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La radio della rete di Giorgio Zanchini, Sintesi del corso di Storia Della Radio E Della Televisione

Riassunto del libro ''La radio nella rete''.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 05/06/2020

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francesca-monti-6 🇮🇹

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Scarica La radio della rete di Giorgio Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! LA RADIO NELLA RETE Intro- Che cosa sta accadendo alla radio? Oggi la radio, come tutti gli altri media, è nella rete dove gli scambi e i cosiddetti ‘’prestiti mediali’’ sono continui. La radio è un medium che si è rivelato molto adatto alla conversazione approfondita e raziocinante, allo scambio delle idee, al confronto senza rapiti e spettacolarità eccessivi. Questa è considerata l’epoca della distrazione e della disattenzione; gli effetti sono controversi, è persino prematuro prendere una posizione senza rischiare errori prospettici, con giudizi affrettati e posizioni nostalgiche. Non a caso è entrato nel nostro lessico ‘’economia dell’attenzione’’ per dire quanto sia diventata complessa l’organizzazione del tempo nell’era della rete. La competizione per la cattura del nostro tempo libero è feroce. La radio però si è saputa adattare e reinventare connettendosi con i linguaggi in sintonia col proprio tempo. La radio diviene quindi frammentazione, partecipazione, ascolti più brevi e distratti. La sintonia col tempo potrebbe dunque significare l’acuirsi di quel tipo di offerta e l’indebolirsi della tradizione delle trasmissioni di contenuto. Queste necessità permettono la sopravvivenza della radio di parola ‘’seria’’, della radio di contenuto, ovvero di uno dei prodotti più utili. La pratica è quella che viene dai tanti anni passati dietro a un microfono. La riflessione nasce dal confronto coi colleghi e con gli studiosi, dall’osservazione e dall’analisi di cosa significhi fare radio oggi. Numeri, tendenze, previsioni Un cambio di stagione è dettato in gran parte dalle innovazioni tecnologiche; la radio ha un nucleo sempreverde e forse intramontabile legato all’ascolto, alla voce, alla musica, ma la tecnologia ha mutato e sta ancora mutando i modi e i termini della relazione tra chi sta dietro al microfono e chi ascolta, ha cambiato il modo in cui si partecipa. La radio è coerente con l’innovazione tecnologica, è al passo con la trasformazione, usi e consumi radiofonici mutano di continuo e pedinano i cambiamenti. Oggi hanno ruotato attorno ai 35 milioni, con un picco quasi di 40 nel 2010 di ascolti. Mentre nel 2007 l’utenza complessiva corrispondeva al 77,7% della popolazione e nel 2016 all’83,9%. I giornali radio sono la terza fonte utilizzata dagli italiani per informarsi, dopo telegiornali e Facebook, molte ricerche convergono sulla credibilità dell’informazione che si ascolta alla radio. L’Italia negli anni ’70 e ’80 era col Messico il paese col più altro rapporto tra numero di emittenti e numero di abitanti. Le fonti di finanziamento oggi si basano o su un sostegno interamente pubblico, o su sistemi misti, o su base solo commerciale tramite ricavi pubblicitari o finanziamenti privati. Il nuovo contesto sta imponendo anche un ripensamento degli assetti giuridici che regolamentano il settore. In linea di massima circa la metà dei paesi europei vuole la licenza per qualsiasi tipo di trasmissione, e l’altra metà una semplice comunicazione. in Italia è il governo ad accordare le licenze di trasmissione mentre è l’AGCOM a concederle per i canali satellitari. Le trasmissioni ‘’serie’’ da noi non occupano mai i primi posti delle classifiche di ascolto della radio di contenuto sembrerebbero arretrare rispetto a quelle di evasione, di accompagnamento. La radio, inoltre, occupa un posto abbastanza subalterno nel sistema dei media italiano, nel mercato dei media che già di suo ha un mercato più piccolo di quello degli altri grandi paesi europei. La radio ha una percentuale di investimento, tra pubblicità, canone e stanziamenti statali che è in leggera crescita ma resta complessivamente bassa. La televisione per almeno un trentennio è stato il centro e il cuore dell’immaginario delle masse, marginalizzando il ruolo che la radio aveva precedentemente. Se in occidente la radio partecipa ampiamente della metamorfosi detta dal digitale. Il cittadino medio ascolta 21,2 ore di radio a settimana negli USA. Nei paesi di debole libertà politica la radio è spesso centralizzata e controllata dai governi. I Sud America e Nord Africa si sta assistendo a un progresso sviluppo delle radio commerciali. In generale la radiofonia pubblica resiste meglio in quei paesi dove si è investito in tecnologia e contenuti tematici, mentre è più debole laddove la liberalizzazione è stata selvaggia e gli investimenti nel sistema pubblico scarsi. L’universo dei media sta conoscendo sin dall’inizio del 21esimo secolo un processo di profonda trasformazione, determinato in larga parte dal dispiegamento del digitale e appunto dall’affermarsi del cosiddetto ecosistema comunicativo internet. Questo processo decolla dagli anni ’90 e vive un’accelerazione che muta di continuo in paesaggio mediale. La storia dei media insegna che molto spesso un medium nuovo non cancella il vecchio e che sono probabili forme di convivenza. All’interno di questo campo in mutazione di broadcasting, ‘’semina larga’’, è una parola che definisce la trasmissione circolare via etere di contenuto di interesse generale indirizzata a conoscere i cambiamenti specifici. L’espressione usata dagli studiosi è ‘’età dell’abbondanza mediale’’ dove la radio aveva conosciuto lo scoglio della scarsità per ragioni di frequenza più 1 abbondanti e meno costose. Nel mondo digitale ogni funzione viene visualizzata e risolta a livello logico all’interno delle CPU e dei sistemi operativi, permettendo di gestire quantità e varietà teoricamente illimitate di dati, criteri. L’avvento dei sistemi di codifica e decodifica come il PCM (lineare), il capostipite usato per i CD, o lo MPEG (compresso) usato per il video, ha reso possibile il passo fondamentale: gestire tutto sotto forma di file di dati e provocato un aumento delle informazioni trasmesse. Gli strumenti attraverso i quali è possibile l’ascolto sarebbero 18: fm, onde medie, onde lunghe, onde corte, digitali, televisione digitale, tutti i tipi di telefoni mobili, satellite, web, social network. Tra i portati di maggior rilevanza della rivoluzione digitale c’è senz’altro il podcast che permette di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni, e di ascoltarli quando si desidera. Alcuni analisti parlano di tecnologia di passaggio, e immaginano che in futuro, con la diffusione della banda larga e di dispositivi sempre più efficienti, crescerà molto l’ascolto via streaming, un sistema che permette di ascoltare i contenuti audio immediatamente senza necessità di scaricarli. I download sono in costante crescita, popolatissimi aggregatori di podcast come iTunes o Sticher, i cosiddetti podcast network sulle quali si possono ascoltare serie audio, documentari, programmi di giornalismo investigativo, svincolati dalle trasmissioni radiofoniche. È significativo che Apple abbia annunciato l’utilizzo di nuovi sistemi di analisi del consumo di posdcast che permetteranno di sapere quali sono quelli realmente ascoltati e non solo scaricati, e probabilmente modificherà la loro produzione. I grandi giornali, le grandi riviste offrono ormai sui loro siti newsletter, programmi audio via podcast e forniscono ‘’daily news show’’ molto simili alle ‘’e-mail briefings’’. La radio andrà dove sta il pubblico, ovvero sulla rete. Le percentuali di ascolto in macchina sono mutevoli ma restano alte. Vi è una ramificazione quasi infinita della comunicazione stessa che le protesi digitali permettono una conversazione ininterrotta. La condivisione è l’essenza stessa dei media digitali. L’ibridazione col web e il rapporto coi nuovi media hanno anzitutto indebolito la funzione di orologio sociale della radio, la corrispondenza tra l’offerta e i ritmi di vita degli ascoltatori, l’idea di un palinsesto pensato sulle abitudini degli ascoltatori. Grazie al web si è rotto il secolare meccanismo dell’ascolto in simultaneità. Si sta poi assistendo a una proliferazione di radio settoriali, specializzate nei generi e nei periodi musicali più diversi, così come è cresciuto il numero delle radio di parola identitarie. È il volto radiofonico del fenomeno delle nicchie. La rete offre dunque straordinarie opportunità alla radio, pone anche sfide difficili: del pubblico giovanile; della diffusione musicale perché la radio non è più l’unico canale prevalente; della multimedialità perché la radio deve ripensarsi su piattaforme diverse che prevedono le immagini; dei servizi audio che non sono radio come al mercato degli autolibri e alle app; dell’identità della ‘’propria’’ radio come luogo di una possibile sincronia emozionale. In Occidente la radio tiene in termini di ascoltatori complessivi, ma fatica a intercettare i giovani della fascia 14- 24 a cui ancora è sconosciuta o l’ascoltano poco. Una recente ricerca americana sull’ascolto delle radio pubbliche da parte dei millenials indica che questi ultimi considerino quasi sorpassata l’idea del palinsesto che accompagna le giornate degli ascoltatori, e privilegino l’on demand e l’informazione locale. Quanto al futuro il destino della radio sembrava chiaro. Dall’Fm si sarebbe passati al digitale in anticipo rispetto alla televisione. È dagli anni ’80 che si discute appunto di DAB (digital audio broadcasting), uno standard di radiodiffusione digitale che permette la trasmissione di suoni di qualità comparabile a un cd. Il risultato è stato un progresso lento e incerto. La rete la digitalizzazione e gli sviluppi del mercato hanno reso possibile la nascita e l’ingresso di migliaia di web- radio, e le radio tradizionali sono tutte ascoltabili via web e in modo sempre più facile e mobile. Il sistema IBOC (In Band On Channel) mescola efficacemente componenti di modulazione analogica convenzionale e componenti digitali. L’ascolto all’epoca della disattenzione La metamorfosi sociale comprende la rivoluzione digitale e quello che è stato definito il mondo flusso della connessione costante, parlando non a caso di ‘’onlife’’ e ‘’always on’’. La capacità della radio di trovare un suo ruolo e un suo spazio in un territorio affollatissimo resiste in quanto la musica e la parola umana possiedono una loro completezza. Come sostiene Ingmar Bergman nei suoi lavori per la radio volta a estremizzare la dimensione personale, intima, curvata sulla parola e l’ascolto. Una dimensione personale che sembra quasi sfidare la densa entropia contemporanea. La radio è il medium sorgivo del racconto; l’oralità è la comunicazione basata sulla parola parlata, essa arriva prima della scrittura, del cinema, della televisione e della rete. È una dimensione immediata, diretta ed effimera; una dimensione leggere che non prende tutta la tua vita, ti permette di fare altri, ti lascia una certa libertà e allo stesso tempo ti aiuta a stare dentro al tempo quotidiano. Va sempre ribadito che 2 Effetti della social radio. Prime ipotesi. Si può notare un accrescimento in termini di ricchezza di informazione e varietà di posizioni, le trasmissioni sono diventate luoghi, spazi di conversazioni collettive, in cui rispetto a ieri ci sono molti più attori, molte più voci, e quindi molte più occasioni di scoperte, di racconto, di storie, di presa di parola. La trasmissione oltre ad avere un durante, che non è solo ciò che gli ascoltatori sentono con le proprie orecchie ma tutto ciò che viene scambiato sui social network o più sul web, ha ormai anche prima e un dopo. L’orientamento della trasmissione, il suo percorso, le stesse domande per gli ospiti risentono molto di ciò che arriva dalla rete, e quindi di ciò che gli ascoltatori scrivono durante la messa in onda. È molto difficile per il nostro cervello gestire la folla di impulsi e informazioni che riceve nel corso di una trasmissione, e mi pare inevitabile una perdita di concentrazione. Accanto a questa considerazione ci sono i concetti di democrazia, democraticità e partecipazione. Trasformare le trasmissioni in una sorta di piazza democratica in cui si alza la mano e si prende la parola senza ordini e gerarchie. Ma molto riposa nel semplice buon senso di chi conduce e da una struttura alla trasmissione e all’emittente. Le caratteristiche per così dire intrinseche di un programma rendono probabilmente difficile far saltare del tutto le gerarchie, ci sono trasmissioni in cui la parola è del pubblico, altre in cui ci sono solo ospiti. Ascolto e partecipazione Esempi di esperienza diretta e di osservazione in ‘’Radio Anch’io’’ è uno dei format più antichi della nostra radio pubblica, nasce nel 1978 con Gianni Bisiach, si basa su un dibattito radiofonico sull’attualità, partecipano i protagonisti della vita pubblica nazionale, a confronto con le domande, le testimonianze, le riflessioni degli ascoltatori. Il suo pubblico ha un’età medio-alta, è in maggioranza maschi, con un’istruzione media, molti lavoratori nei settori più diversi, molti autonomi, politicamente in maggioranza moderati, conservatori, guardinghi verso il Movimento 5 Stelle. Sono diminuiti inoltre il numero delle mail. In ‘’Tutta la città ne parla’’, nasce nel 2010, è una riflessione sull’attualità di taglio leggermente diverso dalla precedente trasmissione, perché non vengono invitati politici e si privilegiano esperti, accademici, operatori sociali e culturali, insegnanti, testimoni. Il pubblico è anch’esso di età medio-alta, ma più istruito, e ci sono molti insegnanti. Politicamente progressista, molti ascoltatori guardano con interesse al Movimento 5 Stelle. C’è stata una crescita e poi una stasi riguardante l’e-mail. Più difficile è l’analisi dei podcast in quanto si ha il dato di download quotidiani, ma molti si abbonando al download automatico e non lo ascoltano. Quanto ai contenuti veri e propri direi che in entrambe le trasmissioni suscitano una risposta forte i temi che sono al centro dell’agenda informativa del paese. Gli ascoltatori hanno voglia di intervenire sugli argomenti di cui si discute sui media. A ‘’Radio Anch’io’’ resiste il successo delle trasmissioni sulla politica, con ospiti politici, meglio se di primo piano, resiste l’attualità stretta e vanno molto bene i temi economici. Questo processo circolare rischia talvolta di trasformarsi in un circolo vizioso, si parla solo di ciò di cui parlano gli altri e il pubblico interviene soprattutto sui temi con i quali sente di avere familiarità, circolo vizioso perché può diventare un sistema in cui produttori di notizie e pubblico si rassicurano reciprocamente attorno a remi che trovano consenso numerico. Il nostro piccolo laboratorio sembra dirci che si tende a intervenire quando il tema permette a chiunque di aggiunge un commento. Ovviamente un altro fattore importante è quello degli ospiti, quelli ‘’bravi’’ tendono ad attrarre commenti, quelli ‘’noiosi’’ meno. In ‘’Radio Anch’io’’, ma in generale Radio1, ha un pubblico più tradizionale, che si accende soprattutto sulle questioni legato all’economia, al fisco, ai provvedimenti governativi che influenzano l’economia quotidiana, i commerci, le banche. Come bene vanno ancora le questioni di cronaca giudiziaria. Le puntate dedicate alle vicende estere e anche all’Unione europea suscitano poco dibattito a meno che la notizia abbia una forte ricaduta sulla politica interna. Questioni epocali invece suscitano maggiore attenzione se le si fa virare sulle ricadute interne, i rifugiati, le conseguenze economiche per l’Italia e gli italiani che vivono in Gran Bretagna. Conversazioni 5 Un aspetto decisivo, e cioè la conduzione, e la gestione delle conversazioni. Se cambia il modo di trasmettere e fruire, se cambiano i tempi e i luoghi dell’ascolto, se la dimensione partecipativa diviene centrale, tutto ciò non può non riverberarsi sulla conduzione. Alcune delle conseguenze della rivoluzione digitale, in estrema sintesi, impoverire degli spazi. Solitamente per conversazione si intende ‘’un genere radiofonico caratterizzato dalla persona al microfono di un solo oratore, detto talvolta conferenziere per radio, per una durata variabile dai cinque ai quindici minuti’’. Per conversazione intendiamo un colloquio, una discussione tra due o più persone, non un monologo. Si può definire una trasmissione urlata come ‘’La Zanzara’’, come ‘’Il Trio Medusa’’. In altri termini per avere successo nella conversazione bisogna in primo luogo lasciar brillare gli altri, e la migliore affermazione di sé passa attraverso la gratificazione dell’amor proprio delle persone con cui si parla. Altrettanto essenziale è quello che Stefano Guazzo ha definito ‘’lo fiato soave’’, e cioè il tono, la modulazione, il volume della voce. Con l’Illuminismo l a riflessione sulla conversazione cambia di segno, non attiene più soltanto alle preoccupazioni estetiche di una classe di privilegiati ma investe i nodi della nuova cultura. E quindi la parola al servizio della verità al servizio del progresso della ragione, attenta alla qualità degli argomenti, alla coesione sociale, al bene pubblico. Sebbene edificante dirsi che la conversazione radiofonica, il dibattito alla radio, oggi risponde agli ideali illuministi, e quindi serve ad aprire gli occhi, a mettere in circolo le idee, ad arricchire la conversazione nazionale, a stimolare, a fornire strumenti per leggere il presente, persino ad essere. Nei suoi momenti migliori, un buon antidoto nelle nebbie della post-verità. Le regole della conduzione radiofonica Le 10 regole di uno speaker radiofonico sono: parla come mangi; sorridi mentre parli; parla poco, massimo 2 minuti, non essere prolisso; non impostare la voce, concentrati sui contenuti; pensa alle conseguenze di quello che dici; attenzione alle pronunce straniere; dai il giusto peso alle parole, non enfatizzare troppo; mai nominare radio concorrenti; non parlarti addosso, non parlare troppo di te stesso; scandisci bene le parole. Nel libro si sottolinea che molto dipende dal contesto, dal registro, dal tipo di pubblico e quindi che alcune delle regole si applicano solo a quelli che vengono definiti gli speaker-intrattenitori e non ai giornalisti. La sopportabilità massima del parlato radiofonico si dovrà dunque evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto ‘’complesso di inferiorità culturale’’, cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza. Altre regole generali assolute per la stesura di ogni testo radiofonico sono: costruire il testo con periodi brevi; procedere per figurazioni paratattiche, coordinate o soggiuntive, anziché per figurazioni ipotattiche, cioè per subordinate; il tono gnomico che può risultare da un siffatto incanalamento e governo della piena non dovrà sgomentare preventivamente il radio collaboratore, ogni tumultuario affollamento di idee nel periodo sintattico consegue al ‘’vuoto radiofonico’’; sono perciò da evitare le parentesi, gli incisi, gli infarcimenti e le sospensioni sintattiche, nel comune discorso, le parlato abituale, nella conversazione familiare non si aprono parentesi. Curare i passaggi di pensiero e i conseguenti passaggi di tono; evitare le litoti a catena, le negazioni delle negazioni; evitare ogni infelice ricorso a poco aggiudicabili pronomi determinativi o disgiuntivi o numerali o indefiniti o desunti dal pronome. Evitare rime involontarie, allitterazioni, parole desuete, le forme poco usate. Ci conseguono almeno tre lezioni che restano attuali: la chiarezza e il ritmo, la sopportabilità massima del parlato-unito e la superiorità culturale. Altre regole sono: mai dare del tu agli intervistati; mai fare domande più lunghe delle risposte; mai fare domande la cui risposta è ‘’si’’, ‘’certo’’; mai interloquire con dei ‘’si’’ o ‘’certo’’; mai lasciare incertezze sull’identità dell’interlocutore. Alcune norme sono valide per tutti, la radio ha una grammatica che va rispettata, come il ritmo, i tempi, la capacità di essere avvincenti, la chiarezza, la curiosità; poi ogni radio pensa al proprio pubblico di riferimento. Soprattutto il giornalismo radiofonico vuole delle regole; in generale la manualistica insiste su alcune caratteristiche tipiche: sintesi, immediatezza, velocità, capacità di evocazione. La radio oggi è il frutto del combinato disposto dell’ingresso delle radio commerciali nel mercato radiofonico e dell’ibridazione della radio stessa con la rete. La conduzione oggi: generi e modelli 6 Essendo un sistema, quello americano, che nasce privato e commerciale, si è sempre distinto per l’attenzione al rapporto tra prodotto e pubblico, orientando l’offerta, specie musicale, a seconda del pubblico di riferimento. La radio di palinsesto è tendenzialmente generalista e costruita su una griglia di programmi pensati per un pubblico dai gusti indifferenziati e quindi con distinzioni abbastanza leggibili. La radio di flusso, detta anche format radio, è basata su un flusso che in generale prescinde dalle fasce orario e dall’offerta per generi e pubblici, è costruito su un sistema di elementi fissi, ripetitivi, riconoscibili: musica, parlato, informazione, pubblicità, jingle, meteo, traffico, in una parola impaginazione. Il cosiddetto ‘’clock’’, la struttura interna di un’unità di misura temporale, che va dal quarto d’ora all’ora. Il format dell’emittente importa di se il ‘’clock’’ così come è il tipo di pubblico della singola radio a orientare il tipo di format. La parola format si usa anche in relazione ai singoli programmi, come avviene in tv, e ci capiterà di utilizzare entrambe le accezioni. La stagione d’oro dei generei coincide con la stagione d’oro della radio di programma, dagli anni ’30 agli anni ’80, un profluvio di radiodrammi, varietà, storytelling, cabaret, comedy, serial, ecc. oggi la fluidità sembra renderli antichi, marginali, ma i loro semi rimangono e sono percepibili specie nella programmazione delle radio pubbliche. Certo poi i generi variano moltissimo perché è il parlato radiofonico a variare molto. Il parlato di accompagnamento è stata la forma tipica delle radio commerciali giovanili o d’evasione; il parlato di contenuto delle radio pubbliche è una distinzione che si è sfumata negli anni. La moltiplicazione dei format riguarda soprattutto l’offerta musicale. Per la radio di parola o miste i recinti sono minori, si può distinguere tra all news, talk, news&talk, music&news. Ci sarebbe un’ulteriore classificazione tutta interna alle news, all’informazione: news-oriented, no-news, light news, e per dare subito dei riferimenti italiani tra le prime ci sarebbero radio Deejay e M2O. Negli USA è stato abbastanza diffuso il format all news radio, canali caratterizzati dalla presenza fisica e costante di notiziari, di durata varia, inframezzati da brevi rubriche sempre di taglio informativo. La talk radio è la radio di parola, sui temi più diversi, ha una tradizione molto solida negli USA, risale almeno alla metà degli anni ’40, con la talk back radio format. L’espressione ‘’parlato di contenuto’’ purtroppo aiuta sino a un certo punto, la qualità del contenuto, il tipo di contenuto può essere davvero molto diverso; il tono scanzonato non vuol dire necessariamente superficialità, la stessa nozione di entertainment è piuttosto polisemica, ma lo vedremo più avanti. Anche l’espressione ‘’parlato di accompagnamento’’ incappa negli stessi problemi; ospita i programmi e le voci più diverse e accompagna la musica. Da decenni, e anche qui la primazia è americana, la radio music&talk hanno imposto ai parlati delle griglie rigidissime, il conduttore ha vincoli in ingresso e in uscita, tra un brano e l’altro ha un tempo limitato e controllato per parlare. In quei pochi secondi o minuti il conduttore deve condensare concetti, se ne ha, batture, frasi a effetti, informazioni sul brano musicale. Ci sono altri software che l’aiutano in questa piccola impresa, software come Radiolog che mettono in evidenzia le occorrenze linguistiche, gli errori. Bisogna sempre ricordarsi che i tre programmi radio più ascoltati sono ‘’Tutto esaurito’’, ‘’Lo Zoo di 105’’ e ‘’105 Friends’’, non proprio alte conversazioni sull’uomo contemporaneo. Nel parlato di contenuto ci sono naturalmente i giornali radio e gli approfondimenti su qualsiasi cosa, tema, dall’attualità al costume ai prodotti culturali, su qualsiasi prodotto culturale, sia in senso ristretto, e cioè i prodotti più significativi, più nobili dell’ambito artistico-letterario. L’approfondimento può essere un programma chiuso e concluso o essere parte di un cosiddetto contenitore. Il contenitore è uno spazio radiofonico solitamente lungo almeno un’ora e contenente appunto materiali di diversi accomunati o da un filo rosso tematico o da una cifra stilistica o da un conduttore che accompagna i vari segmenti. Un tempo l’avremmo definito un ‘’rotocalco’’. Vicino è il ‘’talk show’’, o programma di discussione, di dibattito, di conversazione. Vicino perché il ‘’talk show’’ è creatura proteiforme, la discussione radiofonica a più voci, il dibattito, la conversazione può essere sull’attualità o meno, sugli argomenti più diversi, dal taglio giornalistico o meno. Con i toni più vari, ‘’Mattino24’’ di Radio 24 o ‘’Lateral’’ di Capital e ‘’Today’’ di BbncRadio24. Il talk show è un po’ il prototipo di tutte le trasmissioni di parola, e da quel prototipo tutto è promanato. Il punto è che in televisione i discussant, gli ospiti, si vedono, in radio no, e quindi non sarebbe facile il processo di riconoscimento. È stato forse così nei primi decenni di trasmissioni, poi però direi che il genere si è affermato e rafforzato in questi ultimi anni. Il grosso della programmazione radiofonica italiana, quella di maggior successo, le prime cinque radio per ascolti sono Rtl 102.5, Radio Deejay, Radio 105, Rds, Radio Italia, che hanno target giovanili, o 25-44, è comunque ascrivibile nella famiglia music&talk o music&news con la musica affidata a dj di forte personalità e il talk che è grosso modo tutto a sua volta ascrivibile nel genere intrattenimento, chiacchiera leggera, che nei momenti migliori è brillante, mosso, spiazzante, ma per la maggior parte del tempo è intrappolato in una ripetitività garrula che difficilmente può sedurre un pubblico che non cerca solo distrazione. 7 Un privilegio e una croce di chi conduce è che è lui a porre domande. È lui a intervistare. Per descrivere questa attività bisogna tornare alle premesse. L’intervista dipende dal genere, dal format, dal target, in altre parole dipende molto dalle regole d’ingaggio. La tecnica dell’intervista varia molto a seconda del contesto. Forse la regola generale che l’intervistatore deve stamparsi in testa è che è il mediatore, il rappresentante degli ascoltatori. Un buon intervistatore deve imparare a essere umile, al servizio di chi ascolta, a parlare di temi complessi in modo accessibile, vivo, caldo. Altra regola che vale per tutti i generi è che deve avere senso del ritmo, e dell’opportunità. Il tempo e il ritmo sono gli elementi basilari della radio, in particolare nelle interviste, nelle discussioni, nelle conversazioni. Tempismo significa capacità di interrompere, gerarchizzare e dare il giusto peso alle risposte, sintonizzarsi con gli interlocutori, far ripetere parole e passaggi oscuri. Per farlo bene bisogna essere preparati, conoscere l’argomento, non farsi trovare spiazzati. È difficile farlo quando si lavora in una redazione all news, si sta appresso a tutto e si scrivono dieci cose al secondo, meno difficile quando si ha tempo di organizzare una trasmissione ma anche li le trappole non mancano. Essere, o almeno, sembrare spontanei; spesso nelle interviste giornalistiche chi fa le domande legge, perché vuole racchiudere più concetti in una frase breve. Per evitare di suonare meccanico o artefatto bisognerebbe sciogliere la prosa o lavorare sull’intonazione, in modo che sembri che non si stia leggendo. Tutto ciò vale naturalmente per le interviste in diretta, altra cosa quando si registra. In questo secondo caso posso montare, tagliare dove voglio, rifare la domanda, risultare migliore e più intelligente. Diventare conduttori Il fatto che la provenienza, la formazione, l’identità dei conduttori variano moltissimo. Di nuovo, a seconda del canale, del programma, del paese. Possono essere giornalisti, programmisti, attori, registi, intellettuali vari, genere senza arte né parte ma che ha buona favella. Molte conduzioni musicali di intrattenimento sono ‘’bicefale’’ spesso uomo-donna e funzionano. Ci deve essere da parte di entrambi generosità e buona disposizione a non strafare. Nelle conduzioni giornalistiche o di approfondimento è secondo me un po’ più difficile perché i due conduttori possono avere in testa percorsi diversi, idee diverse, domande diverse e si rischiano prevaricazioni. L’effetto Bordin-Pannella ovvero dialoghi sterminati senza una vera scaletta, strabordanti e fascinosi. Le voci alla radio si sono evolute assecondando quello che accadeva al medium e quindi alla società esterna. Prima andavano al microfono solo voci maschili, le donne sono state per decenni vittime di rpegiudizi, alla Bbc non fu loro permesso di leggere i notiziari sino agli anni ’70, in parte perché sembra che i ricevitori distorcessero i suoni con le frequenze più alte penalizzando quindi le voci più acute, in parte perché si riteneva che mancassero dell’autorità necessaria a leggere le news. Sulle radio commerciali i conduttori usano toni e formule abbastanza omogenei. Il ritmo è tutta alla radio, è un elemento decisivo. Il ritmo non è velocità dell’eloquio; nel ritmo c’è gioco di forza, un po’ di spettacolarità. Si deve essere sempre consapevoli che c’è un pubblico che si deve interessare e tenere l’attenzione. I pubblici sono naturalmente diversi e hanno predisposizioni all’ascolto molto differenti. Connessa al ritmo è l’espressività che potremmo descrivere come la forza, l’intensità, l’efficacia con le quali si dicono le cose. Un conduttore deve cercare di lavorare sull’intonazione, sull’enfasi delle parole e delle espressioni. In generale nelle radio commerciali e di flusso il lessico è piuttosto semplice e si evitano frasi complesse con molte subordinate, ma nelle radio di contenuto l’eloquenza conta. Se si parla di tegola della conversazione si entra, spesso inconsapevolmente, nel campo della retorica. Nelle radio commerciali ma anche in diverse trasmissioni di radio, più istituzionali dominano iperboli, stereotipo metaforici, perifrasi abusate e paronomasie, di tenore decisamente più basso di quelle che usavano, spesso improvvisando. I conduttori delle radio più istituzionali, in particolare delle radio pubbliche, corrono un altro rischio, quello dell’eccesso di allusioni o di enfasi e non si fanno mancare neppure parecchie litoti, espedienti retorici per mostrare che la si sa lunga. Bisogna dunque prestare molta attenzione alle espressioni che si impiegano ed evitare di cadere in quelle che Lombardi Vallauri chiama i comportamenti linguistici alla moda. Bando poi alle sottolineature dei limiti temporali perché si offende chi va in onda dopo di te, e si suona goffi. Il registro segue in contesto e avremo linguaggi informali, giovanili e ragionali, talvolta molto gergali e talaltra, ma molto di radio, anche dialetti, nelle radio locali, nelle radio commerciali young adult, nelle radio calcistiche. Registri neutri spontanei nei network nazionali e registri controllati e curati nelle radio pubbliche e comunitarie. Il conduttore deve conoscere il mondo, ma ognuno il suo, e quindi competenze e saperi che ci possiamo aspettare dalla radio che scegliamo di ascoltare. Oltre al contenuto prendono sempre grande attenzione alla forma di un programma al modo migliore per tenere desta l’attenzione di chi ascolta, catturare l’ascoltatore, anche con elementi spettacolari. 10 Esperienze Leggere o improvvisare è un dilemma. Il presentatore dovrebbe piuttosto comunicare ciò che gli viene in mente o che prova attualmente, oppure dovrebbe esprimete con parole, nel momento in cui comunica, i fatti, le idee e le esperienze che il suo pensiero gli suggerisce. In questo senso parlare significherebbe improvvisare e non riprodurre. Leggere è quasi indispensabile, tempi, necessità di precisione e di stile impongono di avere un foglio di carta davanti. I conduttori potrebbero trovarsi a improvvisare nel caso di una notizia che arriva mentre sono in onda in diretta, di un evento che avviene durante la lettura del GR. L’improvvisazione, lo spontaneismo costeggiano rischi, trappole: le interiezioni e i riempitivi sono brutti, si notano, ci si può lavorare. Al posto delle interiezioni è meglio il silenzio, meglio una pausa di un secondo, non di più se no l’ascoltatore pensa che gli sia successo qualcosa. L’amozione gioca pessimi scherzi. Credo che sia più facile condurre oggi che vent’anni fa perché ci sono molti più strumenti per riempire il vuoto. Un bravo conduttore deve fare chiarezza, riportare notizie di fonti affidabili citando sempre la fonte. Usare il tono giusto, sottrarre, non enfatizzare, ricordandosi che nel caso di grandi emergenze la radio è l’unico strumento che arriva. L’ascoltatore ha bisogno di capire quel che sta accadendo e può essersi messo in ascolto in qualsiasi momento. Ogni tanto occorre ricapitolare premettendo sempre quello che si sa con certezza. Le autorità e i media britannici e tedeschi fanno un’operazione di igiene informativa, selezionano le informazioni, danno solo le notizie certe, magari arrivano dopo ma sono affidabili, per evitare il cosiddetto ‘’caos informativo’’. Testimoni, protagonisti di un evento di cronaca, e anche ascoltatori dovrebbero essere messi nelle condizioni di esprimersi senza titubanza e preoccupazioni, e la responsabilità del conduttore è alta. La prima parte della trasmissione è decisiva, è li che si cattura chi sta ascoltando, è li che bisogna lavorare sulle espressioni, sul montaggio, sulla struttura. Conduttore nel tempo della disattenzione L’espressione più in circolo è ‘’dipende dal contesto ’’; la conclusione che il campo è così complesso e vario che tutto va bene, che c’è spazio per tutti, che alla radio l’offerta è ricca e variegata, che i vecchi super generei siano sempreverdi, che esprimere giudizi di merito è troppo complicato e che l’importante è fare bene ciò che si è chiamati a fare, essere coerenti con la struttura data, col programma nel quale di lavora. Tutto questo non è sufficiente. Le cose sono cambiate e stanno cambiando e bisogna indicare ciò che si ritiene un progresso e ciò che si ritiene invece arretramento; gli anglosassoni all’epoca del dilagare della cultura televisiva usavano l’espressione ‘’dumbing down’’, possibile peggioramento. C’è in gioco la qualità del dibattito pubblico, che non è un elemento secondario. All’interno del campo grande bisogna analizzare ciò che sta accadendo ai singoli media e noi abbiamo cercato di farlo con la radio. Il cambiamento è stata un’evoluzione, anche lenta, e se sono aumentati leggerezza, velocità, superficialità, contenuti al servizio di commercio e pubblicità, è stato un processo complesso che va attribuito più alla società dei consumi, alla televisione e alla cultura di massa. Facebook analizza come una società che vende pubblicità ed è indifferente ai contenuti che veicola obbliga comunque a svolgere ulteriori riflessioni. Oltre a inseguire la concorrenza della radio di intrattenimento e accompagnamento, chi fa quel tipo di radio deve tararsi su un essere umano che è cambiato, che ha una soglia dell’attenzione bassissima. Che è continuamente distratto dalle notifiche dello smartphone. L’analisi dell’ascolto ci dicono che soltanto la mattina presto l’informazione compete con i ‘’morning show’’ o l’intrattenimento. A partire dalle 9 quest’ultimo domina lo share. Le ragioni sono le più diverse, in primis il modo in cui è stato regolato il mercato e poi la mancanza di investimenti nella radio pubblica, la possibile minore qualità ed efficacia dell’offerta; da non sottovalutare il deficit culturale del nostro paese, il tasso di istruzione. Il pubblico va raggiunto dove si trova, attraverso gli strumenti che usa oggi, e quindi anche sulla rete, sugli smartphone, negli interstizi della vita. Ma preservando i contenuti, perché la connessione indifferente ai contenuti ci impoverisce, impoverisce la comunità. 11
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