro dentro così come lo sa anche De Roberto, e quindi ha bisogno di scrivere, però poi alla fine Ermanno non ci riesce e dunque vince il suicidio, il male vince sul bene tanto che si suicida, non si sa se De Roberto ci riesca o meno a guarire queste ferite dell’anima, perché da una parte sembra che lui facendo suicidare Ermanno è come se dicesse quello sono io ma lui è diverso da me, quello è il mio lato fallimentare io non sono tutto così, e dall’altra parte invece sembra che pure lui si arrenda, perché sembra che lui dica io sono così sono destinato al fallimento e ne sono consapevole, quindi questa incertezza continua. Ci sono poi fantasie incestuose che rimandano a Freud ma soprattutto la teoria di Freud a cui si lega è quella della donna che viene vista come indegna, e quindi vedendo la donna come indegna la relazione va per forza male, e questo lo porta a cercare altre donne per poi ritenerle indegne e cercare altre donne, quindi un ciclo interminabile, ma queste donne vengono ricercate simili alla figura materna, quindi da una parte c’è la purezza della madre, dall’altra parte c’è il complesso edipico, nel voler avere rapporti con la madre e nel cercare donne simili alla madre, c’è questo rapporto tra bene e male, oscuro desiderio e volontà di purezza, lui insiste tanto sulla purezza di queste donne, di non volerle toccare ma poi alla fine le stupra. Inoltre da Baudelaire lui prende un'altra immagine molto importante che è quella di Icaro, che è una divinità che si è avvicinata troppo al sole, ma poi gli si sciolgono le ali di cera e cade, quindi ancora questa figura del volo che aveva utilizzato per Verga come volo dell’aquila, ma quando parla di Ermanno, quindi di sè stesso non parla dell’aquila, ma parla del volo di Icaro, cioè di una persona che sale troppo in alto, che punta all’ideale, che punta al cielo azzurro su di sé, ma poi ci si avvicina troppo, punta troppo in alto e cade e infatti c’è poi il suicidio, lo stesso De Roberto si sentiva sempre in pericolo di cadere, lui si vedeva salire, la sua attività scrittoria andava bene, i suoi romanzi venivano venduti, ma lui non si sentiva sicuro, aveva sempre questi fantasmi all’interno, e quindi saliva saliva, e più saliva più sentiva l’ansia di poter cadere di botto, abbiamo quindi l’arte, quindi la scrittura che si oppone a questa sofferenza, nel senso che lui ha paura di salire in alto con questa scrittura cadendo, ma sa anche che l’unico modo di non provare più questa paura è scrivere, ha paura di cadere con la sua scrittura, ma queste paure possono essere combattute solo con la scrittura, e quindi non trova pace. Ogni volta che lui parla di andare in alto come con Verga, parla anche della scoperta di un nuovo linguaggio quindi c’è questa dicotomia, questa alternanza tra la caduta e la nuova parola, tra la caduta e il nuovo linguaggio, lui vorrebbe una lingua già fatta con cui esprimersi, ma non ci riesce a prendere una posizione, quindi l’innalzarsi e il trovare un nuovo linguaggio, la caduta e la parola nuova, sempre questi due estremi. Questa caduta paragonata al linguaggio può rappresentare anche il fatto che questo Ermanno non riesce a trovare un nuovo linguaggio, Ermanno come lui d’altronde, perché anche De Roberto soffre questa situazione in cui non riesce ad esprimersi come vorrebbe perché non ha una lingua in cui farlo, lui vorrebbe una lingua già fatta, questa non c’è ancora e quindi comincia a vivere questo dramma. Lui fa questo paragone anche quando parla dei romantici, perché è verista, e dice che anche i romantici sono caduti, perché arrivano troppo in alto a questo ideale di romanticismo e poi sono caduti perché si sono accorti dell’illusione dell’ideale e ora quindi rovistano nel fango, parlano di cose terrene, cose basse e si sporcano le mani. Tra i versi che De Roberto fa scrivere ad Ermanno, nella sezione Ermanno Raeli, che in realtà erano stati scritti da De Roberto anni prima, c’è un poemetto in terzine, che si chiama “Le tenebre”, questo poemetto in terzine è importante perché fa capire la vergogna di essere un poeta di De Roberto, perché lui dà ad Ermanno le sue poesie come se avesse paura di non essere in grado, di essere giudicato, e in questo poemetto viene rappresentato un mondo come completamente buio, coi demoni, crudele, un’umanità feroce, un vero e proprio inferno, un mondo inghiottito dall’inferno e subito dopo risputato nel vuoto, nel buio totale, quindi abbiamo ancora alternanza tra luce del cielo e l’inferno totale, il vuoto, lui va in alto verso l’azzurro ma poi si ritrova in un mondo infernale fatto di demoni, di spiriti, che sono poi quello che ha anche lui dentro. Ermanno va in teatro e va a vedere la signora delle Camelie, opera importante che ci fa capire il suo rapporto con le donne, questa donna era una prostituta che si ammala di tisi e muore, ma Ermanno prima del finale per non vederla morire se ne va dal teatro, nonostante ciò compra il romanzo ma non finisce di leggerlo, questo per non vedere profanare la donna, ed è ambiguo perché lui stesso profana le donne, perché lui stesso dice la donna è angelica è pura ma poi le stupra, quindi questo aspetto del teatro è importante, perché poi ilo teatro è una rappresentazione della vita messa in scena, quindi lui proietta il suo dramma interiore sulla scena teatrale, così come De roberto va a focalizzare il suo dolore sul personaggio di Ermanno, lui parla delle donne come prostitute, ma ne parla anche come delle veneri, come delle donne pure, e quindi c’è questa sua volontà di etica di essere buono di agire nel mondo, e poi c’è questo istinto che lo tradisce ogni volta, perché lui si trova alla fine si trova a fare atti impuri, a fare tutto ciò che lui non vorrebbe fare. Quindi c’è tanto di Freudiano in lui, e oltre all’imagine dell’incesto c’è quello della rimozione, lui fa le cose ma non si ricorda di averle fatte, e sfoga la sua castità con atti impuri invece di stabilire rapporti normali o non ci sta proprio con le donne, o ci sta stuprandole, movimento verticale tra l’ideale che sta sopra e il reale che sta sotto, la realtà è per lui qualcosa di sanguineo, quello che sta sotto, mentre quello che sta sopra è puro, casto, santità, e anche le sue donne nel suo ideale sono caste ma poi nella realtà gli fa del male anche fisico stuprandole, quindi c’è anche un amore di due tipi diversi amore sacro e profano amore angelico della donna vista come madonna, e amore profano, non solo fisico che deturpa la donna angelo ma violento porprio, quindi si passa da una Beatrice dantestca a una donna demoniaca, prostituta, tutto è dovuto al rapporto con la madre. Questo aspetto della sessualità è compreso nella vita di Ermanno, perché il motivo del suicidio di Ermanno è legato alla sessualità, abbiamo due versioni diverse, nella prima versione Ermanno prova a baciare la ragazza all’interno di un capanno e poi si uccide perché ha tentato di approcciarsi fisicamente a lei, quindi ragazza che da lui era considerata sacra la profana e si uccide, nella seconda versione lui la chiude in camera lei sviene e lui la violenta e dopo che la violenta si uccide, ancora incongruenza tra ciò che pensa e ciò che fa, donna che tra l’atro aveva sposato, quindi era una donna che lui aveva sposato, quindi mondo esterno che è oggettivo, viene visto da me attraverso la mia soggettività, e ovviamente il mio io è diverso dal tuo io, e quindi anche se il mondo esterno è oggettivo io quando ne parlo vado a fare un unione tra soggettivo e oggettivo, e quindi il mondo ci appare