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La poetica di Giovanni Pascoli, Schemi e mappe concettuali di Italiano

La vita e l'opera di Giovanni Pascoli, uno dei maggiori poeti italiani dell'Ottocento. Si analizzano le sue raccolte poetiche più importanti e la sua teoria poetica, basata sull'idea del poeta fanciullo. Si approfondiscono inoltre i temi ricorrenti nella sua poesia, come la natura, la morte e la sessualità. Infine, si discute della sua evoluzione poetica e della sua involuzione verso temi nazionalistici. utile per chi vuole approfondire la figura di Pascoli e la sua poetica.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

In vendita dal 04/02/2022

melissa-taddei
melissa-taddei 🇮🇹

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(1)

16 documenti

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Scarica La poetica di Giovanni Pascoli e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! Nel 1897 pascoli è nominato professore ordinario di letteratura latina a messina dove resta in carica fino al 1903 quando ottiene la cattedra all’università di pisa. Nel 1897 escono il fanciullino saggio teorico in cui pascoli espone in forma organica i principi ispiratori della sua poetica e la 1 edizione dei poemetti editi nuovamente nel 1900 e in seguito ampliati e divisi in due raccolte: primi poemetti e nuovi poemetti. Il tema centrale della raccolta è ancora la vita di campagna, ma i componimenti si differenziano da myricae per le dimensioni più ampie e la struttura narrativa, in cui viene delineata la storia di una famiglia di contadini toscani, seguiti nelle loro attività quotidiane scandite dal succedersi ciclico delle stagioni. nel 1903, lo stesso anno dell’ alcyone di d’annunzio, appare la prima edizione dei canti di castelvecchio, titolo che allude in modo esplicito al paese di castelvecchio di barga, in cui pascoli si era ritirato a vivere. I testi della raccolta segnano un ritorno alle tematiche e alle forme di myricae, ricche di analogie e di una suggestiva musicalità. All' osservazione della natura e del suo mistero si accompagnano in modi sempre più ricorrenti il tema dei lutti familiari, che induce il poeta ad accentuare la propria chiusura nei confronti del mondo esterno, una visione turbata e morbosa della sessualità e l’insistenza sulla presenza della morte. Nel 1904 pascoli è all’apice della sua maturità letteraria e pubblica i poemi conviviali, ispirati al mondo classico e cosi chiamati perché scritti per essere pubblicati sulla rivista letteraria “il convito”. La raccolta riunisce venti raffinati poemetti su personaggi del mito e della storia antica( tra cui odisseo e alessandro magno) sui quali pascoli proietta le inquietudini tipiche della crisi di fine secolo. Nel frattempo affianca all’attività poetica quella saggistica, pubblicando tre volumi dedicati all’allegoria nella commedia dantesca e scritti su leopardi e manzoni. nel 1905, a coronamento della carriera accademica, pascoli subentra a carducci nella prestigiosa cattedra di letteratura italiana all’università di bologna, dove vivrà fino alla morte. Ormai poeta di successo pascoli viene sempre più spesso coinvolto in avvenimenti ufficiali. Il 26 novembre 1911 nel suo ultimo discorso pubblico dal titolo la grande proletaria si è mossa, pascoli approva l’impresa militare in libia, vista come unica via per risolvere il dramma dell’ emigrazione e garantire nuove opportunità ai ceti meno abbienti. Le ultime raccolte mostrano una decisa involuzione verso temi nazionalistici, volti a celebrare le glorie e i personaggi della storia d’italia. Questa produzione vicina ai toni da poeta vate di carducci o d’annunzio, è oggi poco considerata dalla critica soprattutto a causa dello stile spesso pesantemente artificioso. Malato di cancro al fegato ( gli è venuto perché faceva uso eccessivo di sostanze tossiche) pascoli muore a bologna nell’ aprile del 1912. L'attività poetica di pascoli si svolge nel tempo attraverso una continua opera di rielaborazione e riscrittura. Le sue raccolte poetiche vengono ripubblicate più volte a distanza di anni significativo è il caso di myricae che passa da 22 a 156 componimenti nel giro di nove anni. La fase più significativa della poesia di pascoli nelle prime tre raccolte pubblicate a distanza di pochi anni fra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento: myricae, i poemetti e i canti di castelvecchio. Il punto di partenza per l’analisi della poetica pascoliana è il fanciullino prosa teorica pubblicata in parte già nel 1897 e in seguito ampliata e rivista. In queste pagine pascoli utilizza una metafora ripresa da platone per affermare che nell’animo di ogni uomo vive un fanciullino, un bambino capace di provare emozioni intense e ingenue. Mentre la maggior parte degli uomini crescendo abbandona questa dimensione infantile, solo il poeta resta bambino nell’animo egli è dunque l’unico capace di guardare il mondo con stupida meraviglia e di dar voce alle proprie emozioni attraverso la parola poetica. Come i poeti simbolisti francesi pascoli considera quindi la poesia una forma di conoscenza intuitiva che rifiuta la logica e la razionalità. La prospettiva del poeta fanciullo spinge inoltre il poeta a privilegiare una poesia in apparenza semplice incentrata sulle piccole cose della natura. Si tratta di un punto di vista solo apparentemente ingenuo, poiché in realtà implica l’idea che soltanto il poeta grazie alla sua superiore sensibilità è in grado di andare oltre le apparenze e di comprendere a fondo il mistero dell’esistenza. L'ottica del fanciullino e il richiamo all’infanzia spiegano la predilezione di pascoli per una poesia in apparenza semplice, incentrata sugli aspetti più quotidiani e sui particolari più minuti del paesaggio naturale: gli alberi, gli uccelli e i lavori agresti, descritti con precisione. Il mondo esterno viene infatti sistematicamente interpretato in chiave soggettiva e i diversi elementi della realtà naturale, richiamandosi tra loro attraverso misteriose corrispondenze alludono a verità più profonde e spesso legate all’esperienza biografica del poeta stesso. Le liriche pascoliane, talora interpretate a torto come bozzetti realistico-descrittivi, sono fitte di immagini simboliche, attraverso le quali la realtà naturale rimanda ai traumi del poeta e a una visione turbata del mondo e della vita. La rappresentazione della natura assume nella poesia di pascoli un significato ambivalente. Da un lato infatti il paesaggio agreste, ritmato dal succedersi ciclico delle stagioni e appare come un rifugio sicuro dalle minacce del mondo esterno dall’altro lato però esso stesso è fitto di echi funebri che rinviano ai lutti e alle sofferenze del poeta. Soprattutto nella raccolta myricae ogni particolare naturale si carica di richiami misteriosi e inquietanti: per esempio nella lirica l’assiuolo, sembra rimandare alla possibilità di una comunicazione tra vivi e i defunti, mentre i fenomeni atmosferici come il temporale o il lampo, alludono all’incombere di una violenza senza scopo né fine. Alla radice di questa fitta rete di richiami simbolici si pone il ricordo incancellabile della morte del padre che improvvisa e inspiegata diviene agli occhi di pascoli emblema tangibile della violenza che pervade il mondo, secondo una visione del tutto pessimistica. Più in generale la presenza dei cari morti ricorre ossessivamente nella poesia pascoliana, presentandosi ora come minaccia ora come unica via per ricongiungersi ai familiari perduti. La metafora del poeta fanciullo e il tema della morte sono strettamente legati alla complessa dimensione psicologica dell’autore e spiegano in larga parte il suo desiderio di fuga dalla realtà adulta, vista come inospitale e minacciosa. Traumatizzato dai precoci lutti familiari, pascoli rifiuta la violenza del mondo esterno e ricerca costantemente una dimensione protetta e chiusa. Questa tematica si concreta spesso nell’immagine simbolo del nido, simbolo dell’unità familiare per sempre perduta ma sempre ricercata. Il desiderio di ricostruire il nido suscita nel poeta un lacerante rimpianto della famiglia originaria, impedendo ogni apertura verso l’esterno e creando una costante tensione tra nostalgia e paura dei pericoli del mondo. Si spiega cosi anche la frequenza di altre immagini simboliche, come la siepe, la nebbia o il cimitero. Questo atteggiamento regressivo motivato in pascoli dalle vicende biografiche è riconducibile del resto nella più generale crisi delle certezze positivistiche che caratterizza gli intellettuali di fine ottocento, costretti a confrontarsi con l’affermarsi del nazionalismo, con le difficoltà della nuova civiltà industriale e con la perdita
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