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LA PRIMA GUERRA MONDIALE, LE CONSEGUENZE DELLA PACE, ETà TOTALITARISMI, Sintesi del corso di Storia

LA PRIMA GUERRA MONDIALE, LE CONSEGUENZE DELLA PACE, ETà TOTALITARISMI riassunti tratti dal libro "Dalla Storia alle Storie"

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 14/10/2019

Martina.Brusa
Martina.Brusa 🇮🇹

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Scarica LA PRIMA GUERRA MONDIALE, LE CONSEGUENZE DELLA PACE, ETà TOTALITARISMI e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! CAPITOLO 3 LA PRIMA GUERRA MONDIALE Nel 1914 si aprì una guerra i cui protagonisti furono popoli interi. La Prima guerra mondiale fu una guerra civile nella misura in cui le parti in campo non ambivano più a raggiungere una pace equa ma perseguivano per obiettivo un annientamento del nemico. La Grande Guerra presuppose un gigantesco investimento ideologico ed emotivo in quella che si configurò come una crociata per la difesa della civiltà contro le barbarie. Come tutte le guerre civili, questa guerra civile europea comportò il disconoscimento di ogni umanità del nemico, il rifiuto di ogni regola o convenzione bellica, il progressivo sprofondare dei combattimenti in una lotta accanita e crudele, ispirata da un odio viscerale. L’EUROPA DEI SONNAMBULI Le ragioni che precipitarono l’inizio della Prima guerra mondiale sono da ricercarsi in grandi rivolgimenti del secondo Ottocento. Erano saliti nuovi Stati capaci di alterare i precedenti equilibri continentali, l’Italia e la Germania avevano rimesso in discussione lo strapotere di Francia e Gran Bretagna. La crescita economica e politica della Russia zarista rappresentò un ulteriore fattore di destabilizzazione. Fuori dal Vecchio Continente due nuove potenze regionali, gli Stati Uniti e il Giappone si affacciarono al tavolo dei grandi con ambizioni destinate ad affermarsi. A tali realtà faceva da contraltare l’indebolimento dei vecchi imperi austroungarico, ottomano e spagnolo. La Grande Guerra non potè essere combattuta come una guerra breve. Si trattò di una tragedia collettiva verso la quale le classi dirigenti dei diversi paesi europei si incamminarono in un modo solo apparentemente vigile. Nel 1914 avrebbero dovuto trovare una soluzione diplomatica alla crisi. UNA TERZA GUERRA BALCANICA La crescita del giovane regno di Serbia finanziato dalla Russia e dalla Francia aveva alterato gli equilibri dell’area balcanica. L’unico rivale rimasto era l’impero asburgico sotto la cui sovranità ricadeva la Bosnia-Erzegovina, annessa nel 1908 e abitata per il 40% da popolazione slava di origine serba. La crescente insofferenza dei serbi nei confronti degli austroungarici si nutrì di rivendicazioni territoriali a sfondo etnico-nazionalista. Le terre di Bosnia rappresentavano luoghi chiave della memoria collettiva, dell’immaginario mitico e dell’identità storica slava. Con la complicità di alcuni settori dell’amministrazione di Belgrado si svilupparono in Bosnia organizzazioni terroristiche filoserbe, attraverso attentati a esponenti della classe dirigente austriaca intendevano provocare la separazione della provincia dall’impero e la sua annessione al regno di Serbia. La questione appariva più urgente agli occhi dei separatisti slavi in quanto gli Asburgo avevano scelto di effettuare in Bosnia-Erzegovina investimenti infrastrutturali ed educativi. L’erede designato al trono Francesco Ferdinando d’Asburgo, una volta salito al potere di Vienna, riorganizzò la struttura imperiale con la concessione alle etnie slave di una maggiore autonomia politica. La più nota delle organizzazioni terroristiche serbe fu la Mano Nera nata nel 1911 a Belgrado e presto infiltrata all’interno delle gerarchie militari. Il 28 giugno 1914 i terroristi entrarono in azione, posizionati i vari punti del corteo cercarono di colpire l’erede al trono ma senza successo. Vi riuscì l’ultimo cospiratore rimasto Gavrilo Princip, il quale approfittando di un errore di percorso dell’autista e delle insoddisfacenti misure di sicurezza predisposte dal governatore locale, emerse dalla folla si avvicinò all’auto del principe e sparò due colpi di pistola, ferendo a morte Francesco Ferdinando e la moglie Sofia. Le autorità austroungariche non dovettero faticare molto per scoprire i legami che univano i terroristi al governo militare di Belgrado, Vienna richiese di poter condurre le indagini con la propria polizia in territorio serbo per smantellare l’organizzazione della Mano Nera e assicurare alla giustizia responsabili e complici dell’attentato di Sarajevo. La Serbia oppose un netto rifiuto a quella che sarebbe stata una palese violazione della sua sovranità. Tale rifiuto a quella che sarebbe stata una palese violazione della sua sovranità. Tale rifiuto offrì agli Asburgo il pretesto per avviare un intervento militare, l’imperatore Francesco Giuseppe firmò una dichiarazione di guerra contro la Serbia, il 28 luglio 1914. La guerra iniziata nel 1914 fu una terza guerra balcanica. Lo scoppio delle ostilità tra Austria e Serbia non era destinato a rimanere un episodio circoscritto, troppi legami e troppi interessi congiungevano i due Stati al resto dell’Europa. REAZIONE A CATENA Nelle settimane dopo l’attentato di Sarajevo, le maggiori cancellerie d’Europa si dimostrarono persuase che la semplice minaccia di un intervento russo in appoggio alla Serbia avrebbe finito per indurre l’Austria-Ungheria a rinunciare all’invasione. I membri dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia) non riconobbero all’Austria-Ungheria il diritto di indagare seriamente su quanto avvenuto. Condannarono l’atteggiamento bellicoso degli austriaci. L’imperatore tedesco si mostrò conciliante, disposto a scatenare una guerra europea per una questione territoriale agitata ai margini del continente; cercò di moderare il desiderio di vendetta degli austriaci, ai quali non potè negare il suo appoggio. Nell’evoluzione degli eventi si rivelò decisivo il comportamento della Russia. Il 30 luglio 1914 la pressione crescente dell’opinione pubblica nazionalista e delle gerarchie militari spinse lo zar Nicola II nonostante forti sue resistenze personali a decretare la mobilitazione generale dell’esercito. Mise in moto un processo inarrestabile di escalation. La Germania si dispose in guerra. Il 31luglio Berlino inviò due ultimatum a Mosca e a Parigi. Il 1 agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, il 3 agosto alla Francia, il 4 agosto al Belgio neutrale che venne invaso. Un peso sull’aggravarsi della crisi internazionale ebbe la presenza in Russia del presidente della Terza repubblica francese Raymond Poincaré. Egli aveva sostenuto finanziariamente la Serbia e deliberatamente puntato a spingere la Russia a intervenire al suo fianco, nella convinzione che l’Austria avrebbe finito per rinunciare alle proprie pretese sulla Bosnia- Erzegovina. Constatata la fermezza degli Asburgo, una volta rientrato in patria Piocaré convinse l’opinione pubblica e il parlamento francesi ad entrare in guerra, per consumare la rivincita sugli odiati vicini d’oltre Reno. Il 3 agosto 1914 la guerra cominciò anche per la Francia. Il governo di Londra entrò in guerra il 4 agosto 1914 a fianco della Francia e della Russia e della Serbia. Risvolto singolare degli eventi dell’estate 1914 fu che ciascuno degli Stati in lizza si definì come aggredito e potè mobilitare la propria opinione pubblica intorno al principio di una guerra patriottica difensiva. “A NATALE TUTTI A CASA” L’ILLUSIONE DI UNA RAPIDA VITTORIA L’esercito tedesco mise in atto un piano strategico preparato da tempo: questo prevedeva una guerra lampo contro la Francia per poi volgersi a est. Le truppe del Kaiser invasero il neutrale Belgio . i tedeschi si spinsero in profondità in territorio francese. L’offensiva tedesca venne bloccata sul fiume Marna. La guerra si trasformò in una guerra di posizione che permise alle truppe britanniche di sbarcare sul continente e di congiungersi agli alleati francesi, mettendo in difficoltà i tedeschi costretti dai russi a spostare le proprie divisioni sul fronte orientale. La situazione di equilibrio tra le forze in campo mise presto fine all’ipotesi di una risoluzione rapida del conflitto. Il fronte tra i due schieramenti divenne statico: le trincee. L’unica strategia adottata dagli alti comandi per spezzare lo stallo consistette nel lasciare i propri reggimenti all’assalto della trincea nemica. L’utilizzo dell’artiglieria pesante, delle mitragliatrici e delle mine antiuomo facilitò l’azione di chi si difendeva, condannando al fallimento le manovre degli attaccanti. Dal 1914 al 1918 un numero altissimo di vite umane fu sacrificato dagli stati maggiori. Si susseguirono interminabili battaglie, durate mesi e mesi, i cui nomi sarebbero rimasti scolpiti per decenni nella memoria collettiva degli europei. All’offensiva tedesca a Verdun seguì una controffensiva alleata sul fiume Somme. Si risolsero in carneficine. Lo scontro navale dello Jutland nel maggio 1916 risultò decisivo ma permise ai britannici di mantenere la supremazia sui mari e di consolidare un blocco commerciale ai danni degli imperi centrali. Entro un anno l’Austria portò a termine l’occupazione della Serbia. Rispetto al fronte occidentale, quello orientale si connotò per una maggiore sproporzione tecnologica e logistica tra gli schieramenti, il che favorì una guerra di movimento. Meglio attrezzati, gli imperi centrali riuscirono a sconfiggere l’esercito russo nelle battaglie dei laghi Masuri e di Tannenberg, a respingerli dalla Prussia orientale e a occupare ampie aree dell’impero zarista. Fin dall’ottobre 1914 l’entrata in guerra dell’impero ottomano accanto a Germania e Austria estese il teatro delle operazioni belliche all’intero Medio Oriente. Contro i turchi si concentrarono le azioni decisive di britannici e francesi. I britannici tentarono uno sbarco a Gallipoli ma vennero respinti con molte perdite. Decisero allora di attaccare dal Golfo Persico, di marciare su Baghdad con le truppe coloniali indiane, e di cavalcare le spinte nazionaliste e autonomiste del mondo arabo: in cambio di una futura indipendenza Thomas Edward Lawrence riunì attorno a sé un esercito di rivoltosi contro il dominio secolare dei turchi, obbligando il nemico a tenere impegnate le sue truppe anche in Medio Oriente. La guerra fu Mondiale per la partecipazione del Giappone. I giapponesi si impadronirono dei possedimenti tedeschi in Estremo Oriente. Scontri si verificarono anche sul continente africano, dove i britannici conquistarono tutte le colonie tedesche a eccezione dell’attuale Tanzania. Gran Bretagna e Francia erano due imperi coloniali in grado di arruolare migliaia e migliaia di uomini provenienti dai loro possedimenti d’oltremare. UNION SACREE E SPIRITO CROCIATO In Gran Bretagna centinaia di migliaia di maschi adulti chiesero spontaneamente di arruolarsi. E il fenomeno del volontariato proseguì. Tra le corti di intellettuali si contarono numerosi giovani intellettuali. Nel convertire milioni di europei alle ragioni della guerra si rivelò determinate l’attività di propaganda promossa dai governi dell’uno o dell’altro paese. Le classi subalterne si dimostrarono pronte a sacrificarsi per la patria. I socialisti che da sempre avevano istituito sul carattere internazionale della solidarietà di classe, auspicavano una sollevazione generale contro le borghesie nazionali. La SPD decise di votare i finanziamenti di guerra sollecitati dal governo di Berlino e partecipò allo sforzo bellico. In ogni paese belligerante si formarono fronti compatti, trasversali alle classi sociali, un solidarismo che in Francia prese il nome di union sacrée. I pochi che si opposero furono emarginati o addirittura assassinati così il leader del socialismo Jean Jaurès, ucciso per mano di un fanatico nazionalista. Soltanto i partiti socialisti dei paesi neutrali tentarono di rilanciare le ragioni del pacifismo e dell’internazionalismo. La loro componente più estremista di cui facevano parte i bolscevichi russi di Lenin condannava bensì la tragedia della guerra imperialista ma auspicava una sua trasformazione in guerra rivoluzionaria. La difesa del suolo patrio si tramutò in crociata per la difesa dei valori della civiltà contro l’avanzare della barbarie. Si procedette a una demonizzazione del nemico. Gli Alleati stigmatizzarono il trattamento Il massiccio impiego di uomini al fronte offrì sbocchi lavorativi inediti alla popolazione femminile. Il protagonismo delle donne operaie ebbe ripercussioni significative anche sulle abitudini di vita delle società europee. Le donne non apparvero più come angeli del focolare, ma come soggetti autonomi. Il processo emancipazione femminile innescato dalle particolari condizioni del periodo bellico avrebbe spinto diversi governi