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La poetica di Giovanni Pascoli, Dispense di Italiano

La vita e la poetica di Giovanni Pascoli, poeta italiano del decadentismo. Si analizza la sua visione del mondo, la sua poetica, l'ideologia politica e i temi presenti nella sua opera. Si descrive inoltre il linguaggio innovativo utilizzato dal poeta e le sue raccolte poetiche. In particolare, si approfondisce la raccolta 'Canti di Castelvecchio' e il componimento 'Gelsomino notturno'.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 01/07/2022

giuseppe-intenza
giuseppe-intenza 🇮🇹

5

(1)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La poetica di Giovanni Pascoli e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! PASCOLI Giovanni Pascoli trascorse una vita apparentemente tranquilla, dedita allo studio, alla poesia e agli affetti della famiglia. In realtà la sua esistenza fu profondamente segnata dall'uccisione del padre e dalla perdita di quasi tutti gli altri famigliari, traumi che lo spinsero a instaurare un legame morboso con le due sorelle rimastegli e gli impedirono di realizzarsi pienamente nella vita di relazione esterna al nido» domestico. Questa condizione di fragilità psicologica costituisce il punto di partenza della sua poesia, che sotto l'apparente candore fanciullesco cela una sensibilità tormentata e tipicamente decadente. La visione del mondo La visione pascoliana del mondo rispecchia la crisi del Positivismo, poiché è permeata da una profonda sfiducia nella scienza come strumento di interpretazione della realtà. Egli avverte il mistero che si dispiega al di là delle certezze razionali, senza che questa tensione verso una dimensione "altra" sfoci in una fede religiosa positiva o in un sistema concettuale alternativo: il mondo gli appare irrimediabilmente frantumato e i dati sensibili, che pure hanno un rilievo fortissimo nella sua poesia, non compongono un quadro logico e oggettivo della realtà, ma si caricano di valenze allusive e simboliche, rimandando a qualcosa di ignoto. La poetica Da questa visione scaturisce la poetica pascoliana, formulata principalmente nel saggio Il fanciullino (1897). Il poeta è paragonato a un «fanciullino» che non indaga razionalmente la realtà ma "dialoga" con essa, cogliendone i significati misteriosi, ed è cosi in grado di penetrare la sua essenza più profonda. La poesia si configura pertanto come una forma di conoscenza prerazionale e immaginosa, secondo una concezione tipicamente decadente che ha le proprie radici nel Romanticismo. Al Decadentismo rinvia anche l'idea di una poesia "pura", cioè estranea a finalità pratiche, etiche o ideologiche. Pascoli è convinto tuttavia che la poesia induca naturalmente alla bontà e alla solidarietà, sopendo gli odi e gli impulsi violenti. L'ideale della fratellanza sociale si traduce, sul versante dello stile, nella scelta di dare spazio e dignità letteraria anche a quelle realtà umili che il classicismo "aristocratico" aveva sempre ripudiato. L'ideologia politica In gioventù Pascoli subisce il fascino delle ideologie anarchico-socialiste, ma si allontana dalla militanza politica dopo l'esperienza del carcere e dopo che il socialismo romagnolo si accosta all'ideologia marxista della lotta di classe. Egli abbraccia allora una generica fede umanitaria, nutrita di morale evangelica, e non auspica più un cambiamento radicale dell'assetto sociale, ma un'utopica armonia tra le classi. Di fronte all'affermazione di un capitalismo cinico e aggressivo, egli idealizza in particolare la classe dei piccoli proprietari terrieri, baluardo dei valori fondamentali come la famiglia, la solidarietà, la laboriosità. Il socialismo umanitario di Pascoli spiega paradossalmente la deriva nazionalistica che caratterizza l'ultima stagione della sua produzione. Egli avverte infatti il dramma degli italiani costretti ad emigrare dal proprio Paese e non esita a giustificare le conquiste coloniali che possano dar terra e lavoro ai diseredati. I temi Una parte cospicua della poesia pascoliana ha la funzione di proporre l'ideale di vita dell'autore, impregnato di valori piccolo borghesi e di un umanitarismo che sfocia non di rado in un fastidioso sentimentalismo. A questo filone "ideologico" e pedagogico appartiene anche la produzione celebrativa, nella quale il poeta "vate" si fa carico di cantare le glorie della patria. Decisamente più interessante è il Pascoli decadente, che sa cogliere il mistero al di là delle cose più banali caricandole di sensi simbolici, che esprime le angosce e le lacerazioni della coscienza moderna, che proietta nella poesia le sue ossessioni profonde. Il linguaggio L'opera pascoliana è caratterizzata da un linguaggio fortemente innovativo, che apre la strada alla poesia del Novecento. Il rifiuto di una sistemazione logica dell'esperienza si riflette nella sintassi spezzata, nel rilievo dato all'aspetto fonosimbolico delle parole. Sul piano lessicale, termini tratti da lingue, dialetti, registri diversi sono affiancati in un plurilinguismo che infrange ogni gerarchia tra gli oggetti. Pur impiegando i versi tradizionali, Pascoli sperimenta infine nuovi ritmi, piegando la metrica in direzioni del tutto inedite. Le raccolte poetiche La distribuzione dei componimenti di Pascoli non obbedisce tanto a un ordine cronologico quanto a ragioni formali; l'autore tende del resto a pubblicare diverse edizioni successive e ampliate delle singole opere. Le poesie di Myricae, in versi brevi, si presentano come quadretti di vita campestre, ma i dettagli naturalistici evocano simbolicamente sensi arcani, legati spesso all'idea della morte. Hanno invece un taglio narrativo i Poemetti, composti di regola in terzine dantesche e raggruppati in sezioni. Molte delle poesie sono dedicate alla celebrazione della vita rurale, mentre in alcune emergono tematiche morbosamente decadenti. La linea di Myricae è proseguita nei Canti di Castelvecchio, nei quali ricorre con insistenza il motivo della tragedia familiare e affiorano talvolta le ossessioni del poeta. Al clima estetizzante rispondono i Poemi conviviali, ispirati al mito e alla storia antica, in cui si proiettano le inquietudini e le angosce della modernità. Caratteri simili presentano i Carmina, scritti in latino e pubblicati postumi. Le ultime raccolte (Odi ed inni, canzoni di re Enzio, Poemi italici e Poemi del Risorgimento) traggono spunto dalla storia e dall'attualità e si risolvono in una retorica celebrazione dei valori nazionali. GELSOMINO NOTTURNO (I CANTI DI CASTELVECCHIO) I "Canti di Castelvecchio" (1903) sono una continuazione della linea della prima raccolta, "Myricae". Anche qui ritornano immagini della vita di campagna, canti d'uccelli, alberi, fiori, suoni di campane, e ricompare la lirica. I componimenti si susseguono alludendo al succedersi delle stagioni. Ricorre con frequenza ossessiva il motivo della tragedia familiare e dei cari morti. Vi è anche il rimando continuo del nuovo paesaggio di Castelvecchio a quello antico dell'infanzia in Romagna. Sono presenti anche i temi più inquieti e morbosi, come l'eros e la morte, che a volte appare un rifugio dolce in sui sprofondare. Dalle piccole cose della realtà umile lo squardo si allarga poi agli infiniti spazi cosmici, ad immaginare misteriose apocalissi future che distruggeranno forse la vita dell'universo. Metro: quartine a rime alternate abab ANALISI Il rito di fecondazione Il componimento è dedicato alle nozze di un amico ed evoca, in termini simbolici e allusivi, la prima notte di nozze, in cui è stato concepito il figlio. Vi sono immagini che si riferiscono alla casa nuziale ed esse rivelano il vagheggiamento del rito di fecondazione che si svolge nella casa nuziale e da cui deve nascere la nuova vita. Nella poesia assume significato anche l'immagine del fiore che apre il suo calice al calar della sera e per tutta la notte esala il suo profumo penetrante ed inebriante: il fiore si schiude per il processo di fecondazione, quindi l'immagine vegetale è allusiva al rito del mondo umano. L'aprirsi della corolla e l'esalare del profumo sono come un invito a partecipare all'amore, su cui il poeta insiste attraverso sensazioni olfattive e cromatiche: il rosso allude alla fecondità e si fonde con il profumo dolce che ricorda le fragole. All'alba i petali del fiore si chiudono "un poco gualciti". Il vagheggiamento del rito amoroso appare trepidante, ma turbato: quello di Pascoli non è un inno gioioso di fecondità, ma un epitalamio moderno (= canto nuziale, destinato