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La Prima Guerra Mondiale: cause, durata e conseguenze, Dispense di Storia

Le diverse teorie riguardanti le cause della Prima Guerra Mondiale, la durata, i paesi coinvolti, il numero delle vittime e le nuove armi utilizzate. Inoltre, vengono descritte le conseguenze storiche della guerra, tra cui il crollo di quattro imperi. un quadro completo della Grande Guerra e delle sue conseguenze.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 30/04/2023

giuliastp
giuliastp 🇮🇹

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Scarica La Prima Guerra Mondiale: cause, durata e conseguenze e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! LA PRIMA GUERRA MONDIALE Chi ha scatenato la Guerra?  Fisher: Secondo Fisher, la responsabilità della prima guerra mondiale è da attribuire alla Germania, che voleva una guerra per espandersi e ottenere un potere economico superiore a quello di Francia e Inghilterra. La Germania doveva passare da una realpolitik ad una weltpolitik. Lo storiografo affermava che fosse impossibile che la Germania non si fosse preparata per affrontare una guerra per raggiungere una weltpolitik. Infatti, la nazione tedesca si stava attrezzando dando slancio soprattutto all'industria bellica, investendo sulla marina militare e sulla preparazione dell'esercito. Esisteva perfino il piano Von-Schlieffen, piano militare che prevedeva una guerra lampo contro la Francia con la conquista e l'invasione di Parigi; passando per il Belgio e cogliendo di sorpresa la popolazione. Una volta assoggettata la Francia, si sarebbe passati sul fronte occidentale, contro la Russia. Questo piano militare era stato preparato fin dalla fine dell'800 e di conseguenza è naturale che la Germania cercasse solo un pretesto per cominciare la guerra.  Lafore: a lui si attribuisce la teoria della bomba etnica. Sicuramente conferma la teoria secondo cui la Germania avesse spinto l'Austria a dichiarare guerra, ma ciò non sarebbe successo se non ci fosse stata una bomba etnica pronta ad esplodere. L'impero austro-ungarico inglobava infatti una moltitudine di nazioni, popolazioni con culture, lingue e tradizioni completamente diverse e spesso discordanti. Già dalla fine dell'800 si era vissuta una rinascita dei nazionalismi, ponendo fine agli imperi multietnici. Il “casus belli”, per Lafore, è nei Balcani, in cui c’era anche varietà religiosa.  Joll: conferma le due teorie precedenti, ma ne aggiunge una terza, detta la teoria delle concause. Non erano solo i Balcani e i tedeschi a volere la guerra, ma la stessa Francia entra subito in guerra, spinta dal desiderio di revanche dopo la sconfitta di Sedan del 1870. La Francia vuole vendicarsi e riprendersi l'Alsazia e la Lorena, territori molto ricchi di materie prime che potevano arricchire l'economia francese. Si stava diffondendo inoltre il darwinismo sociale secondo cui la guerra poteva essere motivo di evoluzione per l'essere umano e quindi veniva considerata positiva. Perché "Grande Guerra"? Uno storico inglese ha definito il ‘900 “il secolo breve”: comincia con la prima guerra mondiale e finisce nel 1991 con il crollo dell’URSS. Il decennio giolittiano è il periodo della “Belle epoque”, di ottimismo e positivismo, prosperità e balli vivaci (come il can can), seconda rivoluzione industrale, tecnologia... Ma tutto precipita, l’Europa va ignara verso il baratro.  Durata: la Grande Guerra durò ben 4 anni, senza alcuna sosta. La durata può sembrare insignificante messa in confronto con la guerra dei trent'anni o la guerra dei cent'anni, ma queste furono guerre con continue interruzioni, con poche battaglie campali e molte pause intermedie. Nel caso della prima guerra mondiale, si tratta invece di 4 anni di intense guerre, prima di campo, ma soprattutto guerra di trincea.  Numero dei paesi: coinvolse USA, Russia, Germania, Italia, Cina, Giappone, Francia, Inghilterra. Mai una guerra aveva interessato così tanti paesi. La conta è stimata a 28 Paesi, escluse le colonie. II dato importante riguarda però la mobilitazione interna degli stessi Paesi: per la prima volta furono impegnati a contribuire alla guerra non solo i soldati al fronte, ma anche la popolazione che si impegnava a dare sostegno ai militari.  