Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La prima guerra mondiale o Grande guerra, Appunti di Storia

Ho trattato: La Belle Époque, Le cause remote, L’attentato di Sarajevo e lo scoppio della guerra, La guerra industriale globale, La guerra di trincea, L'Italia in guerra, L’allargamento del conflitto, Il cruciale 1917: il ritiro della Russia, l’intervento degli USA e la battaglia di Caporetto, I 14 Punti wilsoniani e la “vittoria mutilata", Le conseguenze della Grande guerra: verso i regimi totalitari.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 02/11/2021

chiara-d-amico-9
chiara-d-amico-9 🇮🇹

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La prima guerra mondiale o Grande guerra e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! LA PRIMA GUERRA MONDIALE (o Grande guerra) 1. La Belle Époque All'aprirsi del muovo secolo, l'Europa era nel pieno della BELLE ÉPOQUE, dell'“epoca bella”, come sono stati definiti in seguito gli ultimi decenni dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, sino alla Grande guerra. Erano gli anni del trionfo di una società borghese dinamica, ricca, sicura di se stessa e della propria possibilità di PROGRESSO grazie all'industria e all'incessante innovazione scientifico-tecnologica. Capitale di questa Europa in pieno sviluppo era Parigi, con i suoi BOULEVARDS illuminati elettricamente e i cinematografi. La CIVILTA' OCCIDENTALE, nell'età del trionfo dell'energia elettrica, del cinema, dell'automobile e dell'aeroplano, poteva a buon diritto credere di vivere un'epoca di benessere e sicurezza mai conosciute prima. In parte ciò corrispondeva al vero, in parte era frutto di una percezione illusoria, destinata a dissolversi in modo tragico allo scoppio della Grande guerra. La società europea di inizio Novecento era infatti attraversata, sotto la superficie, da tensioni fortissime: era ricca, ma con stridenti diseguaglianze economiche e sociali; era in prevalenza liberale, ma in realtà dominata da una élite industriale e finanziaria sempre più concentrata in senso monopolistico e decisa a far valere a ogni costo i propri interessi; mostrava una fiducia incrollabile nel razionalismo e nella scienza, ma vedeva crescere al suo interno movimenti che si ispiravano a ideologie nazionaliste e razziste. L'Europa di inizio Novecento era dunque tutt'altro che socialmente pacificata. Il diritto di voto, sia pure solo maschile, era stato riconosciuto, già a inizio secolo, in Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, Scandinavia e Italia (1912). Ma proprio l'ampliamento della partecipazione politica, la crescente sindacalizzazione del mondo del lavoro, il diffondersi dei movimenti di massa, misero in difficoltà i sistemi politici, anche quelli liberal-democratici più avanzati. Molti paesi europei attraversarono momenti di crisi politica, che misero talora in discussione le stesse istituzioni liberali parlamentari. 2. Le cause remote Per circa un secolo dopo il CONGRESSO DI VIENNA, l'Europa conobbe un periodo di sostanziale pace. Tuttavia, l'equilibrio che aveva caratterizzato i rapporti fra le potenze nel corso dell'Ottocento andò rapidamente incrinandosi con il nuovo secolo, fino a crollare nel 1914. Dall'estate del 1914 all'autunno del 1918, infatti, l'Europa fu devastata da un conflitto di immani dimensioni che si accese per decidere quale nazione avrebbe avuto un ruolo dominante in Europa e nel mondo. La grande guerra fu dunque un conflitto per l'egemonia in Europa. Le cause della Prima guerra mondiale furono molteplici: economiche, politiche e culturali. Sul piano economico e coloniale, la crescente conflittualità fra le grandi potenze nasceva dal fatto che lo spazio disponibile per l'espansione era stato in gran parte occupato, ma mentre la Gran Bretagna e la Francia disponevano di grandi imperi coloniali, la Germania si trovava ad avere possedimenti assai più ridotti ed economicamente meno vantaggiosi. Questo squilibrio era in contrasto con i muovi rappoiti economici maturati negli ultimi decenni dell'Ottocento: la Germania aveva accresciuto enormemente la propria potenza industriale e ommai minacciava il primato economico della Gran Bretagna. A questo contrasto si sommava poi la tradizionale contrapposizione tra Austria e Russia, entrambe interessate all'area balcanica e ai territori dell'ormai debolissimo impero