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La prima Rivoluzione industriale e la ripresa economica del XVII secolo, Dispense di Storia

Dispensa completa di storia sulla prima Rivoluzione industriale e sulla ripresa economica del XVII secolo

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 21/06/2023

gi-vo
gi-vo 🇮🇹

19 documenti

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Scarica La prima Rivoluzione industriale e la ripresa economica del XVII secolo e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! Ripresa economica del XVII sec e la Prima Rivoluzione Industriale LA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE E LE TRASFORMAZIONI TECNCO-ECONOMICHE La rivoluzione demografica e le sue cause Durante il ‘700, in Europa, ci fu una grande ripresa in campo economico che diede il via ad una profonda trasformazione della società. Tale ripresa ci fu soprattutto sull’andamento demografico, tanto da parlare di “rivoluzione demografica”: una fase di sviluppo diversa da quelle precedenti senza periodi di decremento o di stagnazione, ma una crescita costante e interrotta (tante che si passò da 118 a 193 milioni di abitanti dell’Europa (crescita del 66%). Tale crescita non fu uniforme in tutto il continente: nell’area occidentale (più sviluppata economicamente e con una più alta densità demografica) non si verificò un fenomeno rilevante (ad eccezione della Gran Bretagna); a differenza dell’Europa centro-orientale, soprattutto Ungheria, Prussia e Russia. Il notevole incremento demografico fu anche favorito da alcuni fattori:  Calo del tasso di mortalità, grazie alla diminuzione delle malattie infettive endemiche come il vaiolo, il colera, il tifo ma soprattutto la peste; ciò fu determinato da un miglioramento dell’igiene, con la diffusione del sapone e degli abiti di cotone (meno costosi, più ricambiabili)  Miglioramento delle tecniche di costruzione, in quanto si passò dalla paglia al legno, che ridusse la possibilità di invasioni di ratti, insetti e batteri, che portavano malattie e infezioni  Trasformazioni agricole, che permisero di rendere più produttivi i terreni e di avere una dieta più diversificata e ricca in proteine, con l’aumento del consumo di carne e latticini  Aumento del tasso di natalità Il fenomeno dell’urbanesimo e le sue conseguenze L’incremento demografico del ‘700 riguardò soprattutto le città, sia quelle più antiche (es. Gran Bretagna, Italia centro-settentrionale e Fiandre), sia quelle di più recente popolamento (es. Est Europa). Tale sviluppo venne definito urbanesimo in quanto larghe fasce di popolazione si spostarono dalle campagne ai centri urbani, attirati dalle crescenti attività commerciali e manifatturiere. Un esempio è Londra, che arrivò ad un milione di abitanti, ma anche Parigi (600 mila), Napoli (400 mila)… A seguito di questo fenomeno ci furono delle conseguenze per le amministrazioni locali, che si trovarono a dover affrontare numerosi problemi, come l’approvvigionamento alimentare (era necessario infatti che ogni giorno arrivassero in città tonnellate di farine, per il pane, alimento principale), ma anche l’ordine pubblico: nonostante la ripresa economica, gran parte della popolazione era costituita da poveri, non solo mendicanti e vagabondi, ma anche i lavoratori che non avevano un reddito adatto a sopravvivere I mendicanti e i vagabondi erano ritenuti socialmente pericolosi, tante che già dal ‘500 alle chiese e agli ospedali era stato affidato il compito di controllarli e assisterli; tuttavia con tale crescita queste istituzioni non erano più in grado di fornire l’aiuto. Furono istituite così le “case-lavoro” in cui vi era l’obbligo di residenza e i lavori forzati: si venne a creare una manodopera poco qualificata e a bassissimo costo. L’incremento demografico e l’aumento della produzione agricola Nonostante il grosso spostamento della popolazione nelle città, la principale fonte di reddito, di lavoro e di ricchezza proveniva dalle campagne e quindi dal settore agricolo; anzi furono proprio gli sviluppi di quest’ultimo a favorire l’aumento della popolazione. Nel corso del ‘700 si riuscì infatti ad aumentare la produttività delle campagne in modo da soddisfare la crescente domanda e nel frattempo migliorare la dieta. Nella maggior parte dell’Europa, questi sviluppi furono attuati ampliando la superficie delle aree coltivate, attraverso bonifiche e disboscamenti, oppure con la costruzione di sistemi di irrigazioni, mantenendo i tradizionali metodi di coltivazione; come in Russia, dove vi erano estese aree pianeggianti coltivate da contadini-servi. La rivoluzione agraria: nuovi sistemi di coltivazione Diverso fu il caso in Gran Bretagna, Olanda, Nord Francia e Italia settentrionale, in cui, con tempi e modalità diverse, furono introdotti sistemi di coltivazione, prodotti alimentari e metodi di organizzazione del tutto nuovo, tanto da parlare di “rivoluzione agraria” perché si cercò di aumentare le rese sfruttando in maniera più intensiva i terreni. Innanzitutto ci fu un grosso cambiamento del sistema di coltivazione: la rotazione triennale venne sostituita dalla “rotazione continua” o “quadriennale” (originaria della Gran Bretagna) in cui vi era l’abolizione del maggese (riposo) con l’introduzione di piante da foraggio (per il bestiame, es. trifoglio o erba medica), legumi e tuberi, da alterare nei campi con i cereali. In questa maniera si aumentava la produttività, ma anche la varietà degli alimenti. Questo sistema garantì anche una maggiore integrazione tra agricoltura e allevamento di bovino e ovino, infatti molte aziende agricole erano in grado di produrre anche carne, derivati del latte e lana per il settore tessile. La rivoluzione agraria: la diffusione di nuove colture Un altro fattore della crescita della disponibilità di prodotti alimentari fu la diffusione di due nuove colture, importate dalle colonie del Nuovo mondo, già conosciute nel ‘500 ma che divennero alimenti base della dieta popolare solo nel ‘700: Lo sviluppo delle colonie inglesi nel Nord America Verso il 1760 ci fu un significativo sviluppo delle tredici colonie del Nord America, fondate sulla costa atlantica; questi territori infatti all’inizio del secolo erano stati interessanti da un forte incremento demografico ed economico, sia grazie all’aumento della popolazione e dell’immigrazione dall’Europa, sia grazie all’espansione degli insediamenti verso ovest, ma anche per la moltiplicazione dei centri urbani, in particolare dove sorgevano porti nevralgici come New York e Boston. Lo sviluppo delle colonie fu a vantaggio soprattutto della Gran Bretagna che poteva esportarvi i propri manufatti ed importare i prodotti locali, molto richiesti in Europa. Tuttavia i coloni riuscirono ad aggirare il monopolio degli inglesi attraverso il commercio clandestino e ad avviare fiorenti attività per rendersi sempre più indipendenti da Londra. Fu ad esempio il caso degli Stati centro Nord, con un’economia diversificata (agricoltura, allevamento, artigianato, commercio) che riforniva gli stessi Stati del Sud (dove prevaleva le piantagioni coltivate dagli schivi di mais tabacco e cotone). Importante era anche la nascente industria cantieristica (cantieri navali) della Nuova Inghilterra che, grazie all’abbondanza di legname, forniva molte imbarcazioni agli armatori inglesi e inoltre permetteva alle stesse colonie di dotarsi di un’efficiente marina mercantile, con la quale potevano avere relazioni commerciali con le Antille, con la zona caraibica e con la Gran Bretagna. Questo intraprendenza economica fu uno dei motivi che porterà alla rivendicazione d’indipendenza che, nel 1776, farà nascere gli Stati Uniti d’America. Il rafforzamento della presenza inglese in India Oltre all’America, un ruolo fondamentale negli scambi ce l’aveva l’India, dove vi erano le basi francesi, inglesi e anche olandesi. Queste basi erano gestite da delle compagnie commerciali che coordinavano i traffici tra madrepatria-colonie; la più importante era la Compagna olandese delle Indie orientali o quella francese sempre delle Indie Orientali. Dopo la Guerra dei 7 anni, con la vittoria inglese, in India ci furono dei cambiamenti: il Parlamento di Londra affidò alla Compagnia, che fino ad allora aveva avuto solo potere commerciale, anche funzioni politiche e militari: di fatto divenne un organismo statale. Il “commercio triangolare” e la tratta degli schiavi Tra i risvolti più drammatici dell’economia-mondo, vi è il fenomeno della tratta degli africani: uomini (anche donne e bambini) venivano prelevati forzatamente dai propri villaggi e condotti oltreoceano per essere usati come manodopera schiavile nelle piantagioni. Questa pratica, iniziata nel XVI, si inseriva nel “commercio triangolare”, ovvero un sistema di scambi che univa 3 continenti: Europa occidentale, Africa e America (i “vertici”):  Dai porti europei partivano navi cariche di oggetti vari (armi, perline, tessuti..) che raggiungevano le coste africane.  Queste merci venivano poi scambiate con gli schiavi.  Le imbarcazioni dei negrieri (i mercanti di schiavi) partivano poi verso la lunga traversata dell’Oceano Atlantico (in cui quasi il 15% degli africani moriva a causa delle condizioni di viaggio).  