Numero delle vittime: il conto definitivo ammonta a 10-12 milioni di soldati morti e 15-25 milioni di feriti. Inoltre, 5 milioni di soldati portavano i segni della guerra (i cosiddetti “scemi di guerra”). Vennero costruiti dei “sanatori” sulle Alpi dove erano ricoverate tutte le persone mutilate che non potevano rientrare in società. Il conto è però provvisorio, perché ne sono escluse le vittime della spagnola (chiamata così perché il primo caso si manifestò in Spagna), una pandemia portata in Europa dagli americani. Si trattava di un'infezione perniciosa che si diffondeva attraverso l'aria, che colpì in particolare i giovani, stremati dalla guerra, mentre ne risultarono sostanzialmente immuni gli anziani e i bambini. La pandemia colpi circa 100 milioni di vittime, di cui 20-25 milioni solo in Europa.  Nuove armi: con l'evoluzione della tecnologia e dell'industria, vennero utilizzate nuove armi come la Grande Berta, un cannone a lunga gittata utilizzato in particolare dai tedeschi, mitragliatrici automatiche, aerei, utilizzati solo per duelli aerei (Barone Rosso), quasi mai per bombardamenti, carri armati, già usati in Libia dall'esercito italiano, bombe a mano e gas asfissianti come ad esempio l'iprite, sperimentato per la prima volta ad Ypres in Belgio nel 1916. Nacque anche la figura del cecchino (colui che uccideva i soldati di Cecco Beppe, l’imperatore d’Austria).  Conseguenze storiche: crollarono ben 4 imperi, mai più ricostruiti: o Cade l'impero austro-ungarico, una potenza mondiale, che contava 10 nazionalità, 50 milioni di abitanti, con una tradizione secolare, un ottimo esercito, stato ricco, civile e potentissimo a livello europeo. o Cade il II Reich tedesco, fondato da Guglielmo I e il cancelliere di ferro Bismark. Il kaiser all'epoca era Guglielmo II; la nazione perde le colonie e diverse regioni che possedeva e viene convertita in una Repubblica. o Cade l'impero zarista in Russia; scoppia la rivoluzione contro Nicola II Romanov durante la stessa Grande Guerra, catturato dai rivoluzionari e ucciso con tutta la sua famiglia. Nasce così l'URSS. o Cade l'impero ottomano: si riduce solo alla Turchia perdendo le colonie del Nord Africa. 3.2. L’INIZIO DEL CONFLITTO E IL FALLIMENTO DELLA GUERRA LAMPO La scintilla che fece scoppiare il conflitto si accese il 28 giugno 1914 quando, durante una visita ufficiale a Sarajevo (sotto il controllo austriaco), vennero uccisi l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono di Austria- Ungheria, e sua moglie Sofia, per mano di uno studente serbo, Gavrilo Princip. L’Austria colse così l’occasione per attaccare la Serbia e il 23 luglio inviò un ultimatum di 48 ore a Belgrado con richieste durissime, a cui la Serbia rispose con delle posizioni concilianti che, ovviamente, non vennero accettate per cui, il 28 luglio, la potenza austriaca dichiarò guerra alla Serbia. Dunque, si mise subito in moto il meccanismo delle alleanze militari e le varie potenze scesero in campo: 3.4 1915-1916: la guerra di posizione Il fronte occidentale Dopo la battaglia della Marna, il fronte occidentale si era stabilizzato lungo una linea che andava dal Mare del Nord fino ai confini della Svizzera e che, dopo l’Ingresso in guerra dell’Italia, arrivò a comprendere anche il Trentino e la Venezia-Giulia. Il conflitto era diventato una guerra di posizione, combattuta nelle trincee, opere di fortificazione difensive che rappresentavano ora la situazione di stallo in cui ci si trovava. Erano grandi fossati, circondati da filo spinato e dotati di feritoie, scavati nella terra o nella roccia e rinforzati con pali di legno e sabbia, che potevano raggiungere diversi chilometri di lunghezza e anche due metri di profondità. Con il passare del tempo, le trincee divennero sempre più attrezzate: dietro di esse vennero anche costruiti ospedali da campo, strade e ferrovie per far affluire uomini e mezzi. Qui si trascorrevano lunghi periodi di staticità, in particolare per la minaccia dei cecchini che rendevano impossibile anche il recupero dei cadaveri rimasti intrappolati tra le linee. Solo di rado la monotonia veniva spezzata