a ripensare il ruolo politico e civile delle donne. Le difficili condizioni di lavoro, il razionamento degli alimenti e la crescente difficoltà di procacciarsi generi di prima necessità dei grandi centri abitati provocarono l'apertura di un fronte interno nei paesi in guerra: si indissero scioperi e scoppiarono rivolte che le autorità repressero con durezza. L’ITALIA DA CAPORETTO A VITTORIO VENETO Nei mesi di maggio e giugno del 1916 l'esercito italiano dovette fronteggiare una Poderosa offensiva austriaca sull'Altopiano di Asiago, dove per settimane infuriarono i combattimenti. l'emergenza militare spinge il Parlamento di Roma a votare la sfiducia al governo Salandra: questo venne sostituito da una pagina politica più ampia, guidata da Paolo Boselli, così da coinvolgere anche forze esterne alla maggioranza liberale Nella formazione di un esecutivo di unità nazionale. I reparti italiani conquistarono la città di Gorizia, dopo la vittoria conseguita nella sesta battaglia dell'Isonzo. Dopodiché il generale Cadorna promosse altri tentativi di sfondamento delle linee austriache: ogni volta senza successo, e pagando un prezzo altissimo per il numero dei caduti e i prigionieri. Nell'autunno 1917 Il tracollo dell'esercito sul fronte della Venezia Giulia si aggiunse alla precaria situazione della penisola. Nei pressi di Caporetto, gli austriaci spinsero le truppe di Cadorna allo sbando riuscendo a penetrare profondamente in territorio italiano. Dopo lo sbandamento iniziale Cadorna riuscì a riorganizzare le sue divisioni e a opporre una strenua resistenza sul fiume Piave, arrestando l'avanzata di austriaci e tedeschi. Il Generale Armando Diaz prese il posto di Cadorna e si impegnò per restituire morale alle truppe, e fu Inoltre autorizzato ad arruolare i nati nel 1899. La controffensiva italiana fu preparata con una varietà di strumenti e di interventi. Promosse l'organizzazione di spazi ricreativi e assistenziali: le case del soldati. Nel 1918 l’esercito Italiano, appoggiato dalle truppe alleate, lanciò una vasta offensiva culminata con la battaglia di Vittorio Veneto: grazie al quale l'esercito cacciò gli austriaci e conquistò Trento e Trieste. IL CROLLO DELLO ZARISMO E LE RIVOLUZIONI IN RUSSIA Le ripetute sconfitte militari spinsero la Russia verso l’orlo del baratro. Uno sciopero dei quartieri operai di San Pietroburgo si trasformò in un’insurrezione popolare. Dal proletariato di fabbrica, l'insurrezione si estese al mondo contadino, e perfino all'aristocrazia. Nelle settimane successive il regime zarista crollò, con l'applicazione di Nicola II Romanov e la rinuncia al trono del fratello. Il vuoto ho colmato da un governo provvisorio guidato dal Principe L’Vov sostenuto dalle forze liberali del partito costituzionale democratico. Si venne però a creare una frattura tra l'élite Borghese al potere e i Soviet. Una questione scottante da affrontare per il nuovo esecutivo era quella della guerra contro gli imperi centrali. I liberali e i socialisti rivoluzionari furono favorevoli a una sua prosecuzione, in difesa del suolo, mentre i bolscevichi manifestarono la volontà di porvi fine. Nel mese di aprile il ritorno in patria dall'esilio svizzero del leader Lenin aggravò ulteriormente i dissidi interni allo stiramento rivoluzionario. Secondo lei, occorreva inaugurare una fase nuova: incentrata sulla violenza presa del potere da parte delle classi lavoratrici, e sulla proclamazione di un immediato cessate il fuoco al fronte di guerra. I bolscevichi organizzarono senza successo un Insurrezione armata a seguito della quale vennero dichiarati fuorilegge. Seguì un tentativo di colpo di stato reazionario condotto dal generale Kornilov neutralizzato grazie alla compatta risposta dello schieramento democratico, guidato dal governo del socialista rivoluzionario Karenskij. La proclamazione della Repubblica non fu sufficiente ad arginare l'ascesa dei bolscevichi, ormai prevalenti nei Soviet cittadini. Essi scatenarono una nuova insurrezione armata riuscendo con un colpo di mano a conquistare il palazzo di San Pietroburgo. Durante le settimane successive Lenin sciolse l'assemblea costituente instaurò una dittatura dei bolscevichi tra le prime loro decisioni sono la proclamazione di un armistizio con la Germania e la distribuzione delle terre ai contadini. In contemporanea con gli eventi di San Pietroburgo, erano scoppiate nelle campagne rivolte contadine contro l’aristocrazia fondiaria. Fu abile nell’approfittarne, rilanciando con i fatti la promessa della distribuzione delle terre. La decisione di Lenin di siglare un accordo di pace separata con i tedeschi, il trattato di Brest-Litovsk, e soprattutto le requisizioni forzate di prodotti agricoli disposte dal governo centrale ai danni dei contadini, provocarono una definitiva rottura tra i bolscevichi e gli altri partiti politici. Ebbe inizio una guerra civile. Il governo rivoluzionario di San Pietroburgo scatenò allora una brutale repressione del dissenso interno e dei moti contadini, ordinata da Lenin e Trockij. GLI STATI UNITI IN CAMPO E LA VITTORIA DEGLI ALLEATI Il crollo della Russia zarista e l'uscita dalla guerra della Repubblica bolscevica permisero agli austro-tedeschi di concentrare le novità sul fronte occidentale e su quello italiano, nella speranza di uno sfondamento definitivo delle linee nemiche. Le ragioni della scelta interventista del presidente Wilson dipesero in parte dall'aggressività tedesca: a più riprese i sommergibili u-boot avevano colpito è affondato navi mercantili statunitensi in rotta verso i porti inglesi e francesi. La Germania tentò peraltro di coinvolgere nella Guerra anche il Messico interessato a recuperare i territori dell'Arizona. L’esercito statunitense conseguito un impressionante consistenza numerica e una forte motivazione ideologica. I soldati americani Ebbero un impatto decisivo sull'esito del conflitto. Gli alleati riuscirono a sfondare il fronte nemico sia nei Balcani sia nelle Fiandre. La situazione nel campo austro-tedesco precipitò definitivamente a causa di una crescente instabilità interna. Con l'applicazione del kaiser Guglielmo II e dell'imperatore Carlo I d'Austria si concludeva la Prima guerra mondiale. Una guerra che per oltre 4 anni aveva insanguinato il vecchio continente. IL TRAMONTO DI UN MONDO E L’ALBA DI UNA NUOVA UMANITA’ Alla fine del 1918 l’Europa era ridotta ad un cumolo di macerie. Vincitori o vinti, gli Stati nazionali erano da ricostruire politicamente ed economicamente. Il problema centrale del primo dopoguerra consistette nella gestione politica delle masse popolari: masse le quali, dopo aver enormemente contribuito alla mobilitazione militare e civile, rivendicavano un ruolo nuovo nel governo della società. Peraltro, il conflitto avrebbe avuto conseguenze divergenti nei paesi vincitori. Sul terreno economico, a essere revocato in dubbio fu il modello di capitalismo liberista ereditato dall’Ottocento, cui si era andato sostituendo il modello di un’economia pianificata dallo Stato. La crescita esponenziale dell’inflazione, per i debiti contratti da paesi belligeranti, accrebbe la disoccupazione e fecero lievitare i prezzi, generando malcontento sociale diffuso. Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra significò un ridimensionamento del ruolo trainante delle economie europee, e una prima affermazione dei beni di consumo prodotti in America. Un’ulteriore conseguenza del conflitto fu una crisi culturale delle società europee. Una familiarità con la violenza e la morte postò gli uomini istinti di barbarie. La quotidianità del dopoguerra fu connotata sia da una crescente radicalizzazione delle contrapposizioni sociali, sia da una progressiva brutalizzazione della vita politica. CAP. 4 LE CONSEGUENZE DELLA PACE Come dopo ogni conflitto, conclusa la guerra rimaneva ai vincitori di fare la pace con i vinti. Si trattava dunque non soltanto di ridisegnare vecchi confini, ma di riconoscere l’esistenza di nuovi. A tale compito si accinsero durante la conferenza di Parigi i rappresentanti degli Stati vincitori: Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia. Figura centrale nelle trattative post-belliche fu quella del presidente americano Wilson, che dinanzi al Congresso degli Stati Uniti aveva elencato una lista di 14 punti a partire dai quali ricostruire l’ordine mondiale, per assicurare un pace duratura. I suoi principi ispiratori erano l'esigenza di rispettare l'autodeterminazione dei popoli nell'individuazione dei confini nazionali; la proposta di costituire un’” associazione delle nazioni”; la salvaguardia della libera circolazione di merci e persone; la promozione di un mondo pacificato con la riduzione degli armamenti e l’abolizione degli accordi segreti in diplomazia. Molto diversa si rivelò la posizione di Francia e Gran Bretagna, rappresentante rispettivamente da Clemenceau e Lloyd George, che riuscirono a imporre una pace punitiva nei confronti degli imperi centrali. l'Intento era di indebolire a tal punto la Germania da rendere impossibile una sua rinascita. Con il Trattato di Versailles la Francia recupererò l'Alsazia e la Lorena; impose la smilitarizzazione della Renania; si garantì lo sfruttamento del bacino minerario della Saar. La Germania perse anche una parte dei suoi territori orientali in favore della repubblica di Polonia. Particolarmente onerose furono le indennità di guerra imposte alla Germania, condannata a pagare miliardi. Un debito del genere rendeva il nuovo stato tedesco qualcosa di simile a una colonia delle potenze vincitrici. UN MONDO TRASFORMATO Con i trattati di Saint-Germain-en-Laye e del Trianon si ridisegnarono i confini dell’impero asburgico, che venne totalmente smembrato attraverso la creazione di diverse compagini statuali. Nacquero l’Austria, la Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Jugoslavia. L’Italia ottenne il Trentino, l’Alto Adige, il Friuli, la Venezia Giulia e l’Istria. Un anno più tardi a Sèvres si decise la sorte del Medio Oriente e della Turchia. Britannici e Francesi si spartirono i territori ottomani mediorientali, prendendo sotto tutela la Palestina la Transgiordania e l'Iraq i britannici; la Siria e il Libano i francesi. In un incontro preliminare a Sanremo, la Gran Bretagna era stata inoltre riconosciuta come unica mandataria in Palestina. Il paese anglosassone doveva assicurarsi di stabilire un “focolare nazionale ebraico” e creare istituti di autogoverno tutelando i diritti civili e religiosi degli abitanti. L'unico fra i 14 punti di Wilson a essere accolto integralmente riguardò la costituzione della Società delle Nazioni: un’assemblea degli Stati preposta alla mediazione delle controversie internazionali con sede a Ginevra. Quasi tutti i nuovi Stati si dotarono di costituzioni, si dichiararono repubbliche democratiche e coinvolsero i governati nelle scelte dei governi. LE NUOVE NAZIONI In Turchia era nato nel 1920 un governo guidato da Mustafa Kemal: un militare già esponente di spicco del Movimento nazionalista dei Giovani turchi. In contrapposizione con Maometto VI, Kemal rifiutò di sottoscrivere gli accordi di pace stipulati a Sèvres. Riorganizzato l’esercito, Kemal avviò una rivoluzione nazionale e riuscì a liberare dall’occupazione di truppe greche e occidentali l’intero territorio della Turchia. Nell’ottobre 1923 vide la luce la repubblica di Turchia, che si tramutò in un regime autoritario con un partito unico e sotto il controllo dell’esercito. Kemal avviò una drastica trasformazione culturale del paese: abolì il califfato, laicizzò la società, impose l’alfabeto latino e il calendario gregoriano. La capitale venne spostata ad Ankara. Gran Bretagna e Francia scelsero di concedere alla nuova Polonia un accesso al Mar Baltico, tracciando un corridoio fino a Danzica. In pieno conflitto mondiale (1916), un movimento armato indipendentista (Irish Republican Army) aveva tentato un insurrezione duramente repressa dall’esercito britannico. Il conflitto si riaccese al termine della guerra, finché la Gran Bretagna non decise di scendere a compromessi. Permise la nascita di un parlamento irlandese, l’Irlanda entrò a far parte del Commonwealth. Oltreché in Irlanda, la Gran Bretagna dovette allentare la presa anche in Egitto, Afghanistan e in Persia. Nel 1922 in Egitto favorirono l’insediamento di una monarchia indipendente; in Afghanistan i britannici scelsero di rinunciare ad ogni tipo di intervento arbitrario ponendo fine al conflitto aperto; i britannici poi persero il controllo della Persia. Gli Stati Uniti nel mentre avevano ripiegato su una politica isolazionista riguardo agli affari europei. L’insurrezione contro il regime autoritario guidato da Diaz era iniziata in Messico dalle élite liberali, che proponevano una democratizzazione delle istituzioni e una modernizzazione del paese. Il loro