Ottomano: tutte queste ambizioni si incrociavano poi con la rivendicazione della Serbia che mirava all'egemonia nei Balcani. L'Italia aveva come obiettivi il recupero delle ferre irredente ancora soggette al dominio Austriaco e l'affermazione della propria influenza nell'area Adriatica e Balcanica. Queste rivalità strategiche avevano condotto l'equilibrio europeo ad un sistema di contrapposte alleanze militari: la TRIPLICE INTESA e la TRIPLICE ALLEANZA. Accanto a queste cause vanno affiancate quelle riguardanti il clima ideologico all'interno dei paesi europei. In quegli anni, infatti, prendeva progressivamente energia la corsa agli armamenti. All'interno delle classi dirigenti dei diversi Paesi presero forza le componenti che guardavano con favore a un eventuale conflitto: soprattutto i grandi gruppi industriali, che vi scorgevano un affare economico, e le gerarchie militari, desiderose di consolidare il prestigio conquistato nella fase dell'espansione coloniale. Così si cominciò a guardare alla guerra come a un mezzo per consolidare l'unità nazionale e recuperare consensi: dappertutto in Europa il legame fra il potere politico e i gruppi economici e militari si fece sempre più stretto. Il consenso alla guerra, del resto, si andava diffondendo anche fra le popolazioni, non solo ad opera dei nazionalisti ma anche all'interno della classe operaia: il richiamo al patriottismo e il timore di venire soffocati economicamente e militarmente fecero molta presa sulle masse che cominciarono ad esprimere il consenso per un conflitto armato. Persino il movimento socialista internazionale, che fino al 1912 si era espresso in senso pacifista, si divise nei confronti della guerra. Infatti, allo scoppio della guerra, i partiti socialisti europei si schierarono con i rispettivi governi macchiando la tradizione pacifista del movimento in nome della cosiddetta solidarietà nazionale. Su questo orientamento influi un clima di violenza antipacifista che attraversò tutta l'Europa: questo spirito di unanimità e concordia nazionale fu battezzato col nome di “COMUNITÀ D'AGOSTO”: in quel momento, in Europa, era difficile schierarsi contro la guerra. Il terreno su cui divampò il conflitto fu quello dei Balcani, la “POLVERIERA D'EUROPA”. 3. L'attentato di Sarajevo e lo scoppio della guerra Il 28 giugno 1914 GAVRILO PRINCIP, uno studente di origine serba e appartenente a un'associazione nazionalista chiamata “GRANDE SERBIA”, uccise a Sarajevo, capitale della Bosnia, l'arciduca FRANCESCO FERDINANDO e SOFIA CHOTEK, erede al trono d'Austria. Vienna attribuì la responsabilità al governo Serbo e inviò un ultimatum con cui pretendeva di entrare in Serbia per condurre le indagini sull'assassinio. Il governo serbo accettò l'ultimatum ma si rifiutò di far entrare funzionari Austriaci in Serbia. Così, il 28 luglio 1914, l'Austria, con l'appoggio della Germania, dichiarò guerra alla Serbia. Lo zar NICOLA II mobilitò l'esercito e la Germania dichiarò guerra alla Russia (1 agosto). Allora anche la Francia mobilitò l'esercito suscitando la reazione della Germania che gli dichiarò guerra e il 2 agosto invase il Belgio neutrale. L'Impero ottomano, temendo di essere attaccato dalla Russia, si schierò a fianco di Germania e Austria. Su entrambi i fronti si pensava a una guerra breve, di pochi mesi o un anno al massimo. Questa previsione si rivelò drammaticamente errata: gli stati maggiori, legati ancora a una visione ottocentesca della guerra, non prevedevano che i nuovi armamenti impiegati nel corso del conflitto lo avrebbero reso non solo più distruttivo ma anche più equilibrato, più complesso rispetto alle tradizionali strategie offensive. 4. La guerra industriale globale La Prima guerra mondiale rappresentò una svolta nella tradizionale idea di guerra che vedeva gli eserciti affrontarsi al di fuori delle città e nelle tecniche di combattimento utilizzate in tutte le precedenti guerre. Per la Germania, costretta a combattere su due fronti, una guerra rapida (BLITZKRIEG) rappresentava una scelta obbligata. Questo giustificò, agli occhi dello Stato germanico, l'invasione del Belgio neutrale con un esercito di un milione e mezzo di uomini che consenti ai tedeschi di marciare su Parigi, mentre il governo francese abbandonava la capitale. L'utilizzo di tecniche e armi innovative caratterizzarono il primo conflitto dell'era