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La personalità: cos'è e come si misura in psicologia, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Sunto del capitolo in cui si definisce la personalità, tratto dal manuale di psicologia generale di Schacter e Gilbert

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 18/09/2020

Erica.Cerami
Erica.Cerami 🇮🇹

3.8

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Scarica La personalità: cos'è e come si misura in psicologia e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! CAP XII LA PERSONALITA’ Come e perché le persone differiscono psicologicamente? Dallo studio di diversi individui unici, gli psicologi hanno cercato evidenze per rispondere scientificamente a questo quesito centrale sulla personalità. La personalità riguarda le caratteristiche individuali, lo stile di comportamento, di pensiero e di sentimenti. In questo capitolo, esploreremo la personalità, osservando inizialmente che cos’è e come viene misurata, e successivamente ci focalizzeremo su ognuno dei quattro principali approcci che hanno cercato di spiegarla: tratti biologici, approccio psicodinamico, approccio umanistico-esistenziale e socio cognitivo. La personalità: cos’è e come si misura Di regola le persone non si sforzano per farsi una personalità – essa sembra svilupparsi naturalmente nel corso della vita. Gli psicologi hanno cercato di comprendere i processi dello sviluppo della personalità riflettendo su interrogativi relativi la descrizione (come le persone differiscono), la spiegazione (perché le persone differiscono) e la misura quantitativa (come può la personalità essere misurata?) Descrizione e spiegazione della personalità Così come i primi biologi seriamente cercavano di classificare tutte le piante e gli animali, gli psicologi della personalità iniziarono classificando e descrivendo le differenti personalità. E così come i biologi giunsero alla teoria dell’evoluzione Darwiniana che spiega come nascono le differenze tra le specie, ugualmente gli studi più maturi sulla personalità hanno sviluppato spiegazioni sulle basi delle differenze psicologiche tra gli individui. Molti psicologi della personalità, si sono focalizzati su specifiche e importanti differenze individuali, caratteristiche tipo l’onestà, l’ansia o il pessimismo. Inoltre, spesso la personalità è negli occhi di chi guarda. Molti psicologi hanno provato a studiare e spiegare le differenze di personalità facendo riferimento ad alcuni tipi di eventi, eventi antecedenti che possono aver modellato la personalità di un individuo e anticipazioni che portano la persona a manifestare particolari caratteristiche della personalità. I ricercatori interessati agli eventi antecedenti al nostro comportamento scavano nel nostro subconscio, nelle circostanze della nostra vita e nelle relazioni interpersonali. Considerare le anticipazioni enfatizza la propria persona in una prospettiva egocentrica, e spesso rappresenta la riflessione intima e personale della vita interiore della persona stessa. Misurare la personalità Tra tutti gli aspetti che gli psicologi devono misurare, la personalità è uno dei più difficili. Le misure generali di personalità sono classificate solitamente in inventari di personalità e in tecniche proiettive. Inventari di personalità basati su self-report Gli psicologi hanno sviluppato modi per ottenere dati oggettivi sulla personalità senza dover condurre i soggetti osservati alla violenza. La tecnica più popolare è il self-report, un metodo in cui le persone forniscono informazioni soggettive circa i propri pensieri, sentimenti o comportamenti, tipicamente attraverso questionari o interviste. I soggetti sono invitati a cerchiare un numero su una scala che indica il grado in cui ritengono che quell’affermazione corrisponda alla propria decisione oppure a indicare se una affermazione sia vera o falsa nel descriverli. I ricercatori successivamente combinano le risposte per ottenere un quadro generale delle personalità individuali rispetto a un particolare dominio. Come viene sviluppata una scala self- report? La strategia più usata è quella di raccogliere un insieme di auto-descrizioni che indicano differenti gradi di caratteristiche di personalità. Per misurare l’amicalità, per esempio, si può domandare alle persone di misurare il loro accordo con affermazioni che vanno da “Qualche volta sono amichevole” a “Sono molto socievole”. Sommando gli item, i valori più alti corrispondono alle caratteristiche di amicalità e permettono di ottenere una misura autoriferita sull’amicalità della persona che ha compilato il questionario. Le