leader, Madero, sfidò Diaz nelle elezioni del 1910, poi guidò una rivolta che portò all’esilio il dittatore e Madero alla presidenza. Le frange più radicali proseguirono la lotta sotto la guida di Zapata e Villa. Nel 1913 il generale Huerta fece assassinare Madero e instaurò una dittatura militare, provocando la ripresa della rivoluzione. I conservatori vennero sconfitti nel 1914 e Carranza divenne presidente; nel 1917 venne approvata una costituzione progressista che includeva anche una riforma agraria. LA GERMANIA DALLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA ALLA REPUBBLICA DI WEIMAR L’ala più radicale della sinistra tedesca, la Lega di Spartaco, sotto la guida di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht, promosse a Berlino un’insurrezione armata con l’obiettivo di instaurare una repubblica popolare socialista. A questo si contrappose un governo provvisorio guidato dal social-democratico Herbert: con egli l’SPD scelse una linea revisionista A conclusione del Biennio rosso la borghesia italiana aveva maturato una forma di diffidenza diffusa verso le rivendicazioni più radicali delle masse popolari. Da qui la sua disponibilità a sostenere un movimento politico di recente formazione che aveva come leader l’ex socialista Benito Mussolini. IL FASCISMO AL POTERE L'ascesa al potere del Fascismo avvenne Dunque per una via legale, nel pieno rispetto dello Statuto Albertino. Una volta al governo Mussolini scelte di raggiungere un compromesso con le altre forze di centrodestra includendo nel suo esecutivo di coalizione conservatori liberali e Popolari. Fin dal gennaio 1923 Mussolini istituì la milizia volontaria per la sicurezza nazionale: una versione legalizzata delle squadre in camicia nera. Procedete poi a una riorganizzazione del partito con la creazione del Gran Consiglio del Fascismo. La coesistenza del Pnf con altre forze politiche non era Destinata a durare a lungo: nel dicembre 1923 il Parlamento sotto la minaccia armata delle camicie nere e una nuova legge elettorale maggioritaria, la legge Acerbo. Alle elezioni il partito fascista prevalse, l'elezione più però gravemente condizionata da brogli e intimidazioni ai seggi perpetrate dalle squadre fasciste. Il leader dell'opposizione socialista Giacomo Matteotti denuncia pubblicamente le irregolarità del voto pagando il suo coraggio con la morte nel giugno 1924. Il delitto Matteotti innesco una grave crisi di consenso per il governo e per Mussolini in persona. Nei mesi successivi i partiti dell'opposizione abbandonarono Le aule parlamentari per protesta, sulla sulla così sulla cosiddetta Secessione dell’Aventino. Mussolini messo alle strette si assunse in parlamento la piena responsabilità delle violenze e inaugura una nuova stagione di scoperta dittatura e di progressiva fascistizzazione dello Stato della società. Tra il 1925 e il 1927 vennero attuate le leggi fascistissime che sancirono la piena supremazia del governo sul parlamento, Sì istituì un partito unico è una nuova riforma elettorale trasformò le elezioni politiche nell'approvazione plebiscitaria di una lista unica dei candidati stilata dal Consiglio del Fascismo. Furono adottate misure severe contro le libertà di stampa, di associazione, di insegnamento e di sciopero. Nel 1926 fu istituito un tribunale speciale per la difesa dello Stato; fu reintrodotta la pena di morte e venne creato un organismo di polizia politica: l’Ovra. A livello locale vi fu la soppressione della Carica elettiva del sindaco sostituito da un podestà. LA REPRESSIONE DEL DISSENSO La reazione degli avversari politici del Fascismo fu del tutto inadeguata. Molti ritennero che fosse possibile trovare un compromesso con il fascismo per favorirne una costituzionalizzazione. La vocazione del Fascismo all'annientamento anche fisico dell'avversario non lasciava spazio per nessun tipo di compromesso. La repressione fascista si accanì sugli oppositori politici più in vista tra i quali Giovanni Amendola e Piero Gobetti entrambi esponenti del pensiero liberale democratico. Piero Gobetti teorizzò in Italia la necessità di realizzare una rivoluzione liberale. In Italia Infatti era mancata una trasformazione in senso liberale della cultura, dell'Economia e della società. Gobetti propone un'alleanza strategica fra la borghesia liberale e progressista e l'energia rivoluzionaria del proletariato urbano. In tal senso propone il proprio Comunismo liberale: occorre correggere in senso liberale la forza rivoluzionaria del Movimento operaio organizzato nel Partito Comunista. Gli antifascisti Furono costretti alla clandestinità o all'esilio verso altri paesi europei. Organizzazioni sindacali e partiti politici ripresero a operare dall'estero, tentando di promuovere da lontano un opposizione al regime. Il Partito Comunista, guidato da Palmiro Togliatti, trasferì i suoi organi in Unione Sovietica. Dal 1926 a seguito di un fallito attentato contro Mussolini, un repressi con con la con l'arresto di alcuni dei suoi principali esponenti. Tra essi vi era anche Antonio Gramsci: Egli raccolse i saggi di vario argomento scritti fra loro parallelamente durante la propria prigionia in quaderni pubblicati con il titolo “quaderni dal carcere”. Le tesi fondamentali sono le seguenti: Il Partito Comunista deve porsi come un soggetto politico pragmatico e spregiudicato, che alla luce del pensiero di Machiavelli viene denominato “Nuovo Principe”. Strumento di azione del partito devono essere le cellule operaie presenti dentro le fabbriche o nelle società. Il proletariato per assumere il potere deve divenire dapprima soggetto egemone per poi divenire soggetto dominante della società. Per conseguire la posizione di egemonia sociale Gramsci riconosce un ruolo fondamentale alla sovrastruttura culturale. Nel 1929 venne fondato a Parigi il movimento di Giustizia e Libertà il cui principale animatore fu l'economista Carlo Rosselli. Fino al 1932 il movimento organizzò azioni dimostrative volte a sfidare il regime e a motivare il popolo italiano ha una dissidenza antifascista. In un secondo tempo i “giellini” elaborarono un programma rivoluzionario che ambiva a modificare gli aspetti economici e sociali che avevano reso possibile l'ascesa di Mussolini. A questo fine furono create alcune cellule di dissidenti operative sul territorio italiano ma presto smantellate dall’Ovra. Il movimento conobbe un declino a partire dal 1937 quando alcuni attivisti nelle estrema destra francese assassinarono Carlo Rosselli e il fratello Nello. A partire dalla crisi economica del 1929 il dissenso sociale si esprimeva sui luoghi di lavoro attraverso spontanee manifestazioni di insubordinazione. LA COSTRUZIONE DEL CONSENSO Il fascismo si era Imposto con movimento minoritario nella società italiana. Una volta conquistato il potere, Mussolini dovette misurarsi con le necessità di ottenere il consenso sociale più ampio: molti italiani avevano riconosciuto nel fascismo un utile strumento in chiave antisocialista e anticomunista, ma non vi si erano mai identificati pienamente. Fondamentale nell'allargamento del consenso si rivelò il trasformismo di Mussolini: in favore di un accordo con i ceti conservatori e cattolici, vennero ridimensionati gli ingredienti antisistemici del Fascismo: la laicità, il repubblicanesimo, l’anticapitalismo. Quanto alla questione della laicità, proprio nei rapporti con la chiesa Mussolini conseguì un importante successo mettendo fine all’irrisolta questione diplomatica tra Italia e Vaticano. Nel 1929, i cosiddetti Patti Lateranensi sancirono il reciproco riconoscimento ufficiale da parte dei due stati e fissarono il pagamento di un indennizzo finanziario alla chiesa. Fu Inoltre firmato un concordato per effetto del quale lo Stato Italiano rinunciava al principio della laicità. Ideologicamente da un lato coltivo un'anima arcaica: insistente sulla morale tradizionale e sui valori della famiglia, promosse una politica di natalità, esaltò le virtù di un'Italia rurale e contadina; dall'altro lato coltivò un'immagine modernista. Al sud il regime condusse una dura lotta alla mafia. Vi fu una bonifica delle aree paludose del paese dalla Sardegna alla Puglia, in queste terre bonificate vennero erette nuove città nelle quali si insediarono famiglia di coloni accuratamente selezionate dal Partito fascista. Nei primi anni dopo la marcia su Roma, Mussolini prosegui dunque una politica estera moderata e conciliante verso le potenze occidentali che migliorò le relazioni con Gran Bretagna e Francia. Il primo atto di questa strategia furono gli accordi di Locarno (tra Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia), secondo il quale Germania da una parte, e Francia e Belgio dall'altra "riconoscevano" i confini, con l'impegno di non violare le comuni frontiere, come stabilito nel trattato di Versailles. LA FASCISTIZZAZIONE DEGLI ITALIANI Con l'instaurazione del regime, l'unico “buon italiano” fu considerato l'italiano fascista. Avere la tessera del partito fascista significava poter godere di agevolazioni. Respinti al margine furono invece quanti scelsero di non piegarsi al regime. Mussolini affidò il ministero della Pubblica Istruzione al filosofo Giovanni Gentile: il ministro fece approvare nel 1923 una riforma della scuola, definita da Mussolini la più fascista delle riforme. Essa innalzava l'obbligo scolastico a 14 anni, 14 anni in per passaggi di ciclo, e stabiliva una gerarchia tra i vari tipi di istruzione con il preciso scopo di creare una cultura elitaria. La riforma della scuola uso il primo degli interventi compiuti dal regime per la fascistizzazione degli italiani. Fin dai primi anni dopo la conquista del potere, il fascismo seppe appropriarsi della memoria della grande guerra: si costruirono monumenti dedicati alle vittime presto diventati luoghi di memoria. L’altro riferimento storico su cui fascismo costruire l'immaginario collettivo degli italiani fu il richiamo agli antichi fasti dell'impero romano. Il nome stesso con cui Mussolini scelse di farsi chiamare, il duce, costituiva un riflesso di questa retorica romana. L’OCCUPAZIONE TOTALITARIA DEL QUOTIDIANO Già gli intellettuali di regime potevano parlare del Fascismo come di un “totalitarismo”, per la capacità dimostrata dal regime mussoliniano di occupare ogni spazio e ogni tempo nella vita degli italiani. L’ideologia fascista si fondava su l'idea di un rinnovamento totale del paese, attraverso la creazione di un “uomo nuovo”. Nel 1926 venne fondato un ente pubblico, l'opera Nazionale balilla, per l'assistenza e l'educazione di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, divise per fasce di età. L’iscrizione all'organizzazione comportava la possibilità di accedere a borse di studio, di partecipare a iniziative sportive e creative; ma soprattutto garantiva di non venire discriminati e isolati nella vita sociale. L’altra faccia della medaglia fu una repressione di ogni forma di indisciplina da parte di adolescenti e bambini, sottoposti a regole ferree e è una Severa legislazione penale specifica con l'istituzione di tribunale per i minorenni. Per i giovani dai 18 ai 21 anni furono creati i Fasci giovanili di combattimento nei quali grande attenzione era prestata l'attività atletica e all'addestramento militare. Lo sport in generale fu individuato dal regime come uno strumento di rigenerazione e fortificazione dei corpi è come un canale privilegiato di nazionalizzazione delle masse. Nelle università si imposero i gruppi universitari fascisti ai quali alberi in maniera più o meno spontanea la maggior parte degli studenti universitari. La fascistizzazione del mondo accademico ebbe come momento decisivo l'imposizione a tutti i docenti universitari di un giuramento di fedeltà al regime. L’intervento pervasivo del regime nella vita quotidiana degli italiani riguardo anche la sfera del tempo libero: venne l'opera Nazionale Dopolavoro. IL TOTALITARISMO Hannah Arendt pubblica un saggio intitolato le origini del totalitarismo; secondo Arendt il terrore e la violenza sono ingredienti permanenti, riescono ad imporre La fedeltà assoluta al capo e al partito e vengono senza sosta rafforzati designando un nemico oggettivo interno. La popolazione viene così spinta dalla pervasività del controllo poliziesco a praticare il conformismo, ad annullare volontà e coscienza personale, a rompere legami. L’unica eccezione positiva nel panorama drammatico degli anni Trenta fu l’Unione Sovietica, poiché le sue scelte le permisero di divenire la terza potenza industriale al mondo. I REGIMI AUTORITARI NELL’EUROPA DEGLI ANNI ‘30 In Spagna un regime di destra si era imposto già nel 1923 con a capo Miguel Primo de Rivera. In Portogallo un colpo di Stato militare mise fine nel 1932 alla democrazia nata dalla rivoluzione del 1910 e portò al potere Salazar. Nell’Europa centro-orientale, il timore per la diffusione di un modello politico comunista di ispirazione sovietica spinse le élite ad appoggiare l’avvento di governi di destra. I MOVIMENTI NAZIONALISTI PIU’ RADICALI Approfittando della crisi economica, movimenti fascisti minoritari si costituirono anche nell’Europa occidentale, in Irlanda, in Belgio, in Olanda e in Gran Bretagna e Francia; rimanendo però ai margini della vita politica. Molto diversamente si sviluppò in Germania. LA GERMANIA IN GINOCCHIO E L’ASCESA DI HITLER La Prima Guerra Mondiale aveva cancellato tutto ciò su cui il popolo tedesco aveva costruito la propria identità. Nemmeno la repubblica di Weimar si era dimostrata in grado di restituire ai tedeschi la fierezza e il senso di appartenenza a una comunità nazionale ferita dalla sconfitta. Il colpo definitivo avvenne con la crisi finanziaria del ’29. Dello sbandamento della repubblica di Weimar approfittò il Partito nazionalsocialista dei lavoratori (Nsdap) di Adolf Hitler. Dopo il fallito colpo di Stato di Monaco del 1923 Hitler aveva deciso di intraprendere una conquista più o meno legale del potere. Il nazionalsocialismo non fu soltanto una versione tedesco del fascismo italiano, ma qualcosa di più. Oltre ad un acceso antibolscevismo vi era anche la valorizzazione della comunità germanica di popolo (Volk), destinata razzialmente a dominare tutte le altre etnie. LA POLITICA DEL DOPPIO BINARIO Fin dai primi anni, il partito di Hitler godette dell’appoggio delle forze armate e della polizia, e del ceto medio e grandi industriali. Il Partito di dotò di corpi paramilitari, le SA e le SS. Anche i nazisti praticarono una politica del doppio binario: violenta nelle piazze e nelle strade, rispettosa della legalità nelle sedi istituzionali. HITLER AL GOVERNO Hitler rifiutò di partecipare ad un governo di coalizione con gli altri raggruppamenti politici della destra, preferendo aspettare che la situazione economica si aggravasse ulteriormente. In effetti, le politiche deflazionistiche (puntano sull’abbassamento dei prezzi di beni e servizi) condotte ai cancellieri conservatori provocarono un crollo del livello dei salari e un aumento della pressione fiscale. Così il presidente della Repubblica Hindenburg, il 30 gennaio 1933 decise di affidare la guida del paese al partito nazista. IL TERZO REICH Hitler sciolse il parlamento e ordinò nuove elezioni, nelle quali il suo partito ottenne la maggioranza dei seggi. Nel febbraio 1933 un incendio doloso distrusse la sede del Reichstag: la responsabilità attribuita a un militante di estrema sinistra offrì al governo il pretesto di attuare una durissima repressione nei confronti dei suoi oppositori; i quali vennero spediti in campi di concentramento. Anche i deputati cattolici, intimiditi dalle violenze, decisero di supportare il partito. Nel 1933 nacque il Terzo Reich; successivamente alla morte di Hindenburg, Hitler assunse la carica anche di capo dello Stato. LA SOSPENSIONE DELLA COSTITUZIONE La costituzione e i diritti individuali vennero sottomessi agli interessi collettivi del popolo tedesco. Si affermò così un regime di diritto discrezionale, nel quale regnava l’imperio della forza e del terrore. L’ordine pubblico fu conseguito tramite l’istituzione di un sistema di Intelligence e il potenziamento delle SS, dotate di una polizia segreta di Stato, la Gestapo. La struttura del regime nazista era di tipo policratico cioè si rifletteva un conflitto di poteri permanente tra élite economica, forze armate, burocrazia statale e il Partito nazista. Il regime nazista fu un regime totalitario. Fu creato un ministero apposito, guidato da Goebbels, con l’obiettivo di manipolare l’informazione. Un ruolo di rilievo ebbero le organizzazioni giovanili che teorizzavano il prevalere dell’individuo più forte sul più debole e il cui obiettivo era di costruire un uomo nuovo che ricalcava il modello di Hitler e Mussolini. Il nazismo promosse una cultura neopagana. L’ALLEANZA CON L’ELITE INDUSTRIALE E LE FORZE ARMATE L’industria tedesca riprese slancio, anche dovuto alla sospensione dei diritti dei lavoratori e a un rigido controllo dei salari e della vita di fabbrica. Decisivo si rivelò il programma di massiccio riarmo e di investimenti pubblici nel settore automobilistico e autostradale (New Deal tedesco), che permise alla Germania di raggiungere alla supremazia produttiva e militare in Europa. L’ELIMINAZIONE DELLE SA La scelta del Fuhrer di allearsi con l’élite industriale e con le forze armate comportò il ridimensionamento dell’ala più anticapitalistica del movimento nazista. Nel 1934, nel corso di un’epurazione Hitler fece sterminare i vertici delle SA di Rohm. Hitler, dopo aver ottenuto il potere, decise di sbarazzarsi delle SA a Bad Wiessee dove era in corso una riunione dei vertici delle SA. Durante il massacro vennero uccisi circa 200 individui e oltre 1000 vennero arrestati. LA POLITICA RAZZIALE DEL FUHRER Hitler aveva identificato come principale minaccia per la razza ariana il popolo ebraico, al quale associava le peggiori degenerazioni della società occidentale. Nei confronti degli ebrei tedeschi il regime nazista praticò subito una sistematica discriminazione. Nel 1935, con l’emanazione delle leggi di Norimberga, Hitler privò gli ebrei della cittadinanza e vietò ai tedeschi ogni rapporto con loro. Dopo il 1935 gli ebrei furono costretti a vivere ai margini della società. La loro esclusione dal mondo lavorativo generò nuovi posti di lavoro a vantaggio dei tedeschi. Il regime nazista progettò una deportazione di massa verso aree geografiche all’esterno del Reich, ma le discriminazioni divennero anche violente con aggressioni fisiche. Pochi anni dopo venne imposto agli ebrei di portare sugli abiti, una stella gialla. Si imposero la sterilizzazione degli individui con malattie ereditarie e l’internamento di malati mentali, handicappati e omosessuali. L’UNIONE SOVIETICA DA LENIN A STALIN IL DISSIDIO FRA TROCKIJ E STALIN La morte di Lenin nel 1924, aveva scatenato una corsa alla successione tra i dirigenti del partito bolscevico dell’Unione Sovietica. Il dissidio tra Trockij e Stalin: T. voleva una rivoluzione permanente esportando i bolscevichi al di fuori dell’Urss; mentre S. voleva consolidare il socialismo in un paese solo. A partire dal 1947 il dualismo si risolse con la vittoria di Stalin. Nel 1928 Trockij venne deportato en Kazakistan e nel ’29 venne espulso dall’Unione Sovietica. Stalin sospese la Nep e le terre vennero interamente nazionalizzate e sottoposte al diretto controllo dello Stato centrale. La politica economica di Stalin ebbe come obiettivo principale una rapida industrializzazione dell’Unione Sovietica centralizzata dai cosiddetti piani quinquennali. Lo Stato fissava gli obiettivi di produzione da raggiungere anno per anno nel quinquennio. In pochi anni Stalin riuscì a trasformare la Russia, l’Ucraina e le altre repubbliche dell’Unione Sovietica da realtà agricole e arretrate a tasselli di una potenza economica moderna. L’ambizione del dittatore sovietico era di dotare il paese di un’industria pesante capace di sostenere e armare un potente esercito. LO STALINISMO UN REGIME DI TERRORE La trasformazione politica e economica voluta da Stalin provocò resistenze e ostilità all’interno della società sovietica, alla quale il regime impose un capillare controllo poliziesco e una durissima repressione del dissenso. Il potere venne accentrato unicamente nelle mani di Stalin, poiché costruì una vera e propria macchina del terrore, utilizzata dal dittatore per imporre la propria volontà e instaurare un clima di intimidazione e paura nell’intero corpo sociale. LA DEPORTAZIONE DEI KULAKI Le prime vittime dello stalinismo furono i contadini agiati, i kulaki; i quali vennero accusati dal potere centrale di essersi arricchiti alle spalle del resto della popolazione. La loro opposizione provocò la deportazione in massa nei campi di lavoro siberiani, i gulag, nei quali a milioni lavorarono per lo Stato e trovarono una morte per stenti. L’INURBAMENTO DEI CONTADINI Decine di migliaia di altri contadini morirono per via delle carestie provocate dalle brutali requisizioni di prodotti agricoli ordinate dai funzionari bolscevichi. Lo Stato creò dei passaporti interni all’Unione Sovietica per impedire un ritorno nelle campagne di coloro che si erano trasferiti nelle città industriali. LE “GRANDI PURGHE” Dal 1935 al 1938 ebbero luogo le grandi purghe: una sistematica campagna di epurazione interna al partito e ai principali organi dello Stato sovietico. Dirigenti furono sottoposti a inchieste, processati e condannati per reati molto spesso inventati di sana pianta. Il pretesto per l’inizio delle purghe fu offerto dall’assassinio del segretario del partito di Leningrado, Kirov. Trockij fu assassinato da un sicario sovietico nel 1940 in Messico, dove viveva da anni in esilio. Dal 1937 in poi, anche l’Armata Rossa fu coinvolta nelle epurazioni. I processi-farsa ai membri del partito si fondavano su prove false di collaborazione con i regimi nazifascisti. L’obiettivo era ottenere dagli imputati, attraverso torture fisiche e morali, una piena confessione e conversione. I GULAG Gulag= capi di lavoro forzato dell’Unione Sovietica. Questo organismo gestiva i deportati e dipendeva direttamente dal Commissariato del popolo per gli Affari interni: l’Nkdv (o Kgb). Gli internati erano in maggioranza uomini, ma tra i prigionieri si contavano anche donne e bambini; essi venivano sfruttati come manodopera schiavizzata per la costruzione di grandi infrastrutture ed erano costretti a lavorare in condizioni estreme. I campi di lavoro forzato furono mantenuti in vita fino alla morte di Stalin nel 1953, e poi lentamente smantellati fino alla loro abolizione nel 1960. La loro esistenza fu a lungo sottaciuta dal regime sovietico, nonostante le memorie e le testimonianze. LA COSTRUZIONE DEL CONSENSO Efficace strumento di consolidamento del consenso fu l’istituzione di retribuzioni salariali differenziate per gli operai, in base alla capacità produttiva. Nel 1937 Stalin emanò una nuova costituzione, fondata sul suffragio universale sulla difesa della libertà di stampa, di parola e di riunione, che rimase tuttavia un’operazione propagandistica. LA DEMOCRAZIA ALL’ANGOLO La costruzione di regimi totalitari in Russia e Germania, misero la democrazia all’angolo. Nel 1928 il Comintern inaugurò una politica di contrapposizione totale a tutti i partiti e movimenti politici europei non propriamente comunisti e dipendenti da Mosca. Vennero etichettate come “socialfasciste” le coalizioni parlamentari in cui le forze di sinistra condividevano responsabilità di governo con lo schieramento conservatore a fini antifascisti. L’obiettivo di Stalin era di accentuare le difficoltà dei regimi democratici, concorrendo a precipitare la loro crisi interna. IL RIAVVICINAMENTO DELL’URSS ALLE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI L’ascesa al potere di Hitler e il timore per l’espansione della Germania, indussero Stalin ad abbandonare la linea politica di condanna del socialfascismo, e a riavvicinarsi alle democrazie occidentali. Nel 1934 l’Unione Sovietica ottenne il riconoscimento ufficiale dagli USA e nel ’35 stipulò un patto con la Francia in funzione antitedesca e fu ammessa a far parte della Società delle Nazioni. IL FRONTE POPOLARE IN FRANCIA In Francia il fronte popolare, guidato dal socialista Blum, ottenne la vittoria alle elezioni. Il governo di Blum segnò una rivolta per la società francese. Blum scelse tre donne come sottosegretarie; promosse la settimana lavorativa a un massimo di 40 ore; obbligo di ferie pagate; aumento dei salari; fu nazionalizzata l’industria bellica e rafforzato il controllo statale con una riorganizzazione della banca di Francia. Il mancato rilancio economico del paese portò Blum a dare le dimissioni nell’estate del 1937. IL REGIME FASCISTA: IMPERO COLONIALE E LEGGI RAZZIALI SOTTOMISSIONE E SFRUTTAMENTO DELLA LIBIA In Italia il regime fascista dovette far fronte ad un calo del consenso. Mussolini ricercò un’opportunità di consolidamento interno e di rilancio della propria immagine. La Libia era diventata una colonia italiana, ma in realtà i governi liberali non erano riusciti a soffocare le ribellioni nelle aree interne del paese. Mussolini diede un impulso decisivo a una repressione feroce della resistenza libica guidata da Al-Mukhtar. Per mezzo di massacri e deportazioni, l’esercito italiano guidato da Badoglio e Graziani riuscì a sottomettere l’intero territorio libico. LA GUERRA D’ETIOPIA Nell’autunno 1935 le mire di Mussolini si spostarono verso il Corno d’Africa. L’unificazione della Somalia e dell’Eritrea prevedeva la conquista del regno di Etiopia. Il duce scelse di aggredire il regno con l’invio di massicci contingenti di
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