contemporanea. Comparvero per la prima volta TUTE MIMETICHE ed ELMETTI DI ACCIAIO, necessari per proteggersi dal fuoco nemico che sostituirono le divise e i pittoreschi cappelli ottocenteschi. Per la prima volta si utilizzarono nuove e terribili armi da fuoco come le MITRAGLIATRICI, CANNONI A LUNGO CALIBRO e furono impiegati CARRI ARMATI ed AEREI DA COMBATTIMENTO. Durante i combattimenti si impiegarono per la prima volta GAS ASFISSIANTI e LANCIAFIAMME. Il 22 aprile 1915, i tedeschi 2 PATTO DI LONDRA 26 aprite 1915 RIMINI Territori accordati aif'itatia Termitori nom indicati con precisione Il 7 maggio Sonnino informò il CONSIGLIO DEI MINISTRI e chiese l'appoggio del Parlamento, in maggioranza neutralista. Il 9 maggio Giolitti giunse a Roma per impedire che il Parlamento appoggiasse l'entrata in guerra ma scatenò gli interventisti nelle piazze, dove i nazionalisti erano ormai la guida indiscussa del movimento ed avevano trasformato il linguaggio politico in maniera violenta. In quei giorni dal 10 al 16 maggio, che nella retorica nazionalista verranno poi esaltati Ss come “IL MAGGIO RADIOSO”, le posizioni neutraliste non ebbero più diritto di parola; gli interventisti conquistarono le piazze e Giolitti si ritirò in Piemonte, preoccupato del clima di violenza che si era diffuso nel Paese e della crisi istituzionale che si sarebbe aperta se il Parlamento avesse contraddetto l'operato del re e del governo. Il 20 maggio la Camera, ormai completamente tagliata fuori, approvò l'intervento con 407 voti contro 74: il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria- Ungheria. 7. L’allargamento del conflitto Tra il 1915 e il 1916 si vennero completando gli schieramenti con l'entrata in guerra degli Stati balcanici (IERBIA, MONTENEGRO, GRECIA E ROMANIA) a fianco della Triplice Intesa e la Bulgaria in appoggio alla Triplice Alleanza. Ma la situazione militare rimaneva bloccata su tutti i fronti, con gravi perdite da entrambe le parti. Gli IMPERI CENTRALI avevano tutto da perdere in questo immobilismo: inferiori dal punto di vista numerico, essi incontravano sempre maggiori difficoltà a rifornirsi di materie prime e di alimenti a causa del blocco navale attuato dalla marina britannica nel Mare del Nord con l'intento di strangolare l'economia tedesca. Nel febbraio 1916 essi tentarono di sferrare un colpo decisivo lanciando una grande offensiva sul FRONTE OCCIDENTALE, a VERDUN: sei mesi di estenuante battaglia con 240.000 morti per i tedeschi e 270.000 per i francesi che non portò alcun risultato, così come non ebbe risultati la successiva controffensiva anglo-francese sul fiume SOMME (1 luglio 1916) che costò quasi un milione di morti. La micidiale potenza delle armi automatiche non aveva modificato le strategie militari, che continuavano a essere fondate sugli attacchi della fanteria, lanciata ogni volta verso il massacro. Sul fronte italiano, il generale Cadorna attuò una strategia offensiva mirante a sfondare le linee austriache sul fiume Isonzo: le undici offensive ostinatamente lanciate da Cadorna sull'ALTOPIANO DEL CARSO, costate centinaia di migliaia di vittime, non produssero risultati di rilievo: anche qui dominò la logorante GUERRA DI TRINCEA. 8. Il cruciale 1917: il ritiro della Russia, l’intervento degli USA e la battaglia di Caporetto Il 1917 fu un ANNO DECISIVO per le sorti del conflitto. Dal punto di vista militare fu favorevole agli IMPERI CENTRALI. Sul FRONTE ORIENTALE, infatti, l'esercito russo precipitò in una grave crisi che portò al tracollo economico e militare, che diventò anche politico in seguito alla RIVOLUZIONE che nell'ottobre del 1917 portò i BOLSCEVICHI al potere. Con il ritiro della Russia dalla guerra (trattato di Brest-Litovsk, 3 marzo 1918) i tedeschi poterono concentrare le proprie forze sul FRONTE OCCIDENTALE e sul FRONTE MERIDIONALE ITALIANO. Qui austriaci e tedeschi, il 24 ottobre 1917, riuscirono a sfondare a Caporetto, costringendo i nostri dio a una ritirata disastrosa fino al Piave, dove fù stabilita la nuova Ri del fronte. sue CO sn atte “i” GIARDINI Chttelta o Casei nno 7 3 RAR pesca Sei II oi L irene T3r armata] DUCA D'AOSTA La battaglia di Caporetto, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta tuttora la più grave disfatta della storia dell'esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine CAPORETTO viene utilizzato come sinonimo di