scale basate sui contenuti derivati da indagini di self-report sono state sviluppate per valutare un intero range di caratteristiche di personalità, che va da tendenze più generali come il grado di felicità a quelle più specifiche come rispondere rapidamente agli insulti oppure lamentarsi per il malfunzionamento dei servizi. Uno dei test di personalità più comunemente usato è il Minnesota Mutliphasic Personality Inventory (MMPI), un questionario clinico, ben standardizzato, che viene usato per la valutazione della personalità e dei problemi psicologici. L’MMPI è stato sviluppato nel 1939 e rivisto diverse volte nel corso degli anni, fino alla versione attuale, l’MMPI-2-RF. L’MMPI-2-RF è costituito da 338 affermazioni descrittive alle quali la persona risponde “vero”, “falso”, o “non so”. L’MMPI-2-RF misura un ampio numero di costrutti psicologici: problemi clinici (comportamenti antisociali, pensieri disfunzionali), problemi somatici (mal di testa, problemi cognitivi), problemi internalizzati (ansia, insicurezza), problemi esternalizzati (aggressività, abuso di sostanze) e problemi interpersonali (problemi familiari). L’MMPI-2-RF include anche delle scale di validità che valutano l’affidabilità della persona verso il test e la tendenza a cercare di distorcere il risultato con risposte false. Gli inventari di personalità come l’MMPI-2-RF sono di facile somministrazione: tutto ciò di cui si necessita è possedere il test e una matita (o un computer). I punteggi della persona che risponde sono calcolati e confrontati con la media del punteggio di migliaia di altre risposte. Dal momento che non è necessaria alcune interpretazione umana della risposta, ogni possibile pregiudizio della persona che li somministra è minimizzato. Ovviamente la misura accurata della personalità sarà possibile solo se le persone forniranno risposte accurate. Sono state, tuttavia, sollevate una serie di critiche e limitazioni ai test self-report. Uno dei problemi è che molte persone hanno la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile. Inoltre, e anche più problematico, è che esistono aspetti di noi stessi che non conosciamo e che quindi siamo incapaci di riportare. Tecniche proiettive basate sull’analisi di informazioni ambigue Una seconda, controversa, classe di strumenti per valutare la personalità è stata sviluppata per ovviare alle limitazioni precedentemente esposte dai self-report, ed è rappresentata dai test proiettivi, ovvero test costruiti per rivelare aspetti interni della personalità degli individui attraverso le loro risposte a una serie standardizzata di stimoli ambigui. Probabilmente il più conosciuto è il test delle Macchie di Rorschach, una tecnica proiettiva in cui i pensieri e i sentimenti più intimi delle persone si suppone siano rilevati dall’analisi delle loro risposte a un set di macchie d’inchiostro non strutturate. Le risposte sono corrette secondo un complicato sistema che classifica cosa le persone vedono. Il Test di Appercezione Tematica (TAT) è una tecnica proiettiva in cui le sottostanti motivazioni e preoccupazioni, nonché il modo di vedere il mondo sociale della persona che risponde si suppone siano rivelate attraverso l’analisi di storie che rappresentano dei personaggi. Molte tavole del TAT tendono a stimolare la produzione di un insieme coerente di temi che si ripetono. Persone differenti raccontano storie molto differenti a partire dalle tavole: creando una storia, si assume che la persona si identifichi con il protagonista principale e che proietti la sua visione degli altri e del mondo sugli dettagli dell’immagine. Quindi ogni dettaglio che non fa parte della tavola è ritenuto essere proiettato sulla storia a partire dai desideri e dai conflitti interni della persona. I critici sostengono che i test come il test delle Macchie di Rorschach e il TAT siano molto soggetti ai pregiudizi dell’esaminatore. Una storia del TAT potrebbe sembrare rivelatrice; comunque l’esaminatore deve spesso aggiungere un’interpretazione, e l’interpretazione potrebbe essere la proiezione della persona che fa la valutazione nella mente del soggetto sottoposto al test. Così, dovremmo interpretare i test proiettivi essenzialmente come un modo in cui lo psicologo può arrivare a conoscere qualcuno personalmente e intuitivamente. Il TAT e il test delle Macchie di Rorschach, così come gli altri test proiettivi, non si sono mostrati affidabili e validi nel predire i comportamenti umani. Metodi che utilizzano la tecnologia I più recenti metodi di misura della personalità stanno superando gli inventari self-report e i test proiettivi. I metodi high-tech, come, per esempio, la comunicazione wireless, la real-time computer analysis, e l’automated behavior identification, aprono la porta a misure di personalità e potrebbero condurre a marcatamente più simili tra loro nella personalità rispetto ai gemelli fraterni. In poche parole, più geni hai in comune con qualcuno, più simili saranno le personalità. I geni sembrano influenzare la maggior parte dei tratti della personalità, e le stime attuali collocano la componente genetica media della personalità intorno a 0,40. Questi coefficienti di ereditarietà indicano che circa il 40% della variabilità tra gli individui deriva da fattori genetici e il restante 60% da influenze ambientali. Certamente, i fattori genetici non spiegano tutto. Gli studi sui gemelli sottolineano l’importanza della genetica Gli studi sui gemelli suggeriscono che la misura in cui i Big Five derivano da differenze genetiche varia da 0,35 a 0,49. Come nello studio sull’intelligenza, è necessario escludere potenziali fattori confondenti. I gemelli identici sono trattati in modo più simile, e hanno un ambiente condiviso maggiore, rispetto ai gemelli fraterni? Da bambini, erano vestiti con gli stessi abiti e iscritti nelle stesse squadre sportive? Questo potrebbe in qualche modo produrre somiglianze nelle loro personalità? Gli studi su gemelli identici allevati in luoghi molto distanti in famiglie adottive suggeriscono che gli ambienti condivisi hanno poco impatto: i gemelli identici separati alla nascita mostrano la stessa personalità, come quelli che crescono insieme. Una scoperta provocatoria ha evidenziato che fattori ambientali condivisi, possono avere poco impatto diretto sulla personalità. Secondo questi ricercatori, crescere semplicemente nella stessa famiglia non rende le persone molto simili. Infatti, quando due fratelli sono simili, si ritiene che ciò sia dovuto principalmente alle somiglianze genetiche. I ricercatori hanno anche documentato specifiche somiglianze comportamentali e di atteggiamento nei gemelli. Uno studio che esaminò 3000 coppie di gemelli identici e fraterni trovò prove per la trasmissione genetica di opinioni conservatrici su argomenti come il socialismo, l’autorità ecclesiastica, la pena di morte e il matrimonio interrazziale. E’ molto improbabile che un gene specifico sia direttamente responsabile di un complesso esito psicologico come le convinzioni su problemi sociali o politici. Piuttosto, un insieme di geni può produrre caratteristiche o tendenze specifiche per pensare in modo conservatore o liberale. Uno studio recente ha esaminato il DNA di 13 000 persone e ha misurato in che misura hanno espresso atteggiamenti conservatori o liberali. I ricercatori hanno scoperto associazioni tra conservatorismo e liberalismo e regioni cromosomiche legate alla flessibilità mentale. Differenze di genere: biologia o cultura? Nel complesso, uomini e donne sembrano essere molto più simili nella personalità di quanto siano diversi. Tuttavia, i ricercatori hanno trovato alcune differenze significative tra uomini e donne rispetto ai tratti, agli atteggiamenti e ai comportamenti autoriferiti. Per esempio, i ricercatori hanno scoperto che le donne sono più espressive verbalmente, più sensibili ai segnali non verbali e più accudenti degli uomini. Gli uomini sono più aggressivi fisicamente delle donne, ma le donne sono più coinvolte in aggressioni verbali e in comportamenti aggressivi nelle interazioni sociali rispetto agli uomini anche in età molto giovane. Sul modello dei Big Five, gli studi condotti su dozzine di culture in tutto il mondo mostrano che le donne hanno punteggi più alti nei tratti del nevroticismo, dell’estroversione, della gradevolezza e della coscienziosità; in termini di apertura mentale, le donne segnalano una maggiore apertura ai sentimenti e gli uomini una maggiore apertura alle idee. Molte delle differenze di genere esistenti negli adulti sono meno pronunciate durante l’infanzia. Tuttavia, i fattori culturali possono avere un ruolo nel modo in cui i bambini imparano a esprimere le proprie emozioni. Anche il contesto sembra giocare un ruolo: le differenze di genere osservate erano meno pronunciate quando i bambini erano con i loro genitori e più pronunciate quando erano con i loro amici. Un altro fattore che può contribuire all’emergere delle differenze di personalità nell’adolescenza, tuttavia, è la comparsa simultanea di differenze negli ormoni sessuali durante la pubertà. Gli animali hanno personalità? Un’altra fonte di prove per le basi biologiche della personalità umana proviene dallo studio di animali non umani. Il ricercatore Sam Gosling (1998) ha reclutato quattro osservatori umani per utilizzare le scale della personalità per valutare le diverse iene nel gruppo. Quando esaminò i punteggi delle valutazioni trovò cinque dimensioni; tre somigliavano strettamente ai tratti del Big Five di nevroticismo, apertura all’esperienza e gradevolezza. Poiché diversi osservatori sembrano concordare su dove un animale si colloca rispetto a una determinata dimensione, i risultati non sono il frutto della semplice immaginazione o della tendenza ad antropomorfizzare (attribuire caratteristiche umane agli animali non umani). Tali scoperte della vicinanza tra specie diverse negli stili comportamentali aiutano a sostenere l’idea che i meccanismi biologici siano alla base di tratti di personalità condivisi da molte specie. Da una prospettiva evoluzionistica, le differenze di personalità riflettono adattamenti alternativi che si sono evoluti in specie – umane e non umane – per affrontare le sfide della sopravvivenza. Attraverso il processo di selezione naturale, quelle caratteristiche che si sono dimostrate efficaci nella nostra lotta evolutiva per la sopravvivenza sono state trasmesse alle generazioni future. Non solo gli animali hanno personalità, ma mostrano anche la coerenza di questi tratti nel tempo. La coerenza dei tratti di personalità nei cani del tempo, frutto di uno studio recente, ha mostrato che le caratteristiche di personalità presenti durante la giovinezza tendono a persistere nell’età adulta dei cani. Oltre a ciò, lo studio della personalità negli animali non umani offre diversi vantaggi: una migliore capacità di misurare la fisiologia, maggiori opportunità per l’osservazione naturalistica e per il percorso di vita. I meccanismi neurofisiologici alla base dei tratti Quali meccanismi neurofisiologici potrebbero influenzare lo sviluppo dei tratti della personalità? Gran parte dello studio su questo argomento si è concentrato sulla dimensione di introversione-estroversione. Nel suo modello di personalità, Eysenck (1967) ha ipotizzato che l’estroversione e l’introversione potrebbero derivare dalle differenze individuali nell’eccitazione corticale. Eysenck ha suggerito che gli estroversi potrebbero ricercare interazione sociale perché la loro formazione reticolare (la parte del cervello che regola l’eccitazione o la vigilanza) non è facilmente stimolata. Per ottenere una maggiore eccitazione corticale e sentirsi completamente all’erta, Eysenck ha sostenuto che gli estroversi ricercano interazioni sociali, feste e altre attività per raggiungere la stimolazione mentale. Al contrario, gli introversi potrebbero preferire la lettura o le attività tranquille perché la loro corteccia è più facilmente stimolata a una soglia di vigilanza ottimale. In una versione raffinata delle idee di Eysenck sull’eccitabilità, Jeffrey Gray (1970) ha proposto che le dimensioni di introversione-estroversione e nevroticismo riflettono due sistemi cerebrali di base. Il sistema di attivazione comportamentale (Behavioral Activation System, BAS), essenzialmente un sistema “go” che attiva il comportamento di approccio in risposta della ricompensa. L’estroverso ha un BAS altamente reattivo e si impegnerà attivamente nell’ambiente, cercando rinforzi sociali e mantenendosi in movimento. Il sistema di inibizione comportamentale (Behavioral Inibition System, BIS) un sistema di “stop”, che inibisce il comportamento in risposta agli stimoli che segnalano la punizione. La persona ansiosa o introversa, a sua volta, ha un BIS altamente reattivo e si concentrerà su risultati negativi e sarà alla ricerca di segnali di stop. Poiché questi due sistemi operano in modo indipendente, è possibile che qualcuno sia contemporaneamente una persona che si attiva, go, e successivamente si arresta, stop (attivata e inibita allo stesso tempo), intrappolata in un conflitto costante fra questi due tratti. Studi sull’attività elettrica cerebrale (ECG) e di risonanza magnetica funzionale (fMRI) suggeriscono che le differenze individuali nell’attivazione e inibizione sorgono attraverso l’operazione di distinti sistemi cerebrali alla base di queste tendenze. Ancora più recentemente, gli studi hanno suggerito che i tratti fondamentali della personalità sopra descritti possono derivare da differenze individuali nel volume delle diverse regioni del cervello associate a ciascun tratto. L’approccio psicodinamico: forze al di sotto della consapevolezza Piuttosto che cercare di comprendere la personalità in termini di teorie generali volte a descrivere le differenze individuali, Freud ha indagato la personalità nei minimi dettagli. Lavorando con