Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La politica ai tempi di Giolitti, Schemi e mappe concettuali di Storia

L'ascesa di Giovanni Giolitti e l'inizio del processo di industrializzazione in Italia durante l'età giolittiana. Si parla anche dei conflitti sociali e della risposta di Giolitti, nonché del rapporto tra Giolitti e le forze politiche del paese, in particolare i socialisti e gli operai. Il testo fornisce un quadro politico, economico e sociale dell'Italia di inizio '900.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 23/02/2022

clara.bonazzi
clara.bonazzi 🇮🇹

1.5

(2)

30 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La politica ai tempi di Giolitti e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! L’ITALIA NELL’ETA’ GIOLITTIANA 1. L’ASCESA DI GIOLITTI: quadro politico, economico e sociale Fino ‘800 → L’Italia era in un momento di tensione sociale, definito “crisi di fine secolo”. Tra 1896-1900 → una fase economica sfavorevole determinò una serie di moti di protesta popolare. Ad essi il governo aveva risposto con la repressione: nel 1898, a Milano, l’esercito comandato da Bava Beccaris sparò sulla folla in rivolta. Nel 1899 il nuovo governo, presieduto dal generale Luigi Pelloux, cercò di far approvare alla Camera delle leggi eccezionali che limitavano il diritto di sciopero, si associazione e di stampa. L’opposizione parlamentare riuscì a impedirne l’approvazione. Vennero poi organizzate altre elezioni. I risultati elettorali portarono alla dimissione di Pelloux e all’elezione del senatore Giuseppe Saracco, il quale tentò di superare la crisi istituzionale che aveva caratterizzato anni precedenti. Tuttavia, il 29 Luglio 1900 il Re d’Italia Umberto I, durante una cerimonia a Monza, fu assassinato da Gaetano Bresci, il quale intendeva con questo gesto vendicare le vittime di Milano. Il REGICIDIO [=omicidio di un monarca], colpì l’opinione pubblica italiana, che rispose con assalti alle sedi della sinistra perché ritenuta colpevole di essere stata un’ispirazione per l’uccisione. Un momento di svolta arrivò nel 1901, quando il nuovo sovrano Vittorio Emanuele III assegnò l’incarico di formare il governo al giurista Giuseppe Zanardelli. Zanardelli chiamò al ministero GIOVANNI GIOLITTI → leader delle forze liberali progressiste, (stato a capo dell’esecutivo nel 1892), che avrebbe dominato la vita politica italiana per i primi 15 anni del ‘900, definiti “ETA’ GIOLITTIANA”. L’AVVIO DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE L'età giolittiana coincise con l'inizio del processo di industrializzazione, il quale portò l'economia italiana a svilupparsi dal punto di vista agricolo-industriale. Uno dei fattori che favorirono tale sviluppo fu l'adozione da parte dello Stato di una politica protezionistica, finalizzata a tutelare le industrie italiane dalla concorrenza straniera attraverso l'introduzione di dazi sulle importazioni. Una funzione importante ebbero le banche "miste" (si dedicavano all'attività deposito risparmi/investimento) come la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano, che finanziarono la nascita di molte grandi imprese. Grazie a questi interventi, accanto ai settori tradizionali dell'industria tessile, alimentare e della lavorazione del legno, iniziarono a crescere, per dimensione e varietà di produzioni, le imprese chimiche, siderurgiche, elettriche e, soprattutto, meccaniche. Lo sviluppo industriale si registrò in particolare nelle regioni nord-occidentali del paese: Piemonte, Lombardia, Liguria e, all'interno di quest'area, le città di Torino (nel 1899 venne fondata la prima azienda automobilistica italiana, la FIAT), Milano e Genova, che insieme costituivano il cosiddetto "triangolo industriale". Anche l'agricoltura, che rimaneva la base produttiva dell'economia italiana e impiegava la maggior parte della manodopera, intraprese un percorso di modernizzazione grazie, soprattutto nel Nord, all'introduzione dei concimi chimici e alla opere di bonifica dei terreni. I CONFLITTI SOCIALI E LA RISPOSTA DI GIOLITTI All'inizio del processo di espansione industriale e di modernizzazione agricola le condizioni degli operai e degli addetti al settore agricolo italiani erano critiche: erano costretti a vivere in situazioni di miseria da salari bassissimi, ed erano pesantemente sfruttati. Da tale situazione scaturi una forte protesta sociale, che tra il 1901-1902 trovò espressione in una grande ondata di SCIOPERI in tutti i settori industriali, che coinvolse lo stesso mondo contadino. Giolitti, che si era già opposto alle leggi Pelloux, diede prova, però, di un'apertura nei confronti del movimento operaio che rese la sua politica diversa da quella espressa fino ad allora dalla classe dirigente: riteneva che le rivendicazioni dei lavoratori fossero legittime, un nuovo intervento repressivo da parte del governo avrebbe inasprito la protesta e creato una frattura insanabile tra le istituzioni e i lavoratori. Soltanto un miglioramento delle condizioni di vita delle classi più disagiate, che lo Stato doveva preoccuparsi di promuovere, avrebbe risolto i conflitti. Bisognava tutelare l’ordine pubblico e non reprimerlo, pertanto, proprio durante gli scioperi del 1901-1902 (nel Centro-Nord), i prefetti ricevettero questa direttiva di garantire l'ordine pubblico senza soffocare con la forza e la protesta. Parallelamente, nel 1902 Giolitti promosse una legge a tutela del lavoro minorile (vietato ai minori di 12 anni) e delle donne. 2. IL RAPPORTO TRA GIOLITTI E LE FORZE POLITICHE DEL PAESE OPERAI E SOCIALISTI ALL’INIZIO DEL ‘900 Nel 1903 Giolitti, con la nascita del suo governo, diede inizio al periodo della politica italiana che lo vede protagonista fino al 1914. Da subito la sua azione si collocò in un quadro politico in evoluzione, nel quale i socialisti conquistarono grandi consensi. Il mondo socialista e operaio si trovava in una fase di fermento, sintomo dello sviluppo delle organizzazioni sindacali: le Camere del lavoro, associazioni operaie nate a fine ‘800, crebbero in modo esponenziale. Dallo schieramento riformista fu poi promossa, nel 1906, la fondazione della Confederazione generale del lavoro (CGdl), che riuniva e coordinava le associazioni sindacali preesistenti. Poiché la nuova organizzazione aveva un'impronta moderata, nel 1911 la corrente estremista uscì dalla CGdl e diede vita a una propria sigla, l'Unione sindacale italiana (USI). Il Partito socialista, sorto alla fine dell'Ottocento, era diviso da una profonda frattura tra moderati (riformisti) e massimalisti. La corrente riformista, che aveva la propria guida in Filippo Turati, il quale riteneva che per consentire l'affermazione delle rivendicazioni del movimento operaio fosse necessaria la collaborazione con altre forze politiche aperte al progresso sociale. Sul versante opposto, invece, lo schieramento dei socialisti rivoluzionari era deciso a mantenere una rigida intransigenza di fronte ai partiti "borghesi" e a rifiutare qualsiasi forma di compromesso con essi. I RAPPORTI CON IL GOVERNO Il presidente del Consiglio fu attento alle trasformazioni in corso nel paese e alla conseguente ascesa delle grandi organizzazioni del movimento operaio come il Partito socialista e i sindacati. Sebbene 3. LUCE E OMBRE DEL GOVERNO DI GIOLITTI LE RIFORME SOCIALI L'impegno di Giolitti a favore della legislazione sociale, che si era già manifestato durante il governo Zanardelli, prosegui negli anni successivi e dimostrò il tentativo del governo di accogliere le richieste dei socialisti riformisti e dei cattolici. Nell'ambito della normativa sul lavoro, introduzione nel 1907: - giorno di riposo settimanale - norme che regolamentavano il lavoro notturno - norme per il congedo delle donne durante la gravidanza - istituzione di una Cassa maternità per offrire sussidi alle lavoratrici dopo il parto. - ampliata la legislazione contro gli infortuni - tutela pensionistica in caso di invalidità e di vecchiaia. Per sorvegliare in modo efficace l'applicazione delle leggi sul lavoro, nel 1912 venne fondato l'Ispettorato del lavoro. Anche il settore dell'istruzione fu coinvolto dai progetti di riforma giolittiani: - legge del 1911 → l'obbligo scolastico venne esteso