sconfitta. Con la crisi della Russia, dovuta alla RIVOLUZIONE, Austria-Ungheria e Germania poterono trasportare truppe al fronte occidentale e meridionale italiano. Forti di questi rinforzi, in questa battaglia gli austro-ungarici, aiutati da reparti d'élite tedeschi, sfondarono le linee delle truppe italiane che, impreparate ad una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'uto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave. La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna, che aveva imputato l'esito infausto della battaglia alla viltà dei suoi soldati, con Armando Diaz. I soldati italiani si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva BATTAGLIA DEL PIAVE permettendo così all'intero esercito di difendere ad oltranza la nuova linea difensiva. Ma il dato più significativo del 1917 fuil diffondersi in tutti gli eserciti di un clima di sfiducia e di rivolta. Diserzioni e ammutinamenti si moltiplicavano e le spietate misure repressive adottate dai comandi militari riuscirono a malapena ad arginare il fenomeno. L'esercito francese, quello italiano e quello russo ne furono i più colpiti. Anche ai più entusiasti volontari dell'inizio, la guerra mostrava ora un volto assai meno eroico, assai più lugubre di quello immaginato: l'entusiasmo delle prime offensive era rimasto soffocato nelle condizioni miserevoli delle trincee. Oltre 70 milioni di uomini erano stati mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa), in quello che divenne in breve tempo il più vasto conflitto della storia, che causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti). In questo clima, l'intervento degli STATI UNITI, deciso nell'aprile del 1917 dal presidente WOODROW WILSON, risultò decisivo nello spostare gli equilibri bellici a favore dell'INTESA. L'intervento statunitense rese proibitive le condizioni della guerra per gli IMPERI CENTRALI. La svolta si ebbe nel marzo 1918, quando una nuova gigantesca offensiva tedesca fu lanciata sul FRONTE OCCIDENTALE. I tedeschi giunsero a 60 km da Parigi, ma dovettero subire il contrattacco delle forze alleate che sfondarono le linee nemiche ad Amiens. In Italia, nel frattempo, Cadorna era stato sostituito dal generale ARMANDO DIAZ. Nel paese, sconvolto dalla tragedia di Caporetto, fi compiuto un grande sforzo per superare la crisi: fu riorganizzato l'esercito, chiamando a combattere anche i giovani della classe 1899; furono migliorati i rapporti fra ufficiali e truppe, che sotto il comando di Cadorna avevano raggiunto livelli inauditi di brutalità e disumanità; furono promessi ai soldati premi e vantaggi economici per il DOPOGUERRA, in primo luogo una distribuzione di terre, molto sentita dai contadini che costituivano la grande massa dell'esercito italiano; organizzazioni pubbliche e private moltiplicarono gli sforzi per dare appoggio e assistenza ai combattenti e alle loro famiglie; appositi uffici di propaganda, con la presenza di psicologi e pedagogisti, furono attivati per diffondere al fronte la parola d'ordine del patriottismo e della solidarietà nazionale. Questi sforzi diedero i loro frutti: l'offensiva degli austriaci sul Piave fu fermata e il 24 ottobre 1918 l'esercito italiano iniziò il contrattacco, sbaragliando gli austriaci a VITTORIO VENETO. Tra il 3 e il 4 novembre 1918, a VILLA GIUSTI (Padova), l'AUSTRIA- UNGHERIA firmò la resa (Armistizio di Villa Giusti). Anche la Germania, stremata economicamente e militarmente chiese alle potenze dell'intesa l'armistizio, che fu firmato alle 11:00 dell'11 novembre 1918, sancendo la fine del conflitto. 9.114 Punti wilsoniani e la “vittoria mutilata” La guerra ebbe rilevanti conseguenze sul sistema dei rapporti internazionali e della loro stabilità. Concluso il conflitto, era vivissima l'esigenza di costruire un ORDINE MONDIALE stabile e duraturo: ma questa esigenza non fu soddisfatta, tanto che dopo neppure due decenni l'Europa e il mondo sarebbero precipitati in un nuovo devastante conflitto. Una guerra così cruenta e totale non poteva avere una soddisfacente conclusione sul piano diplomatico: le trattative di pace furono condotte dai vincitori in un'ottica nazionalistica e spietata. In realtà una funzione di guida avrebbero potuto averla gli STATI UNITI, che emergevano come gli unici veri vincitori del conflitto e 7
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved