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La poetica di Giovanni Pascoli, Appunti di Italiano

La vita e la poetica di Giovanni Pascoli, poeta italiano del decadentismo. Si analizzano i temi principali della sua poesia, come il nido familiare distrutto e il fanciullino, e la sua visione del mondo, che si distacca dal positivismo. Si approfondisce inoltre la funzione della poesia e l'utilità morale e sociale che essa può avere. Il linguaggio di Pascoli è sintetico e ricco di metafore e simboli.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 18/05/2022

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caterina-25 🇮🇹

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27 documenti

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Scarica La poetica di Giovanni Pascoli e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, in una famiglia patriarcale della piccola borghesia rurale. Suo padre era un fattore presso la tenuta La Torre. La sua famiglia era molto numerosa, infatti lui è il quarto di dieci figli. Vivono una vita sostanzialmente serena finchè, il 10 agosto del 1867, il padre viene assassinato, senza però che il colpevole venga mai scoperto. Questo dà inizio a una serie di lutti che segneranno Pascoli; infatti l’anno dopo muore la madre e successivamente anche due fratelli. Questo determinerà uno dei temi principali e fondamentali della poesia pascoliana: il tema del nido familiare distrutto. La mancanza di giustizia per l'assassinio del padre, lascia in Pascoli un senso di crudeltà della vita. Dal 1862 Pascoli entra nel collegio degli Scolopi ad Urbino, dove ricevette una formazione classica, i quali gli permisero di continuare i suoi studi a Firenze. Nel 1873 ottenne una borsa di studio all’Università di Bologna. A causa delle sue idee socialiste e alle sue manifestazioni contro il Governo, viene arrestato nel 1879. Anche questa esperienza lo segna perchè lo viene da lui interpretato come una sorta di punizione: lui che voleva manifestare contro le ingiustizie viene ripagato con la galera. Inizia la sua carriera di insegnante a Matera e diventerà prima insegnante di liceo, poi insegnante universitario di greco e latino. Luoghi importanti nella sua vita sono San Mauro di Romagna, dove è nato, e la Toscana. Infatti comprerà una casa a Castelvecchio di Barga in cui tenterà di riformare il nido familiare con le sorelle rimaste. Pascoli può essere associato alla corrente del decadentismo per due principali motivi: per la visione del mondo e per la tecnica. VISIONE DEL MONDO Dato il clima del periodo in cui si dedica agli studi, Pascoli ricevette una formazione di carattere positivista, questo è evidente nel linguaggio che utilizza nelle opere; usa la nomenclatura scientifica di piante e animali. Ma, come per tutti i poeti e scrittori di questo periodo, in lui avviene una crisi del positivismo. Ritiene infatti che questa matrice positivista non sia sufficiente per spiegare il mistero dell’esistenza. Quindi anche in lui nasce una sfiducia nei confronti della scienza come strumento di conoscenza: sostiene che, al di là dei confini stabiliti dall’indagine scientifica, ci sia ben alto, cioè l’ignoto, il mistero, l’inconoscibile. Tutto ciò si manifesta all’uomo attraverso i simboli, un concetto pienamente decadente. La natura manda tanti messaggi che bisogna saper cogliere ed è ovvio però che non tutti sono in grado di farlo. Infatti, colui che riesce a cogliere ciò che è al di là delle manifestazioni della natura, è il poeta. Non si intende però un poeta ‘superuomo’ come in d’Annunzio, ma il poeta fanciullino. IL FANCIULLINO Il concetto del fanciullino assume un ruolo fondamentale nella poetica di Pascoli. Egli sostiene che in ognuno di noi esiste un bambino che riesce a cogliere impressioni, sensazioni ed emozioni in modo intuitivo, in quanto la sua conoscenza non è condizionata dalla ragione. Questo fanciullino però viene messo a tacere quando cresciamo, mentre il poeta è colui che riesce ad ascoltare, anche una volta diventato adulto, la voce del suo fanciullino interiore. Di questo concetto Pascoli ne parla nel saggio Il fanciullino, pubblicato nel 1897 sul ‘Marzocco’, una rivista culturale. FUNZIONE DELLA POESIA Per Pascoli la poesia “pura” non deve avere scopi pratici, ma ha un estrema utilità morale e sociale. Infatti il sentimento poetico, dando voce al fanciullino, sopprime gli odi e gli impulsi violenti ed egoistici dell’uomo, suscitando in esso un sentimento benefico che lo induce alla bontà, all’amore e alla fratellanza, placando il desiderio continuo di accrescere i propri possessi che mette l’uomo uno contro l’altro. Questo si ricollega alla sua visione politica, cioè caratterizzata da un socialismo umanistico, cioè senza lotta di classi. Questo rifiuto della lotta tra le classi lo porta a sostenere che la poesia è anche nelle cose piccole e umili e non solo negli argomenti più elevati e sublimi. UNA POETICA DECADENTE Si tratta di un passo tratto da Il fanciullino in cui vengono individuati i concetti fondamentali della poetica pascoliana: la figura del fanciullino, l’utilità morale e sociale della poesia, i simboli e la poetica delle piccole cose. Il passo inizia descrivendo il fanciullino come una voce presente in ognuno di noi che, quando si è piccoli, si confonde con la nostra. Infatti da bambini siamo tutti poeti proprio perché ci identifichiamo nella voce di quel fanciullino che è dentro di noi. Quando però si cresce, il fanciullino resta piccolo, e le nostre voci che prima coincidevano in una sola, si dividono. Il fanciullino consente di cogliere la realtà più profonda eliminando tutti i processi logici; vede il mondo attraverso gli occhi della meraviglia ed è capace di stupirsi delle cose come se le vedesse per la prima volta, mentre l’adulto vede il mondo attraverso la lente della razionalità e perciò arriva addirittura a dubitare dell’esistenza del fanciullino. Ma è proprio grazie a lui che riusciamo a cogliere le somiglianze e le relazioni più profonde tra le cose (riferimento a Baudelaire: cogliere il senso segreto, le corrispondenze del mondo e della natura). Il linguaggio di Pascoli è sintetico ed è per questo che risulta complessa da capire a pieno; utilizza infatti un linguaggio analogico, ricco di metafore, simboli e analogie. In questo linguaggio vengono tralasciati, se non eliminati, tutti i passaggi di tipo logico che lui chiama «gradini del pensiero» e che rappresentano la razionalità. Pascoli paragona il pensiero e il sapere del fanciullino a quello degli antichi, i quali avevano più fantasia (come Leopardi). Affronta poi la questione dell’utilità della poesia. Attribuisce alla poesia «pura» una suprema utilità morale e sociale, indicando una società utopica, in cui gli uomini vivono in rapporti di fratellanza e ognuno è soddisfatto della propria situazione. L’utilità della poesia è quindi quella di permettere all’uomo di apprezzare ciò che ha. Si rivolge poi agli uomini cresciuti (rigo 91) quasi accusandoli di credere poeta solo chi fa poesia parlando di fenomeni, cose, eventi eccezionali. Qui fa l’esempio delle agavi americane, che sono delle piante straordinarie e imponenti, messe a confronto con la pimpinella, pianta umile: con ciò vuole dire che la sua sarà una poesia semplice, la poesia delle piccole cose. Non a caso chiamerà la sua prima raccolta poetica si chiamerà Myricae, termine latino che vuol dire tamerici, piante umili. Il sentimento poetico, per Pascoli, è di chi sa trovare anche nelle piccole cose, in ciò che lo circonda, elemento di poesia, anche in ciò che altri disprezzano. Cita anche Virgilio, in quanto anche lui aveva compreso questa funzione della poesia e l'importanza di essa. Anche Virgilio voleva abolire tutte le guerre e gli sconti e voleva che tutti apprezziamo ciò che si ha. Il passo si chiude con una sorta di provocazione ai poeti socialisti seguaci di Marx, cioè i sostenitori della lotta tra classi. Pascoli, che è uno dei temi principali di questi componimenti. Vengono utilizzate in modo insistente onomatopee, che danno un valore simbolico ai suoni, e il linguaggio analogico. TEMPORALE Temporale viene scritta nel 1892 e fa parte della raccolta Myricae. Pascoli descrive un paesaggio su si sta per abbattere un temporale ma, in mezzo al nero delle nubi, scorge un casolare bianco. Leggendo la poesia si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un quadro impressionistico; infatti Pascoli descrive una serie di immagini attraverso le sue impressioni uditive e visive. La poesia inizia con un’onomatopea «bubbolio» che sembra rievocare il rumore di un temporale lontano. Vengono poi inseriti elementi visivi caratterizzati dal colore, i quali danno l’impressione che ci siano proprio delle pennellate (nelle poesie di Pascoli il colore assumerà un significato simbolico, costituendo un vero e proprio simbolismo del colore). L’attenzione viene posta su un casolare bianco che spicca tra le nubi scure, il quale fa venire in mente un’ala di gabbiano. Questo è un chiaro esempio di linguaggio analogico che si basa sull’associazione di idee; infatti questi due elementi appartenenti a due realtà remote vengono accostati l’uno all’altro eliminando tutti i passaggi logici. Una particolarità è la mancanza di tutti i verbi (ad eccezione di «rosseggia» che non rappresenta un vero e proprio verbo, ma un’impressione visiva); questo perchè i verbi sono la chiave della conoscenza razionale e perciò, quando si intende creare un’associazione di idee, essi vengono eliminati. IL LAMPO Il lampo viene composto tra il 1892 e 1893 e fa sempre parte di Myricae. Pascoli compose questa poesia pensando all'ultimo istante di vita del padre, la cui morte viene rappresentata in modo simbolico. Infatti il lampo di cui si parla fa venire in mente a Pascoli il colpo di fucile che ha ucciso il padre; da ciò Pascoli descrive l’occhio del padre che si apre e si richiude (facendo quasi pensare a una macchina fotografica), proprio come il lampo illumina per un istante una casa bianca. Qui torna il simbolismo del colore; il bianco rappresenta qualcosa di positivo, di rassicurante, cioè la casa, contro il nero del cielo, che rappresenta il male. IL TUONO E nella notte nera come il nulla, a un tratto, col fragor d’arduo dirupo che frana, il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, e poi vanì. Soave allora un canto s’udì, di madre, e il moto di una culla. Questa poesia sembra riprendere la poesia Il lampo, dato che inizia con «notte nera», proprio come si era conclusa l’altra. Pascoli cerca di riprodurre il suono del tuono attraverso numerose onomatopee e allitterazioni, facendo uso di suoi cupi, duri, con la prevalenza della lettera R. Anche le vocali e suoni aiutano nella suggestione, tant'è che nella conclusione della poesia sembrano aprirsi, lasciando spazio all’immagine rassicurante della mamma e della casa. Avviene quindi una contrapposizione tra gli elementi naturali, che simboleggiano la durezza e la crudeltà della realtà, e la casa, che rappresenta il nido, cioè l’unico rifugio che può riparare dalla furia della natura. NOVEMBRE La poesia Novembre fa sempre parte di Myricae e viene scritta nel 1890. Anche questa poesia inizia con la descrizione solamente in apparenza di un quadro impressionistico ma, in realtà, il paesaggio primaverile descritto non è ciò che appare; la poesia di Pascoli infatti non si ferma mai all’oggetto in sé, ma rimanda sempre a qualcosa oltre le cose. Novembre è la poesia perfetta per far capire la poetica decadente di Pascoli, per cui la realtà non è quello che appare. Nella prima parte della poesia vengono descritti elementi primaverili, ma questa è solo un’illusione: infatti a partire dalla seconda strofa, subentra la vera stagione, cioè l’autunno, che simboleggia la morte. Viene quindi inserito il tema dei morti, che per Pascoli è molto personale e che rimanda al decadentismo. X AGOSTO In questa poesia Pascoli rievoca la propria tragedia personale: la morte del padre, avvenuta appunto il 10 agosto 1867, il giorno di San Lorenzo. I temi presenti nel componimento sono il tema della morte e quello del nido. Per il tema della morte presenta un’uguaglianza con la poesia L’assiuolo. La poesia si basa interamente su un parallelismo tra una rondine che mentre tornava al nido con il cibo per i piccoli viene uccisa e un padre di famiglia che nel tragitto di ritorno alla propria casa, portando un dono alle figlie, fa la stessa tragica fine. È molto diversa dalle poesie di Myricae perchè non presenta il solito quadretto impressionistico di un paesaggio o di elementi naturali, ma è stata scritta secondo una struttura razionale. Infatti la prima e l’ultima strofa sembrano rispondersi e sono una sorta di intervento della voce narrante che spiega il senso della poesia, la seconda e terza, che parlano della rondine, corrispondono esattamente alle quarta e quinta, che parlano del padre: queste quattro strofe sono in parallelo. Pascoli inserisce degli elementi cristiani: la rondine cade tra gli spini, come la corona di spine di Gesù, mentre il padre muore chiedendo il perdono dei suoi uccisori, come quando Gesù prima di morire disse «Padre perdonali, non sanno quello che fanno». Attraverso l’espressione «cielo lontano» viene sottolineata la lontananza tra il mondo degli uomini, segnato dal male, dalla sofferenza, e il cielo imperturbabile di fronte alla sofferenza umana. Infatti Pascoli parla della Terra come «atomo opaco del male», ed è la prima volta che viene inserito un termine così scientifico nella poesia. In questa scelta