da violentissimi combattimenti, in cui i soldati erano esposti ad un elevato rischio e guardavano in faccia la morte. Il fronte orientale Il fronte orientale creò maggiori difficoltà all’Intesa: i russi erano stati cacciati via con gravissime perdite, non solo dalla Galizia, ma anche dalla Polonia e dalla Lituania, e nel frattempo gli austro-tedeschi, appoggiati dalla Bulgaria, misero fuori combattimento la Serbia, andando a formare un fronte ininterrotto dal Baltico all’Egeo. Il fronte turco e il genocidio degli armeni Anche nella spedizione navale nei Dardanelli l’Intesa subì una grave sconfitta: l’impresa era stata ideata da Winston Churchill, ministro della marina britannica, per riaprire le vie di rifornimento alleate alla Russia, ma fallì a causa dell’ostinata resistenza dei Turchi. In questo contesto si verificò lo sterminio della popolazione armena: gli armeni, popolazione dell’Asia occidentale di origine indoeuropea e religione ortodossa, erano già da tempo entrati a far parte dell’impero ottomano. Quando, però, nel 1878 la Russia penetrò in territorio turco e fu sconfitta, il sultano accusò gli armeni di tradimento e diede inizio ad un’enorme persecuzione di massa. Nel Novecento, con l’avvento al potere dei Giovani Turchi, che ambivano alla costruzione di una “Grande Turchia”, venne portata avanti una vera e propria “turchizzazione delle minoranze” e quella armena era la meno assimilabile di tutte, poiché con un’identità già ben definita. Perciò, venne pianificata la totale soppressione del popolo armeno: alcuni vennero accusati di collaborazionismo con i russi, altri uccisi o deportati in massa verso la Siria. Si stima oltre un milione di vittime, mentre altrettanti uomini riuscirono a fuggire all’estero nella cosiddetta “diaspora armena”. Il fronte italiano L’esercito italiano, entrò in azione proprio mentre era in atto la rottura del fronte russo guidato da Luigi Cadorna, capo delle forze armate. Cadorna era un militare vecchio stampo che già partiva con una visione molto scettica della guerra di massa (l’equipaggiamento non era un granché, non c’erano medici e molto spesso infuriavano malattie come il colera, non c’erano armi per tutti e gli elmetti arriveranno solo un anno e mezzo dopo), non aveva fiducia nelle virtù belliche dei soldati e credeva che bisognasse insegnar loro severamente come fare la guerra. I suoi soldati avevano l’ordine di mantenere una disciplina ferrea, e su di loro Cadorna applicò il concetto di decimazione: quando un assalto non andava bene, nell’impossibilità di capire chi fosse stato vigliacco o disfattista (Cadorna aveva in odio i socialisti, i massimalisti e gli anarchici che all’inizio non volevano una guerra) se un battaglione non avesse raggiunto gli obiettivi, i generali avevano l’ordine di estrarre a sorte un nome su dieci dei soldati e di fucilarlo. Questi metodi peggioreranno le sorti della guerra e aumenteranno i tentativi di dissertazione e gli episodi di automutilazione. La sua idea era di sconfiggere gli Austro-Ungarici e di spingerli verso est (spallata). Cadorna cercò di far avanzare l’esercito italiano, ma fu costretto ad arrestarsi presso Gorizia per via della tenacissima resistenza austriaca. Tra il giugno e il dicembre 1915 vennero combattute le 4 battaglie di Isonzo in cui l’Italia sembrò avere la meglio, ma che costarono tantissime vittime e diventano delle vere e proprie carneficine. 1916 Il 1916 fu altro anno di terribili battaglie e inutili stragi senza risultati, come le battaglie di Verdun e della Somme, combattute sul fronte francese. Morì più di un milione e mezzo di soldati. La guerra sul mare A questo punto, la potenza tedesca fece riscorso agli U-boat, i sommergibili con i siluri, in grado di colpire anche le più potenti navi da guerra, in particolare per rompere il blocco navale imposto da Inghilterra e Francia. La guerra sottomarina mise a durissima prova l’Intesa, che faticava ad assicurare i rifornimenti ai rispettivi paesi, e allora la Germania, che non riusciva a rompere il blocco navale, il 31 maggio 1916 sfidò apertamente le potenze nemiche nella battaglia dello Jutland, davanti alle coste della Danimarca, nello stretto dello Skagerrak. Anche questa battaglia, se in un primo momento sembra favorire i tedeschi, portò solo una marea di vittime. A causa di questa guerra sottomarina indiscriminata, anche una nave americana, la “Lusitania”, venne silurata dai tedeschi causando tante vittime innocenti (la nave in realtà comunque aveva nella stiva le armi per l’Inghilterra, ma era degli Stati Uniti). La spedizione punitiva austriaca contro l’Italia Gli austriaci ritenevano gli italiani dei traditori in quanto avevano abbandonato l’Alleanza per l’Intesa, e allora organizzarono una “controspallata” per entrare nei confini e costringerli ad un armistizio, una “spedizione punitiva” organizzata nella primavera 1916. Il 15 maggio, in Trentino, si assistette alla cosiddetta “Strafexpedition”, che inizialmente favorì gli austriaci e, se non fossero arrivati i soccorsi russi, l’Italia avrebbe sicuramente ceduto, ma alla fine si riuscì a ricucire la linea del fronte e a ricacciare i nemici indietro. Nel corso dei combattimenti vennero catturati sul fronte italiano Cesare Battisti e Fabio Filzi, irredentisti: persone di nazionalità e sentimenti italiani che però facevano ancora parte dell’impero austroungarico ed erano fuggiti dalla loro città arruolandosi nell’esercito italiano. Ciò successe anche ad altri irredentisti, tra cui Damiano Chiesa e Nazario Sauro. Di fronte al pericolo scampato della resa italiana, il governo Salandra si dimise e nacque un nuovo governo, detto di “concentrazione nazionale”, presieduto da Paolo Boselli che, il 28 agosto 1916, dichiarò guerra alla Germania. Con Boselli si sperava ci fossero più risultati: in effetti, dopo un anno di combattimenti, il 9 agosto venne conquistata Gorizia, una conquista di cui si vantarono gli alti gradi dell’esercito ma che fu in realtà una grandissima strage. La mattina del cinque d'agosto Si muovevano le truppe italiane Per Gorizia, le terre lontane E dolente ognun si partì Sotto l'acqua che cadeva al rovescio Grandinavano le palle nemiche Su quei monti, colline e gran valli Si moriva dicendo così: Oh, Gorizia, tu sei maledetta Per ogni cuore che sente coscienza Dolorosa ci fu la partenza E il ritorno per molti non fu Il 21 novembre 1916, dopo 68 anni di regno, morì a Vienna il vecchio imperatore Francesco Giuseppe e gli succedette il nipote Carlo I. Carlo I desiderava la pace, così come il papa Benedetto XV (successore di Pio X), che chiese nuovamente di fermare quella “inutile strage”. Nel frattempo, però, in Inghilterra diventò primo ministro David Lloyd George, convinto sostenitore della guerra a oltranza, linea che venne poi accettata dalle altre potenze dell’Intesa. I socialisti Anche all’interno del movimento socialista si era creata una profonda spaccatura: la maggior parte, comunque, indicò una possibile soluzione in una “pace senza vincitori né vinti”. Si delineò anche una minoranza di sinistra che proclamava la necessità di un “disfattismo rivoluzionario”: in pratica, si voleva sabotare la guerra, a prescindere dalle sorti del proprio paese. I sostenitori di questa linea presero il nome di “spartachisti” tedeschi, membri della Lega di Spartaco, fondata da bolscevichi legati a Lenin. 3.5 IL FRONTE INTERNO E L’ECONOMIA DI GUERRA Questa guerra venne definita guerra totale: quest’accezione venne usata in maniera diversa tra il primo e il secondo conflitto mondiale. La guerra totale è una guerra in cui tutti i contendenti sono disposti a sacrificare fino all’ultima risorsa per ottenere la vittoria assoluta, per cui si verificò una mobilitazione • C’erano gli isolazionisti (non c’è nessun bisogno, niente guerra), ma gli interventisti prevalsero (Wilson voleva dare una mano alle antiche democrazie europee soprattutto per simpatia con l’Inghilterra) • C’era una borghesia degli affari che voleva dare uno sfogo alla iperproduzione industriale. Gli Stati Uniti erano diventati una potenza, erano nel pieno della loro fioritura, non avevano colonie e si preparavano ai meravigliosi anni 20. Volevano aprirsi un nuovo sbocco commerciale in Europa e sapevano bene che l’Europa avrà bisogno di tutto dopo la guerra. Firmarono il 6 aprile e si resero conto che quello era il momento giusto per mettere piede in Europa e non toglierlo più (americanizzazione d’Europa). Portarono in Europa anche la spagnola (che in realtà era americana), munizioni, gas, cibo che fecero la differenza. 3. Disfatta di Caporetto. La peggiore sconfitta della storia dell’Italia. Come mai ci fu una disfatta così grande per l’Italia? Gli austriaci penetrarono per 150 km. Dopo il crollo del fronte russo, il peso sulle truppe italiane aumentò, in particolare sull’alto Isonzo. Qui, tra il 23 e il 24 ottobre 1917, gli austro- tedeschi organizzarono una potente controffensiva spezzando il fronte italiano a Caporetto. Gli alti gradi si rivelarono incapaci di gestire la situazione, sottraendosi alle loro responsabilità e dando la colpa a disertori e disfattisti (Cadorna dà la colpa ai disfattisti). Boselli è costretto alle dimissioni e va al potere Vittorio Emanuele Orlando, appoggiato anche dall’opposizione, dando vita ad un governo di unità nazionale, allo scopo di rinforzare le truppe che dall’11 novembre si erano attestate lungo il Piave (pur non riprendendo tutti i territori persi con Caporetto), guidate da Armando Diaz, che aveva sostituito Cadorna. La difesa del nuovo fronte fu affidata ai ragazzi del ’99, le ultime reclute, che riuscirono a contrastare gli ultimi tentativi di assalto nemici. Le ultime offensive Tedeschi e austriaci, molto provati, credevano che la guerra fosse ancora da vincere e cercarono gli ultimi fuochi contro gli avversari prima dell’arrivo in Europa degli aiuti degli americani. Nella battaglia del Kaiser, i tedeschi combatterono soprattutto con la disperazione e si mossero di nuovo verso ovest riuscendo ad occupare di nuovo i territori che avevano occupato quando erano arrivati vicino Parigi nel 1914, fino alla Marna. Ma a questo punto, essi non riuscirono più ad avanzare grazie soprattutto all’intervento del generale francese Foch, che riuscì a galvanizzare le sue truppe anche con l’aiuto di americani e inglesi e a ricacciare indietro i tedeschi, in una controffensiva che prese il nome di seconda battaglia della Marna. Quando continuarono ad affluire ancor più americani, i tedeschi si ritirarono definitivamente dopo la battaglia di Amiens dell’8-11 agosto. Anche l’Austria giocava l’ultima carta, attaccando senza successo sul Piave. La battaglia di Vittorio Veneto e l’armistizio di Villa Giusti Nonostante l’esercito austriaco si mantenesse saldo e compatto, l’interno era attraversato da una profonda crisi. In seguito alla richiesta di pace dell’impero ottomano e della Bulgaria agli austriaci, il generale Diaz decise di avviare una grande offensiva per disgregare le forze austro-ungariche sul fronte italiano (la famosa “spallata” di Cadorna). L’offensiva partì un anno dopo Caporetto, il 24 ottobre, e nel giro di pochi giorni ci fu lo sfondamento del fronte austriaco e la ritirata dell’esercito. Il 3 novembre 1918, quindi, l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia a Villa Giusti, vicino Padova. Il giorno successivo venne annunciata la vittoria da Diaz con un proclama al popolo, vittoria che non segnò solo la fine della guerra sul fronte italiano, ma anche la disintegrazione dell’impero austro-ungarico. La fine della guerra e degli imperi centrali In Germania, a causa delle rivolte interne, il Kaiser era stato costretto ad abdicare e, il 9 novembre, era stata proclamato un governo provvisorio repubblicano, presieduto da Friedrich Ebert, che dovette portare a termine le trattative già iniziate con l’Intesa. La pace venne firmata l’11 novembre, in un vagone ferroviario nella foresta di Compiègne, a nord di Parigi (in quello stesso vagone i francesi avevano firmato la resa dell’11 novembre 1870, Sedan). La guerra finì dopo 4, lunghi anni, l’Italia vinse ed uscì di scena, oltre al Reich tedesco, l’impero asburgico, che aveva retto l’Austria per più di sette secoli. 