Chi sopravviveva veniva venduto in America ai proprietari di piantagioni, in cambio di materie prime, metalli preziosi e prodotti coloniali che tornavano in Europa. Gli studiosi ipotizzano che tra XVI e XIX sec. furono soggetti a questo commercio 11 milioni di africani, prelevati dall’Africa e portati nel continente americano, di fatto privandoli dei più semplici diritti civili. La tratta cominciò a declinare grazie alla propaganda antischiavista, iniziata verso al fine del XVIII sec, da alcuni settori più sensibili della cultura europea, che denunciavano i pregiudizi razzisti con cui fino ad allora la schiavitù era giustificata (inferiorità razziale dei neri, loro vantaggio nello stare vicino a dei bianchi, considerati più evoluti). I primi provvedimenti dell’abolizione della schiavitù vennero presi in Francia e in Gran Bretagna, fino ad arrivare, nel 1833 alla totale soppressione dell’istituto della schiavitù in tutto il dominio coloniale inglese (e nel 1848 in quello francese). LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE CARATTERISTICHE E CAUSE DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Un mutamento irreversibile Lo sviluppo economico, demografico e commerciale che ci fu, soprattutto in Gran Bretagna, durante il ‘700, caratterizzò la “rivoluzione industriale”, ovvero il passaggio dal sistema produttivo tradizionale (basato su un’economia agricola e artigianale con piccole manifatture) a un nuovo sistema economico basato sull’INDUSTRIA. A favorire ciò furono diversi fattori  Introduzione di MACCHINE che velocizzarono il lavoro (- costi e + profitti che potevano essere reinvestiti per migliorare la produttività)  L’introduzione delle FABBRICHE, un unico luogo dove vi erano sia operai sia tutte le fasi di lavoro  Lo sviluppo delle tecnologie che portò ad abbandonare le vecchie fonti di energie a bassa resa (lavoro animale, eolica e idraulica) con fonti nuove (es. vapore) Questa rivoluzione non nacque improvvisamente, bensì fu preceduta già dal secolo precedente da alcune trasformazioni irreversibili, che portarono conseguenze economiche, sociali e culturali. Perché la rivoluzione industriale si realizzò in Gran Bretagna? La rivoluzione industriale ebbe inizio qui in quanto vi erano alcune condizioni favorevoli:  Con la rivoluzione agraria, che aveva portato il passaggio da un’economia agricola a una capitalistica, aveva portato la nascita di aziende agricole finalizzate al prodotto, con proprietari-imprenditori che godevano di ampi capitali da investire nella produzione  vi era poi una maggiore manodopera per le fabbriche, soprattutto da quei contadini impoveriti dall’enclosures che si trasferirono in città. Inoltre ci fu anche l’aumento demografico che portò allo sviluppo della domanda di beni (e quindi della produzione)  tra i fattori c’è anche quello del commercio internazionale, di cui la G.B. deteneva la supremazia: ciò rendeva disponibile agli imprenditori inglesi molte materie prime, ma soprattutto garantiva un grosso afflusso di capitali da reinvestire in diversi settori economici  inoltre lo stato inglese aveva dato importanza al potenziamento delle vie di comunicazione interna, attraverso il miglioramento e l’ampliamento delle strade esistenti o la costruzione di canali navigabili (soprattutto per il trasferimento di materiali pesanti, come ferro o carbone)  infine fu determinato anche dalle caratteristiche culturali e politiche della società inglese. Da una parte il dinamismo, l’apertura alle innovazioni e ai mutamenti economico- sociali e culturali, che promuoveva le libertà individuali e civili. Dall’altro il Parlamento che garantì la libertà d’iniziativa nell’attività legislativa , il diritto di proprietà privata e una politica estera mirata ad espandere il mercato ed eliminare i pericolosi concorrenti LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE NEI SETTORI TESSILE E SIDERURGICO Il settore tessile: i limiti dell’industria tradizionale della lana Il primo settore ad essere coinvolto nella rivoluzione industriale fu quello tessile: infatti fino a metà del ‘700, la Gran Bretagna, alla fine, era la principale produttrice di panni in lana, realizzati dall’industria a domicilio (che svolgeva l’attività di tessitura e filatura con macchinari rudimentali), la cui figura centrale era il mercante-imprenditore che investiva i capitali e se ne assumeva i rischi (comprava le materie prime, le distribuiva ai contadini, ritirava e vendeva i prodotti finiti, ricavando dei profitti). Tuttavia questo sistema non era più in grado di soddisfare la crescente domanda, data dall’incremento demografico; inoltre il costo era elevato e quindi i prodotti erano indirizzati ad una fascia ristretta della popolaz. La meccanizzazione della produzione del cotone Ad incentivare le innovazioni tecnologiche nel settore tessile fu proprio la continua crescita della domanda:  la prima innovazione fu la SPOLETTA VOLANTE (1733, John Key) che rendeva autonoma la spoletta, raddoppiando il rendimento dei telai e consentendo la realizzazione di stoffe di dimensioni più grandi  FILATRICE MECCANICA (1764, James Hargreaves) o “spinning Jenny” (per la sua
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