pazienti con disturbi che non avevano alcuna base fisica, iniziò a interpretare le origini dei loro errori quotidiani e dei vuoti di memoria, errori che sono stati chiamati lapsus freudiani. Freud usò il termine psicoanalisi per riferirsi sia alla sua teoria della personalità sia al suo metodo di trattare i pazienti. Le teorie di Freud e dei suoi seguaci sono conosciute come approccio psicodinamico, un approccio che considera la personalità come formata da bisogni, pressioni e desideri che operano in gran parte al di fuori della consapevolezza, che possono produrre disturbi emotivi. I veri motori della personalità, in quest’ottica, sono forze di cui siamo in gran parte inconsapevoli. La struttura della mente: ES, IO, SUPER-IO Per spiegare le difficoltà emotive che affliggono i suoi pazienti, Freud propose che la mente fosse composta da tre sistemi indipendenti, interagenti e spesso in conflitto: l’ES, l’IO e il Super-io. Il sistema più elementare, l’Es, è la parte della mente che contiene le pulsioni presenti alla nascita; è la fonte dei nostri bisogni, desideri, aspirazioni e impulsi fisici, in particolare delle nostre pulsioni sessuali e aggressive. L’Es opera secondo il principio del piacere, la forza psichica che motiva la tendenza a cercare la gratificazione immediata di ogni impulso. In opposizione all’Es troviamo il Super-io, il sistema mentale che riflette l’interiorizzazione delle regole culturali, apprese principalmente attraverso i genitori durante l’esercizio della loro autorità. Il Super-io consiste in un insieme di linee guida, norme interiori e altri codici di condotta che regolano e controllano i nostri comportamenti, pensieri e fantasie. Agisce come una specie di coscienza, punendoci quando scopre che stiamo facendo o pensando qualcosa di sbagliato e premiandoci per aver raggiunto mete ideali. Il sistema finale della mente, secondo la teoria psicoanalitica, è l’Io, la componente della personalità sviluppata attraverso il contatto con il mondo esterno, che ci consente di affrontare le esigenze pratiche della vita. L’Io opera secondo il principio di realtà, il meccanismo di regolazione che ci consente di ritardare la gratificazione dei bisogni immediati e di funzionare efficacemente nel mondo reale. E’ il mediatore tra l’Es e il Super-io. Freud riteneva che la forza relativa delle interazioni tra i tre sistemi della mente (cioè quale sistema sia solitamente dominante) determina la struttura di base della personalità di un individuo. Ma la forza dell’Es dei bisogni personali, la forza del Super-io delle pressioni per soddisfare quei bisogni, e la forza dell’Io rappresentata dalla realtà vivono un costante conflitto interno. Freud credeva che le dinamiche tra l’Es, il Super-io e l’Io fossero in gran parte governate dall’ansia, una sensazione spiacevole che sorge quando si verificano pensieri o sentimenti indesiderati. Quando l’Io riceve un segnale di “allarme” sotto forma di ansia, si mette in una posizione di difesa nel tentativo di allontanare l’ansia. Secondo Freud, lo fa usando uno dei diversi meccanismi di difesa, meccanismi di fronteggiamento inconsci che riducono l’ansia generata da minacce provenienti da impulsi inaccettabili. Gli psicologi orientati psicodinamicamente credono che i meccanismi di difesa ci aiutino a superare l’ansia e a muoverci efficacemente nel mondo esterno e che il nostro stile caratteristico di difesa diventi la nostra firma nell’affrontare il mondo e un aspetto essenziale della nostra personalità. Gli stadi psicosessuali e lo sviluppo della personalità Freud ha anche proposto che la personalità di base di una persona si formi prima dei 6 anni durante una serie di periodi sensibili, o fasi della vita, quando le esperienze influenzano tutto ciò che seguirà. Freud definiva questi periodi fasi dello sviluppo psicosessuale, fasi distinte dei primi anni di vita durante le quali si forma la personalità mano a mano che il bambino sperimenta piacere sessuale da specifiche aree corporee. Gli educatori reindirizzano tali sensazioni piacevoli o interferiscono con esse. Freud sosteneva che il risultato dell’interferenza degli adulti con le energie spese dal bambino nella ricerca del piacere, determina un conflitto. Ad ogni stadio, una diversa regione corporea, o zona erogena, domina l’esperienza soggettiva del bambino. Ogni regione rappresenta un campo di battaglia dove si scontrano gli impulsi dell’Es del bambino e il mondo esterno adulto. Secondo Freud, i problemi e i conflitti incontrati in una qualsiasi delle fasi dello sviluppo psicosessuale influenzeranno la personalità in età adulta. I conflitti derivanti, in una data fase, dalla privazione o, paradossalmente, da un’eccessiva soddisfazione potrebbero produrre uno stato di fissazione, un fenomeno in cui le pulsioni di ricerca del piacere di una persona diventano psicologicamente bloccate o arrestate in quella fase psicosessuale. Freud ha descritto i tratti specifici di personalità derivanti dalla fissazione nelle diverse fasi dello sviluppo psicosessuale. Di seguito è riportato come l’autore ha spiegato ciascuna fase e gli effetti della fissazione nella fase: della cognizione sociale credono che sia la situazione corrente sia la storia dell’apprendimento siano fattori determinanti del comportamento e si focalizzano su come le persone percepiscono i loro ambienti. L’approccio socio-cognitivo indaga come la personalità e le situazioni interagiscono producendo determinati comportamenti, come la personalità contribuisca all’interpretazione che le persone costruiscono delle situazioni e come gli obiettivi e le aspettative delle persone ne influenzino le risposte alle situazioni. La coerenza della personalità in situazioni diverse Anche se gli psicologi socio-cognitivi attribuiscono il comportamento sia alla personalità dell’individuo che alle situazioni, la situazione può spesso prevalere sulla personalità. Nella convinzione che l’effetto delle situazioni possa influenzare quasi tutti, gli psicologi socio-cognitivi sono in quale modo in disaccordo con le assunzioni di base della psicologia della personalità classica; cioè che le caratteristiche della personalità (come i tratti, i bisogni, le pulsioni inconsce) fanno sì che le persone si comportino nello stesso modo nelle situazioni e nel tempo. Al centro dell’approccio socio-cognitivo risiede la controversia persona-situazione, che si concentra sulla questione se il comportamento dipenda più dalla personalità o più da fattori legati alle circostanze. Questa controversia è iniziata con Walter Mischel (1968) che ha sostenuto che i tratti di personalità non sono granché utili nella predizione del comportamento degli individui. Mischel ha esaminato decenni di ricerche che confrontavano i punteggi ottenuti ai test di personalità standard con i comportamenti effettivi, valutando i risultati ottenuti da studi che si ponevano domande, quali: “Una persona con un punteggio elevato in un test per l’introversione trascorre effettivamente più tempo da sola rispetto a una persona con un punteggio basso?”. La conclusione a cui Mischel arrivò fu che la correlazione media tra tratto e comportamento è solo di circa 0,30, certamente meglio di zero (cioè nessuna relazione), ma non è un valore molto alto, ricordando che una predizione perfetta è rappresentata da una correlazione di 1,0. Mischel ha anche notato che sapere come una persona si comporterà in una situazione non è particolarmente utile nel predire il comportamento di quella persona in un’altra situazione. Mischel ha sostenuto che i tratti non predicono molto bene perché i comportamenti sono determinati da fattori situazionali piuttosto che dalla personalità molto di più di quanto i teorici non vogliano riconoscere. Non esiste personalità, allora? Facciamo tutti solo ciò che le situazioni richiedono? La controversia persona-situazione ha ispirato molti studi negli anni successivi alle critiche poste da Mischel, ed è chiaramente emerso che sono necessarie sia le informazioni sulla personalità che quelle sulla situazione per predire accuratamente un comportamento. Alcune situazioni sono particolarmente forti e portano tutti a comportarsi in modo simile indipendentemente dalla personalità. Ma in situazioni più tranquille, la personalità può farsi avanti per influenzare il comportamento. La coerenza della personalità, quindi, sembra essere una questione di quando e dove un certo tipo di comportamento tende a essere mostrato. I teorici socio-cognitivi credono che questi modelli di coerenza della personalità derivino dal modo in cui le persone perseguono i propri obiettivi nelle diverse situazioni. I costrutti della personalità: la personalità percepita Ricordiamo la nostra idea che la personalità spesso esiste “negli occhi di chi guarda”. Lo stesso si può dire delle situazioni: ciò che per una persona è una miniera d’oro, può essere per un’altra persona un pozzo nero. George Kelly (1955) si rese conto che queste differenti prospettive potevano essere utilizzate per comprendere la personalità di chi percepisce la situazione. Egli suggerì che le persone vedono il mondo sociale da prospettive diverse e che queste diverse visioni dipendono da costrutti personali, dimensioni che le persone usano nel dare un senso alle loro esperienze. Kelly ha valutato i costrutti personali sulle relazioni sociali chiedendo alle persone di: 1. Elencare le persone che facevano parte della loro vita quotidiana 2. Considerare tre persone dire una somiglianza tra due di loro e una differenza tra le due e la terza persona 3. Ripetere questo esame con altre triplette. In questo modo il soggetto produce un elenco di dimensioni che utilizza per classificare gli amici e la famiglia Kelly ha proposto che i diversi costrutti personali sono la chiave per le differenze di personalità; cioè, diversi costrutti portano le persone ad assumere comportamenti diversi. La teoria socio-cognitiva spiega le diverse risposte alle situazioni con l’idea che le persone sperimentano e interpretano il mondo in maniera diversa. Gli obiettivi personali e le aspettative portano a uno stile di comportamento unico Le teorie socio-cognitive riconoscono anche la peculiare visione ha una persona ha delle situazioni si riflette nei suoi obiettivi personali, che sono spesso consci. Questi obiettivi riflettono spesso compiti rispondenti alla situazione in cui la persona si trova e, in un senso più ampio, si adattano al ruolo e alla fase della vita della persona. Le persone traducono gli obiettivi in comportamenti, in parte attraverso aspettative sui risultati, le supposizioni di una persona sulle conseguenze probabili di un comportamento futuro. Proprio come un topo da laboratorio impara che premendo una barra viene rilasciato del cibo, apprendiamo che “se sono amichevole verso le persone, esse saranno a loro volta amichevoli” e “se chiedo alle persone di farmi male, si allontaneranno da me”. Così impariamo a mettere in atto comportamenti che, nelle nostre aspettative, avranno il risultato di avvicinarci ai nostri obiettivi. Le nostre aspettative sui risultati sono apprese attraverso l’esperienza diretta, sia amara che dolce, semplicemente osservando le azioni degli altri e le loro conseguenze. Le aspettative si combinano con gli obiettivi di una persona producendo il caratteristico stile di comportamento di quella persona. Un individuo con l’obiettivo di fare amicizia e l’aspettativa che la gentilezza produca calore in cambio è probabile che si comporti in modo molto diverso da un individuo il cui obiettivo è raggiungere la fama a ogni costo e da chi crede che l’autopromozione spudorata sia la strada verso la notorietà. Non vogliamo tutti le stesse cose dalla vita, chiaramente, e la nostra personalità riflette in gran parte gli obiettivi che perseguiamo e le aspettative che abbiamo sui migliori modi per perseguirli. Le persone differiscono nella loro aspettativa generale per il raggiungimento degli obiettivi. Alcune persone sembrano sentire di avere il pieno controllo di ciò che accade nella loro vita, mentre altri sentono che il mondo distribuisce premi e punizioni indipendentemente dalle loro azioni. Julian Rotter (1966) sviluppò un questionario per misurare la tendenza di una persona a percepire il controllo delle ricompense come interno al sé o esterno, cioè situato nell’ambiente, una disposizione chiamata locus di controllo. Le persone le cui risposte suggeriscono che credono di controllare il proprio destino si dice abbiano un locus di controllo interno, mentre coloro che ritengono che i risultati sono casuali, determinati dalla fortuna o controllati da altre persone sono descritti come aventi un locus di controllo esterno. Queste credenze si traducono in differenze individuali nelle emozioni e nel comportamento. Le persone con un locus di controllo interno, per esempio, tendono ad essere meno ansiose, a ottenere di più e ad affrontare meglio lo stress rispetto alle persone con un orientamento esterno. Il Sé: la personalità allo specchio Molti di noi hanno una certa familiarità con il volto che ci guarda allo specchio. Sviluppiamo la capacità di riconoscerci allo specchio a 18 mesi di età. Il riconoscimento di se stessi allo specchio evidenzia la nostra straordinaria capacità di pensiero, sentimenti e azioni, un’abilità che ci consente di costruire idee sulla nostra personalità. Gli esseri umani hanno una conoscenza approfondita e ricca di loro stessi. Certo, nessuno di noi sa tutto ciò che c’è da sapere sulla propria personalità. Ma abbiamo una conoscenza di noi stessi sufficiente per rispondere in modo affidabile a questionari di personalità e descrivere i nostri tratti e i nostri comportamenti. Queste osservazioni si basano su ciò che pensiamo di noi stessi (il nostro concetto di sé) e a ciò che sentiamo su noi stessi (la nostra autostima). Il concetto di sé e l’autostima sono sfaccettature importanti della personalità, non solo perché rivelano come le persone vedono la propria personalità, ma perché guidano anche il modo in cui le persone pensano di essere viste dagli altri. Il concetto di sé Nel suo famoso libro di testo di psicologia, William James (1890) includeva una teoria del sé in cui egli indicava le due sfaccettature del Sé, l’Io e il Me. L’Io rappresenta il sé che pensa, sperimenta e agisce nel mondo; è il Sé soggetto di conoscenza. Il Me rappresenta il Sé che come un oggetto nel mondo, è oggetto della conoscenza. L’Io è molto simile alla coscienza, quindi, una prospettiva su tutto ciò di cui facciamo esperienza, ma il Me è meno misterioso. È semplicemente il concetto che una persona ha di Sé. Se ti viene richiesto di descrivere il vostro Me, potreste menzionare le vostre caratteristiche fisiche (maschio o femmina, alto o basso, dalla pelle scura o chiara); le vostre attività, i tratti della vostra personalità, o i vostri ruoli sociali. Queste caratteristiche costituiscono il concetto di sé, la conoscenza esplicita che una persona ha dei propri comportamenti, tratti e altre caratteristiche personali. Il concetto di sé di una persona è un insieme organizzato di conoscenze che si sviluppa dalle esperienze sociali e ha un profondo effetto sul comportamento di una persona nel corso della vita. Organizzazione del concetto di sé La conoscenza di noi stessi che conserviamo nella nostra memoria autobiografica sembra essere organizzata spontaneamente in due modi: come racconti di episodi della nostra vita e in termini di tratti. I racconti di Sé sono storie che raccontiamo di noi stessi L’aspetto del concetto di sé è rappresentato da un’auto-narrazione (la narrazione della nostra storia) che può essere breve o molto lunga. La vostra storia di vita potrebbe iniziare con la vostra nascita e la vostra educazione, descrivere una serie di momenti decisivi e finire dove siete oggi. E’ possibile selezionare eventi ed esperienze specifiche, obiettivi e compiti della vita e ricordi di luoghi e persone che vi hanno influenzato. L’auto-narrazione organizza i momenti salienti (e i colpi bassi) della vostra vita in una storia in cui siete il protagonista principale, e li lega insieme al vostro “concetto di sé”. Gli schemi del Sé sono insiemi di tratti che usiamo per definire noi stessi Anche il concetto di sé è organizzato in un modo più astratto, in termini di tratti di personalità. Proprio come puoi valutare un oggetto attraverso i suoi attributi, puoi giudicare te stesso su un numero di tratti – e farlo in modo molto affidabile, riproducendo la stessa valutazione in più occasioni. Hazel Markus (1977) ha osservato che ogni persona ha alcuni tratti unici della personalità particolarmente importanti per concettualizzare il proprio sé. Markus ha definito i tratti che la gente usa per definire se stessa schemi del sé, sottolineando che essi compongono informazioni sul sé in uno schema coerente. La ricerca condotta da Markus mostrava inoltre che i tratti che le persone usano per giudicare il sé tendono a fissarsi nella memoria. Quando le persone formulano giudizi di loro stessi, rispetto a determinati tratti, in seguito ricorderanno quei tratti meglio di quanto non accade se, rispetto agli stessi tratti, hanno espresso un giudizio sulle altre persone. In studi riguardanti questo effetto di autorilevanza sulla memoria, i ricercatori che impiegano tecniche di neuroimaging hanno scoperto che la semplice attività di formulare giudizi sul concetto di sé è accompagnata dall’attivazione della corteccia prefrontale mediale (MPFC), un’area cerebrale coinvolta nella comprensione degli altri. Questa attivazione è maggiore, quando le persone giudicano loro stesse rispetto a un dato tratto che non quando giudicano qualcun altro. Tale maggiore attivazione è legata a un ricordo migliore dei tratti in esame. Racconti del sé, tratti e comportamenti: non sempre combaciano Qual è la corrispondenza tra il racconto di sé e il concetto di sé? Questi due modi di auto concettualizzazione del sé non sempre coincidono. I tratti che usiamo per descrivere noi stessi sono generalizzazioni, e non tutti gli episodi delle nostre storie di vita necessariamente rispondono a tali generalizzazioni. In effetti, la ricerca suggerisce che non c’è un’integrazione molto buona tra le memorie dei nostri comportamenti e i tratti. Nelle persone che sviluppano forme di amnesia, per esempio, la memoria dei comportamenti può andare perduta mentre il concetto di sé espresso dai tratti rimane stabile. Cause ed effetti del concetto di Sé
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