diverso. Mentre un uomo vede oggettivamente solo gli altri uomini. Per De Roberto è importante che l’artista descriva in modo fedele la realtà, la sua realtà, quella che lui vede, perché solo in questo modo potrà essere obbiettivo, cioè fedele a se stesso, e quindi c’è il passaggio da a impressione a espressione, si passa dal percepire, come io sto percependo la realtà e la esprimo. Fa una differenza tra le arti che vogliono rappresentare la realtà come la scrittura e la pittura, e le arti che non rappresentano la realtà come la musica perché la musica non ha un oggetto di riferimento da rappresentare, ma che poi finiscono per rappresentarla comunque, il discorso si complica ma tutto quello che dice per le altre arti vale anche per la musica. Uno dei punti che legano Flaubert a De Roberto è l’impersonalità, già Verga la cercava questa impersonalità, voleva estraniarsi dal testo, la stessa cosa vuole fare De Roberto perché anche lui in quanto naturalista vuole cercare di uscire dal testo e rappresentare le cose oggettivamente, e la stessa cosa fa Flaubert, ma questa impersonalità di Flaubert è una sorta di tradimento dell’io, dato che Flaubert aveva una forte personalità, lui eliminando l’io dai testi è come se si tradisse, come se tradisse la sua personalità, inoltre in lui c’è una forte contrapposizione tra forma e contenuto perché ha una forma perfetta e lineare perché lui si studia la frase nei dettagli, però il contenuto di cui parla è tutt’altro, lui parla di realtà brutte e tristi, e perciò si avvicina a De Roberto. Quindi il Flaubert di De Roberto, perché come abbiamo detto ogni autore modifica Flaubert in base alla propria poetica, un po’ lo modella, ed il Flaubert di De Roberto è molto ispirato al Flaubert di Bourget, in particolar modo nel 1830 De Roberto dedica un saggio a Flaubert sul Fanfulla, e si ispira a Bourget, i due, Bourget e De Roberto sono accomunati da un’idea su Flaubert, in particolar modo è quella dell’antitesi forma e contenuto → entrambi concordano su questo, e poi sull’anima di Flaubert nei testi, loro dicono che l’anima di Flaubert è forte e bella nei testi, nonostante l'impersonalità, nonostante lui cerchi di eliminare la sua personalità dai testi. Però sull’impersonalità De Roberto e Bourget hanno idee un po’ diverse, infatti per De Roberto l'impersonalità era necessaria, nonostante soffocasse il suo io, anche De Roberto puntava all’impersonalità, addirittura per il filosofo Maupassant Flaubert era il più grande apostolo dell’impersonalità, cioè l’impersonalità era la sua cifra distintiva e anche per questo De Roberto lo prende come esempio, Bourget non la pensa così, perché credeva che doveva fare esplodere questo io represso, e dare spazio alla soggettività. De Roberto parla del rapporto con Taine, però lui è comunque un autore che rivive attraverso Bourget, De Roberto ne parla sempre secondo il modo in cui ne parla Bourget, lo studia attraverso Bourget. Taine è un uomo che ha fatto tantissime cose, si è occupato di storia, arte, psicologia, personalità poliedrica e molto interessante, e quello che interessa a De Roberto è la filosofia, dice che la filosofia di Taine è solida perché ha una concezione molto solida del mondo, parla del mondo con grande sicurezza, a differenza di De Roberto che parla di relativismo,di impressioni e così via. Taine ha una concezione del mondo ferma, fissa, lui è sicuro di ciò che dice e che vede, perché ha una forte concezione nella scienza, lui è un positivista, quindi crede in un solo mondo. Tutto questo viene detto anche da Bourget negli essais, raccolta di saggi e in uno di questi parla proprio di Taine e della sua visione del mondo, e dice che il mondo secondo Taine ha una struttura piramidale, molto solida eretta sulle leggi e sostenuta dall’intelligenza umana, quindi c’è intelligenza umana e non divina, anche in questo dimostra grande fede nella scienza, e infatti quando parla di Dio ne parla come quasi un dio distruttore. Quindi c’è grande nichilismo, volontà di distruzione, di pessimismo. Taine in realtà non vuole imporre un ordine con queste leggi di cui parla, ma stabilirle, vuole quasi trovare nuove leggi per questa sua concezione della realtà. Però comunque anche in questo caso dobbiamo ricordare che il Taine di Bourget è un po’ come Flaubert plasmato sulle sue teorie, non è il Taine effettivo uguale per tutti ma il Taine secondo Bourget, ma allora dobbiamo chiederci perché piace a De Roberto se lo critica, dobbiamo anche ricordare che quando un autore parla di un altro autore, tende a parlare di qualcosa che gli interessa, e se parla di Taine parla di qualcosa che a lui interessa, e infatti gli piace lo stile di Taine, essendo un uomo che ha fede nella scienza ha uno stile esatto e assoluto, proprio a quello che lui mirava, lui è un vero filosofo della scienza, e quindi il Taine di De Roberto è molto simile al Taine di Bourget è quasi uguale, con qualche modifica, attraverso Taine De Roberto viene in contatto con molti autori soprattutto francesi. De Roberto studia Taine in funzione di Bourget. Negli essais di Bourget c’è l’immagine della modernità disincantata, una modernità che si sveglia dopo l’idealismo del romanticismo, e il suo personaggio tipo è un orfano che contempla questo mondo vuoto, desolato, e lo contempla, immagine dello stesso filosofo da leggere nell’immagine leopardiana, è un pensatore chiaroveggente, quasi come l’unico che riesce a vedere la desolazione intorno, che si accorge che le cose si stanno disgregando, non ha più senso pensare a cose romantiche, perché ormai la realtà è cruda, incenerita, è come se fosse visto il romanticismo come un periodo dormiente da cui ci si è risvegliati. E’ importante ricordare che questo orfano di cui parla Bourget viene impersonificato da tutti gli autori di cui parla, quindi ogni autore per lui è come un orfano che guarda il mondo, quindi anche Taine è un orfano che si rende conto di quanto il mondo stia cadendo a pezzi, sempre per via del romanticismo, che ormai non è più possibile, perché il mondo è ormai alle ceneri del romanticismo. Importante è ricordare che negli essais c’è anche l’immagine della caduta molto cara a De Roberto, che la usa sia nel volo di Icaro, sia quando parla del volo dell’aquila, nel senso che teme di arrivare troppo in alto e di cadere, quindi c’è contatto anche in questo senso con Bourget, ma c’è una differenza tra la caduta di Bourget e quella di De Roberto, perché la caduta di Bourget crea una ferita ma questa ferita viene guarita, quindi c’è un risvolto positivo, mentre per De Roberto quando si cade ci si ferisce e basta o addirittura si muore, quindi è più nichilista, quindi il meccanismo di base è quello delle illusioni che creano un velo, e questo velo di illusioni cade all’improvviso svelando la realtà che c’è dietro triste e degradata. Quindi si crea questo triangolo tra Taine, Bourget e De Roberto, dove Bourget dovrebbe stare al centro, perché De Roberto interpreta e legge Taine attraverso gli essais di Bourget → De Roberto parla di Taine come lo vede Bourget, parte da questo e lo modifica in base al suo pensiero riguardo Taine, cioè in base a ciò che lui pensa di Taine. Per Bourget l’estetica di Taine, quindi questa precisione scientifica, si riflette anche su altre arti non solo sulla letteratura, quindi questa estetica va a riflettersi sul fatto che l’arte sia rappresentazione, quindi come rappresentazione della realtà, ma quale realtà ? Quella del singolo, quindi oggettivo+soggettivo, però questa rappresentazione