a celebrare in versi un matrimonio, presso la camera degli sposi). La contemplazione del rito avviene da parte di chi ne é escluso: il punto di osservazione, infatti, si colloca all'esterno della casa ("là"). Il poeta vuole celebrare la fecondazione, ma sa che non può personalmente avere il suo "nido", egli è come l'ape tardiva" che è rimasta esclusa dall'alveare e si aggira nella sua desolata solitudine. Le immagini mortuarie Alle immagini del fiore che invita all'amore si alternano immagini mortuarie: la tragedia che ha distrutto il "nido" ha bloccato il poeta alla condizione psicologica infantile, lo ha tenuto prigioniero, impedendogli di uscirne. In luogo del legame adulto e maturo con /"altro", si instaura il legame con i morti, che continuano a vivere. La fedeltà ai morti e al "nido" gli impedisce di uscire da quel cerchio chiuso, geloso e soffocante e di rispondere al richiamo dell'amore. Uscire, legarsi ad una donna, sarebbe per Pascoli un tradimento ad un vincolo sentito come sacro, inviolabile. Le immagini del "nido" Nella poesia sono presenti anche immagini che is riferiscono al "nido" (es. le api chiuse nelle "celle", la "Chioccietta" che va per "l'aia azzurra", etc.) e che riproducono l'immagine rassicurante del "nido" originario, quello andato perduto. Vi è inoltre una contrapposizione tra queste immagini del "nido" e quelle della casa in cui avviene il rito d'amore della notte nuziale. Il quadro notturno che sembra così idillico e armonico è dunque percorso da segrete tensioni, che prendono formo nel sistema della opposizioni strutturali che legano i quattro nuclei tematici della poesia: i fiori che si aprono in un'offerta d'amore la casa in cui si consuma il rito della fecondazione la presenza inibitrice die morti il "nido" geloso che esclude dalla vita adulta di relazione e rappresenta la regressione infantile. Materiali psicologici e forma I traumi individuali sono i materiali di cui il poeta si serve per costruire la struttura verbale del testo poetico. La psicologia contorta e inibita di Pascoli è il punto di partenza e la condizioni indispensabile per un'avventura nelle zone più segrete e oscure della realtà. Il componimento è un esempio del simbolo pascoliano, in cui viene rappresentata un notte magica, che pullula di esistenze, di movimenti, di eventi. Le diverse notazioni e sensazioni che essa allinea sono legate da rispondenze e allusioni, creando un clima ambiguo e enigmatico. alluso attraverso una rete di immagini indefinitamente suggestive, ed è questo che costituisce il fascino incomparabile della poesia, in confronto a tante altre in cui la tragedia familiare del poeta è rievocata in forme retoriche, patetiche e predicatorie. Gli aspetti formali. Latmosfera indefinita e magica si riflette in una serie di espressioni dal carattere suggestivamente analogico: «alba di perla», «soffi di lampi», «nero di nubi», «nebbia di latte», «cullare del mare», «sospiro di vento», «finissimi sistri d'argento», «pianto di morte». Per capire il funzionamento del linguaggio analogico si prenda un'espressione come «notava in un'alba di perla». Vi è implicita tutta una serie di paragoni, che si potrebbe cosi esplicitare: il sorgere della luna è come un'alba, il cielo chiaro ha il biancore della perla ed è invaso come da un liquido trasparente, in cui sembra nuotare. Tutti i passaggi intermedi che abbiamo indicato sono saltati e gli estremi sono immediatamente identificati. L'effetto è una maggior densità del linguaggio poetico: la cancellazione dei passaggi logico- discorsivi accresce la sua forza suggestiva, che sembra alludere a segreti legami tra le cose, inattingibili ad una visione puramente razionale. Significativo è poi il sintagma «nero di nubi»: l'uso del sostantivo astratto con il complemento di specificazione, in luogo del concreto «nubi nere», accresce l'indefinitezza dell'espressione e accentua il carattere simbolico, inquietante e minaccioso dell'immagine. A ciò concorre anche l'indicazione di indeterminata lontananza spaziale che l'accompagna, «laggiù». SIMBOLISMO FONICO All'effetto suggestivo del linguaggio analogico si associa ancora il simbolismo fonico, così caro a Pascoli: l'allitterazione «fru fru tra le fratte», col suo valore onomatopeico, accresce il carattere misterioso e inquietante dell'immagine indeterminata. Nel sintagma «finissimi sistri» il fonosimbolismo è scoperto: l'insistenza sulle vocali dal suono sottile, le i (sono ben sei in due parole) rende fonicamente l'impressione del verso delle cavallette, così come successivamente «tintinni» ed «invisibili» (altre otto i in due parole consecutive). ANAFORA La poesia è un affollarsi di sensazioni, in cui si delinea sempre più qualcosa di misteriosamente angoscioso: ebbene, il processo è reso attraverso una struttura verbale prevalentemente anaforica, che dà appunto l'idea di un affollarsi ripetitivo, incalzante. Si noti la collocazione dei verbi tutti all'inizio del verso: «notava», «ed ergersi», «parevano», «venivano», «veniva», «sentivo», «sentivo», «sentivo», «sonava», «tremava», «squassavano», «e c'era».Su 24 versi, ben 12 iniziano con un verbo. PARATASSI L'effetto è ribadito dalla costruzione sintattica, sistematicamente fondata sulla paratassi: si ha l'allinearsi in parallelo di brevi membri tra loro coordinati, quasi tutti collegati per asindeto, cioè senza congiunzione. Non si ha una struttura sintattica complessa, gerarchizzata, i membri si succedono semplicemente uno dopo l'altro. Non si crea quindi una struttura logica, che sarebbe l'effetto di un insieme di proposizioni gerarchicamente subordinate: il reale si frantuma in impressioni isolate, e il legame che le unisce non è logico ma analogico, simbolico, allusivo, segreto. IL LAMPO da Myricae metro: ballata piccola di endecasillabi, A BCBCCA Sensazione dominante: VISTA ANALISI DEL TESTO II lampo come rivelazione nella poesia viene rappresentato un paesaggio colto nell'improvvisa luce di un lampo. Si tratta di una visione istantanea, che rivela l'aspetto cupo del cielo e della terra turbati da un temporale notturno e lascia intravedere una casa bianca, che è paragonata al movimento breve di un occhio che si spalanca sbigottito e subito si richiude nell'oscurità. La carica espressionista Le impressioni visive sono immediatamente connotata da un valore simbolico e dotate di una forte carica espressionistica: la terra appare "ansante, livida, in sussulto", il cielo "ingombro, tragico, disfatto", la bianca casa paragonata all'occhio che si apre "largo, esterrefatto" per chiudersi subito dopo. Un dolore tragico I dati reali perdono la loro fisionomia naturale e diventano personificazioni di una realtà sconvolta da un dolore tragico. Come in "X Agosto", "Il lampo" rievoca la traumatica uccisione del padre, riportandone gli ultimi momenti di vita. A queste tematica si lega l'immagine finale dell'occhio aperto e subito richiuso, che richiama l'ultimo sguardo di un moribondo. La costruzione stilistica Il lampo istantaneo e improvviso viene rappresentato da un ritmo incalzante, affannoso, dato dagli aggettivi riferiti alla terra e al cielo legati solo per asindeto, dalla ripetizione "bianca bianca", dall'accostamento di verbi tronchi in -i senza virgola intermedia e dalla costruzione in stile nominale ai versi 2-3. Nel testo compare la figura retorica dell'ossimoro ("tacito tumulto"), dato dall'accostamento di due termini tra loro in contrapposizione, che sembrano escludersi l'un l’altro. NIDO: “Casa” Il nido, rappresentato dalla casa bianca e dal canto rassicurante della mamma, è il luogo sicuro, sono gli affetti familiari che proteggono dai pericoli del mondo esterno. NOVEMBRE da MYRICAE Il carattere illusionistico del quadro iniziale. Anche qui, come spesso accade in Myricae, in apertura si ha apparentemente un quadretto di natura, impressionistico e naturalistico, colto con notazioni intensamente sensuali, visive e olfattive, e con immagini nitide e vivide (l'aria limpida come una gemma, il sole luminoso, gli albicocchi fioriti, il profumo del biancospino, di cui viene resa con precisione la sfumatura amarognola). Ma in realtà quel paesaggio primaverile si colloca in un'altra dimensione rispetto a quella effettuale: il reale non è quello che appare, è labile e sfuggente, la primavera è solo illusoria; gli albicocchi in fiore, il profumo dei biancospini non sono veramente percepiti coi sensi, ma creati dall'immaginazione. La realtà sensibile sfuma nell'immaginario. Si conferma così subito come la poesia di Pascoli sia evocativa, suggestiva, illusionistica, non si fermi mai al dato fisico, oggettivo, ma rimandi sempre a un " di là" dalle cose. Apparentemente in contrasto con questo carattere illusionistico è la precisione della nomenclatura botanica, così tipica della poesia pascoliana (ed in altri componimenti ancora più accentuata): il poeta non parla genericamente di alberi, ma di «albicocchi» e di «prunalbo». In realtà questa terminologia non conserva rulia della precisione scientifica e naturalistica della matrice da cui è tratta. Si ricordi come, nel Funciullino, il poeta sia definito l'Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Il nome preciso è come la formula magica che permette di andare oltre la superficie consueta e morta degli oggetti, di cogliere l'essenza primigenia, fresca e intatta delle cose, il loro mistero, di giungere «d'un tratto», senza «scendere ad uno ad uno i gradini del pensiero, nell'abisso della verità». La precisione terminologica naturalistica è al servizio di una poesia intesa come illuminazione e rivelazione, che ne muta totalmente il significato. Le immagini di morte. Nella seconda strofa si inserisce una nuova dimensione: all'illusoria primavera subentra la reale stagione autunnale. I particolari individuati dall'occhio corrispondono a quelli creati dall'immaginazione, ma rovesciati di segno: il «pruno» non emana profumo ma è secco, le piante non sono fiorite ma disegnano le nere trame dei loro rami nudi sul cielo sereno. Tornano immagini fortemente visive, ma anche questo quadro di natura, che dovrebbe restituire il vero volto della realtà contro l'illusione, non è realistico; anche qui si sovrappone un'altra dimensione: dietro il paesaggio si disegna l'immagine simbolica della morte. Alla morte alludono i rami stecchiti come scheletri e il nero delle loro trame, che nega l'azzurro del cielo sereno, simbolo di vita, il cielo vuoto di voli d'uccelli, il terreno non ricco di semi e di succhi fecondi, ma sterile e morto, ridotto a una consistenza puramente minerale. Immagini di morte sono anche il silenzio che apre l'ultima strofa ed il rumore delle foglie secche che cadono. Sotto la superficie letterale del discorso poetico si crea una trama sotterranea di immagini allusive: si conferma come quella di Pascoli sia una poesia analogica, evocativa. Scelte linguistiche: Ad essa rispondono le scelte linguistiche, che giocano su segrete suggestioni. Così è per l'immagine del «cader fragile» delle foglie, che non è solo una figura retorica ornamentale e preziosa, un'ipallage: lo spostamento dell'aggettivo «fragile» dal suo termine proprio («foglie») ad uno contiguo, il verbo sostantivato «cader», è una vera e propria sinestesia, in cui una realtà astratta come il movimento evoca una sensazione tattile, e questa a sua volta si fonde con una sensazione uditiva, il lieve rumore delle foglie secche che cadono. Noi sappiamo (- Lo scenario, p. 312) come la sinestesia sia un procedimento caro alla sensibilità decadente e valga a sottolineare la rete di segrete corrispondenze consentita dalla sotterranea fusione di io e mondo, soggetto e oggetto. Così è per l'espressione «E l'estate, / fredda, dei morti». Propriamente è definibile come un ossimoro, ma non vi si può ravvisare un semplice gioco retorico: al contrario essa allude al nucleo profondo della poesia, l'apparenza di vita della natura che cela in realtà la presenza della morte. Non a caso quindi è posta in chiusura, a suggellare l'intero componimento, in contrapposizione alle immagini vitali e gioiose, ma puramente illusorie, che lo aprivano. Novembre quindi dimostra come solo apparentemente la poesia di Myricae (e quella pascoliana in generale) sia poesia semplice, fatta di piccole cose osservate con occhio candido e ingenuo. Sensibilità tormentata: È questa un'immagine riduttiva di Pascoli che ha avuto credito, ma che oggi appare decisamente superata. In realtà anche i quadretti più impressionistici celano un sistema complesso di significati e rivelano una sensibilità tormentata, torbida e complicata, una visione del mondo angosciata e stravolta. E l' «oscuro tumulto della nostra anima» ad avere la meglio sulla visione fresca e ingenua del «fanciullino».
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