fino ai 12 anni d'età; - venne attribuita allo Stato e non più ai comuni la spesa per istituire sul territorio nazionale le scuole elementari. Grazie a questi provvedimenti la lotta all'analfabetismo fece ulteriori passi avanti: se al momento dell'unificazione nel 1861 gli italiani che non erano in grado di leggere- scrivere erano il 75%, nel 1911 erano meno del 40%. LE RIFORME ECONOMICHE Giolitti predispose un programma di statalizzazione dei servizi di pubblica utilità, al fine di limitare gli interessi dei grandi gruppi finanziari e industriali privati. Il primo settore a essere statalizzato nel 1903 fu quello dei telefoni; segui nel 1905 il progetto di nazionalizzazione delle ferrovie, al quale erano contrari gli ambienti economici più rigidamente liberisti, perché imponeva un controllo politico in materia economica. Per evitare un contrasto diretto con tali ambienti, Giolitti si dimise, lasciando per pochi mesi la guida del governo al liberale Alessandro Fortis, che fu incaricato di portare a termine la riforma. Per ottenere una più equa distribuzione del carico fiscale, fu proposta l'introduzione di un'imposta progressiva sul reddito: in tal modo, attraverso una tassazione calcolata in base al reddito percepito, le classi meno agiate sarebbero state favorite. Il progetto si rivelò tuttavia irrealizzabile a causa dell'opposizione in Parlamento dei conservatori, che determinò nel 1909 la caduta di un nuovo governo Giolitti. Meno complessa fu invece la realizzazione del progetto volto a istituire un ente statale delle assicurazioni sulla vita: nel 1912 nacque così l'Istituto nazionale delle Assicurazioni (INA), tramite il quale lo Stato si sarebbe fatto carico delle pensioni di invalidità e di vecchiaia dei lavoratori. L’AGGRAVARSI DELLA “QUESTIONE MERIDIONALE" Le riforme di Giolitti diedero impulso all'economia delle zone più avanzate del paese, tutte concentrate nel Nord; ❖ il Sud Italia rimase invece in gran parte escluso da questo sviluppo. L'economia era infatti penalizzata dalla mancanza di impianti industriali. La persistenza di un sistema agricolo di tipo latifondista, in mano a grandi proprietari terrieri, incrementò il numero dei braccianti e dei salariati a scapito di coloro che lavoravano la terra in proprio; ostacolò poi la modernizzazione dei metodi di coltivazione, condannando l'agricoltura del Mezzogiorno a una sostanziale stagnazione. Inoltre, la politica protezionistica privò di sbocchi sul mercato all'estero le colture pregiate della vite, dell'ulivo e degli alberi da frutto, e danneggiò così ulteriormente l'agricoltura, che continuava a rappresentare il settore economico prevalente nel Sud. → La "questione meridionale" espressione coniata nel 1873 dal deputato radicale Antonio Billia per indicare la situazione di difficoltà economica del Meridione d'Italia rispetto ad altre regioni del paese - era rimasta irrisolta, e si era perfino aggravata a seguito dello sviluppo industriale del Nord. LA POLITICA GIOLITTIANA NEL SUD D’ITALIA Consapevole della situazione del Meridione, Giolitti intervenne con una legislazione “speciale" a sostegno dell'economia locale: prevedeva, tra le misure più significative, la realizzazione di strade e ferrovie, e l'istituzione di scuole tecniche e professionali in Basilicata. Calabria e Puglia, destinate a innalzare il livello di alfabetizzazione e a formare lavoratori specializzati. Nel 1904 fu varata la legge per il "Risorgimento economico di Napoli”: misura che intendeva favorire la nascita di un polo di sviluppo produttivo nella città partenopea e nel territorio circostante attraverso la concessione di agevolazioni fiscali alle imprese che vi si fossero stabilite. Nonostante la nascita di alcune realtà industriali importanti (stabilimento siderurgico Ilva di Bagnoli (un quartiere di Napoli), industrie idroelettriche per lo sfruttamento delle acque del fiume Volturno ..) gli esiti dei provvedimenti giolittiani furono molto inferiori alle aspettative. Si trattava infatti di iniziative che presentavano un carattere straordinario e che non erano inserite in un progetto di sviluppo più generale. Per questo motivo esse incisero soltanto in maniera superficiale sulle cause profonde dell'arretratezza dell'economia meridionale. La classe dirigente locale si trovò ad amministrare risorse importanti senza avere la formazione adeguata. Lo Stato, insomma, si dimostrò incapace di riformare la struttura dell'economia meridionale e di mettere in discussione il potere dei grandi proprietari terrieri. I contadini meridionali si trovarono di fatto abbandonati a se stessi e alla loro miseria. Molti dovettero emigrare, per cercare occupazione e fortuna in un paese straniero. Il fenomeno migratorio, che aveva interessato l'Italia fin dagli ultimi decenni del XIX secolo, assunse dimensioni di massa nel primo quindicennio del 900’, e riguardò in particolare quelli delle regioni meridionali. Nella maggior parte dei casi la meta era rappresentata dagli Stati Uniti e dal Canada, e le rimesse degli emigrati (ossia i soldi che essi inviavano alle famiglie rimaste in Italia) costituirono una risorsa preziosa per l'economia del paese. La politica nei confronti delle agitazioni sociali ebbe modalità del tutto difformi tra Nord e Sud: - SUD: gli scioperi degli anni 1901-1904 furono quasi sempre oggetto di repressione. Lo Stato appariva debole nei confronti della grande proprietà terriera, che chiedeva di abolire l'iniziativa popolare con la violenza, perché si opponevano a ogni riforma che potesse intaccare i loro interessi socio-economici. I ceti dirigenti meridionali erano dunque pronti a garantire l'appoggio alle forze politiche che potessero assicurare loro la conservazione del potere. Le elezioni nel Mezzogiorno si svolgevano così di norma in un quadro di corruzione: nel Sud la politica si basava su scambi di favori, su brogli e sull'impiego dell'intimidazione violenta attraverso le forze di polizia. → queste pratiche prendono il nome di 'CLIENTELISMO', vennero sfruttate dallo stesso Giolitti per consolidare le proprie maggioranze parlamentari. ★ In questo senso si può parlare di "doppio volto" della politica giolittiana: essa, infatti, se da un lato tentò di perseguire un impegno riformatore in favore delle classi meno agiate, dall'altro fu orientata a rafforzare la propria posizione grazie al sostegno dei grandi poteri economici. LE CRITICHE DEI MERIDIONALISTI A denunciare con forza le dannose conseguenze prodotte dalla politica giolittiana nel Sud del paese furono i cosiddetti meridionalisti, intellettuali impegnati a studiare la questione meridionale e a proporre soluzioni per tentare di risolverla. Sebbene essi avessero idee tra loro diverse sul modo più efficace per affrontare il problema, erano tutti d'accordo nel ritenere che Giolitti lo avesse ulteriormente aggravato. Lo storico Gaetano Salvemini arrivò a definire Giolitti ‘ministro della malavita’, accusandolo di aver fatto ricorso alle pratiche del clientelismo per rinsaldare la propria posizione. Il sacerdote Luigi Sturzo, invece, rimproverò il capo del governo di aver sfruttato a proprio vantaggio l'arretratezza dei contadini, il potere dei latifondisti e l'assenza della lotta politica. 4. LA CONQUISTA DELLA LIBIA E LA FINE DELL’ETÀ GIOLITTIANA - Verso la guerra Nel 1911 Giolitti formò un nuovo governo, che sarebbe durato fino al 1914, cioè fino alla vigilia della Prima guerra mondiale. In questa fase egli ritenne importante andare incontro ai crescenti sentimenti nazionalistici e militaristici della borghesia italiana. I nazionalisti, infatti, premevano affinché il paese si impossessasse della Libia, un dominio africano dell'Impero turco ottomano: speravano di potervi fondare numerose colonie in cui gli italiani sarebbero potuti andare per trovare terra e lavoro. Il quadro internazionale e l'innesco del conflitto →Giolitti appoggiò tali ambizioni. Già negli anni precedenti l'Italia aveva agito per ottenere il consenso delle grandi potenze a un'eventuale occupazione della regione africana: il governo italiano aveva ottenuto l'assenso di Francia, Gran Bretagna e Impero austro-ungarico nel 1902, quello della Russia nel 1909.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved