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Comunicazione e Psicologia Cognitiva: Neuroimmagine, Sensazione, Intelligenza Emotiva, Slide di Psicologia Generale

Una panoramica dettagliata della comunicazione, dell'intelligenza e della psicologia cognitiva, con un focus particolare sulla neuroimmagine, sulla sensazione, sull'intelligenza emotiva e sui test di intelligenza. Come i processi mentali e le funzioni cognitive sono implementati nel cervello attraverso metodiche non invasive utilizzando un approccio multidisciplinare. Vengono inoltre esplorate le diverse abilità mentali, come l'intelligenza cristallizzata e l'intelligenza emotiva, e vengono descritte le tecniche di valutazione dell'intelligenza. Inoltre informazioni sui ritardi mentali e sui test di intelligenza contemporanei.

Tipologia: Slide

2019/2020

Caricato il 02/03/2024

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giuseppinalessia-romagnuolo 🇮🇹

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Scarica Comunicazione e Psicologia Cognitiva: Neuroimmagine, Sensazione, Intelligenza Emotiva e più Slide in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Branca della psicologia che si occupa di comprendere e spiegare in maniera scientifiche come avvengono determinati atteggiamenti ma non solo nel bambino ma anche nel tempo e descrive le variazioni e i indagando i vari processi che vi stanno alla base. Cosa vuol dire in modo scientifico? Il metodo è stato introdotto da Galileo Galilei, un intreccio tra ‘’sensate esperienze’’ e ‘’di certe dimostrazioni’’. SCIENTIFICO poter utilizzare delle ipotesi attraverso l’utilizzo delle tecniche, raccogliere e analizzare dati per testare la validità di una teoria. I bambini, inoltre, venivano visti come adulti in miniatura. L’approccio contemporaneo all’infanzia porta con sé l’attenzione dei bambini e la loro cura: - Salute e benessere: tipico normale. Atipico forma di deficit o di ritardo. - Parenting (Caregiver) modalità di prendersi cura di un genitore, non per forza biologico. - Educazione (dal nido dell’infanzia alle scuole elementari) Influenzati dal contesto socio-culturale setting (luogo) nei quali avviene lo sviluppo e che vengono influenzati da contesti storici, economici, sociali e culturali. Processi dello sviluppo Lo sviluppo è inteso come il risultato dell’interazione di 3 processi correlati tra loro. BIOLOGICO cambiamenti fisici dell’individuo. COGNITIVO cambiamenti del pensiero, intelligenza e linguaggio. SOCIO-EMOTIVO cambiamenti nelle relazioni dell’individuo con altre persone, nella sfera emotiva e nella personalità. Periodo Sviluppo -1 Nel guardare i processi dello sviluppo, gli psicologi si sono chiesti se alcune esperienze siano particolarmente importanti a certe età. Si parla di periodo critico periodo particolare dello sviluppo in cui l’individuo deve essere esposto a determinate esperienze per acquisire una determinata abilità (es. linguaggio). Oggi si preferisce parlare di periodo sensibile riferendosi al periodo in cui la persona ha più probabilità di acquisire certe abilità, ma in caso di assenza di determinate esperienze lo sviluppo tipico può ancora avvenire. Periodo sensibile-2 Periodo prenatale: va dal concepimento alla nascita che dura circa 9 mesi. Prima infanzia: Periodo evolutivo che va dalla nascita ai 18-24 mesi d’età circa. Seconda infanzia: questo periodo va dalla fine della prima infanzia fino ai 5-6 anni d’età circa (chiamato anche periodo pre-scolare) Fanciullezza: Periodo evolutivo che va dai 6 agli 11 anni circa (detto anche periodo scolare). Psicologia dello Sviluppo Adolescenza: Questo periodo segna la transizione dall’infanzia all’inizio della vita adulta. Inizia intorno ai 10-12 e finisce tra i 18-22 anni. CONCETTI E DIBATTITI RELATIVI ALLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO -1 Natura o cultura? Questo dibattito è volto a cercare di stabilire se lo sviluppo è influenzato dalla natura (l’eredità biologica di un organismo) o dalla cultura (le influenze ambientali a cui è esposto un individuo). Il disaccordo riguarda quando peso abbia ciascuno di questi due fattori nello sviluppo (dibattito che va spesso espresso nei termini di innato o acquisito). CONCETTI E DIBATTITI RELATIVI ALLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO -2 Continuità o discontinuità? Questo dibattito è volto a determinare se lo sviluppo è costituito da cambiamenti graduali e cumulativi (continuità e metafora del germoglio che diventa un albero) oppure da fasi distinte (discontinuità e metafora del bruco che diventa farfalla). In realtà, molti ricercatori contemporanei considerano lo sviluppo come un processo continuo (e quantitativo) ma interrotto da periodi discontinui (e qualitativi). CONCETTI E DIBATTITI RELATIVI ALLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO -3 Dominio-generale o dominio-specifico. Lo sviluppo di una abilità ha conseguenze per lo sviluppo di altre abilità (o domini)? A tal proposito c’è molto dibattito tra gli psicologi. Dominio-generale: Si sostiene che i processi di sviluppo possono avere un impatto sulla formazione di un’ampia serie di competenze. Dominio-specifico: Si sostiene che i processi di sviluppo delle singole abilità avvengono in maniera indipendente (separati) e hanno un impatto limitato sulle competenze negli altri domini. La psicologia dello sviluppo risponde a tre ordine di domande: come, quando e perché. 1. Come: Come avviene lo sviluppo di…? Riguarda i modi di comportamento dei bambini (Come disegno la figura umana? Come interagisce con un suo coetaneo?). 2. Quando: Quando avviene lo sviluppo di…? Lo sviluppo è un processo continuo di cambiamento ed è necessario individuare le pietre militari dello sviluppo. E’ utile per seguire il progresso del singolo bambino sia le differenze individuali. 3.Perchè: Perchè lo sviluppo di…avviene ad una certa età e secondo certe modalità? Riguarda la spiegazione dei comportamento e dei cambiamenti con l’età (ad. Linguaggio). Cerca di comprendere le cause dello sviluppo. QUANDO, COMEsi riferiscono alla descrizione dello sviluppo. PERCHE’ è relativo alla spiegazione dello sviluppo (è più difficile). Psicologia Generale E’ lo studio scientifico delle funzioni psicologiche di base (processo interno) e il comportamentismo. Funzioni psicologiche di base Si dividono in funzione cognitive di basso livello (percezioni sensoriali) e funzioni cognitive superiori (ragionamento e linguaggio). Vengono anche chiamate “processi interiori” perché non visibili direttamente: Tre sono i componenti fondamentali dell’attività mentale: • Sensazioni • Immagini • Stati affettivi Attraverso l’introspezione si tenta di svelare le strutture di base dell’esperienza mentale. Limiti del strutturalismo e dell’introspezione • Studiate solo SENSAZIONE e PERCEZIONE. Difficoltà nello studio di memoria, immaginazione, studio degli affetti, psicologia sociale perché non riconducibili a contenuti elementari. • Periodo di addestramento molto lungo, quindi gli sperimentatori erano anche i soggetti. • Impossibile studiare le menti di bambini, malati mentali. • Il limite più importante: mancanza di attendibilità dei risultati. L’introspezione è un’osservazione soggettiva dell’esperienza. La bontà dei risultati dipende dall’abilità dello sperimentatore. WILLIAM JAMES (1850-1909): IL FUNZIONALISMO Funzionalismo: non è importante studiare la struttura dei processi mentali (non i singoli elementi), ma è importante capire a quale funzione adempiano questi processi Influenza forte del darwinismo e della teoria della selezione naturale: a cosa servono le funzioni mentali? Mente ha funzione biologica: capacità mentali si sono evolute per permetterci di adattarci al mondo. WERTHEIMER E LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT (‘900) Nasce in Germania, si sviluppa in America nei primi decenni del ‘900. Questo approccio si focalizza sull’organizzazione della percezione e del pensiero in termini di un “insieme” piuttosto che sugli elementi singoli. Il tutto precede le parti e questi assumano significati diversi a seconda del tutto di cui fanno parte. LEGGI PERCETTIVELe parti di un campo percettivo tendono a costituire delle Gestalt, cioè delle FORME ORGANIZZATE, sulla base di una serie di caratteristiche degli elementi che la costituiscono. La psicologia della Gestalt (‘900Esperienza percettiva è mediata dall’attività mentale che la organizza e la influenzala mente tende a percepire l’intero più che la somma delle sue parti. Organizzazione/percezione globale è logicamente precedente rispetto agli elementi singoli (critica forte allo strutturalismo). Mente “impone” un’organizzazione a ciò che percepisce. TEORIE ODIERNE Una scienza in evoluzione: passato, presente e futuro • Psicodinamica (Freud, 1900) • Comportamentismo (Watson, 1924) NEOCOMPORTAMENTISMO • Cognitivismo (Miller, Galanter, Pribram, 1960) MODULARISMO CONNESSIONIAMO (Fodor, 1975) • Interazionismo (Bateson, Watzlawick, Beavin, Jackson, 1960-80) Freud  E’ l’autore della psicodinamica, la psicoanalitica nasce per curare disturbi mentali e quindiLavoro clinico su pazienti isterici e ci sarà un focus sulle esperienze infantili dolorose che creano ricordi inconsci non elaborati. Mente inconscia: una parte della mente opera al di fuori della consapevolezza conscia influenzando azioni, pensieri e sentimenti. No metodo sperimentale (e quindi teoria non verificabile), lavoro clinico su ricordi infantili e prime esperienze sessuali. Comportamentismo Nasce in America nel 1913, ispirato dall’Empirismo le Reazione allo strutturalismo e al funzionalismo Rinuncia a una descrizione degli stati interni (perché non oggettiva). La psicologia come la intende il comportamentista è una branca sperimentale puramente obiettiva della scienza naturale. Il suo scopo teorico è lo studio del comportamento. Mente come “scatola nera” STIMOLORISPOSTA. Ciò che avviene all’interno della mente non è osservabile. Quello che possiamo osservare e misurare è solo la risposta comportamentale (R) ad un determinato stimolo (S). Watson riteneva  inoltre che fosse possibile ottenere qualsiasi tipo di comportamento desiderato controllando l’ambiente di una determinata persona. Nulla è innato, e tutto è determinato dall’ambiente. Limite: Le semplici associazioni stimolo-risposta non consentono di spiegare il comportamento in tutte le situazioni. Eliminazione dello studio dei processi mentali: dove vanno a finire le informazioni fornite dagli stimoli quando la risposta compare molto tempo dopo? (memoria?) NEOCOMPORTAMENTISMO (1949) Si inizia a ipotizzare la necessità di considerare l’esistenza di processi interni all’organismo non rilevabili a livello comportamentale, elementi necessari per comprendere meglio il comportamento. S O R (STIMOLO-ORGANISMO-RISPOSTA) Esempi di «organismo» sono: • Pulsioni (Hull, 1943) • Assembramenti neuronali, ovvero gruppi di neuroni che coordinano e regolano il comportamento (Hebb, 1949).  Sono delle riflessioni che anticipano il cognitivismo. COGNITIVISMO (Anni 60’) Dai limiti evidenziati del comportamentismo (l’aridità e l’inadeguatezza dell’approccio della scatola nera), assenza di elaborazioni mentali e prendendo spunto dalle conoscenze della cibernetica, matematica, informatica e linguistica), intorno agli 60’ alcuni psicologi iniziano a formulare nuove teorie sul funzionamento della mente Nasce così il COGNITIVISMO. I cognitivisti non si occupano più di comportamenti e neppure di vissuti, ma dei processi mentali che intervengono tra lo stimolo e la risposta. Si occupano della “scatola nera”: I processi mentali vengono assimilati ad un elaboratore di informazione (Miller, Galanter e Pribram, 1960) e dal comportamentismo ereditano il rigore metodologico. COGNITIVISMO E L’ANALOGIA MENTE-COMPUTER (NEISSER, 1967) La mente si compone di: • estrazione di informazioni dall’ambiente (sistema percettivo); • elaborazione/manipolazione mediante processi complessi presenti in memoria (funzioni cognitive); • pianificazione di un comportamento (sistema motorio). La simulazione è la metodologia privilegiata, ovvero la riproduzione attraverso il computer delle operazioni mentali. Attraverso la simulazione, vengono creati dei modelli di come agisce un «operatore umano».  ES: modello multi-processo della memoria reiterazione. Vantaggi delle simulazione Si formulano ipotesi ben definite per implementarle al PC e si può verificare la correttezza del modello Il modello può essere modificato Svantaggio Non vi è certezza se le operazioni previste sul PC corrispondono alle operazioni mentali. DAL COGNITIVISMO ALLA SCIENZA COGNITIVA (fine anni 70’). Verso la fine degli anni 70’ si inizia a parlare di «scienza cognitiva» per sottolineare l’approccio interdisciplinare allo studio di operazioni mentali. Modularismo (Fodor): Il comportamento di un individuo è determinato dalla sua struttura mentale. Degli apparati mentali convertono gli stimoli in rappresentazioni mentali: i moduli di conoscenza specifici e incapsulati. A ciascun modulo corrisponde una specifica base cerebrale. Connessionismo: L’architettura mentale è concepita come una rete composta da più unità (unità input, unità nascoste e unità output). Le facoltà mentali sono distribuite sull’intera rete. INTERAZIONISMO • Soggetto-in-interazione con il mondo e con altri soggetti. • Mead (1938) Interazionismo simbolico (IO + ME) • Scuola sistemica: Bateson, Watzlawick, Beavin, Jackson (1960-80) il soggetto di definisce in base alle sue relazioni, e un suo cambiamento è possibile solo se si modifica il sistema (ad es. famiglia) • Interazionismo culturale (Bruner, 1991-1996)Le attività mentali si sviluppano in una graduale azione di co-ordinamento tra l’individuo e il mondo. ….E OGGI? Un limite del cognitivismo è che sebbene studiassero la mente, avevano tralasciato il cervello. La teoria della “mente embodied” su fonda su tre principi: -La mente ha un corpo e per questo si dice embodied (incarnata) integrata con la struttura cerebrale. -Le funzioni cognitive sono «relational mind», sono in costante interazione e quindi non isolati come una macchina del pensiero -La mente emerge dalle attività del cervello, le cui strutture e funzioni sono direttamente influenzate dalle esperienze interpersonali percettive e sociali Nel XX secolo abbiamo assistito a un avanzamento delle conoscenze nell’ambito delle neuroscienze e delle applicazioni delle neurotecnologie consentendo di realizzare esperimenti sull’uomo, con bassa invasività, volti alla migliore comprensione del funzionamento del cervello e del suo Nello studio longitudinale si seleziona un gruppo di individui che viene poi osservato a intervalli di tempo regolari. Nello studio trasversale si selezionano più gruppi, con diversi livelli d’età, in cui si osservano i cambiamenti della stessa caratteristica. Caso singolo caso particolare di studio intensivo e prolungato nel tempo di un singolo caso. E’ una metodologia di ricerca che consiste nell’analizzare, in maniera intensiva, il comportamento di una singola persona. Pro: approfondita conoscenza del soggetto. Contro: i risultati possono non essere generalizzabili oltre il campione (singolo o del gruppo) Studio di correlazione un tipo di ricerca dove si esamina la relazione tra due gruppi di variabili per determinare se siano associati oppure no. Correlare: come una variabile cambia al variare dell’altra variabile. La correlazione tra due variabili può essere: positiva all’aumentare di una variabile si registra un aumento dell’altra variabile (il comportamento aggressivo aumenta quando si è esposti alla visione di scene particolarmente violente). Negativa se all’aumento di una variabile corrisponde la diminuzione dell’altra (significativo aumento di peso, diminuzione del benessere psicofisico). Coefficente di correlazione R = coefficiente di correlazione (forza e direzione di una correlazione) che va da -1 a 1. R = 1 correlazione positiva perfetta R = -1 correlazione negativa perfetta Studio di correlazione Studio di correlazione (esempio aggressività) Questo studio ha indagato se esiste una relazione tra il guardare programmi televisivi violenti (tra i 6 ed I 10 anni) e il comportamento aggressivo in età adulta. Che cosa ci dice questo grafico? Le due variabili correlano: le variazioni nei valori di una variabile sono sincronizzate alle variazioni nel valore dell’altra Ma quale tipo di relazione causale sussiste tra le due variabili? X Y guardare programmi violenti causa comportamento agg. ? Y X bambini più aggressivi scelgono programmi violenti Manca la relazione causa-effetto! Uno studio correlazionale non sempre rende possibile inferire una relazione causale tra due variabili Studio sperimentale una procedura con cui un ricercatore varia sistematicamente una o più variabili (manipolazione sperimentale) per poi osservare se e come variano di conseguenza una o più variabili. gruppo sperimentale è il gruppo che viene manipolato (ad es. riceve un trattamento) e gruppo di controllo che non viene manipolato (non riceve un trattamento). Questa suddivisione è importante per escludere che i risultati osservati siano prodotti da qualcosa di diverso dalla manipolazione sperimentale. Variabile indipendente e dipendente La variabile indipendente è la variabile che viene manipolata dallo sperimentatore, mentre la variabile dipendente è la variabile che viene misurata e che ci si aspetti cambi come risultato della manipolazione. Variabile  comportamenti, eventi o altre caratteristiche che possono in qualche modo cambiare esame? Problemi di definizione validità: la misura è effettivamente in grado di misurare o predire ciò che intende misurare o predire? Le basi biologiche della psicologia Neuroscienze cognitive E’ una branca della psicologia che studia come il cervello e il sistema nervoso determinano il comportamento e le varie funzione cognitive. Si cerca di stabilire le basi neurali delle operazioni mentali.  Principio della scomposizione: il cervello è composto di molte aree isolabili, e ogni area ha una specifica funzione. Come si formano pensieri e azioni?  Cerchiamo di capire come le informazioni che raggiungono i nostri sensi siano comunicate attraverso impulsi nervosi a tutto il nostro corpo e il nostro cervello. Il cervello è un organo costituito da un gran numero di cellule (neuroni). NEURONI E CONNESSIONI Neurone cellula del sistema nervoso che ha la funzione nel ricevere e/o trasmettere le informazioni alle altre cellule. L’uomo ne ha 100 miliardi- ogni cellula è fatta per comunicare (sinapsi). Ogni neurone ha 10000 connessioni. Struttura del neurone Dendriti (parte iniziale): ricevono i messaggi dagli altri neuroni. E’ un gruppo di fibre che riceve u messaggio in entrata e contengono il corpo cellulare/soma: corpo che si occupa della coordinazione di compiti ed elaborazione. Contiene il nucleo che ospita i cromosomi con il nostro DNA. Assone: Può essere piccolo o grande, trasporta i messaggi dal dentrite per andare nella parte terminale. Sono ricoperti da una sostanza dalla guiana mielinica è una membrana protettiva che avvolge l’assone e aumenta la velocità dell’impulso elettrico. (ESEMPIO: NELLA SCLEROSI MULTIPLA LA MIELINA SI DETERIORA PROVOCANDO UN RALLENTAMENTO NELLA TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI.) Bottone terminale Situata alla fine delle ramificazioni di un assone. Contribuisce alla trasmissione del messaggio ad altri neuroni. Ha una struttura dalla forma di bulbo, situata alla fine delle ramificazioni di un assone, contenente vescicole piene di neurotrasmettitore attraverso i quali messaggi agli altri neuroni. I nodi di Ranvier  sono brevi segmenti non mielinizzati (la parte di neurone senza mielina), il messaggio prr andare piu’ veloce salta trasformato in una corrente elettrica potenziali d'azione. Non tutti i neuroni hanno una guaina mielinica, in questi casi l’impulso viaggia lungo tutta la fibra (tipico dei nervi periferici negli arti). In questi casi si parla di conduzione puntiforme. Come si attiva un neurone? I neuroni ricevano delle informazioni dai dendriti e passano quest’informazione all’assone. Che a sua volta ha il compito di trasportare questa informazione al prossimo neurone. Ma come fa l’assone a trasportare queste informazioni? Attraverso una carica elettrica chiamato potenziale d’azione, che può essere di tipo: Eccitatorio l’informazione ricevuta dice al neurone di attivarsi. 11 0 Inibitorio L’informazione ricevuta dice al neurone di non attivarsi. Come funziona un potenziale d’azione? -1 I neuroni sono dotati di una carica elettrica e vi è una differenza di carica elettrica tra l’interno e l’esterno della membrana di un neurone. Come è possibile? La membrana cellulare del neurone presenta dei minuscoli pori che fungono da canali attraverso i quali piccole molecole cariche elettricamente (gli ioni) entrano ed escono dalla cellula. Gli ioni (potassio, sodio, ecc.) possono infatti avere una carica positiva o negativa. Il potenziale d’azione è dato dalla differenza di concentrazione di ioni tra l’interno e l’esterno della membrana cellulare del neurone. Come funziona un potenziale d’azione? -2 Nello stato a riposo all’interno del neurone vi è una concentrazione di potassio (K+), ma prevalgono ioni proteici carichi negativamente (A-) ottenendo cosi una carica di ca. -70 millivolt. L’esterno ha invece una elevata concentrazione di ioni di sodio (NA+) e pochi ioni di cloro (CL-) quindi ha una carica positiva. Ne consegue che durante un potenziale a riposo, l’interno del neurone è carico negativamente rispetto all’esterno (polarizzazione). La membrana ha un ruolo fondamentale perché mantiene il giusto equilibri tra i due liquidi (interno ed esterno). Nella membrana, infatti è attiva pompa chimica (la pompa sodio-potassio) e durante lo stato a riposo tiene chiusi i canali di potassio e sodio. Potenziale d’azione e la pompa sodio-potassio Il potenziale d’azione si genera in seguito a un cambiamento dello stato dei canali della membrana dell’assone, ovvero Appena arriva un nuovo segnale, i canali di sodio (NA+) si aprono e gli ioni di sodio possono penetrare all’interno dell’assone. Di conseguenza aumenta la carica interna dell’assone trasformandola da negativa a positiva. L’afflusso di sodio (NA+) spinge quindi il potenziale a raggiungere il suo picco fino a 40 millivolt (depolarizzazione) per poi ritornare nuovamente a riposo ripristinando la situazione iniziale (potenziale a riposo). NA= Sodio; K = potassio Tempi di un potenziale d’azione Gli ioni positivi che entrano nel neurone modificano il potenziale elettrico, facendolo passare da una carica leggermente negativa durante lo stato a riposo, a una carica leggermente positiva durante la depolarizzazione. Dopo essersi depolarizzato, il neurone entra in un brevissimo periodo refrattario, durante il quale un’ulteriore stimolazione non produrrà nessun potenziale d’azione. Un altro potenziale d’azione sarà possibile soltanto dopo il ripristino di un potenziale a riposo. Potenziale d’azione  Un impulso elettrico nervoso che viaggia attraverso un neurone, cambiando da negativa in positiva la carica di una cellula (40 millivolt) Legge del tutto o niente I neuroni sono o attivati o disattivati. Comunicazione tra neuroni: La trasmissione sinaptica e neurotrasmettitori Sinapsi spazio tra un neurone e l’altro. Trasmissione sinaptica invio di informazioni da un neurone all’altro attraverso lo spazio sinaptico. Neurotrasmettitore messaggero chimico, rilasciato da un neurone, che attraversa la sinapsi interneuronica, stimolando il neurone postsinaptico. Sinapsi e trasmissione sinaptica Il potenziale d’azione nel neurone presinaptico si propaga lungo l’assone (1) e stimola il rilascio di neurotrasmettitori all’interno dello spazio sinaptico (2). I neurotrasmettitori si legano con i recettori su un dendrite del neurone sinaptico generando un nuovo potenziale d’azione (3). Trasmissione sinaptica e neurotrasmettitori I neurotrasmettitori si uniranno alle molecole ricettrice del neurone post-sinaptico e fornirà al neurone postsinaptico l’informazione di attivarsi o non attivarsi. Quando il neurotrasmettitore ha completato il suo compito si stacca dal ricettore e torna nello spazio sinaptico (a questo punto si decompone o verrà riassorbito dal bottone presinaptico per essere riutilizzato). Principali tipi di neurotrasmettitori Neurotrasmettitore: messaggero chimico rilasciato da un neurone. • Acetilcolina (eccitatorio): Controllo motorio, attenzione e apprendimento (deficitario nei pazienti con Alzheimer) • GABA (inibitorio): Alimentazione, aggressività e sonno. Ruolo fondamentale in alcune forme di psicopatologia (se basso ansia e depressione). • Glutammato (eccitatorio): Risposta emotiva, apprendimento e memoria. •Dopamina (eccitatorio e inibitorio) e seratonina (inibitorio): Importanti in vari psicopatologie (alti livelli di domanina nella Schizofrenia e bassi nel parkinson; bassi livelli di seratonina nella depressione) • Endorfine (inibitorio): attenuazione del dolore, innalzamento tono dell’umore (controllo del piacere e del dolore dette anche “chiavi del piacere”) Diversi classi di neuroni Neurone sensoriale: Neurone che trasmette i messaggi dei recettori sensoriali al sistema nervoso centrale. Neurone motorio: neurone che trasmette i messaggi dal sistema nervoso centrale verso i muscoli. Interneurone: neurone che mette in comunicazione fra loro altri neuroni permettendo una elaborazione fine dei segnali. I NEURONI SPECCHIO I neuroni specchio si attivano sia quando la scimmia esegue un atto motorio finalizzato, come afferrare oggetti con la mano o con la bocca, sia quando osserva un altro individuo eseguire atti motori analoghi. I NEURONI SPECCHIO SI ATTIVANO SIA IN OSSERVAZIONE CHE IN ESECUZIONE I NEURONI SPECCHIO NELLE SCIMMIE. Il sistema mirror nell’uomo Neuroni specchio servono per comprendere le intenzioni ed emozioni altrui, come se fossimo noi stessi a pianificare quell’azione o a provare quell’emozione attraverso un processo di simulazione. FUNZIONI DEL SISTEMA MIRROR Facilita la comprensione dell’intenzioni altrui. Facilita l’imitazione e l’apprendimento (la capacità di replicare gesti che fanno parte del nostro repertorio motorio e di apprenderne di nuovi). Facilita la comunicazione (il sistema mirror è il substrato neurologico nel quale si è sviluppato il linguaggio inizialmente non verbale e poi verbale). Facilita il riconoscimento delle emozione e l’empatia. Il sistema nervoso e l’organizzazione del cervello Anatomia generale del sistema nervoso Split brain o cervello diviso In alcune forme grave di epilessie gravi, i neurochirurghi posso recidere il corpo calloso per ridurre gli attacchi epilettici, tecnica chiamata split-brain. Cosa comporta avere un cervello diviso? Inizialmente sembrava che questi pazienti non risentissero nella loro vita quotidiana di questo intervento. Vennero così ideati degli esperimenti sul cervello diviso (Sperry e Gazzanica). Esperimento del cervello diviso Anche se molte funzioni sono “controlaterali”, qualunque informazione che entri inizialmente in un emisfero viene successivamente trasmessa nell’altro emisfero attraverso il corpo calloso, cosi entrambi gli emisferi sanno cosa sta succedendo. Quando a una donna con cervello diviso fu presentata l’immagine di un anello sul lato destro di uno schermo, la donna fu in grado di verbalizzare la parola “anello”. Non riuscì invece a nominare la parola “chiave” perché a vedere la chiave era l’emisfero destro ma l’area del linguaggio si trova a sinistra. Laterizzazione: Grazie agli studi su pazienti split brain, sappiamo che diverse funzioni sono lateralizzate. Si parla di laterizzazione quando una funzione per essere realizzata, un emisfero svolge un ruolo primario. Il linguaggio è forse la funzione cerebrale più lateralizzata (emisfero sinistro), e lesioni in questa area provocano un deficit di linguaggio. L’emisfero destro invece sembra essere coinvolto in compiti di relazione spaziale e sulle espressioni facciali. In generale è l’azione combinata dei due emisferi a dare pienezza alle nostre esperienze! Il sistema nervoso non è un sistema statico, è un sistema in continuo cambiamento, altamente plastico ed in grado di modificarsi anche sostanzialmente qualora ce ne fosse bisogno. Questa capacità di modificarsi in base alle esigenze è detta plasticità neurale: cambiamenti nella prestazione del cervello possono comportare la formazione di nuove sinapsi o modifiche nelle funzioni di sinapsi esistenti. Riparare il cervello: Plasticità Capacità delle aree cerebrali di modificarsi in base agli input esterni che vengono ricevuti. La plasticità dipende dall’esperienza (ambienti diversi, stimolazioni diversi). Esperimento con i tassisti a Londra: Ricercatori dello University College di Londra hanno utilizzato le tecniche di neuroimmagine per studiare il cervello di una categoria di lavoratori particolare, i tassisti della metropoli britannica. L’obiettivo era dimostrare come l’apprendimento possa modificare il nostro cervello. Per ottenere la licenza, infatti, i tassisti di Londra devono imparare a memoria la complessa struttura di circa 25000 strade e superare un complicato test la cui preparazione richiede dai tre ai quattro anni! I primi studi hanno rilevato che i tassisti londinesi esaminati possedevano un ippocampo più sviluppato. Gli esperimenti di rimozione chirurgica di un dito dimostrano la riorganizzazione delle mappe corticali. L’area di rappresentazione del dito rimosso viene progressivamente occupata dalla rappresentazione delle dita vicine. I pazienti che hanno subito una lesione cerebrale (ictus, incidente, tumore) perdono la funzionalità di quella determinata area. Recentemente, la ricerca si sta concentrando sulle cellule staminali: cellule non specializzate che posso svilupparsi agendo come nuovi neuroni. In questo modo queste cellule potrebbero attraverso una crescita neuronale riparare (rigenerare) la parte di tessuto danneggiato. La biologia dello sviluppo: Il primo ambiente: l’utero. Il senso comune potrebbe suggerirci che l’ambiente esterno influenzi il bambino solamente dopo la nascita e che solamente i geni si occupino del suo sviluppo nell’utero ma non è così. L’utero, il primo ambiente esterno con cui il bambino viene a contatto, influenza moltissimo lo sviluppo del feto, a cominciare dalla placenta, l’organo che collega il bambino alla madre e che fornisce a quest’ultimo tutte le sostanze chimiche e nutritive di cui ha bisogno. Ma non solo sostanze chimiche! • Cervello del feto è già attivo durante la gravidanza • Utero materno è ambiente ricco di stimoli, soprattutto uditivi (frequenze basse: battito cardiaco, digestione…) riescono a penetrarlo. In feto inizia a percepirli ed è in grado si udire la voce materna che diventa per loro il primo stimolo familiare e conosciuto una volta nati Sviluppo prenatale: lo stadio fetale • Da nona settimana fino alla nascita • Muscoli, scheletro, sistema respiratorio e digerente • Questo stadio è fondamentale per quel che riguarda lo sviluppo del cervello, è il periodo critico. Lo sviluppo cellulare del cervello inizia prestissimo ovvero nelle prime 3-4 settimane di vita dell’embrione. Lo stadio fetale e il tubo neurale Dopo il concepimento, la suddivisione cellulare porta rapidamente alla formazione dell’embrione, che all’inizio è composto da tre strati di cellule: 1. Dall’endoderma si formano tratto gastrointestinale, trachea, bronchi, ghiandole ecc. 2. Dal mesoderma si formano muscoli, pelle, scheletro. 3. Dal ectoderma si formano cellule sensoriali e sistema nervoso. Infatti, piegandosi su sè stesso, forma quello che viene chiamato «tubo neurale» (4-5 settimana di gestazione) dal quale si svilupperanno cervello e midollo spinale (SNC). Proliferazione neuronale, migrazione e mielinizzazione Durante il periodo embrionale i neuroni si moltiplicano a un ritmo molto rapido, un processo denominato proliferazione neuronale (circa 250.000 neuroni nuovi al minuto). Due processi: Migrazione: Nel processo di migrazione le cellule cerebrali appena formatesi migrano verso quella che sarà la loro aree di competenza e solo una volta terminato questo processo di migrazione iniziano a formarsi dendriti ed assoni. Mielinizzazione: Una volta che le cellule sono migrate e si sono formati gli assoni e i dendriti, inizia il processo di mielinizzazione, ovvero comincia a formarsi la guaina mielinica protettiva che protegge ed isola gli assoni. La maggior parte avviene prima dei due anni, ma una parte continua fino all’età adulta. Lo sviluppo postnatale Solo il 25% (dimensioni) del cervello si sviluppa nell’utero: se si sviluppasse di più, non passerebbe attraverso il canale materno. Il cervello continua a crescere dopo la nascita e aumenta di dimensioni. In questa fase una parte fondamentale è la sinaptogenesi, ovvero la formazione di sinapsi. MORTE NEURONALE E PRUNING SINAPTICO: Ma sono necessarie così tanti neuroni e sinapsi? NO! Il cervello è programmato per creare più neuroni e sinapsi del necessario. Di conseguenza entrano in gioco due processi: 1. Morte neuronale, ovvero la morte di alcuni neuroni che circondano le connessioni sinaptiche di nuova formazione esistenti tra gli altri neuroni (detta anche morte cellulare programmata o apoptosi) e lo scopo è quello di creare più spazio a una rete neuronale funzionante. 2. Pruning sinaptico, eliminazione degli assoni e dendriti di neuroni che non vengono più stimolati. Lo scopo di entrambi i processi sono aumentare la velocità, l’efficienza e la complessità della trasmissione tra i neuroni e lasciar spazio ai nuovi collegamenti quando il bambino farà nuove esperienze. Monitorare il cervello: le tecniche di neuroimmagine Spiegare come processi mentali e funzioni cognitive (ad es. percezione, memoria, emozioni) sono implementati nel cervello attraverso metodiche non invasive utilizzando un approccio multidisciplinare. Nello specifico, le tecniche di neuroimmagine contribuiscono a: 1. Fare diagnosi in ambito psicopatologico e neurologico. 2. Verificare e ampliare i modelli teorici in ambito psicologico 3. La neuroimmagine come trattamento in ambito psicopatologico - Ci aiuta a interpretare se e che tipo miglioramento c’è stato - La neuroimmagine come trattamento vero e proprio. Funzione delle tecniche di neuroimmaging STRUTTURALE Fotografia statica della struttura e attività neuronale MRI: Risonanza magnetica TAC: Tomografia computerizzata FUNZIONALE Permettono di vedere quali aree in quel momento stanno lavorando PET: Tomografia a emissione di positron EEG: Elettro encefalogramma MEG: Magnetoencelofalografia TMS: Stimolazione magnetica transcranica. fMRI: Risonanza magnetica funzionale. TECNICHE DI NEUROIMAGING Tecniche di neuroimaging strutturali - Si basano su differenze di proprietà fisiche dei tessuti cerebrali (ossea, corteccia bianca o grigia, liquido cerebrale) - Rilevano un’immagine statica delle strutture cerebrali MRI (Risonanza magnetica) Sfrutta la proprietà magnetiche dell’emoglobina | TAC (Tomografia computerizzata) Si basa sull’assorbimento di radiazioni fMRI: Risonanza magnetica funzionale Effetto BOLD (Blood Oxygenation Level Dependent) - no corrispondenza punto a punto - realtà fenomenica in parte indipendente dal mondo fisico L’atteggiamento ingenuo fa pensare che la percezione costituisca una sorta di fotocopia della realtà. Questa è una credenza falsa: non sempre c’è la coincidenza tra realtà fisica e realtà fenomenica. Spesso, invece, il mondo percepito e il mondo reale coincidono. Sensazione, stimoli e percezione La sensazione  è il processo attraverso cui i nostri organi di senso (occhi, orecchie, ecc.) si attivano perché stimolati da una sorgente di energia fisica, ovvero lo stimolo. Lo stimolo è qualsiasi sorgente di energia fisica che provochi una risposta al livello di un organo di senso. Psicofisica studio della relazione tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e la nostra sensazione. La percezione  l’organizzazione, l’interpretazione, l’analisi e l’integrazione degli stimoli da parte di organi di senso e cervello. La percezione non è la registrazione accurata di ciò che è presente nel mondo. LA SENSAZIONE I sistemi sensoriali rispondono a stimoli diversi e specifici! sistema uditivo rapide variazioni di pressione dell’aria Suono (stimolo uditivo) sistema visivo onde elettromagnetiche  Luce (Stimolo visivo) Limiti QUALITATIVI dei sistemi sensoriali: siamo sensibili solo agli stimoli per cui abbiamo recettori e organi di senso. Infatti ogni sistema sensoriale è in grado di registrare soltanto il tipo di energia al quale è sensibile. PSICOFISICA Psicofisica studio della relazione tra le caratteristiche fisiche degli stimoli e la nostra sensazione. Studia con metodi fisici delle variabili soggettive e cerca di individuare il rapporto tra grandezze fisiche e grandezze percepite. Definisce relazioni QUANTITATIVE tra gli eventi fisici e psicologici (cioè soggettivi). Dalla risposta del soggetto è possibile stabilire se c’è stata ricezione dello studio (Sensazione). SOGLIA ASSOLUTA: E’ la minor intensità di stimolo necessaria affinché questo sia recepibile. A ogni stimolo seguirà una sensazione solo se esso ha una certa intensità fisica. - Valore sovraliminare (stimoli che riusciamo a cogliere) e infralimimare (stimoli che non riusciamo a cogliere pur presenti) SOGLIE DIFFERENZIALI Uno dei compiti del nostro sistema sensoriale è rilevare le differenze d’intensità tra stimoli. SOGLIA DIFFERENZIALE o DIFFERENZA APPENA PERCETIBILE  E’ la minima quantità di cambiamento nell’intensità di uno stimolo (stimolo standard o SS) necessaria per recepire la differenza rispetto uno stimolo di confronto (SC). La differenza tra i due stimoli (SC-SS) viene indicata come ∆I (differenza intensità) Legge di Weber e Legge di Fechner Legge di Weber (1795-1878) Weber si accorse che la capacità di rilevare la differenza fra due stimoli, non è costante ma è inversamente proporzionale all’intensità fisica dello stimolo di riferimento. Più grande è uno stimolo, maggiore è l’incremento necessario per essere rilevabile. (aspetto adattivo della percezione) Es. rumore stanza rumorosa. Legge di Fechner (1801-1887) la grandezza della sensazione evocata da uno stimolo è proporzionale al numero di JND sopra la soglia assoluta. La relazione tra sensazione e stimolo non è lineare, ma logaritmica, perché a valori fisici più̀ bassi la curva cresce rapidamente, per valori fisici più̀ alti si ha una attenuazione Es. Accendere una candela, 2 oppure 3. Esempi di utilizzo: • in ambito clinico, per la valutazione della funzionalità̀ uditiva • in contesti ingegneristici per tarare la regolazione del “volume” negli apparati per la riproduzione delle musica. FATTORI SOGGETTIVI Questi due modelli della psicofisica classica vengono criticati. Le persone, infatti non sono dei semplici rilevatori, ma soggetti attivi. Nella sensazione entrano quindi in gioco anche altri fattori, ovvero fattori soggettivi : - Legge di Stevens (1957) - Legge dell’adattamento sensoriale (Helson, 1964) - Legge della detenzione del segnale (Green e Swets; 1966) LEGGE DI STEVENS • Legge di Stevens (1957): Chiede ai soggetti di stimare direttamente la grandezza delle loro sensazione: Esempio: se la luminosità del primo quadrato ti evoca una sensazione di 0 allora quella del secondo quadrato che numero ti evoca? Fa assegnare direttamente dei valori numerici agli stimoli! La relazione tra il giudizio sensoriale del soggetto e l’intensità dello stimolo è una funzione di potenza. Secondo Stevens la grandezza soggettiva della sensazione è proporzionale all’intensità dello stimolo elevata a una certa potenza. Quando il valore che un soggetto da è inferiore a 1 (esempio della chiarezza luminosa) la sensazione aumenta sempre più lentamente, all’aumentare dello stimolo. Laddove invece il valore che un soggetto da è superiore a 1 (stimolo doloroso), la sensazione aumenta sempre più velocemente all’aumentare dell’intensità dello stimolo. Teoria della detenzione del segnale Ai soggetti viene chiesto di segnalare la presenza o assenza di uno stimolo rispetto a un rumore di fondo. Il soggetto ha un compito di rilevazione (detezione da “detection”). 4 possibilità di risposta: 1. Hit (il soggetto rileva il segnale che esiste realmente) 2. Falso allarme (il soggetto rileva un segnale, ma in realtà c’è solo rumore di fondo) 3. Omissione (il soggetto non rileva un segnale che esiste) 4. Rifiuto corretto (il soggetto riconosce correttamente che il segnale non esiste) Questo autori sostengono che nello studio del rapporto tra stimolo e sensazione bisogna considerare l’influenza della presa di decisione da parte del soggetto. PERCEZIONE Tre sono le condizioni necessarie perché abbia luogo una percezione (catena psicofisica): 1. un pezzo di mondo che emetta o rifletta qualche tipo di energia ovvero (stimolo distale stimolo percettivo che emana un tipo di energia); E’ lo stimolo percettivo che corrisponde all’oggetto fisico reale (ad es. un tavolo) 2. un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica) che sia in grado di modificare gli organi sensoriali di un essere vivente (stimolo prossimale stimolo captato dai nostri sensi); Stimolo percettivo che arriva ai nostri organi di senso (luce, suono) 3. un sistema di elaborazione decodifichi e interpreti le modificazioni che l’energia ha prodotto negli organi di senso (percetto). L’insieme dei percetti costituisce il nostro mondo mentale, che è diverso dal mondo fisico. L’organizzazione percettiva (o la percezione) è l’integrazione, raccolta di dati da parte del cervello dei segnali raccolti dagli organi recettori grazie alla conoscenza pregressa del mondo per formare una rappresentazione interna di uno stimolo esterno. L’insieme dei percetti costituisce il nostro mondo mentale, che è diverso dal mondo fisico. PRINCIPALI TEORIE SULLA PERCEZIONE 1 Teorie bottom-up (prova a spiegare la percezione partendo dallo stimolo fisico) TEORIA DELLA GESTALT – Padre fondatore Wertheimer, nota anche come scuola di Berlino. Il tutto è il piu’ della somma delle singole parti, non mi focalizzo sulle singole parti ma sull’insieme.  presenti anche i principi/leggi che guidano la nostra percezione dello stimolo: VICINANZA La vicinanza fa si che io possa vedere un unico spazio, inducendo a considerarli come unica figura SOMIGLIANZA vengono unificati elementi simili tra loro. CHIUSURA tendenza ad unire bordi che sono molto vicini l’uno all’altro percepire contorni interrotti, l’occhio percepisce una naturale forma chiusa. BUONA CONTINUAZIONE La mente percepisce una figura unitaria anche quando questa non esiste nella reltà PREGNANZA O BUONA FORMA il nostro occhio tende a dare una spiegazione piu’ probabile e piu’ semplice DESTINO O MOVIMENTO COMUNE Gli elementi che si muovono nella stessa direzione vengono percepiti come appartenenti alla stessa figura. FIGURE E SFONDO: Oltre a formulare i principi di organizzazione percettiva visti, gli psicologi della Gestalt e in particolare Edgar Rubin richiamano l’attenzione sulla nostra tendenza, automatica, a separare qualsiasi scena visiva in figura (l’oggetto che attrae la nostra attenzione) e sfondo (il campo su cui risalta la figura). Nell’osservare una scena visiva, noi tendiamo automaticamente a separare figura e sfondo. Immagine ambigue seguendo i principi gestaltici, le caratteristiche di un’immagine possono essere raggruppate in due diversi modi (inserire l’immagine della vecchia). La percezione della profondità  si sfruttano gli indizi: Dopo i 9 mesi riconoscono meglio le forme in movimento I bimbi riescono a vedere tra tutti i colori il rosso LA PREFERENZA PER I VOLTI: L’abilità di percezione si sviluppa rapidamente entro il primo anno e con la crescita e l’aumento delle esperienze maggiore attenzione a occhi e caratteristiche interne, la bocca. Preferenza per il viso materno sugli altri. I bimbi di 1 anno preferiscono le facce e maschere attraenti rispetto a quelle sgradevoli. I bimbi entro gli 8 mesi riescono a riconoscere meglio i volti e inizieranno a piangere alla vista di volti stranieri. APPRENDIMENTO E’ un processo continuo, basato sull’esperienza che si traduce in un cambiamento relativamente stabile e duraturo. Può avvenire soltanto attraverso l’esperienza: -FASE DI RACCOLTA DI INFORMAZIONE (dipende dalla memoria) -FASE DI AZIONE I cambiamenti duraturi nel comportamento riguarda una certa pratica che si possono mettere in atto soltanto dopo un processo di maturazione biologica e possono essere valutati attraverso l’osservazione di un risultato prestazione. Possono anche essere osservati in modo diretto attraverso l’osservazione di cambiamenti neuronale (plasticità neuronale sinapsi che si modificano con l’esperienza). Per definirlo appreso deve mantenerlo costante nel tempo, l’esperienza è intrinseco all’esperienza degli esseri umani e riusciamo ad apprendere sempre in qualsiasi condizione. ABITUAZIONE Diminuzione della risposta comportamentale (emotiva) in seguito alla ripetuta presentazione dello stimolo. Essa aiuta a concentrare la propria attenzione a eventi nuovi presenti nell’ambiente (perché si riduce lo sforzo impiegato per stimoli già incontrati). SENSIBILIZZAZIONE Aumento della risposta comportamentale o emotiva, spesso legate a esperienze dolorose o negative. Entrambi i concetti ben si adattano alla definizione di apprendimento perché ripetute esperienze a un determinato stimolo portano a un cambiamento costante nella risposta comportamentale. Varie forme di apprendimento: APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO Apprendimento nasce dall’associazione di eventi o stimoli esterni. L’apprendimento è misurato come variazione delle risposte comportamentali dopo una determinata esperienza. 1) Condizionamento classico.  associazione di uno stimolo ad un evento positivo o negativo. E’ una forma di apprendimento in cui uno stimolo (evento) predice il verificarsi di un secondo stimolo (evento). Processo x cui un organismo impara ad associare due stimoli es: fruscio delle foglie e presenza del serpente), in modo tale che l’uno venga a suscitare la reazione che in origine veniva suscitata solo dall’altro. QUINDI E’ UN TIPO DI APPRENDIMENTO IN CUI UNO STIMOLO NEUTRO FINISCE PER CAUSARE UNA RISPOSTA DOPO CHE E’ STATO ACCOMPAGNATO A UNO STIMOLO. Pavlov..\..\Downloads\4.Apprendimento-1.pdf  ESEMPIO. Le caratteristiche di base: Prima del condizionamento, lo stimolo incondizionato (SI) attiva fisiologicamente la risposta incondizionata (RI). Uno stimolo neutro, come un suono, non ha nessuna capacità di attivazione. Durante il condizionamento, lo stimolo neutro è abbinato con lo SI e attraverso questa associazione diventa uno stimolo condizionato (SC) e attiva una risposta condizionata (RC) che è simile alla RI. ACQUISIZIONE: Durante l’acquisizione la forza della RC aumenta rapidamente. ESTINZIONE: Si verifica quando una risposta precedentemente condizionata diminuisce in frequenza e alla fine scompare. RECUPERO SPONTANEO: Ricomparsa di una risposta condizionata estinta dopo un periodo di riposo e senza ulteriore condizionamento. GENERALIZZAZIONE E DISCRIMINAZIONE sono due aspetti dello stesso fenomeno e riguardano la forza della risposta condizionata. GENERALIZZAZIONE è il processo per cui la risposta condizionata si estende a stimoli simili a quello utilizzato durante la fase di acquisizione. DISCRIMINAZIONE la capacità che l’organismo dimostra di distinguere tra stimoli simili ma distinti, capacità che può essere inferita dalla modulazione della forza della risposta condizionata. LA PAURA CONDIZIONATA. Il condizionamento classico non è stato solo studiato sugli animali, ma, purtroppo, anche su di un bambino. E’ il caso del piccolo Albert, un esperimento condotto da Watson e Rayner (1920) Watson riteneva che la stessa procedura di condizionamento potesse essere utilizzata per condizionare non solo risposte fisiologiche di base come la salivazione, ma risposte più sofisticate come per esempio un’emozione di paura. Per dimostrare tutto questo Watson sottopose il piccolo Albert ad una serie di prove. Inizialmente presentò al piccolo Albert una serie di stimoli: un ratto bianco, un coniglio, diverse maschere. Albert non mostrava paura, era anzi incuriosito dagli oggetti. Un giorno tuttavia Watson colpì inaspettatamente una barra di acciaio, producendo un forte rumore che provocò nel piccolo Albert una reazione di paura e pianto. Durante una fase di acquisizione, Watson utilizzo questo stimolo per condizionare la risposta di Albert alla visione del ratto bianco. SI: rumore di un martello contro una barra di acciaio. RI: paura, pianto. SC: ratto bianco. Generalizzazione: la reazione di paura del piccolo Albert si estende a stimoli simili. 2) Condizionamento operante.  comportamento Forma di apprendimento in cui una risposta volontaria viene rinforzata o indebolita a seconda che le sue conseguenze siano favorevoli o sfavorevoli. Differenze dal condizionamento classico: q Non riguarda risposte riflesse (es. Salivazione) ma controllate e volontarie (“operanti”) q Non associazione tra due stimoli ma tra un comportamento dell’individuo e un evento di rinforzo. Induce il soggetto ad agire rispetto allo stimolo: non processo automatico determinato dallo stimolo ma dal rinforzo/punizione. GLI ESPERIMENTI DI THORNDIKE: La gabbia problemi di Thorndike (1898) con leva e distributore di cibo: Il cibo veniva piazzato appena fuori dalla gabbia dove il gatto poteva vederlo. Se il gatto faceva scattare la leva giusta, la porta si apriva. I gatti di Thorndike mostravano inizialmente un comportamento per tentativi ed errori per risolvere il problemi finche col tempo scoprivano la soluzione. Una volta capito (per caso) quale era il comportamento più efficace. Cessavano i comportamenti inefficaci a favore del comportamento efficace. Legge dell’effetto di Thorndike: E’ più probabile che vengano ripetute delle risposte che producono risultati soddisfacenti rispetto a risposte che determinano esiti negativi. Una risposta se seguita da esiti soddisfacenti diventa più probabile, mentre una risposta seguita da conseguenze spiacevoli diventa meno probabile. Si parla di connessione stimolo-risposta (S-R), ovvero la relazione tra il comportamento e le sue conseguenze. Svolgono un ruolo fondamentale nell’imitazione e apprendimento per imitazione. Si traducono in rappresentazione motoria interna un gesto osservato rendendo possibile una sua replica. La teoria dell’apprendimento sociale il soggetto apprendere attraverso l’osservazione del comportamento di un’altra persona. Modellamento: tipo di apprendimento realizzato da un osservatore come risultato di un processo in cui egli osserva il comportamento di un’altra persona detta ‘modello’- Fasi di modellizzazione: ATTENZIONE: Dedicare attenzione al comportamento del modello. RIPETIZIONE: Dobbiamo trattenere quelle informazioni nella memoria in modo da poterle ricordare quando è necessario. RIPRODUZIONE: Dobbiamo essere fisicamente in grado di riprodurre il comportamento del modello o qualcosa di simile. MOTIVAZIONE: Dobbiamo essere motivati a produrre quel comportamento. APPRENDIMENTO SOCIALE: La teoria di Bandura è detta dell’apprendimento sociale perché si fonda sulla identificazione dell’osservatore col modello da imitare. L’apprendimento è efficace quanto più il modello è saliente: - risalta rispetto agli altri - è gradito all’osservatore - l’osservatore percepisce una somiglianza del modello con lui. - il comportamento del modello è rinforzato APPRENDIMENTO DA MODELLI: E’ fondata sull’esperienza di altri, apprendimento economico: risparmio di energie e costi, è veloce, stabile. APPRENDIMENTO E SVILUPPO COGNITIVO E’ l’insieme delle capacità mentali che permettono ad un bambino di comprendere e di interagire con l’ambiente esterno. 1. LA TEORIA DEI 4 STADI DI SVILUPPO COGNITIVO DI J. PIAGET .  Jean Piaget: è sicuramente uno dei più grandi studiosi di psicologia dello sviluppo, uno dei primi a cercare di teorizzare quali fossero e da cosa fossero contraddistinte le varie fasi dello sviluppo cognitivo che caratterizzano il bambino e le sue capacità di apprendere. Piaget inizialmente lavora sviluppando test di intelligenza per bambini e si accorge come bambini della stessa età tendano a incorrere in maniera maggiore in una serie di tipici errori cognitivi che scompaiono nei bambini appartenenti al gruppo d’età successivo. Questo porta Piaget a pensare che il bambino attraversi almeno 4 fasi fondamentali per il suo sviluppo cognitivo, con ogni fase che è contraddistinta da errori cognitivi tipici e da nuove acquisizioni: nasce cosi la teoria dei 4 stadi di sviluppo cognitivo. STADIO SENSO-MOTORIO (Nascita-2 anni) il Bambino inizia a “studiare” il mondo attraverso la percezione ed il movimento (occhi, bocca, dita), quindi usa le sue abilità motorie e percettive per conoscere l’ambiente in cui è inserito. Primi accenni di intenzionalità nei gesti (compare il pointing puntare con il dito). Primi schemi mentali “grezzi” sul funzionamento del mondo à “se voglio un oggetto, posso afferrarlo e portarlo verso di me”. Il bambino inizia a costruirsi degli schemi mentali, ovvero delle “teorie su come funzioni il mondo”. LIMITI COGNITIVI: Secondo Piaget, i primi schemi mentali del bambino non sembrano presupporre una conoscenza e comprensione elementare del mondo fisico: un esempio palese sembrerebbe essere la mancata concezione da parte del bambino che se un qualsiasi oggetto esce dal suo campo visivo questo oggetto non cessa di esistere ma semplicemente non è più visibile. NO permanenza degli oggetti: il primo stadio è caratterizzato dall’idea di impermanenza degli oggetti, ovvero se l’oggetto sparisce dalla vista del bambino, l’oggetto cessa di esistere. STADIO PRE-OPERATORIO (2-6 anni) Comparsa delle prime rappresentazioni mentali e simboliche: entità che ne rappresenta un’altra. Gioco simbolico/decontestualizzazione (scopa/cavallo) 2. Imitazione differita anche in assenza del soggetto o oggetto che ha prodotto quella determinata azione. L’imitazione è il risultato di una sempre più crescente capacità del bambino di formare rappresentazioni mentali su azioni e comportamenti degli individui attorno a lui. 3. Il pensiero simbolico favorisce anche la comparsa del linguaggio (permette di riferirsi al passato, futuro o a oggetti non presenti in quel momento). LIMITI COGNITIVI Egocentrismo intellettuale: il bambino non riesce a concepire che esistano punti di vista differenti dal suo e che altre persone abbiano pensieri, emozioni, conoscenze diverse dai suoi. Ad esempio, non si preoccupa di adattare il suo linguaggio alle esigenze dell’interlocutore. Test delle tre montagne di Piaget: Si presenta al bambino un modellino con tre montagne e gli si chiede come queste montagne vengano viste dalla bambola posta in un punto diverso. In questo stadio il bambino dirà che la scena vista dalla bambola è uguale a come la vede lui (teoria della mente) STADIO DELLE OPERAZIONI CONCRETE (6-12 anni) Inizio del pensiero logico ma solo per oggetti fisici, pensiero meno concentrato sull’egoismo. Questo stadio è caratterizzato dall’uso delle operazioni mentali reversibili: tali operazioni, però, sono ancora concrete, applicabili a ciò che è qui e ora. Grazie a queste operazioni, il bambino comprende che ad ogni operazione, mentale o fisica, corrisponde un’operazione inversa, tale per cui è possibile tornare al punto di partenza. Ha così inizio il pensiero logico e le azioni mentali si coordinano le une con le altre. Il pensiero è meno egocentrico, anche se per il bambino è ancora difficile assumere la prospettiva altrui. STADIO DELLE OPERAZIONI FORMALI Ragionamento astratto es amore, libertà, democrazia. Terminato il periodo delle operazioni concrete, inizia quello detto delle operazioni formali: il bambino ormai è in grado di ragionare tranquillamente su temi astratti come l’amore, la libertà. Viene realizzato e compreso dunque che la mente contiene rappresentazioni mentali che non per forza appartengono al mondo fisico e che è possibile ragionare e fare discorsi anche attraverso astrazioni, non solo su elementi oggettivi appartenenti al mondo fisico degli oggetti. CRITICHE A PIAGETNegli ultimi anni è stato osservato come le affermazioni di Piaget possano essere rivedute perlomeno su due fronti diversi: Piaget vede lo sviluppo come un processo fatto a fasi separate, ma non sembrerebbe più così. Ad esempio bambini che si trovano in un periodo di transizione tra una fase e l’altra a volte tendono a comportarsi come ancora appartenenti ad una fase, altre come se fossero già entrati nella fase successiva. Lo sviluppo cognitivo sembra progredire gradualmente lungo un continuum temporale (e non a fasi predefinite) 2. Recenti studi dimostrano come determinate capacità siano acquisite molto prima rispetto all’età indicata da Piaget (ad es. la permanenza oggetti: è stato visto che già a 4-5 mesi, e la anche la teoria della mente compare prima). 2. SVILUPPO COGNITIVO SECONDO LEV VYGOTSKIJ. Un altro importante studioso dello sviluppo cognitivo umano è Vigotsky la cui teoria differisce in molti punti rispetto a quella di Piaget. L'idea centrale della prospettiva di Vygotskij è che lo sviluppo della psiche è guidato e influenzato dal contesto sociale, quindi dalla cultura del particolare luogo e momento storico in cui l'individuo si trova a vivere e che provoca quindi delle stimolazioni nel bambino che si sviluppa tramite "strumenti” culturali (come il linguaggio) che l'ambiente mette a disposizione. 1. Sviluppo cognitivo è dato principalmente dalle interazioni del bambino con le persone della propria cultura (Piaget: interazione con oggetti) 2. Ruolo importante degli strumenti culturali (lingua e strumenti di calcolo): permettono al bambino di avere ed esprimere i propri pensieri. Il salto qualitativamente superiore delle abilità cognitive avviene secondo Vygotskij tramite età stabili ed età critiche, la relazione fra queste consente lo sviluppo cognitivo. Età stabili: periodi di vita con cambiamenti minimi ma che con l’accumularsi portano alla creazione di età critiche che consentono il passaggio allo stadio successivo. Età critiche: quando i cambiamenti si sono accumulati, si creano età critiche che permettono salto di qualità nelle abilità cognitive. Queste crisi sono importanti perché se superate correttamente garantiscono uno sviluppo cognitivo corretto nel bambino. Lo sviluppo viene esaminato a 3 livelli: • IL LIVELLO CULTURALE Vygotskij ritiene che la cultura nella quale cresce il bambino e gli strumenti culturali, come ad esempio il sistema di calcolo e la lingua, esercitino un’influenza chiara e forte sullo suo sviluppo cognitivo. Gli strumenti culturali (o artefatti) sono: • sviluppati da ogni società • aiutano ad adattarsi alla realtà • sono tramandati da una generazione alla successiva. Si distinguono 2 tipi di strumenti culturali: • strumenti materiali o tecnologici, es. computer • strumenti concettuali o psicologici, es. linguaggio • IL LIVELLO INTERPERSONALE Secondo V. lo sviluppo cognitivo è il risultato delle interazioni con altre persone più competenti. Caratteristica della natura umana è nel bambino la capacità di sfruttare l’aiuto e l’insegnamento, e nell’adulto di offrire aiuto e insegnamento. Viene cosi introdotto il concetto di: La zona di sviluppo prossimale (ZSP) è la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale che può essere raggiunto grazie all'aiuto di altre persone. E’ un concetto fondamentale che serve a spiegare come l'apprendimento del bambino si svolga con l'aiuto degli altri. a qualsiasi età, previa acquisizione delle capacità comunicative (attenzione condivisa, linguaggio), il bambino può acquisire una ampia gamma di abilità, a seconda delle interazioni con gli adulti (insegnanti, genitori, gruppo dei pari). Infatti, Vygotskij, diversamente da Piaget sostiene che il bambino impara da coloro che si trovano ad un livello di conoscenza superiore • IL LIVELLO INDIVIDUALE V. ha visione costruttivistica dello sviluppo. Il bambino è attivo nello sviluppo delle proprie conoscenze, ma non è solo in questa impresa. Il suo sviluppo ha luogo come risultato delle interazioni con altre persone più competenti (Costruttivismo sociale o socio- costruttivismo). Le interazioni sociali formano il contesto primario nel quale il bambino viene avviato alle modalità di pensiero più mature presenti in ogni società. c. Livello individuale Di conseguenza le capacità superiori compaiono prima nell’interazione con gli altri e poi vengono interiorizzate e compaiono a livello intra-individuale. Come Piaget, il bambino di Vygotskij è considerato attivo costruttore nell’ambiente: -Piaget: ambiente fisico § Vygotskij ambiente sociale, inteso sia come cultura che interazioni. MEMORIA Il pesciolino Dory soffre di amnesia anterograde. Questo è un disturbo della memoria a breve termine, che non comporta una perdita di memoria di ricordi passati, ma solo della capacità di immagazzinare nuove informazioni. Il caso di Kricktitt Carpenter (storia vera, rappresentata nel film «La memoria del cuore») è una caso amnesia retrograda è un tipo di amnesia (disturbo della memoria a lungo termine) a causa del quale il paziente non riesce a ricordare gli eventi avvenuti antecedentemente al momento in cui si è manifestato il disturbo. COSA E’ LA MEMORIA? E’ la capacità di immagazzinare informazioni e di recuperarle nel tempo. E’ composta da una serie di processi che ci permette di registrare, archiviare e poi recuperare informazioni ed esperienze. MEMORIA COME PROCESSO La memoria è un sistema di elaborazione con cui codifichiamo, immagazziniamo e recuperiamo informazioni. La memoria non è semplicemente un dispositivo passivo di registrazione, è un processo cognitivo attivo in continua trasformazione. I processi mnestici sono tre: 1. Codifica: trasformazione in ricordo dell’informazione in entrata (creazione della traccia mnestica). E’ il processo iniziale dell’elaborazione di un’informazione e porta a un rappresentazione mentale. E’ una rappresentazione interna, che rappresenta un oggetto o un evento. Esse contiene quindi le informazioni salienti di quel determinato oggetto o evento per poter rievocare il ricordo (es. viaggio). La memoria non è un dispositivo di registrazione che fa copie esatte dell’informazione che capta tramite i nostri sensi. Noi costruiamo i ricordi combinando insieme informazioni che già abbiamo nel nostro cervello con informazioni nuove. I ricordi sono quindi costruzioni, e non registrazioni. La («gatto») è preceduta da una parola che rientrava nella stessa categoria (es. «cane»), i TR erano sono più brevi. Questa facilitazione è stata definita priming (semantico) Le leggi di Ebbinghaus La curva dell'oblio: la memoria dei dati appresi in una determinata sessione diminuisce con il passare delle ore e dei giorni. L'oblio è più marcato nelle prime ore e meno dopo un certo numero di ore. L'effetto del super-apprendimento: aumentando il numero di ripetizioni la memorizzazione cresce; v L'apprendimento massivo e distributivo: distribuire il carico di apprendimento su più sessioni rende la memorizzazione più facile che tentare di apprendere tutto in una sola volta. Per ricordare meglio, bisogna suddividere l'apprendimento in più sedute distanziate; l'effetto seriale: la posizione delle sillabe è importante ai fini della memorizzazione. Le prime e le ultime sillabe di una lista, si ricordano più facilmente di quelle di mezzo. L’oblio: altri fattori • Blocco: incapacità temporanea di recuperare l’informazione. E’ l’errore mnestico più conosciuto ed è caratterizzato dall’incapacità di recuperare informazioni disponibili in memoria ma non accessibili anche in presenza di un indizio che normalmente ne attiverebbe il ricordo. Quest’incapacità è accompagnata dalla sensazione di essere sul punto di ricordarla. Il famoso fenomeno “della parola sulla punta della lingua”. •Attribuzioni erronee di memoria: attribuire il ricordo ad una fonte sbagliata. E’ una problema dei testimoni oculari (es. caso di Donald Thomson) •Suggestionabilità: E’ la tendenza ad incorporare nei propri ricordi personali informazioni fuorvianti che provengono da fonti esterne. Si verifica in presenza di suggerimenti specifici (es. domande fuorvianti). Serio problema in sede processuale I disturbi della memoria Amnesia: Perdita della memoria in assenza di altre difficoltà mentali. Si distingue tra: -Amnesia retrograda, ovvero la perdita della memoria di eventi accaduti prima di un certo avvenimento. E amnesia anterograda, ovvero la perdita della memoria di eventi accaduti dopo il verificarsi di una lesione. -Morbo di Alzheimer: Malattia degenerativa che comprende, nella sua sintomatologia, gravi problemi di memoria. Manifestano problemi di memoria per eventi recenti, ma la memoria per eventi passati rimane intatta per diversi anni. -Sindrome di Korsakoff: Malattia generalmente associata ad alcolismo. Anch’essi presentano un’amnesia anterograda mentre la maggior parte dei casi la memoria implicita e semantica sembrano essere conservate. -La amnesia retrograda lo troviamo più spesso in associazione con trauma cranico o ictus. Le basi biologiche della memoria Il paziente HM: Questo paziente soffriva di una grave forma di epilessia e l’origine di queste crisi erano nel lobo temporale mediale. Questa parte contiene sia l’ippocampo che l’amigdala e gli furono esportati chirurgicamente (nel 1953). Dopo l’intervento diventò amnestico e non fu più in grado di ricordare gli avvenimenti successivi all’intervento. Il paziente RB: Questo paziente in seguito a un episodio ischemico riporta anch’esso una grave amnesia anterograda e una amnesia retrograda (di 1-2 anni). La parte lesa era l’ippocampo. L’ippocampo fondamentale per il consolidamento della memoria risiede nel lobo temporale mediale. Questa struttura ripiegata ricorda un cavallo marino, da cui prende il nome. Le basi biologiche della memoria e l’influenza delle emozioni. L’amigdala situata vicino all’ippocampo, è deputata al riconoscimento dell’emozione e dell’arousal emozionale. I pazienti con una lesione all’amigdala non ricordano eventi emozionalmente più coinvolgenti (mentre ricordano ricordi che non lo sono). Risulta invece iperattiva nei pazienti con PTSD. COGNIZIONE SOCIALE ED EMOZIONI L’uomo è un animale eminentemente sociale la cui vita dipende dalla capacità di capire cosa fanno gli altri, attraverso la comprensione delle intenzioni e l’interpretazione dei sentimenti. Senza questa capacità gli esseri umani non riuscirebbero a interagire gli uni con gli altri, né tanto meno a creare forme di convivenza sociale. COGNIZIONE SOCIALE  Le cognizioni sociale è l’insieme dei processi mentali attraverso i quali un individuo giunge a comprendere il comportamento, le azioni, le intenzioni e e le emozioni di un altro individuo. DUE SONO I MECCANISMI NEUROBIOLOGICI CHE CI AIUTANO A COMPRENDERE IL COMPORTAMENTO ALTRUI: 1. IL MECCANISMO DEI NEURONI SPECCHIO 2. LA TEORIA DELLA MENTE IL SISTEMA MIRROR L’ipotesi è che i neuroni specchio contribuiscono a creare una rappresentazione interna dell’azione o dell’emozione altrui attraverso un processo di simulazione. I neuroni specchio favoriscono una comprensione diretta e implicita del significato delle azioni altrui. COMPRENSIONE DELL’ALTRO IN SIMULTANEA Il sistema dei neuroni specchio rappresenta un ponte tra percezione (osservazione) e azione favorendo la simulazione nel nostro corpo delle esperienze e stati dell’altro. Immediatezza anche delle emozioni, senza ragionamento. Oltre alla capacità di capire un’azione osservando un movimento, gli esseri umani riescono anche a predire il comportamento altrui attribuendo stati mentali all’altro (desideri, intenzioni, bisogni, credenze). Teoria della mente (ToM)  L’abilità di spiegare e predire il comportamento altrui attraverso l’attribuzione di stati mentali indipendenti dai propri.  intenzioni, desideri, credenze FUNZIONI DELLA TEORIA DELLA MENTE  Spiegare e dare senso ad un comportamento.  Predire comportamenti altrui.  Riconoscere credenze, conoscenze e desideri in altre persone.  Poter cooperare, ingannare, negoziare con gli altri. PRECURSORI DELLA TEORIA DELLA MENTE La Sviluppo della ToM non è un processo tutto-nulla, ed è possibile individuare delle tappe salienti (precursori) che portano a un pieno sviluppo della ToM. Le varie tappe: Distinguere tra oggetti animati e non animati (6 mesi), Attenzione condivisa e gesto di indicare proto-dichiarativo (6-12 mesi), Imitazione e Gioco di finzione/simbolico (14-18 mesi), Lessico psicologico, ovvero capacità dei bimbi di parlare di stati interni (“penso che…”) (24 mesi). Entrambi i meccanismi, Mirror e ToM sono responsabili di uno sviluppo disfunzionale delle capacità sociali nell’autismo. MENTE INATTIVA NELL’AUTISMO L‘Autismo è un disturbo dello sviluppo, caratterizzato dalla mancanza d’attenzione implicita a stimoli socialmente rilevanti. Pazienti con autismo mostrano una difficoltà a dirigere il loro sguardo (o a prestare attenzione) ad aspetti rilevanti per l’interazione sociale (concentrandosi su altro) impedendo di fare esperienze adeguate nelle situazioni interattive.LE EMOZIONI Le emozioni di base sono: felicità, paura, rabbia, sorpresa, disgusto, tristezza. Che cos’è un emozione? 1) La sensazione soggettiva di coinvolgimento positivo o negativo che proviamo nei confronti di un particolare oggetto (evento, persona, etc. etc.) 2) Un’esperienza positiva o negativa associata ad un particolare quadro dell’attività fisiologica 3) Un cambiamento fisiologico e cognitivo rivolto all’azione 4) Stato o vissuto personale che comporta un quadro di reazioni cognitive, fisiologiche e comportamentali agli eventi Sono una predisposizione innata di reagire a determinati stimoli interni ed esterni con un cambiamento fisiologico (es. respiro) e comportamentale (es. attacco-fuga). Distinguiamo tra: Emozioni primarie o di base (felicità, paura, rabbia, sorpresa, disgusto, tristezza). Sono innate e presenti in ogni popolazione (universali). luogo ad una risposta corporea. Attraverso la via lenta, dal talamo l’informazione è inviata alla corteccia, dove riceve una valutazione cognitiva lenta e completa, che modula l’attivazione dell’amigdala, facilitando o inibendo l’attivazione dell’amigdala e quindi la produzione di una risposta corporea. La regolazione delle emozioni Riconsiderazione cognitiva (re-appraisal): Essa rappresenta la strategia cognitiva più efficace: modificare la propria esperienza emozionale cambiando il significato dello stimolo che ha scatenato quell’emozione. E’ lo stesso meccanismo su cui si basa la psicoterapia: la regolazione delle emozioni si basa su un nuovo modo di affrontare e valutare quello che ci accade. La regolazione delle emozioni è il processo che ci consente di regolare le esperienze emotive ed è fondamentale per il benessere dell’individuo; Il processo di regolazione delle emozioni esprime il grado di adattività degli individui Possiamo usarla anche quando proviamo una determinata emozione in un determinato contesto e si viene a creare una situazione instabile, cerchiamo di modulare l’esperienza emotiva in modo tale da renderla coerente al contesto; Esempio «Esame, domanda non coerente con il programma, venite bocciati». Cosa provate e cosa fate? LE PERSONE CON AUTISMO SENTONO LE EMOZIONI? Nell’Autismo, la non capacità di stabilire un contatto affettivo con un'altra persona è indicato, fin dalla prima descrizione di Kanner (1943), come un sintomo caratteristico di questa sindrome. EMOTION RECOGNITION TRAINING Alcuni studi hanno dimostrato che è possibile accrescere la consapevolezza emotiva in pazienti con autismo attraverso dei training specifici. Si tratta solitamente di programmi di intervento computerizzati che stimolano i pazienti a esplorare ed esternare le proprie emozioni, cosi come a riconoscere le emozioni altrui. Il PC e la realtà virtuale sono uno strumento di apprendimento preferenziale per questi pazienti. La letteratura riporta L’ Emotiplay (Fridenson-Hayo et al. 2017) E’ un serious game finalizzato a potenziare le capacità di riconoscere le emozioni in bambini con autismo fra i sei e i nove anni. L’approccio è quello di usare un intervento creato all’interno di una storia, per offrire agli utenti un’esperienza che deve essere educativa ma anche divertente, per motivare i bampotenbini a “giocarci” Storytelling: Produrre una propria storia accrescere le proprie capacità di teoria delle e il senso empatico. Prevedere anche delle attività di training collettivo con partecipanti non autistici. Training personalizzato: l’utente ha la possibilità di scegliere tra diverse opzioni e può cosi personalizzare e creare un propria storia La storyline di Emotiplay si sviluppa nella giungla, dove l’utente ha il ruolo di esploratore. L’avatar- esploratore può essere personalizzato L’esploratore fa parte di una ricerca internazionale: la caccia alle emozioni. Lo scopo è scoprire il più alto numero possibile di emozioni e comportamenti umani. C’è un maestro che di volta in volta presenta al bimbo una emozione nuova insegnandogli le regole per riconoscerla nel volto. E’ composto da quattro unità: Fase introduttiva, spiega al partecipante che cosa sono le emozioni; Presentazione delle emozioni di base (felicità, tristezza, paura, rabbia e disgusto); Questa è dedicata alle emozioni di secondo livello (interesse, noia, vergogna e orgoglio); In questa fase si fanno conoscere qualità sociali caratterizzanti le relazioni interpersonali (gentilezza e scortesia). I risultati mostrano che otto settimane di Emotiplay migliorano notevolmente le performance dei partecipanti nei compiti di riconoscimento delle emozioni e portano a una riduzione generale della sintomatologia autistica. Il Frankfurt Test and Training of Facial Affect Recognition (FEFA) (Boelte et al., 2002) L’ Emotion Trainer (Silver e Oakes, 2001) Mind Reading (Tanaka et al., 2010) LO SVILUPPO EMOTIVO E SOCIALE L’attaccamento Tra le tante caratteristiche che differenziano la specie umana dalle altre specie animali c’è sicuramente quella del lungo periodo di allevamento: i bambini non sono in grado di sopravvivere senza qualcuno che si prenda cura di loro. Il caregiver umano, colui che si prende cura del bambino, non è solo colui che offre al bambino cibo e protezione ma anche e soprattutto i primi contatti ed interazioni sociali. Queste prime interazioni sociali tra il caregiver e il bambino prendono il nome di attaccamento. La teoria dell’attaccamento  Uno dei primi studiosi ad occuparsene è stato John Bowlby, uno psicologo britannico che ha elaborato la teoria dell’attaccamento, interessandosi particolarmente agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino. Secondo Bowlby, i neonati hanno bisogni primari identici mettono in atto alcuni comportamenti per richiamare a loro il caregiver (pianto, sorriso…) per prendersi cura di loro. Caregiver primario Inizialmente, i bambini emettono questi richiami (pianto) indistintamente, verso chiunque sia in grado di accoglierli ma ben presto cominciano a rivolgere in maniera quasi esclusiva questi richiami verso quella persona che risponde meglio, più volte ed in maniera più accurata. Solitamente, ma non sempre, si tratta della madre che prende il nome di caregiver primario, ovvero il centro affettivo della vita del bambino. Caregiver primario: figura affettiva primaria del bambino, funge da “base sicura”, risponde prontamente e adeguatamente alle richieste del bambino  in sua assenza il bambino si dimostra timoroso, ansioso, costantemente alla ricerca del caregiver e di mezzi per poter ridurre questa distanza. Secondo Bowlby, la ricerca del caregiver primario è un riflesso sociale evoluzionistico del bambino Bambino è predisposto biologicamente a sviluppare un legame affettivo col caregiver Questo legame prende il nome di attaccamento. Data l’importanza dell’attaccamento, non stupisce assolutamente che i bambini che vengono privati della possibilità di sviluppare un legame di attaccamento sicuro verso un caregiver, soffrano di vari deficit della sfera affettiva e relazionale. Inoltre, anche quando si stabilisce un legame di attaccamento tra caregiver e bambino, non sempre questo legame risulta essere riuscito e sicuro. Strange Situation Test  valuta che tipo di attaccamento esiste tra la diade madre-bambino, un test puramente comportamentale che misura il tipo di legame e lo stile di attaccamento che si crea tra caregiver e bambino. Test comportamentale che misura il tipo di legame e lo stile di attaccamento tra caregiver e bambino. Caregiver e neonato entrano nella stanza Esplorazione della stanza da parte del neonato Entra lo sperimentatore  Caregiver lascia la stanza (abbandono) Caregiver rientra (ricongiungimento) I due aspetti principali che valuta questo test sono le reazioni del bambino durante l’abbandono e durante il ricongiungimento. Tipi diversi di attaccamento Attaccamento sicuro (tipo A)  : il caregiver viene considerato come una base sicura che permette l’esplorazione dell’ambiente. Abbandono: lieve stress; ricongiungimento: bambino solitamente corre verso la madre sorridendo; Attaccamento evitante (tipo B)  Abbandono: nessuno stress; ricongiungimento: bambino non accoglie in nessun modo la madre; Attaccamento ambivalente (tipo C) Abbandono: forte stress; ricongiungimento: bambino continua ad essere stressato, piange, urla, si contorce e fa di tutto per “scappare” dal caregiver; Attaccamento disorganizzato (tipo D) No modello di risposta. Abbandono: nessuno stress o forte stress; ricongiungimento: bambino accoglie o non accoglie in nessun modo la madre, con reazioni contraddittorie. La teoria dell’attaccamento e i modelli operativi interni La capacità di attaccamento è innato, ma lo stile e la qualità dell’attaccamento è ovviamente influenzato dalla relazione e dalle interazioni tra la diade caregiver bambino: il tipo di risposta che il caregiver fornisce alle richieste del bambino, porta quest’ultimo a costruirsi uno schema mentale relazionale e viene detto modello operativo interno. Modello operativo interno: schema mentale/aspettativa circa il modo in cui il caregiver risponderà alle richieste del bambino. Ad ogni stile di attaccamento sembra corrispondere un modello operativo interno diverso. Ad esempio: i bambini con attaccamento (sicuro) A sembrano essere sicuri che il caregiver risponderà adeguatamente alle loro richieste. i bambini con attaccamento (evitante) B sono sicuri che non risponderà, quelli di tipo (ambivalente) C non sanno se il caregiver risponderà o meno, i bambini di tipo (disorganizzato) D sono confusi riguardo alla figura di attaccamento Modello operativo interno del bambino è influenzato da due fattori: Temperamento del bambino Comportamento di risposta del caregiver in base all’interpretazione dello stato emotivo del bambino Tende ad essere mantenuto nel tempo ed applicato alle successive interazioni sociali del bambino: •Insegnanti • Gruppo dei pari/amici • Relazioni Influenza del tipo di attaccamento Le caratteristiche della personalità: autostima, conoscenza di sé, entusiasmo, capacità di recupero. Le relazioni interpersonali (socievolezza, cordialità) Gli aspetti emotivi (capacità di regolare le proprie emozioni ed affetti) Gli aspetti cognitivi: capacità di conoscere esplorare, essere curioso. sono individuali e possono essere somministrati a un solo individuo per volta. Esistono molti test di gruppo, scritti, che possono essere somministrati a più individui contemporaneamente. TEST DI PROFITTO E DI ATTITUDINE Non esistono solo test di intelligenza, ma anche test che mirano a valutare fenomeni diversi: ● Test di profitto: test ideato per determinare il livello di conoscenza di un individuo in un’area specifica ● Test attitudinale: test progettato per predire l’abilità di una persona in una particolare area o campo di lavoro ATTENDIBILITÀ E VALIDITÀ DEI TEST Un test è utile se fornisce misurazioni coerenti e un indice di coerenza è l’attendibilità alla riapplicazione, ovvero il grado in cui ci si può aspettare che una persona sottoposta a un test più di una volta ottenga lo stesso punteggio. Non basta però che un test sia attendibile per essere utile, ma occorre anche che sia valido, ciò avviene quando misura quello che deve misurare. Oltre a queste due caratteristiche, un test deve essere anche standardizzato, ovvero implicare una uniformità di procedura nella somministrazione e nella determinazione del punteggio relativo. DEFINIRE GLI ESTREMI DELL’INTELLIGENZA IL RITARDO MENTALE Ritardo mentale: disturbo caratterizzato da significative limitazioni sia delle funzionalità intellettuali sia del comportamento di adattamento che coinvolge abilità concettuali, sociali e pratiche. Esistono grandi differenze all’interno della categoria di coloro che vengono definiti con ritardo mentale. Questo termine, molto generico, è stato proposto dall’American Association on Intellectual and Developmental Disabilities. La generalizzazione del termine è data in quanto è possibile definire con facilità un QI basso, ma più difficile definire le modalità di definizione delle insufficienze in aree di adattamento specifiche. Ci sono quindi varie tipologie di ritardo: ● Ritardo mentale mite: ne fanno parte gli individui che ottengono risultati tra i 55 e i 69 in test di QI. Il loro sviluppo è più lento di quello degli altri coetanei e sono in grado di condurre una vita indipendente ● Ritardo mentale moderato: ne fanno parte gli individui che ottengono tra i 40 e i 54 in test di QI. Le mancanze di questi individui si sviluppano piuttosto presto e hanno capacità linguistiche e motorie minori rispetto ai loro coetanei. Possono svolgere lavori semplici ma devono essere supervisionati per tutta la vita ● Ritardo mentale grave: tra i 25 e i 39 di QI. Per questi individui non esiste la possibilità di vivere in modo indipendente ed è necessaria un’assistenza specifica ● Ritardo mentale profondo: al di sotto dei 25 di QI. Per questi individui non esiste la possibilità di vivere in modo indipendente ed è necessaria un’assistenza specifica IDENTIFICARE LE CAUSE DEL RITARDO MENTALE Le cause del ritardo mentale possono essere diverse: ● Cause di tipo biologico o anomalie nella struttura del cromosoma: esse dipendono da fattori biologici e sono riscontrabili in quasi un terzo dei casi: ○ Sindrome di Down: causa biologica più comune. Presenza di un cromosoma 21 in più ○ Sindrome fetale da alcol: si sviluppa nel bambino la cui madre abbia assunto alcol durante la gravidanza ● Complicazioni durante il parto: una temporanea mancanza di ossigeno può causare ritardi mentali ● Cause post-nascita: il ritardo si presenta dopo la nascita e può essere causato da ferite, ictus o alcune infezioni come la meningite ● Ritardo familiare: casi in cui c’è una mancanza di evidenza di deficit biologico ma vi è una storia di ritardo nella famiglia. In questi individui non si riesce a determinare se il ritardo sia dato da fattori ambientali, come la malnutrizione, o dipenda invece da un fattore genetico. SOGGETTI DOTATI DI UNA PARTICOLARE INTELLIGENZA I soggetti intellettualmente dotati sono tra il 2 e il 4% della popolazione e hanno un QI che supera i 130 punti. Essi sono generalmente più sani, più alti, più forti e ottengono risultati migliori a scuola. Hanno inoltre una maggiore soddisfazione nella vita. Il pregiudizio che i soggetti intellettualmente dotati siano timidi e strani viene sviato da uno studio degli anni ‘20 del ‘900 dello psicologo Terman in cui ha seguito 1500 bambini con QI più alto di 140 per 60 anni. Naturalmente non tutti i membri del gruppo ebbero successo. Inoltre, una buona intelligenza non è una qualità omogenea, in quanto un soggetto con un QI altro potrebbe eccellere solo in alcuni campi e non tutti. DIFFERENZE INDIVIDUALI DI INTELLIGENZA: CAUSE EREDITARIE E CAUSE AMBIENTALI Contesto ed esperienza di una persona sono potenziali fattori di influenza sul risultato di un test di QI. È stato dimostrato che gruppi culturali ed etnici specifici raggiungono solitamente risultati più bassi in test ideati da una determinata cultura. LA RELATIVITÀ DELL’INFLUENZA GENETICA E AMBIENTALE: NATURA, EDUCAZIONE E QI Test di QI culturalmente equo: test che non sia inficiato da elementi culturali. Ogni cultura ha infatti il suo modo di ragionare ed organizzare, oltre a oggetti con cui ha più o meno familiarità rispetto alle altre. Per questo è difficile costruire un test corretto. Gli psicologi si sono a lungo interrogati sullo stabilire quanto contribuiscono i fattori genetici e l’ambiente nel determinare l’intelligenza INTELLIGENZA ED EREDITABILITÀ  Ereditabilità: la misura del grado in cui una caratteristica è legata a fattori genetici, ereditari. Non esiste alcuna prova per affermare che fattori genetici determinino differenze di intelligenza riconducibili all’appartenenza a una determinata etnia. I test del QI inoltre sono specifici per individui, non per gruppi. LA CATEGORIZZAZIONE La categorizzazione serve a semplificare le informazioni che la percezione fornisce al pensiero ed è indispensabile poiché il sistema cognitivo ha una capacità limitata. (ricondurre un esemplare a un concetto- il concetto ci aiuta a classificare nuovi oggetti sulla base delle esperienze passate.) Concetti sono categorie di oggetti, eventi o persone con caratteristiche comuni tra loro, attraverso questo riusciamo a organizzare fenomeni complessi in forme piu’ semplici. Ha 3 funzioni: SEMPLIFICARE IL FLUSSO PERCETTIVO riconoscere una configurazione percettiva come esemplare di una categoria conosciuta. Riconoscere il pattern percettivo di una categoria consente di stabilire una continuità tra l’esperienza passata, futura e presente. FUNZIONE INFERENZIALE assegniamo a un oggetto molte delle caratteristiche del concetto a cui appartiene. ORIENTARE IL NOSTRO COMPORTAMENTO il concetto ci aiuta a comprendere e pensare meglio il mondo in cui viviamo. Ad esempio, cambia il comportamento e la sua comprensione se io accarezzo un cane o un lupo. IL CONCETTO DI CONCETTO: LE TEORIE Secondo il punto di vista della logica, può essere descritto dall’insieme delle Caratteristiche Necessarie e sufficienti, assumere un concetto scomponibile in un insieme di CNS implica che: In questa teoria ci sono 4 criteri: - Criterio di necessità: nessun tratto può venire cancellato - Criterio di sufficienza: nessun tratto può essere aggiunto - Criterio di non-gerarchia: la lista è priva di un ordine gerarchico - Confini di delimitazione netta: la definizione di un concetto non è mai graduale PROTOTIPO l’esemplare di categoria che presentano il numero maggiore di caratteristiche proprie di categoria e il numero minore di caratteristiche di membri di altre classi. TASSONOMIE E PROTOTIPI Categorizzazione: processo mediante il quale l’individuo seleziona e organizza il flusso dell’esperienza in modo da gestire e ridurre l’enorme variabilità. Questa teoria si oppone alla teoria classica (vede i concetti come unità stabili, definibili a priori) in quanto vede il concetto come qualcosa di mai definito e probabilistico. Rosch propone una concezione tassonomica e probabilistica teorizzando la nozione di categoria. L’organizzazione in categorie si basa su due principi complementari: Economia cognitiva: semplificare la realtà categorizzandola focalizzando l’attenzione sui dati più frequenti. Struttura del mondo percepito: gli oggetti vengono percepiti come dotati di una struttura correlazionale. I sistemi categoriali che possiamo costruire hanno dimensione orizzontale e verticale: Dimensione orizzontale: riguarda la strutturazione interna delle categorie. Esse sono organizzate attorno a un prototipo: l’esemplare di una categoria che presenta il numero maggiore di caratteristiche proprie di quella categoria e il numero minore di caratteristiche di membri di altre classi I confini delle categorie sono quindi sfumati. Dimensione verticale: è riferita al livello di inclusione nella categoria e si centra dunque su una strutturazione intercategoriale. Essa si basa su tre livelli: 1. Livello di base: i cui membri condividono il maggior numero di attributi distintivi del prototipo 2. Livello superordinato: i cui membri condividono soltanto pochi attributi. Questo livello corrisponde al livello di classe 3. Livello subordinato: i cui membri condividono le caratteristiche del livello di base ma se ne differenziano per attributi più specifici. Rosch descrive il livello base come il più sfruttato poiché fornisce la decodifica della forma e della funzione degli oggetti. La priorità cognitiva assegnata a questo livello si basa su una serie di criteri: ● Criteri percettivi e morfologici: primo livello di astrazione in cui gli oggetti si raggruppano intorno a una singola immagine mentale che riflette l’intera categoria. ● Criteri funzionali: gli oggetti di base rimandano ad atti intenzionali, a sequenze di azioni o programmi motori unitari pensati ed eseguiti dal soggetto nell’ambiente contestuale ove gli oggetti sono collocati (es: tutte le sedie sono oggetti su cui mi siedo eseguendo la stessa sequenza di azioni) ● Criteri linguistici e comunicativi: i termini tendono ad essere i più corti e sono più comunemente usati ● Criteri informativi: il livello di base è il più informativo in quanto possiede il più alto numero di attributi significativi in comune tra gli oggetti. CATEGORIZZAZIONE TEMATICA O SITUATA: organizzazione in categorie schematiche cioè legata a contesti e situazioni specifiche. TEORIA EMBODIED teoria secondo la quale la rappresentazione dei concetti è collegata all’esperienza percettiva e motoria dell’individuo., i concetti sono basati sulla percezione e sull’azione, legati al contesto. Simulazione situata ovvero una simulazione percettiva dell’oggetto. Secondo questa teoria un concetto è l’abilità di costruire rappresentazioni che si adattino agli obiettivi delle azioni situate, cioè repertori d’azione che è opportuno eseguire in determinate situazioni. PENSIERO Esistono diversi tipi: -Specificità funzionale: pensiamo per immagini, parole, in modo procedurale (azione). essi sono funzionali ma interdipendenti. -Interdipendenza: i diversi formati di conoscenza lavorano insieme per dare al soggetto una conoscenza completa da più punti di vista. -Ridondanza: le informazioni relative allo stesso evento vengono organizzate nei diversi formati in modo specifico. Può assumere diverse forme di rappresentazione: Conoscenza DICHIARATIVA, dichiara cos’è un oggetto, crea una mappatura della realtà e dell’insieme dell’esperienza. Viene definita come l’insieme delle conoscenze sul mondo disponibili in modo permanente nella memoria a lungo termine. Ci permette di denotare qualcosa riguardo a un oggetto e di porre questo info in relazione tra loro. Conoscenza PROPOSIZIONALE, relativa ai fatti, si può formare dopo un’esperienza. Le strutture proposizionali rappresentano il mondo dell’esperienza in categorie ed elementi che ne definiscono la funzione. IMMAGINI MENTALI, lavora con rappresentazioni mentali di un evento\oggetto. Non sono solo visive ma possono riguardare anche l’udito\olfatto. IMAGERY DIBATE È sorto un dibattito tra due teorie OPPOSTE ipotesi PROPOSIZIONALISTA, l’unico formato del pensiero è simbolico e astratto. Modello ANALOGICO, ci sono due codici di rappresentazione, figurale e proposizionale. dalla realtà presente, per cui è possibile fare riferimento al passato, al futuro, a rapporti astratti o eventi ipotetici. Il segno infatti unisce tre aspetti: ● Referente: ho in mente questo concetto (significato) → concetto di cane comune a tutti ● Espressione (significato): componenti fisiche per realizzare un segno. il piano dell’espressione può essere una parola, un gesto, un segno grafico, è sempre fisico (significante) → C A N E ● Contenuto (significante): appartiene all’esperienza, qualche cosa a cui il segno si riferisce nell’esperienza del soggetto. Il sistema di combinazione fonologica esiste nella mia mente, anche se non lo esprimo. Posso quindi avere un contenuto ed un referente anche senza l’effettiva espressione dell’oggetto. Esempio: P, B. I fonemi sono il tracciato dei due suoni nella mia mente come due suoni distinti. Quando a livello fonologico (idea che P è diverso da B) non c’è la capacità di distinzione non li so distinguere. Il piano dell’espressione crea una griglia di suoni che vengono usati per creare il codice con cui mi esprimo. è diverso quindi avere una difficoltà di pronuncia e una difficoltà di fonologia. Il linguaggio non è solo costituito dal livello verbale, per poter raggiungere l’efficienza del linguaggio bisogna che il livello verbale lavori sincronicamente con altri livelli. DE SAUSSURE: MODELLO DEL SEGNO COME EQUIVALENZA Essendo un linguista, De Saussure crede che il significato venga definito da una lingua (vocabolario): rapporto di equivalenza tra il piano dell’espressione che io utilizzo per significare e il contenuto. Il legame viene dato in modo arbitrario: in ciascuna lingua ad un determinato contenuto viene associata una determinata forma. Si stabilisce un’associazione arbitraria per codice tra l’espressione e il contenuto. Il codice ha lo scopo di costruire segni condivisi. C’è una differenza tra il significato personale, ma alla linguistica interessa che tra il livello del contenuto e dell’espressione sia stabilito un legame equivalente. Tutte le volte che dico la parola “cane” quello è il contenuto che viene attivato, non c’è flessibilità. Due caratteristiche salienti del segno sono: ● Carattere distintivo: entra nel mio codice quel segno che è in grado di distinguersi dall’altro. nel momento in cui si costituisce un codice linguistico io creo una griglia di suoni (alcuni suoni non ci vengono naturali). i suoni che hanno un carattere distintivo vengono usati, gli altri vengono interpretati come rumori. alcuni suoni che hanno carattere distintivo per motivo fonetico possono essere confusi. la forza distintiva è sufficiente ma a volte mette a dura prova la capacità di distinzione acustica. ● Carattere oppositivo: in ogni codice esistono dei suoni che combinati generano contenuti tra loro opposti (vera, pera). Ciò che decide la relazione tra significante e significato è il codice. Sembra che il codice viva in modo autonomo, viene eliminata la referenza. Quanto più una lingua ha questa forza arbitraria oppositiva e distintiva tanto è più chiara. PEIRCE: MODELLO DEL SEGNO COME INFERENZA Il segno è qualcosa che per qualcuno sta al posto di qualcos’altro sotto qualche rispetto o capacità. La parola cane viene messa al posto del cane. Il segno viene preso e la stringa di suono viene messa al posto dell’oggetto. Quando costruiamo segni, il segno sta al posto dell’oggetto. La nostra capacità di rappresentare la realtà ci permette di capirla meglio, di esplorarla, di generalizzare… La capacità di riferimento crea una porzione di esperienza a cui fare riferimento. Il legame tra significato e significante nel segno viene posto da qualcuno per significare. La valenza inferenziale è molto forte. L’interpretazione non è un elemento in mano al codice, ma in mano a chi significa. La natura del segno non è stabile e arbitraria ma interpretativa, è il risultato provvisorio di regole di codifica ● Funzione segnica: possibilità di creare una relazione tra l’entità di un significato e l’entità di un significante. (tra entità intese a significare qualcosa), capacità di creare segni. Gli esseri umani hanno la capacità di utilizzare la funzione segnica. Dentro la funzione segnica si capisce che il segno assume significato diverso per diversi contesti. TRASMETTERE INFORMAZIONI - SHANNON: MODELLO MATEMATICO DELLA COMUNICAZIONE L’informazione, da un punto di vista matematico, è l’unità minima (bit) che compone il segnale, la comunicazione è il passaggio di un segnale da una fonte. Questo passaggio avviene con determinate caratteristiche: ● Attraverso un trasmettitore (apparatobroca vocale) ● Lungo un canale (filo del telefono) ● Più o meno disturbato dal rumore (elementi ambientali) ● A un destinatario (ricevente, entità che decodifica il messaggio) ● Grazie a un recettore (apparato uditivo) ● Ridondanza (ripetizione durante la fase di codifica) ● Filtro (selezione di determinate informazioni o di determinati aspetti del segnale) ● Feedback (quantità di informazione che dal ricevente torna all’emittente) Secondo questo modello l’unità minima della comunicazione è composta da: codice di trasmissione, emittente in grado di codificare, ricevente in grado di decodificare. COMUNICARE È FARE - AUSTIN: TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI Secondo Austin la comunicazione è da considerarsi un’azione, egli quindi crea un modello con un approccio pragmatico alla comunicazione: la teoria degli atti linguistici. Egli distingue tre livelli comunicativi all’interno dell’atto linguistico: ● Atto locutorio: l’atto di dire qualcosa, è l’azione che si compie per il fatto di parlare. Comprende: ○ Atti fonetici (emissione di suoni) ○ Atti fatici (espressione di parole ed enunciati) ○ Atti retici: (impiego di questi aspetti con un senso e un riferimento) ● Atto illocutorio: l’atto nel dire qualcosa, corrisponde alle intenzioni comunicative del parlante ● Atto perlocutorio: l’atto con il dire qualcosa, ovvero gli effetti e le conseguenze che vengono prodotti dal dire. Secondo questa teoria quindi ogni atto di comunicazione avviene in un determinato contesto e il significato di un messaggio è il risultato di un’azione interpretativa interdipendente compiuta dall’emittente e dal ricevente. INTENZIONE COMUNICATIVA Ogni messaggio veicola più intenzioni tra loro gerarchicamente organizzate. Questa gerarchia permette all’attore della comunicazione di elaborare il messaggio a diversi livelli: ● Esplicito: ciò che viene direttamente comunicato e inferito in modo cosciente con un atto di riflessione diretta. ● Implicito: ciò che viene comunicato nei diversi livelli della gerarchia con minore estensione e che viene inferito (esperito) in modo più viscerale e meno cosciente. La nozione di intenzione comunicativa è stata oggetto di studio secondo approcci differenti che hanno consentito di metterne in luce alcune peculiarità. COMUNICARE È PERSEGUIRE INTENZIONI - GRICE: MODELLO DELL’INTENZIONE RECIPROCA “La comunicazione è un processo costituito da un emittente che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi o faccia qualcosa, operando in modo tale che il ricevente riconosca che l’emittente sta cercando di causare in lui quel pensiero o quell’azione”. Deve esserci un rapporto di reciproca intenzionalità e consapevolezza tra emittente e ricevente. P sa che A sa che P sa che A sa che P ha una certa intenzione Non è sufficiente che P abbia l’intenzione di rendere A partecipe di qualcosa che A non sa: la condizione NECESSARIA alla comunicazione è la reciproca conoscenza dell’intenzione comunicativa. Una buona comunicazione secondo Grice si basa sul rispetto del Principio di Cooperazione, secondo il quale è necessario durante la comunicazione dare il contributo al momento opportuno per raggiungere lo scopo della conversazione. Questo principio si basa su quattro massime di natura convenzionale che si apprendono attraverso l’esperienza: ● Massima di Qualità: cercare di fornire un contributo vero ● Massima di Quantità: cercare di fornire informazioni in modo adeguato, non fornire un contributo più o meno informativo del necessario ● Massima di Relazione: cercare di fornire contributi pertinenti ● Massima di Modo: cercare di procedere nel discorso in modo ordinato e chiaro. Grice teorizza la distinzione tra dire e significare: il “dire” è connesso al significato convenzionale delle parole, il “significare” è ciò che il parlante intende dire e non può essere detto direttamente. Fra i due livelli esiste uno scarto che deve essere colmato attraverso il processo di implicatura conversazionale. Essa consiste in uno sforzo inferenziale per superare il livello del dire e arrivare a comprendere il livello del significare. SPERBER & WILSON: MODELLO OSTENSIVO-INFERENZIALE Comunicare consiste nel rendere manifesta al destinatario la propria intenzione di rendergli manifesta un’informazione. Il carattere essenziale è quindi l’espressione e il riconoscimento di intenzione. Sperber e Wilson sostengono che le affermazioni di un parlante comportino delle aspettative di pertinenza sufficienti per guidare l’interprete verso l’intenzione comunicativa del parlante. ● La pertinenza è una proprietà degli input che stimolano i processi cognitivi. Un input è considerato pertinente quando la sua elaborazione produce un effetto cognitivo (differenza della rappresentazione nel mondo del soggetto). L’elaborazione degli input richiede uno sforzo mentale. Quindi maggiore è l’effetto cognitivo e maggiore è la pertinenza, maggiore è lo sforzo mentale, minore è la pertinenza. ● L’ostensione è la condotta che rende manifesta l’intenzione di rendere manifesto qualcos’altro. Mediante l’ostensione di uno stimolo il comunicatore sollecita nei suoi destinatari l’aspettativa che quello stimolo sia sufficientemente pertinente da essere trattato. L’inferenza è l’attribuzione del significato che c’è sotto al segno usato con l’ostensione. ● L’intenzione informativa riguarda l’intenzione di informare il destinatario di qualcosa, l’intenzione comunicativa riguarda l’intenzione di informare il destinatario della propria intenzione informativa. Esempio: A. Devi uscire? B. è finito il latte Affermare che è finito il latte significa rendere manifesta (ostendere) l’intenzione di far sapere all’altro che lui sa che: quando finisce il latte occorre uscire per comprarlo e che spetta sempre a lui uscire per comperarlo Il ruolo inferenziale del destinatario consiste nel comprendere i due punti senza che essi vengano esplicitamente detti. Pertanto S e W parlano di comunicazione ostensivo-inferenziale poichè la comunicazione inferenziale e l’ostensione sono lo stesso processo, ma considerato da due differenti punti di vista: quello del comunicatore (produce l’ostensione) e il destinatario (compie l’inferenza) SEARLE: MODELLO WE-INTENTION L’intenzione comunicativa è un’intenzione reciproca e non la si può raggiungere da soli (è collettiva). Si qualifica come azione condivisa che esige, come condizione necessaria per poter avere luogo, un qualche grado di collaborazione tra gli agenti. Noi intendiamo fare l’atto X (comunicare) Io intendo fare Y (parlare) come parte del nostro fare X Tu intendi fare Z (ascoltare) come parte del nostro fare X Secondo Searle l’intenzione comunicativa presuppone la partecipazione dei due comunicanti allo stesso atto X(comunicare) e l’azione dei due soggetti deve essere differenziata, coordinata e complementare: A e B comunicano per mezzo di A che parla e B che ascolta. SINTONIZZAZIONE Insieme di comportamenti interpersonali finalizzati al raggiungimento di un intenzione congiunta, attraverso i quali gli interlocutori si predispongono e coordinano lo scambio comunicativo. La sintonizzazione è quindi l’insieme di mosse necessarie a porsi sulla stessa lunghezza d’onda (mutual tuning-in) con una intenzione condivisa. Essa richiede: ● Sincronicità: dimensione temporale di sincronizzazione dei comportamenti (agire simultaneamente) ● Modulazione di qualità del comportamento in funzione del proprio interlocutore Le modificazioni possono essere convergenti (avvicinamento degli stili) o divergenti (allontanamento degli stili) per segnalare la necessità di modificazione del comportamento comunicativo. IL MEDIUM, I MEDIA: OLTRE I CONFINI DEL CORPO Medium: qualunque elemento o strumento che ci permetta di entrare in interazione e di comunicare con l’ambiente esterno. Ogni medium può essere analizzato facendo riferimento a tre dimensioni: ● Dimensione fisica → include l’insieme delle caratteristiche naturali del medium (corde vocali, tastiera o schermo del cellulare) vegetativi. Questi suoni involontari, e spesso costanti, possono essere alla base della comunicazione del bebè. ❖ Stadio primitivo fonatorio (2-4 mesi): avviene la produzione sequenziale di suoni che sono quasi vocali e proto- consonanti. In questo periodo si presentano le vocalizzazioni di benessere (cooing). Anche se simili a suoni di consonanti e vocali adulte, sono prodotte da parti differenti della cavità nasale e orale rispetto all’uomo adulto. ❖ Stadio di espansione (4-8 mesi): vi è una varietà di nuovi tipi di suoni. A questa fase appartiene la comparsa del babbling, chiamato anche lallazione. ➢ Lallazione: produzione di una sequenza di sillabe di tipo consonante- vocale che si ripetono identiche. In questo periodo si accentua la coordinazione tra articolazione e fonazione. ❖ Stadio canonico (5-12 mesi): articolazione di sequenze. La fase terminale della lallazione si sovrappone alla fase iniziale dell’acquisizione lessicale. Nel periodo prelinguistico, quando il lessico è inferiore alle dieci parole, l’uso semantico di sillabe canoniche permette al bambino di fare un’attività di pratica motoria orale di matching vocale- uditivo. Queste produzioni assumeranno in seguito un significato, specialmente quando il bimbo connette in modo semantico qualche configurazione di babbling e concetti. ● Raggiunta l’età di un anno i bambini cominciano a utilizzare forme linguistiche più complesse e aumentano il numero di parole diverse che sono in grado di formulare. ● A partire dai 18 mesi e fino ai 30 mesi si ha il periodo di massima velocità di espansione del vocabolario. ● Raggiunta l’età dei due anni i bambini sono in grado di parlare con un linguaggio telegrafico, ossia che le frasi risuonano come un telegramma. ● A tre anni imparano ad utilizzare il plurale e a esprimere il passato utilizzando i suffissi e le regole più semplici. Spesso porta ad errori visto che usano le regole con grande rigidità (sovrageneralizzazione). ● A 5 anni i bambini hanno acquisito le regole fondamentali del linguaggio, tuttavia solo successivamente, acquisiranno un vocabolario più completo e capacità maggiori di comprensione e utilizzo delle regole grammaticali. ● Entro gli otto anni il bambino migliora sempre di più l’utilizzo delle regole grammaticali. L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO: QUESTIONE DI APPRENDIMENTO O DISPOSITIVO INNATO? I bambini hanno una capacità di miglioramento nel linguaggio impressionante, ma la spiegazione a questo fenomeno non è immediata e gli psicologi hanno ipotizzato due spiegazioni principali: ● Teoria dell’apprendimento: teoria secondo la quale l’acquisizione della lingua segue i principi di rafforzamento e condizionamento. A favore di questa teoria la ricerca dimostra che più i bambini sono esposti al linguaggio più in fretta lo imparano. Tutta via questo modello non spiega bene l’acquisizione linguistica e la velocità con cui tale apprendimento avviene (non spiega ad esempio come avviene l’apprendimento delle regole della grammatica). ● Teoria della capacità linguistica innata: Basandosi sull’esame delle critiche alla teoria dell’apprendimento, Chomsky esprime la sua teoria, sostenendo che gli umani nascono con una capacità innata, sostenuto dalla sua teoria della grammatica universale: ○ Grammatica universale: struttura del linguaggio comune a tutte le lingue del mondo. Inoltre, Chomsky teorizza la LAD, il dispositivo di acquisizione linguistica: Struttura profonda del linguaggio costituita da un insieme di regole grammaticali che ci permettono di formulare e capire frasi mai sentite prima. ○ Chomsky inoltre distingue la competence dalla performance: ■ Competence: conoscenza implicita della lingua ■ Performance: abilità nella effettiva produzione delle frasi. La performance non dipende solo dalla competenza, ma anche da altri fattori cognitivi, come la memoria. ○ Distingue inoltre le strutture del linguaggio: ■ Struttura profonda: livello semantico, livello al quale è collocato il significato ■ Struttura superficiale: livello sintattico, livello al quale sono situate le parole Con la distinzione tra le due strutture Chomsky arriva a due conclusioni: a. È possibile per una frase essere grammaticalmente corretta eppure priva di senso: “verdi idee senza colore dormono furiosamente” b. È possibile per una frase essere scorretta grammaticalmente eppure avere un senso: “signore il morde sandwich il” L’INFLUENZA DEL LINGUAGGIO SUL PENSIERO Ipotesi della relatività linguistica: ipotesi dello studioso Benjamin Lee Whorf, secondo la quale la lingua influenza il modo in cui le persone di una data cultura percepiscono e comprendono il mondo. Un esempio sono gli eschimesi che hanno un vasto vocabolario per definire e descrivere la neve. Una possibilità alternativa è che sia il pensiero a produrre il linguaggio. L’ipotesi della relatività linguistica è stata quasi completamente abbandonata, ma rimane evidente che la lingua influenza il modo in cui pensiamo. Ad esempio: Gli inglesi hanno modi diversi di quantificare come: “five chairs” / “a liter of water”. Nonostante la ricerca non sostenga l’ipotesi della relatività linguistica (linguaggio causa il pensiero) è evidente che la lingua influenza il modo in cui pensiamo ma è anche vero il contrario, creando un’intenzione complessa tra i due. Il bilinguismo fornisce vantaggi cognitivi significativi: soggetti bilingui dimostrano più flessibilità cognitiva e comprendono concetti con più facilità, dispongono di più strumenti di pensiero, il che li rende più creativi e flessibili. La ricerca sostiene che parlare molte lingue, così come i tempi di apprendimento (inteso come l’età adulta o l’infanzia), influisce sull’organizzazione del cervello. GLI ANIMALI USANO IL LINGUAGGIO? Un’altra prerogativa degli studiosi è valutare se il linguaggio è una prerogativa umana. Vi sono esperimenti che sostengono che gli animali usano un proprio linguaggio, e alcune scimmie sono in grado di imparare alcune regole grammaticali. I critici sostengono però che il linguaggio utilizzato da questi animali manchi della grammatica e delle strutture complesse della lingua. Alcuni psicologi hanno svolto esperimenti su animali per comprendere questo quesito: troviamo uno studioso che ha insegnato allo scimpanzè Kanzi fino a 132 gesti, riuscendo ad usarli in frasi inizialmente più semplici e via via più complesse, paragonandolo al cervello di un bambino di 2 anni. IL LINGUAGGIO NON VERBALE Alla comunicazione non verbale è affidata la componente relazionale della comunicazione. I linguaggi non verbali presentano un certo grado di universalità in quanto sono governati da meccanismi neurobiologici geneticamente determinati, ma allo stesso tempo presentano un grado di variabilità, in quanto ogni manifestazione si inserisce in un contesto culturale e sociale specifico. Il linguaggio non verbale è perlopiù involontario, e ha quindi uno scopo informativo. Esso può però anche essere riprodotto volontariamente, e assumere la funzione di strategia comunicativa. Un esempio è dato dalla comunicazione del corpo per mantenere una posizione di dominanza. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE TRA NATURA E CULTURA Esistono diverse prospettive che hanno tentato di descrivere l’origine e la natura della comunicazione non verbale: ● Concezione innatista: secondo questa prima prospettiva, la cui origine si può rintracciare nell’opera di Darwin, le espressioni facciali sono il risultato dell’evoluzione della specie umana e sono quindi universali. In origine esse avevano una precisa funzione nel corso delle esperienze emotive, e in seguito sono rimaste come abitudini e si sono trasformate in segnali degli stati emotivi. Enfatizza ruolo e componente genetica. ○ Teoria neuroculturale: sulla base della concezione innatista Ekman formulò la sua teoria neuroculturale sostenendo che esiste un programma nervoso specifico per ogni emozione in grado di attivare pattern di azione dei muscoli facciali. Tale programma assicura l’invariabilità e l’universalità delle espressioni facciali. I processi cognitivi di valutazione possono introdurre modificazioni e variazioni dell’espressione, chiamate display rules, culturalmente apprese, che sono in grado di modificare la manifestazione non verbale delle emozioni ● Prospettiva culturalista: la comunicazione non verbale è appresa durante l’infanzia e di conseguenza presenta variazioni da cultura a cultura. L’enfasi è sui processi di differenziazione. Questa teoria viene sostenuta da Birdwhistell (1970) e da Klineberg (1930), rischiando di sfociare in una visione radicale di relativismo culturale. ● Prospettiva dell’interdipendenza tra natura e cultura: le strutture e i processi neurofisiologici sono organizzati in configurazioni differenti secondo la cultura di appartenenza. Pertanto la comunicazione non verbale è vincolata da meccanismi automatici di base e soggetta al controllo della coscienza. Le due prospettive innatista e culturalista sono unilaterali e parziali nell’enfatizzare un unico punto di vista. La plasticità di questa prospettiva della comunicazione è soggetta anche a condizioni di apprendimento come quelli che si realizzano nei processi semiotici. IL SISTEMA VOCALE Ogni volta che si pronuncia una parola o un enunciato, oltre alla dimensione linguistica, entra in gioco la dimensione locale non verbale, ovvero dagli aspetti dell’intonazione, ritmo, tono e intensità. ● Atto fonopoietico: sintesi di aspetti verbali e non verbali vocali. A fronte di una modesta quantità di energia fisica si trasmettono segnali a distanza ai quali si riceve un feedback. La dimensione vocale non verbale è composta da diversi elementi: ● Riflessi vocali: tra cui vocalizzazioni (ah, ehm) e caratterizzatori vocali (ridere, piangere) ● Segnali extralinguistici: caratteristiche vocali a lungo termine personali. Si dividono a loro volta in: ○ Organiche: dipendono dalla configurazione anatomica del locutore ○ Fonetiche: dipendono dalla modalità di utilizzo dell’apparato fonatorio ● Caratteristiche paralinguistiche: effetti vocali a medio termine, proprietà acustiche transitorie, comprendono: tonalità, durata, velocità di articolazione, pause, volume e accento La dimensione vocale non verbale ha diverse funzioni: ● Ruolo nella produzione linguistica ● Trarre inferenze rispetto a fattori biologici, sociali e di personalità dell’interlocutore IL SISTEMA CINESICO Sistema cinesico: sistema che comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi. I movimenti del volto servono per manifestare gli stati interni del soggetto, tra cui le esperienze emotive e gli atteggiamenti interpersonali. Si tratta di un sistema semiotico privilegiato perché il volto è il focus per le relazioni interpersonali. ● Sorriso: esso ha una funzione sociale e relazionale, identificandosi come promotore dell’affinità relazionale e regolatore dei rapporti sociali. Molti autori, a partire da Darwin, hanno preso il sorriso come espressione di gioia, ma studi recenti hanno affermato che il sorriso non sembra essere sempre legato alla gioia. ● Sguardo: esso ha una funzione fondamentale all’interno della conversazione: serve ad attirare l’attenzione, a raccogliere feedback e a gestire l’alternanza dei turni. Anche le emozioni sono correlate con lo sguardo: emozioni positive comportano un aumento del contatto visivo, emozioni negative comportano il distoglimento dello sguardo. Esistono delle differenze di funzione all’interno di relazioni di potere o nelle diverse culture. Per i partecipanti alla conversazione, lo sguardo ha funzione di sincronizzazione dell’intenzione e azioni. ● Gesti: azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un significato e indirizzate a un interlocutore al fine di raggiungere uno scopo. Sono divisi in categorie: ○ Gesti iconici: accompagnano l’azione del parlare contribuendo a illustrare il contenuto ○ Pantomime: costituiscono la rappresentazione motoria di scene o eventi ○ Gesti simbolici: altamente convenzionalizzati e codificati, come il segno di OK ○ Gesti deittici: hanno la funzione di indicare ○ Gesti motori: gesti semplici e ritmici, come i gesti di autocontatto IL SISTEMA PROSSEMICO E APTICO Prossemica: studio dell’organizzazione e dell’uso dello spazio, della distanza e del territori.o Per gli uomini si è soliti distinguere tra differenti zone, che variano di spazio a seconda delle diverse culture. Gran parte delle popolazioni asiatiche e occidentali sono caratterizzate dalla cultura della distanza, in base alla quale viene insegnato grande rispetto dello spazio personale e mantenimento della distanza interpersonale.● Zona intima: area delle relazioni intime ● Zona personale: circonda il nostro corpo, è possibile entrarvi solo nel corso di interazioni molto personali ● Zona sociale: zona nella quale si svolgono gran parte delle interazioni sociali ● Zona pubblica: caratterizza lo spazio delle situazioni pubbliche e ufficiali La violazione delle zone da persone che l’individuo ritiene non possano avere quella determinata confidenza comporta azioni di difesa. Aptica: disciplina che si focalizza sullo studio del contatto corporeo tra individui. il contatto è tra i bisogni primari dell’uomo, e su di
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