di parole è chiara l’influenza della formazione positivista del poeta, che assume però un valore poetico: il cielo infinito e immortale viene contrapposto alla piccolezza del mondo mortale simboleggia il bene contro il male. L’ASSIUOLO La poesia viene pubblicata sul Marzocco nel 1897 e lo stesso anno viene inserita nella raccolta Myricae. In questa lirica viene descritto un notturno lunare e le tre strofe, formate da doppie quartine, seguono lo stesso schema: la prima quartina riporta immagini serene, mentre la seconda immagini più cupe e inquietanti. Sebbene all’apparenza sembri il solito quadro impressionistico, come sempre dietro di esso si celano simboli e analogie. Il tema principale del componimento è l'angoscia della morte, infatti Pascoli vuole esprimere l’incombere dei ricordi e della morte, che gli impedisce di godere pienamente la magia di una notte di luna perché è avvolto dal mistero e dall’angoscia della morte. Vengono quindi contrapposte immagini serene e immagini cupe, proprio a simboleggiare il sovrastare della morte sulla vita. Una particolarità di questa poesia è il verso dell’assiuolo, «chiù», che è un perfetto esempio di fonosimbolismo, ovvero l’attribuzione di simboli ai suoni della natura che il poeta è pronto a interpretare. Nella prima strofa si descrive il momento in cui sta per sorgere la luna, il che si intuisce solamente dal chiarore che essa trasmette, e le piante si “alzano” (personificazione) per vederla meglio. Questa atmosfera di tranquillità viene contrastata dall nero delle nuvole e i lampi che si vedono in lontananza. La seconda strofa inizia sempre con immagini serene, ovvero quelle del mare e del movimento delle onde che gli ricorda una culla e che quindi rievoca la figura materna. Il passaggio a un clima più inquietante e misterioso in questa strofa avviene attraverso il «fru fru» delle fratte, cioè il rumore dei cespugli, e soprattutto con il verso dell’assiuolo che si ripete dopo ogni strofa. Il chiù dell’assiuolo suscita in Pascoli un ricordo doloroso passato causando un sussulto nel suo cuore. Nella terza strofa torna l’immagine della luna (elemento positivo), la cui luce illumina le cime degli alberi. Questo viene subito interrotto da il vento e il rumore delle cavallette. Si conclude con il solito chiù, ora diventando un vero e proprio pianto di morte, mentre nelle strofe precedenti era prima una voce e poi un singulto, un singhiozzo. Questa poesia è simile al X agosto, ma viene scritta con una sensibilità totalmente diversa: ci sono molte più suggestioni e messaggi quasi subliminali della natura. Non a caso fa parte della poetica del fanciullino. Infatti solo lui è in grado di cogliere tutte le suggestioni che andranno poi a formare la poesia. CANTI DI CASTELVECCHIO I Canti di Castelvecchio è una raccolta di poesie scritta in continuità con Myricae. Anche qui sono presenti immagini della vita campagnola e per quanto riguarda la forma, ricompare una misura breve più lirica e meno narrativa. Ritorna con grande frequenza il tema della tragedia familiare e dei morti e sono presenti rimandi non solo al paesaggio di Castelvecchio, ma anche a quello della Romagna. Anche in questa raccolta sono presenti temi inquieti e morbosi, come l’eros e la morte, ma anche tutti i temi della poetica pascoliana, il nido, i messaggi della natura. IL GELSOMINO NOTTURNO Il gelsomino notturno è una poesia d’occasione ed è stata appunto scritta per le nozze dell’amico Gabriele Briganti. In questa poesia viene descritta la notte di nozze dei due sposi, in cui sarà concepito il figlio Dante Giovanni, presentando numerose analogie con il mondo naturale. Leggendo infatti si percepisce in apparenza una serie di impressioni che rievocano un’atmosfera notturna, ma come in tutte le poesia di Pascoli dietro a queste descrizioni c’è una rete di corrispondenze e simboli nascosta. Avviene quindi un paragone tra l’atto intimo dei due innamorati nella notte di nozze (non a caso viene scelto il gelsomino dato che è un fiore notturno) con il fiore che è stato impollinato. Pascoli inizia la poesia parlando dei gelsomini, riferendosi a loro come «fiori notturni» visto che si aprono al tramonto, proprio quando il poeta è solito a pensare ai suoi cari morti. Quindi mentre il gelsomino si apre e quindi gli innamorati si accingono all’amore, lui pensa ai suoi cari. Questo suggerisce il fatto che il pensiero dei morti, insieme al suo tentativo quasi soffocante di ricostruire il nido,
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