4.1 I TRATTATI DI PACE E LA SOCIETA’ DELLE NAZIONI Il 18 gennaio 1919, circa due mesi dopo la cessazione delle ostilità, i rappresentanti dei paesi vincitori si riunirono a Parigi allo scopo di dare un nuovo assetto all’Europa. Ad avere un’effettiva autorità, però, erano solo i cosiddetti “quattro grandi”:  Il presidente americano Thomas Wilson  Il presidente del consiglio francese Georges Clemenceau  Il primo ministro inglese David Lloyd George  Il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando. Tuttavia l’Italia venne ben presto relegata al margine delle trattative per la rivendicazione dei territori della Dalmazia (Vittorio Emanuele disse: “Noi ce ne andiamo da Parigi con le mani nette”, ma, in realtà, non fu così). I Quattordici punti di Wilson Nel gennaio 1918 Wilson fissò in Quattordici punti i principi cardine della pace. In particolare:  Rispetto del principio di nazionalità: ogni nazione, entità con lingua, costumi e religioni caratteristici, ha il diritto di dichiararsi come Stato indipendente e sovrano (come la Iugoslavia, la “Slavia del sud”)  Rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli: una popolazione ha il diritto di non essere assoggettata ad uno Stato contro la sua volontà e di ribellarsi in caso questo non la rispetti  Libertà di aggregazione e commercio  Creazione di un organismo sovranazionale: il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, con sede a Ginevra, per regolare le controversie tra gli Stati. In realtà, non riuscì a funzionare come avrebbe dovuto e finì ben presto nelle mani di Francia e Inghilterra, sia perché raramente si arrivava all’approvazione unanime di tutti i membri, sia per la mancata adesione degli Stati Uniti (il congresso americano, infatti, si rifiutò di appoggiare la politica di Wilson, aspirando nuovamente ad una politica isolazionista). I cinque trattati Dalla conferenza nacquero cinque trattati: 1. Il trattato di Versailles (28 giugno 1919), stipulato con la Germania e firmato nella stessa regione dove i prussiani avevano dato ufficialmente vita all’impero tedesco. Questo trattato imponeva clausole punitive e umilianti: a livello territoriale, l’Alsazia e la Lorena tornarono alla Francia e vennero cedute alla Polonia alcune regioni tedesche e il cosiddetto “corridoio di Danzica” che separava la Prussia orientale dal resto della Germania; a livello militare, invece, l’esercito tedesco venne ridotto a soli 100.000 uomini e armato alla leggera solo con fucili e baionette. Infine, anche le sanzioni economiche furono pesantissime: la Germania dovette risarcire tutte le nazioni vincitrici e il Belgio (132 miliardi di marchi in oro fino al 1960), oltre alla cessione di miniere, materiale navale (marina da guerra tutta confiscata, rimasti solo pescherecci), ferroviario e industriale per 10 anni. Tuttavia, nel trattato, è possibile individuare degli errori commessi dai vincitori:  La pace era un “Diktat”, un trattato unilaterale, punitivo al massimo, imposto dai vincitori ai vinti senza compromessi. Se la Germania non avesse accettato, sarebbe ripresa la guerra. In realtà, non bisognerebbe mai essere vincitori, ma vincenti, perché il vincitore spiazza i vinti.  Le richieste di risarcimento furono talmente pesanti che la ripresa economica era praticamente impossibile: in Germania, anche gli uomini distinti chiedevano le elemosine.  I criteri seguiti nella spartizione dell’Europa non sempre rispettavano le varie nazionalità  Fu data troppa importanza agli interessi dei vincitori e pochissima a quelli dei vinti. 2. Il trattato di Saint-Germain, firmato il 10 settembre 1919, con cui l’Austria era costretta a cedere all’Italia il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’alto bacino dell’Isonzo. Tuttavia, l’Italia non ottenne tutto ciò che voleva, tra cui la Dalmazia e Fiume. Ciò provocò una grande delusione e in Italia si cominciò a parlare di “vittoria mutilata”, alimentando un sentimento nazionalista che avrebbe portato gravi conseguenze. Inoltre, l’Austria venne ridotta alle dimensioni attuali, con una capitale troppo grande (grande testa con un piccolo corpo), e nei suoi territori sorsero quattro repubbliche indipendenti: Austria, Ungheria (autonomia sancita dal trattato di Trianon, 4 giugno 1920), Cecoslovacchia e il regno di Iugoslavia. Venne inoltre riconosciuta l’indipendenza dell’Albania. Negli ex-territori russi nacquero i nuovi stati indipendenti di Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania.
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