non deve esser fatta in modo freddo e passivo ma fatta in modo tale che la comprensione di chi guarda l’opera d’arte sia quanto più semplice possibile, la comprensione deve essere agevolata, sia semplice e infatti parla di caratteri essenziali, fondamentali per rappresentare qualcosa per rendere quanto più semplice possibile la comprensione, l’interpretazione da parte dell’osservatore o lettore se si tratta di un testo, quindi l’artista deve collaborare con chi lo guarda o chi lo legge, l’artista deve andare a favore dell’osservatore o lettore, non deve cercare di complicargli le cose deve essere un’opera chiara, lui è contro tutta quell’arte oscura che cerca un’interpretazione diversa da parte dello spettatore o del lettore, lui è per l’evidenza, ed è per questo che dice che l’estetica di Taine si va anche ad applicare ad altre arti, perché la sua estetica era chiara, lineare perché è scientifica. De Roberto inoltre cos’altro prende da Taine ? Prende una dinamica di cui parla Taine all’interno dei suoi trattati filosofici, per la sua visione del mondo e soprattutto per la sua composizione del mondo che sono impulsi e le ragioni, quindi il mondo è dato dallo scorrere di impulsi e ragioni che si risolvono in un grande vuoto, che alla fine sono immersi in un mondo vuoto, quindi c’è ancora quest’idea del mondo vuoto che cade a pezzi, del mondo che scorre incessantemente non interessandosi di tutto quello che accade al suo interno, dell’immagine del mondo vuoto, indifferente e questi impulsi e ragioni, sono forze che si possono scomporre e ricomporre, creando diversi nessi che si combinano tra loro e quindi c’è un continuo fluire quasi una nebulosa di punti, e anche il vero e il falso si fondono insieme, ed è importante perché va a coincidere con il relativismo di De Roberto, non esiste però una cosa del tutto vera o del tutto falsa, è sempre tutto relativo, e questa è anche la visione della realtà di De Roberto, che rimane comunque razionale, e questa realtà, questa visione della realtà altro non è che il risultato della crisi delle certezze positiviste, delle certezze assolute, ora il mondo è visto come vuoto e pieno di incertezze, questo è dato dalla crisi del positivismo. Quello che differenzia Taine da De Roberto è che De Roberto è meno sicuro di Taine, Taine aveva sicurezza nella visione del mondo, invece De Roberto è un antistorico, avverso alla storia e al mondo, considera il mondo come un qualcosa che o non esiste o come un qualcosa di negativo. La differenza del rapporto con la scienza di Taine e di De Roberto è che mentre per Taine la scienza svela e fa scoprire nuove cose, per De Roberto invece disinganna, ti apre gli occhi, ti toglie quel velo di finzione e di illusione, e non c’è niente di bello perché ti mostra un mondo disgregato e anche questo lo rende meno sicuro di Taine. Rapporto tra De Roberto e Bourget Bourget è stato sempre presente finora, De Roberto ha sempre alluso alla presenza di Bourget a cui si riferisce per parlare di altri autori. Nel 1883 escono gli esseie di Bourget, mentre nel 1886 esce la seconda serie di esseie, De Roberto legge entrambi i libri e questa è una svolta importante all’interno della sua letteratura, divengono libri importanti per lui e infatti da quel momento ogni testo di De Roberto andrà interpretato in riferimento a Bourget. Molto spesso si parla di metafisica di De Roberto perché lui vuole ricercare il senso della realtà ma realizza ogni volta che la realtà sia niente, indifferenza, un continuo fluire come aveva già detto Taine, nichilismo pure, e tutto ciò si scontra con l’ordine e la razionalità, quindi da un lato caos del mondo, dall’altro il suo bisogno di mettere ordine e razionalizzare. Il concetto che torna spesso nella critica di De Roberto è quello di temperamento, per lui questo temperamento è dato dalla somma della personalità e dei fattori ambientali, quindi tra soggetto e contesto in cui è inserito, e questo è importante per capire il rapporto tra personalità e opera, infatti così si riesce a ricavare la visione del mondo dell’autore, perché per ogni temperamento c’è un mondo diverso, lui studia il temperamento degli autori quando va a scrivere degli autori, guarda molto il temperamento perché il temperamento influisce sulla visione del mondo di quella persona, di quell’autore che è diversa (la visione) di autore in autore → Relativismo ancora. Una cosa interessante che dice De Roberto che è diversa da Taine e da Zola è che secondo lui il romanziere non ha capacità di osservazione del mondo speciali, diverse dagli altri, ma ha le stesse capacità di osservazione dell’uomo comune, e quindi in questo caso il temperamento diventa ancora più interessante perché davvero cambiano da autore ad autore, tanti mondi quante sono le persone. Invece Taine metteva su un gradino superiore l’autore, e pensa che l’autore/l’artista avesse una personalità, e quindi anche una visione diversa del mondo rispetto alle persone comuni. E’ un po’ un paradosso il dover rappresentare in modo oggettivo la soggettività. Quest’arte è una rappresentazione parziale della realtà, che non è mai completa, ma solo quella che vede il soggetto, ma De Roberto dice che il metodo deve essere esagerato, non si sa esattamente cosa voglia dire ma una delle motivazioni è che il genio è sproporzionato, se un artista è geniale deve anche esagerare, essere esagerato come personalità, ma questo non significa che deve rinunciare all’impersonalità, deve fare arrivare la sua personalità anche se deve comunque rimanere impersonale → come fa Flaubert che nonostante fosse impersonale si vedeva nei suoi testi la sua personalità. Il periodo in cui De Roberto scrive novelle e quello in cui si dedica di più all’attività critica è un periodo di maturazione, in cui avviene la maturazione dell’artista, e in cui fa anche diverse riflessioni sul rigore metodologico, quindi ecco che torna il metodo Ci sono altre due motivazioni riguardo l’esagerazione del metodo: 1. La prima è che per i naturalisti esagerare può anche essere una esagerazione dell’imitazione, perché loro imitavano quasi tutti Flaubert, c’è questa esagerazione nell’imitarlo che arriva quasi a un manierismo. Esagerazione nell’imitazione del metodo di Flaubert 2. L’altra esagerazione è nell’omogeneità strutturale, creare un testo equilibrato, omogeneo, quello che a loro interessa è creare un mondo esageratamente compatto in cui non può succedere niente di estraneo, un mondo fisso, come il mondo dell’Illusione e ne I Vicerè. Il naturalismo è diviso almeno in due fasi: 1. La prima fase è il naturalismo di Zola, in cui c’è fiducia nel positivismo, fiducia nella scienza e c’è ottimismo. 2. La seconda fase è quella di Maupassant in cui c’è pessimismo e vede il mondo come un’illusione dove c’è relativismo → dice che il mondo è tutto relativo a seconda di chi lo guarda e non può essere conosciuto oggettivamente o comunque non per intero, quindi c’è un osservatore non assoluto e questo è detto anche all’interno della prefazione a una sua opera che si chiama Documenti Umani, è importante per capire alcune teorie. Ritornando alle novelle, e al periodo di maturazione lui scrive quattro raccolte di novelle, che sono La Sorte, I processi verbali, I documenti umani, L’albero della scienza. Le prime due sono naturaliste, le altre due hanno una metodologia idealista, quindi vi sono sempre questi due poli tra cui oscilla De Roberto, da una parte idealista, dall’altra realista. Quindi il suo primo libro è la Sorte, che è naturalista, quindi ispirato a Verga e Capuana, oltre che ai naturalisti francesi, il metodo usato è della impersonalità e dell’osservazione, quindi lui è esterno non vuole entrare all’interno del testo, e ricerca sempre uno stile esatto. Quello che è importante è che tutti gli ambienti descritti in questi racconti sono ambienti tristi, cupi, e sono immagine di una vanità avvilita, e infatti lui nei bassifondi racconta questi uomini che hanno bisogno di soldi, di essere considerati perché la società li scarta, e va nei bassifondi perché trova il caratteristico e l’accidentale. Tutta quella che rappresenta è un’umanità avvilita, in lui c’è dunque idealismo e naturalismo, quest’opera è naturalista. Nel naturalismo c’è impersonalità, tutto questo è detto all’interno della Prefazione ai Documenti Umani. Altra opera naturalista sono I processi verbali, e in particolar modo la sua novella Il rosario, in cui la protagonista è una nobildonna e le sue tristi figlie, e questo ci ricorda un poco la prima novella della Sorte che si chiama La Disdetta, in cui ci sono sì figure tristi e brutte ma di alto rango sociale, persone degradate. Opera idealista è il volume l’Albero della scienza in cui ci sono figure ricche ed eleganti che invece non sono tristi, quindi a differenza del naturalismo, questi personaggi vengono rappresentati con questi abiti sfarzosi e con questa loro intoccabilità idealista. Anche se sono tendenze opposte idealista e naturalista sono metodi diversi ma entrambi che vanno rispettati e De Roberto dice che sono entrambi leciti. De Roberto vuole pubblicare La sorte, ma l’editore Treves gliela respinge e gli pubblica Documenti umani. Treves fa tutto un discorso sui colori, dice che è un libro che ha un solo colore e lui invece voleva colori diversi, ma De Roberto dice che l’editore non ha capito il suo temperamento, cioè il suo metodo, e lui non può usare un metodo diverso altrimenti tradirebbe sé stesso. Quindi parla proprio della sua sfera personale, quando parla della sua scelta che lo ha spinto a scrivere questo libro con metodo naturalista e dice che ogni metodo va rispettato e questa teoria del metodo lui la riprende da Maupassant, che le chiama teorie non metodi, ma sono la stessa cosa. L’importante è che questo metodo sia razionale, lucido, tutto quello che De Roberto ha sempre cercato. Per i personaggi delle sue opere De Roberto si divide tra due metodologie diverse 1. analisi psicologica 2. osservazione obiettiva E quindi anche per quanto riguarda i personaggi si muove verso due poli opposti, perché l’analisi psicologica differisce totalmente dall’osservazione obiettiva. Il suo modello di scrittore per l’analisi psicologica è Bourget insieme a Stendhal e si tratta di un’immaginazione degli stati d’animo, guardare il personaggio dall’interno e usare una forma personale, invece al contrario il metodo dell’osservazione oggettiva del personaggio ha come esempi Maupassant e Flaubert, ed è non un’ immaginazione degli stati d’animo ma immaginazione fisica, visto dall’esterno che richiede una forma impersonale. Quindi due perfetti opposti che convivono in un autore come De Roberto che passa come sempre da un estremo all’altro. Ma allora cos’è che decide quale metodo usare dato che questi due metodi sono opposti e non possono essere dunque usati contemporaneamente essendo opposti, bensì all’interno di opere diverse. A decidere è il temperamento dell’autore che però è un po’ una contraddizione quando parliamo di De Roberto, perché lui oscilla tra due metodi differenti, quello che lo porta a usare il metodo idealista e quello che lo porta ad usare il metodo naturalista, e anche questo è detto nella prefazione ai Documenti umani. Possiamo dire che il naturalismo di De Roberto è più un’antropologia che una sociologia, perché lui descrivendo anche immagini degradate di figure di alto rango sociale e, quindi di nobili, va un po’ contro quella che è la tipica descrizione di queste persone, e le descrive allo stesso modo dei poveri e delle persone di basso rango sociale, va quindi più sullo studio dell’umano senza distinzione di classi sociali che invece sociologica che dovrebbe fare una differenza tra alta società e bassa società, invece lui in tutte le opere naturaliste parla allo stesso modo di poveri e dei ricchi, quindi quello che a lui interessa è proprio la distruzione, la disperazione del genere umano, è un antropologo in questo caso non un sociologo, non vede confini tra le classi, ma vede tutto nero, non gli interessa se uno è ricco o povero, li rappresenta indistintamente, come tristi. 6. L’Illusione L'Illusione è il titolo di un romanzo di De Roberto che inizialmente era stato criticato negativamente dalla critica e da tutti i saggisti, e questo accadeva perché lui aveva già scritto quei quattro libri di novelle e aveva cambiato il metodo usato, una volta usava l’idealismo, una volta il naturalismo, e quindi scrive questo romanzo quasi come una sfida verso la casa editrice Treves, che gli aveva pubblicato Documenti umani, raccolta con metodo ideologico, ma non gli aveva pubblicato La sorte, con metodo naturalista, quindi scrive questo romanzo, quasi come una sfida, per vedere se stavolta fosse pubblicato, dato che gli avevano criticato il fatto che lui passasse da un metodo all’altro. Possiamo subito dire che questo è un romanzo psicologico perché è un po’ come l’Ermanno Raeli, questo romanzo parla della biografia di una donna, che si chiama Teresa Uzeda, ed è fatta di piccoli eventi psicologici, questa idea dei piccoli eventi, delle piccole cose è presa da Queste vengono descritte da Taine come delle allucinazioni vere, e viene comparato da Maffei all’opera La curse a la morte, di Rod, in cui anche qui c’è l’immagine della morte che arriva e ti fa capire delle cose, e quando la vita sta finendo ti fa capire che tutto è un illusione. Quindi l’Illusione di De Roberto è un un’illusione che incanta il soggetto lo blocca quasi, non gli permette di vivere di vedere le cose come stanno e quindi tutto avviene all’interno di questo mondo mentale, c’è sì il mondo esterno, fisico ma tutto avviene nella mente del protagonista. E infatti non c’è dramma, o momenti alti nella narrazione, ma c’è semplicemente questo suo essere assorta nei pensieri, nell’immaginazione, che non le permette di vivere e quindi non c’è dramma, c’è solo lei che pensa di trovare l’amore, non c’è azione lei resta sempre ferma, è tutta una vita che va avanti senza di lei, c’è l’epica di un mondo attorno a lei che scorre, passano gli anni, lei cambia, siamo alle soglie dell'età adulta e tutto ciò che lei pensa la blocca, lei non si accorge di quello che accade attorno a sé, e infatti Teresa pensa solo e non agisce mai, per tutta la vita Teresa è solo una sognatrice e la sua immaginazione non è di tipo reale ma fisico perché la blocca e non le permette di fare cose, ed è la stessa immaginazione presente nei romanzi di Flaubert, anche loro immaginano in modo fisico, questa è un’immaginazione corporea che ti blocca. Quest’ultima domanda che Teresa si fa in punto di morte, quindi se il senso della vita sia in realtà un’illusione, un sogno, che nulla possa essere capito, quindi questa sua disillusione in punto di morte è un interrogativa, perché finisce con un punto interrogativo, quindi è proprio una domanda che lei fa a sé stessa mentre sta morendo, quasi un ultimo lampo di genio, come dice Taine, ed è una è una fantasia lucida, e ricorda anche le domande che si fa Leopardi nelle sue poesie, quindi è un’interrogativa di tipo leopardiano. Però anche in questo caso, come è già accaduto con Flaubert, non è un leopardi puro, ma è un Taine che modella Leopardi, è un Leopardi che è modellato secondo Taine, quindi si può dire che questo sia un romanzo delle evanescenze perché racconta i piccoli fatti del mondo che sono di ispirazione di Taine a cui si sommano le evanescenze del contenuto, rarefazione dei contenuti, questa cosa che scorre sempre e non si riesce ad acchiappare. Il critico Di Giorgi dice ancora una cosa sul giornale di sicilia riguardo l’Illusione e parla del narratore di quest’opera, e dice che il narratore vede con gli occhi dei suoi personaggi, e quindi attraverso gli occhi di Teresa, però anche questa affermazione come le altre deve essere modificata perché in realtà lui non vede con Teresa insieme a Teresa, ma dentro Teresa, non vede con gli occhi di Teresa ma dentro di lei, quindi abbiamo proprio un’analisi psicologica del personaggio. E in questo vi è ancora una volta una somma di due poli presi da due autori diversi, cioè - sia l’eleganza delle scene, presa da Flaubert - sia l’analisi psicologica dei personaggi, presa sia da Bourget che da Stendhal, quindi non è vero che guarda con lei, ma guarda in lei, perché il narratore conosce la differenza tra ciò che è accaduto davvero e quello che invece non è accaduto davvero ma è solo il frutto della fantasia di Teresa, invece Teresa non le distingue queste due cose, quello che si sta immaginando e quello che è vero, perché lei vede la realtà attraverso la fantasia, ciò che sogna per lei è realtà, e se il narratore vedesse con lei, e quindi coi suoi occhi, non distinguerebbe neanche lui ciò che è fantasia, quindi frutto dell’immaginazione di Teresa e ciò che è realtà. Quindi lui parla della camera oscura di Teresa, mondo oscuro perché è il mondo interiore, la sua realtà oscura, il suo mondo psicologico. Quindi de Roberto vuole fare una sorta di filosofia psicologica, questa sua psicologia è un qualcosa di triste, perché lui appunto vede il mondo negativamente, è nichilista, e anche i suoi personaggi hanno sempre qualcosa che non va, sempre qualcosa che li tormenta. Lui vuole guardare nell’anima dei suoi personaggi, ma anche se vuole guardare dentro, non vuole cadere nell’ideale come aveva fatto in passato, perché parlando dell’anima entrando nell’anima dei suoi personaggi c’era il rischio di cadere nell’idealismo. Quindi guarda a Maupassant da cui lui prende esempio per non cadere nel realismo, va a vedere chi è che guarda dentro i personaggi senza cadere nell’idealismo e lo aveva fatto Maupassant, che nella sua opera Pierre et Jean ha risolto il problema del parlare dell’anima non in modo idealista ma in modo naturalista. E come lo fa ? Rende l’anima un qualcosa di basso, perché i naturalisti portano giù, c’è sempre questo verticalismo, e quindi l’anima viene involgarita, resa volgare perché portandola in basso, volgare in senso di popolo vulgo, e dimostra che anche l’anima è soggetta a determinismo, (corrente filosofica) e quindi anche l’anima non è immutabile, non è assoluta, l’anima quando viene studiata da un idealista è un qualcosa di alto etereo, di alto, puro, invece lui la porta giù, in basso, è resa bassa, non c’è l’ideale ma il naturalismo delle cose basse. Quindi la differenza con Maupassant è che De Roberto non vuole rendere volgare l’anima di Teresa, quindi lui prende da Maupassant questo metodo per non parlare dell’anima in modo idealista, ma non involgarisce l’anima di Teresa, quello che somiglia a Maupassant è che l’anima di Teresa è soggetta a determinismo, quindi anche tutti i pensieri di Teresa che scorrono uno dopo l’altro, ma non la volgarizza. Però c’è anche una piccola differenza tra le due illusioni, perché anche Maupassant parla di illusioni, le illusioni di Maupassant però limitano il ragionamento, quelle di De Roberto limitano invece l’azione, però l’illusione di Maupassant impedisce loro nelle decisioni più ampie del tipo “che senso ha il mondo ?” e non nelle decisioni della vita di tutti i giorni mentre l'illusione di De Roberto, quindi quella di Teresa incatena proprio il soggetto, non lo fa agire, perciò si parla di una fantasia fisica, perché questa illusione non ti permette di agire di fare le cose, perché Teresa pensa solo ma non fa nulla. Quindi possiamo dire che le due opere Pierre et Jean e l’Illusione sono due opere speculari, quello che ha l’una non ha l’altra e quella che ha l’altra non ha l’una ad esempio in Pierre et Jean c’è il dramma e non c’è un unico punto di vista, invece nell’illusione accade l’opposto perché non c’è dramma dato che lei non si muove ma pensa solo, quindi c’è solo l’epica data dallo scorrere della vita triste, mentre in Pierre et Jean c’è dramma come abbiamo detto e mentre nell’illusione è tutto visto attraverso Teresa, o meglio in Teresa, mentre in Pierre jean ci sono più punti di vista. 7. Esagerare e cadere Si parla ancora dell’Illusione infatti qua vediamo innanzitutto, perché prima abbiamo detto che nell’ impersonalità dell’opera, dato che è descritta come un monologo, c’è un po’ di personalità, anche se non si vede perchè è tutto in terza persona e fortemente naturalista, ma qualcosa di De Roberto si deve cercare in questo testo. E questo è importante perché ci fa capire che c’è tanto di Flaubert, perché ricordiamo che anche Flaubert cercava di annullare la sua personalità dai testi, ma inevitabilmente la si vedeva ugualmente. Quindi De Roberto allo stesso modo è impersonale ma fa sentire la sua personalità in qualche modo. Infatti Teresa è in parte De Roberto, non palese come in Ermanno perché lì parliamo proprio di un’autobiografia, quindi era palese che Ermanno avesse i suoi stessi vizi problemi ecc. Qui la somiglianza è più velata, c’è, e la possiamo vedere soprattutto nel fatto che Teresa somiglia a Ermanno e per una proprietà transitiva De Roberto somiglia a Ermanno e quindi Teresa che somiglia a De Roberto somiglia anche a Ermanno. I punti in comune sono tanti tipo il continuo pensare e il continuo illudersi che alla fine è disilluso, ed entrambi trovano la morte, entrambi sono lettori, e questo incide nel loro fantasticare, ed entrambi sono orfani, restano orfani da piccoli, e questo è importante perché sempre preso da Bourget, che negli Essais faceva di ogni autore un orfano che guarda il mondo, e quindi anche questi due personaggi sono orfani ed entrambi sono eccessivamente sensibili hanno troppa immaginazione e non agiscono mai. In entrambi i libri ci sono immagini di caduta, in Ermanno → basta pensare al volo di Icaro, e anche qui nell’Illusione abbiamo l’immagine della caduta, perché salendo salendo idealmente perché pensano e immaginano e si fanno tutti idealismi, e poi alla fine c’è la disillusione improvvisa in Ermanno quando realizza lo stupro, mentre in Teresa c’è la disillusione in punto di morte che li butta giù, quindi dall’idealismo cadono al naturalismo. Il punto più basso qui è rappresentato dal senso dell’amore perché lei ricerca sempre questo amore vero, e quindi il suo inferno è anche l’inferno dell’amore, un amore basso, che viene descritto come inferno, caduta, amore che si inabissa, è una caduta sempre perché lei sale con l’immaginazione, con l’idealismo e poi cade giù trovandosi in questo inferno in terra, e questo è un tema che torna in De Roberto, basta pensare all’idea di amore in Ermanno in cui c’erano stupri e violenze, e tutto questo è presente in un suo saggio che si intitola Amore, e parla proprio della sua visione dell’amore ed è importante per capire la sua visione del rapporto tra letteratura e scienza e poi tra amore e scienza perché parla dell’amore in termini scientifici, della sua visione dell’amore e si riferisce alla necessità dell’accoppiamento in natura per portare avanti una specie, e lui dice “ma è veramente necessario portare avanti questa specie in un mondo che non può darci nulla ?” Quindi ancora una volta ci sono riferimenti a Leopardi, sulla natura maligna e alla legge di battaglia di Darwin, ed è principalmente una battaglia ch fanno gli animali per aggiudicarsi la femmina con cui accoppiarsi, quindi in questo senso dell’accoppiamento c’è dolore soprattutto della femmina, c’è ferocia da parte del maschio, quasi uno stupro degli animali per accoppiarsi e c’è anche il peso della procreazione, non solo perché devono mettere al mondo dei figli, ma anche dolore il femminile della gravidanza. A un certo punto parla di un altro romanzo di De Roberto l’ Imperio che ha come protagonisti Federico Rinaldi e Consalvo Uzeda che sono due personaggi diversi, vanno entrambi a Roma e hanno due destini diversi ma sono due facce della stessa medaglia, quindi è un modo questo per De Roberto per farci capire che due personaggi simili possono avere due destini diversi, ma anche che questi due personaggi diversi sono due facce della stessa medaglia, l’uno l’alter ego dell’altro, ed entrambi come era successo a Ermanno e Teresa sono l’alter ego di De Roberto, quindi sono diversi perchè sono due tratti diversi della sua personalità, quindi a loro volta anche loro sono simili ad Ermanno e infatti uno stupra una ragazza come Ermanno e l’altro rinuncia alla vita, ma non nel senso che si suicida, ma si rifugia su una collina perché si rende conto dell’illusione della vita, quindi disvelamento, e vede il mondo con altri occhi e si rende conto che il mondo è ingiusto e decide di isolarsi → è la disillusione che accomuna tutti i personaggi di De Roberto. C’è un particolare legame tra il naturalismo di De Roberto e l’atto del ridere. A tal proposito De Roberto scrive un saggio su Maupassant in cui parla proprio del riso. Questo riso non è un ridere gioioso ma è più un ghigno, ed è proprio il riso che caratterizza i Vicerè, grottesco triste e sinistro e ricorda molto quello di Beckett di Watt, in cui si parla di un maggiordomo che osserva la vita che si svolge all’interno della casa, anche qui c’è un ironia macabra, non fa ridere è quasi come fosse una smorfia, ed è lo stesso riso di Leopardi, disperato, altro autore fondamentale per De Roberto, ed è un riso apocalittico, riso negativo che viene esteso a tutto il mondo proprio come il pessimismo, che a un certo punto si fa totale, addirittura dice De Roberto che il riso di Leopardi è più disperato della sua disperazione è qualcosa di più della sua disperazione, perché ormai ha perso la fede nella vita e questa immagine della vita disillusa e dell’amore disperato tornano in Ermanno e Teresa oltre che poi ai Vicerè. Ci sono due tipologie di riso tra gli autori che lui prende come punti di riferimento, e prende come esempio due francesi, tra cui: ● Maupassant che per lui ha un riso reale ● Il secondo è un altro francese, Flaubert che ha un riso complesso, molto più filosofico, e infatti è un riso che nasce dalla caduta dal fallimenti, mostra gli orrori dell’idolo, dell’idolo che sale e poi cade, esprime il momento in cui questo idolo è a terra. Quindi continua a essere importante questo criterio della caduta che caratterizza De Roberto in base alla scelta dei suoi autori, in base alla caduta sceglie i suoi autori, tutto questo rientra ancora una volta nel concetto di esagerazione dell’artista, perché siamo ancora divisi in due poli tra amore e realtà, dove l'amore è un amore di idealismo di illusione e la realtà è pessimismo, nichilismo e parzialità del reale e quindi relativismo. Questo tipo di amore ideale, illusorio è l’eccesso degli idealisti, mentre il reale, inteso come pessimismo, relativismo, nichilismo, distruzione è l’eccesso dei naturalisti, quindi da una parte abbiamo l’amore e dall’altra abbiamo la realtà, due eccessi. C’è un'altra personalità tra i suoi autori, molto importante per quanto riguarda la figura dei suoi artisti, soprattutto per quel che riguarda la genialità e per l’amore vissuto da questi artisti, che è un amore spesso vissuto come ossessivo, sempre per la stessa questione che gli artisti sono degli eccessivi, esagerano, e quindi anche nell’amore c’è un’esagerazione che diviene ossessione, questo artista è Lombroso, che diventa punto di riferimento, personalità che mette insieme tante cose, ed è importante perché De Roberto parla di tanti aspetti dell’essere umano, e questo Lombroso in particolar modo studia la psicologia del criminale, Lombroso non gli serve solo per l’amore degli artisti, ma gli serve anche per il rapporto arte e malattia, la malattia è sempre stata presente nella sua vita perchè lui si sentiva sempre malato nella sua vita, e questa lettura di Lombroso lo aiuta anche a razionalizzare i fantasmi della sua vita. Questa immagine della malattia la presenta anche Bourget ma in lui non è la malattia del singolo ma la malattia epocale, e quindi Lombroso lo corregge in quello che scrive e lo corregge in modo naturalistico, e riconosce in quello che dice Lombroso, molto cose che dice anche Schopenhauer sul male del secolo, quindi c’è sempre questo pessimismo anche in Lombroso. Per lui la malattia è un’altra faccia dell’arte, arte come malattia, delirio quasi come una febbre. Lui riconosce il valore di un autore anche per la sua originalità e in questo De Roberto si trova tra due estremi diversi, da una parte dice che nessuno scrittore è originale, e dall’altra dice che tutti gli scrittori sono originali, però comunque c’è sempre questa immagine della malattia come arte e quindi come genialità, e si può fare l’esempio di Leopardi, non si tratta di malattia mentale o solo fisica ma ad esempio abbiamo Leopardi malato perché aveva delle deformazioni, e Flaubert che aveva l'epilessia. Quindi legame profondo tra il genio e la malattia e quindi anche tra l’arte e la malattia Lui sceglie i suoi autori quindi su questa base e sulla base dell’originalità, è importante dunque che ci sia questa visione antropologica di De Roberto, perché lui sceglie i suoi autori non in base cronologica, ma in base al loro modo di essere, alla loro personalità, al loro modo di scrivere, visione antropologica dei suoi autori, quindi non li sceglie tanto sulla base storica cronologica ma proprio in base a come loro sono, mette l’uomo al centro oltre che la loro letteratura, a lui interessa come è fatto quell’autore, lo studio dell’uomo. Quindi lui sceglie degli autori che hanno caratteristiche simili alle sue, Lombroso era un antropologo, e quindi si può dire che la tipologia umana che De Roberto sceglie per i suoi personaggi e autori di riferimento è quella dello scrittore che cade e dei personaggi che cadono, ma mentre per i personaggi è evidente questa caduta, perché cadono tutti, per gli autori invece è più sottile perché riguarda le loro vita, i loro modi di essere, e non solo quello che dicono, ma anche come scrivono e com’è la loro vita, loro sono personalità che cadono proprio come De Roberto, ma cadere significa anche disillusione, quindi vedere la realtà per quella che è anche se questa realtà è triste. Tutto questo entra nella definizione di romanticismo psicologico ed è un termine che nasce nel 1886 all’interno di un articolo di De Roberto, nell’ ‘86 siamo proprio agli inizi della scrittura di De Roberto, una scrittura molto giovane e matura, non è sicuramente la scrittura più matura di De Roberto, e questo articolo si intitola Leopardi e Flaubert, non è un caso che scelga questi due autori, perché sono due punti di riferimento fondamentali, che sono diversi da un punto di vista storico, perché appartengono a due periodi storici diversi e a appartengono a due società diverse, uno francese e l’altro italiano, quindi sicuramente la situzione non era la stessa anche a livello di società, ma a De Roberto non interessa tanto il punto di vista storico e cronologico ma quello antropologico, e infatti, li sceglie, li mette comunque a confronto nello stesso articolo perché sono accomunati dal romanticismo psicologico, che è l’immagine della malattia romantica, ed è la stessa malattia da cui sono affetti Ermanno e Teresa, ovviamente essendone affetti anche Ermanno e Teresa ne è affetto anche De Roberto, essendo immagini dello scrittore, ed è interessante perché parlando di questo aspetto, del romanticismo psicologico della malattia romantica, De Roberto si fa un’auto analisi, analizza anche se stesso attraverso Leopardi e Flaubert, con questa malattia inoltre, non analizza soltanto se stesso, ma anche tutti gli autori che va ad analizzare perché erano affetti da questa malattia, e lui li sceglie anche in base a questo. Quindi il romanticismo psicologico ha caratteristiche precise che sono: ● un’ipertrofia immaginativa, ovvero l’eccesso di immaginazione, come Teresa, ● poi una straordinaria sensibilità, come Teresa ed Ermanno e anche come lui stesso, ● una passione che non si riesce a frenare principalmente per l’amore e l’arte come Teresa ed Ermanno ma anche come De Roberto e anche come tutti gli autori a cui fa riferimento, perché c’è l’esagerazione del genio che ricade sull’esagerazione della passione e poi c’è la caduta, che fa proprio parte di questa malattia romantica. De Roberto continua a riferirsi a quest’ idea della malattia e scrive su Il giornale di Sicilia tre articoli, questi articoli sono dedicati a quello che lui chiama il male del secolo, e per lui il male del secolo è il pessimismo, e quindi dice che ci sono tre periodi di epidemia: 1. il primo inizia con Rousseau ed è un periodo di sentimentalismo morboso 2. il secondo periodo di epidemia di questo pessimismo è con Leopardi e Schopenhauer 3. il terzo periodo di questo pessimismo si divide tra due opere ovvero: I fiori del male di Baudelaire e Madame Bovary di Flaubert, quindi sia Leopardi che Schopenhauer che Baudelaire che Flaubert tornano sempre nelle sue riflessioni, perché sono appunto autori di riferimento. Mosso dal suo pessimismo, De Roberto inizia a ragionare anche sull’uomo come figura storica, l’uomo storico e quindi un uomo che va avanti, quello progressista, mentre lui è un antistorico e non crede nel progresso, crede sempre che il mondo vada all’indietro e verso la distruzione e infatti all’interno di questi articoli dice che l’uomo storico non esiste e altro non è che un'illusione, sempre torna questa illusione da cui ci si deve svegliare per vedere la tristezza del mondo. Quindi in lui c’è solo pessimismo puro, c’è ancora una caduta, risvegliarsi dall’illusione quando si è iniziati a salire e quindi si cade. Ma la caduta di De Roberto non è una caduta storica ma antropologica, non è dunque una caduta di un periodo storico che si sta vivendo ma è una caduta antropologica, non fa una questione di periodi, lui dice che è un male del mondo, e quindi ritorna la scelta dell’antropologia, e perchè antropologico? Perché riguarda proprio gli uomini senza distinzione tra i periodi storici. Ci sono parallelismi tra la caduta all’interno dei personaggi e la caduta della Bibbia, Maffei mette a paragone diverse cadute e quello che a lui interessa è dimostrare come questa caduta sia presente nei testi a prescindere dal periodo storico, sono messe a paragone cadute moderne e cadute antiche, per farci capire che in passato così come nel presente c’è sempre questa immagine di caduta, non è dunque una questione temporale, ma della civiltà, questo è vero è anche vero che il vizio e la virtù si fondono, e diventano indistinguibili, perché i vizi diventano normalità, all’ordine del giorno. Quindi tutto il mondo è sopraffatto da questi vizi e questi vizi quasi non si riconoscono più perché è un mondo al contrario e ad avere la meglio è la logica del peggiore, secondo cui chi punta in alto è un pazzo. Anche in Lombroso c’è questa immagine del pazzo criminale, ricordiamo che lui in quanto antropologo aveva studiato la criminalità dell’uomo, e la mente dei criminali, ed è per questo che De Roberto prende da lui la malattia, la pazzia, l’ossesisone, quindi dice Lombroso che la caratteristica principale di questi pazzi è l’essere totalmente indifferenti davanti alle vittime, e questo ci ricorda lo stupro di Ermanno anche se poi si rende conto e si suicida, ma nel momento in cui stupra si mostra indifferente rispetto alla vittima, e infatti mentre per Lombroso il punto più basso di questa verticalità è data un po’ da questo reo nato, da questo delinquente, per De Roberto questo reo nato non è il delinquente ma il selvaggio, l’aimale, che ha comuque punti in comune col delinquente di lombroso, ma per lui non è tanto la delinquenza ma l’essere proprio animali, quindi l’uomo quando cade dall’alto per Lombroso diventa un delinquente per De Roberto un animale un selvaggio. Quello che caratterizza questi personaggi sia di De Roberto che di Lombroso (tutti quelli che stanno nella parte bassa di questa verticalità) è l’insensibilità affettiva, perché appunto c’è indifferenza, questi personaggi sono anaffettivi, come se non provassero affetti, però questo ne I Vicerè non è sempre vero, ci sono eccezioni, in cui personaggi provano affetti, sia che siano nel punto inferiore di questa verticalità, o nel punto superiore, quindi o che siano dei geni o dei delinquenti, o selvaggi, per lui entrambi possono provare affetto. Per Lombroso i vizi del delinquente lo modificano, lo cambiano anche fisicamente anche nella fisionomia, inoltre questi loro vizi li rendono fieri del loro operato, loro sono fieri di aver fatto del male, sono fieri e ne parlano con fierezza,e proprio questa fierezza viene ripresa da De Roberto. In De Roberto c’è solo questa fierezza nell’operato, questo vantarsi di ciò che si è fatto di vizioso, che ormai è diventato normalità e quindi se ne parla con normalità, perché ormai il vizio viene percepito come una cosa normale, e un esempio di questo è l’orgoglio dimostrato da donna Fernanda quando racconta al nipote la storia dei vecchi vicerè, che avevano fatto del male che erano stati viziosi ma che per lei sono persone da avere come riferimento, ne parla al nipote, per lei tutto ciò che avevano fatto non solo è normale ma è una cosa di cui vantarsi. Poi ci sono altri esempi in cui questi vizi hanno avuto la meglio e li avvicinano ai gradi più bassi di questa verticalità, e questi personaggi sono principalmente Giacomo, che diventa un superstizioso, Blasco che ha attacchi di ira, Teresa che diventa eccessivamente religiosa, e Raimondo che è eccessivamente infantile, quindi c’è fortissima follia morale. E infatti molti degli Uzeda, sono dei prepotenti, e questa prepotenza ci riconduce al feudalesimo, ma ancora più indietro ai tempi della preistoria (brutalità degli atteggiamenti, quando l’uomo era un selvaggio un animale). Quindi loro tornano proprio indietro nella storia, alcuni sono in basso, altri in alto, ma in un modo o nell’altro impazziranno e inizieranno a muoversi come animali. Gli Uzeda sono un universo, un mondo imperturbabile, quel mondo ideale che De Roberto cercava nei testi, e si parla di auto anatomia, quasi come se di generazione in generazione si facessero da soli, come se il mondo è basato su di loro, non c’è niente di esterno, mondo fatto solo di loro anche anatomicamente, mondo chiuso in cui non c’è alcuna influenza esterna, non toccato da fatti storici, da interventi esterni, sono tutte cose che accadono solo ai vicerè. Per Lombroso questi tempi ormai che si pensavano superati della preistoria, del medioevo sono in realta tempi non lontani da noi, quindi anche Lombroso dice che la preistoria non è tanto lontana da noi e quindi anche l’uomo moderno sotto sotto è un selvaggio mascherato un po con abiti civili che però può sempre cadere e far venire fuori il selvaggio che è in sé. Ne I Vicere tutti impazziscono, tutti sono pazzi, ma ci sono cose che li fanno impazzire, c’è già il pazzo di per sè o colui che stava in alto e poi cade, e molto spesso è l’amore che sfocia in pazzia ne I Vicerè ma non solo ne I Vicerè ma anche ne L’Illusione di Teresa e nella rabbia e stupro di Ermanno, anche se in Ermanno c’era ache l’amore ideale non solo fisico solo che si alternavano i momenti in cui lui amava le donne e momenti in cui le voleva stuprare. Amare ne I Viceré è quasi una condanna a morte perchè si impazzisce sicuramente e qualcuno ci perde anche la vita come Giovannino, quindi quella che viene messa in scena è proprio una lotta della vita, parlando di un mondo chiuso, che è molto simile alla preistoria, c’è questa idea di lotta alla sopravvivenza, anche all'interno dell’amore, e questa lotta per la vita è rappresentata soprattutto per personaggi in particolare più degli altri, e questi personaggi sono Ferdinando, Eugenia, Giovannino, Teresa, Giulente e Matilde, in particolare ce ne sono tre fra questi, che sono Giovannino, Teresa e Matilde che sono tre romantici psicologici, molto simili a Teresa ed Ermanno, perché immaginano l’amore come un qualcosa di ideale, immaginazione eccessiva e sono anche ipersensibili, e quindi si avvicinano anche a Ermanno Teresa e quindi anche a De Roberto stesso e i suoi autori di riferimento. Questi personaggi lottano in queste battaglie all’ultimo sangue in cui devono combattere come se fossero animali, e vengono sconfitti perché alla fine impazziscono, quindi c’è una caduta dall’alto verso il basso, e si trovano nei contesti selvaggi, perché il mondo dei viceré si avvicina alla preistoria, così come secondo Lombroso si avvicina anche il nostro mondo moderno, quindi questi personaggi sono immersi in questa lotta in cui a vincere è il più forte, secondo la legge del più forte, secondo il darwinismo, come se i personaggi de I Vicerè fossero bestie, si configura proprio come un conflitto tra predatori, loro non sono però predatori abbastanza forti da vincere e quindi alla fine cadono, c’è questa immagine della caduta nell'abisso, e quindi anche tra questi personaggi si ritrovano degli alter ego di De Roberto, dove tutti i personaggi nonostante siano tantissimi, ne i Viceré abbiamo tanti personaggi, ma tutti alla fine sono facce della stessa medaglia, anche se abbiamo personaggi opposti, che si trovano uno nel polo superiore e l’altro nel polo inferiore sono comunque opposti che si completano, sono degli opposti che non sono del tutto opposti perché comunque dall’alto si scende e quindi tutti si trovano in basso, ed è per questo che sono l’alter ego di De Roberto, ed è per questo che sono opposti ma anche complementari, facce della stessa medaglia. E’ interessante questo perché queste due facce della medaglia che vengono rappresentati dai personaggi diversi ne I Viceré, mentre invece nelle opere precedenti, erano all’interno della stessa persona, soprattutto nel caso di Ermanno, tutti e due gli opposti si trovavano all’interno dello stesso personaggio, perché ricordiamo che Ermanno era sia idealista che naturalista, ma soprattutto era sia un uomo di ideali, che immagina l’amore, che si illude, sia un uomo solo fisico, che da una parte ama le donne e le rispetta perché le considera intoccabili, ma dall’altra c’è l’uomo che si fa prendere dagli istinti e le stupra, mentre ne I Vicerè queste due volti della stessa medaglia sono rappresentati dai vari personaggi, o appartenenti a un polo o all’altro ma alla fine cadono tutti, chi era già giù e rimane giù non può risalire e chi era su cade. In De Roberto c’era un intento politico, scriveva nelle riviste non è un caso che durante la prima guerra mondiale, quando l'Italia era contro la Germania, De Roberto scrive due articoli, il primo si chiama psicologia dell'uomo forte che è su Bismarck che è un uomo storico, politico tedesco, e dall’altro la psicologia dell’uomo debole, su Luigi di Baviera e lui qui rappresenta i suoi ideali umani dove il più forte è anche il più violento, e c’è questa idea di lotta della vita e Bismarck essendo il più forte è anche il prescelto della regola di sopravvivenza e toglie territori a Luigi di baviera. Maffei nel capitolo mette in contrapposizione i Viceré e l’Illusione e perché lo fa ? I vicerè vengono subito dopo l’Illusione, ma ci si aspettava che De Roberto scrivesse un romanzo sulla verità svelata dopo L’illusione, che alzasse quel velo di cui aveva parlato e ci mostrasse la verità svelata, essendo un uomo metodico, quest’immagine della disillusione riprende anche un po’ il velo di Maya di Schopenhauer, e quindi ci si aspettava da lui un testo sul mondo reale nudo e crudo. Lui lo inizia a scrivere e infatti scrive a Di Giorgio in una lettera gli scrive di star scrivendo un romanzo intitolato realtà che avrebbe fatto coppia con l'Illusione, però dice anche che aveva dovuto staccare subito dopo un capitolo perché era troppo triste e gli stava facendo paura, quindi non riesce a scrivere di questa realtà nuda e cruda, e inizia a scrivere i Viceré che da una parte completano l’illusione nel significato e dall’altra parte lo invertono. Da una parte sono l’opposto dell’Illusione, e quindi più vicino a quello che doveva essere la realtà, una vera a propria inversione, es. da un personaggio de L’Illusione si passa a tanti personaggi, dall’altra parte però la completano, quindi sono un po’ una continuazione dell’illusione, proprio un completamento del significato dell’Illusione. Effettivamente lui pensandoci bene la realtà come romanzo non avrebbe mai potuto rappresentare effettivamente la realtà perché secondo De Roberto la realtà è relativa, quindi lui ne I Viceré supera quella rigidità di separazione dei metodi che aveva avuto finora, cioè separazione tra naturalismo e idealismo, viene eliminata nel senso che usa entrambi e non si fa problemi ad usarli entrambi e poi soprattutto lui per scrivere parte da sé stesso, non fa come aveva fatto prima che scriveva qualcosa che aveva già pensato, ma si guarda dentro e scrive man mano non ha già un’idea prestabilita, non pensa prima al romanzo o alla trama ma scrive man mano, guarda in sé stesso e poi lo mette su carta, e infatti in questa lettera a Di Giorgi in cui gli aveva parlato della realtà di romanzo dice che sta scrivendo in quel momento un altro romanzo ma non sa quello che ne uscirà, dice che non era premeditato ma lo scrive in base a quello che sente al momento, e infatti dice Maffei è un romanzo che sembra essere scritto da uno psicologo, perché lui lo scrive guardandosi dentro.
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