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La radio nella rete - G. Zanchini, Sintesi del corso di Giornalismo radiofonico e televisivo

Riassunti del libro "La radio nella rete" di Giorgio Zanchini.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 22/07/2020

lucre1996
lucre1996 🇮🇹

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Scarica La radio nella rete - G. Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Giornalismo radiofonico e televisivo solo su Docsity! La radio nella rete – Giorgio Zanchini Intro. Che cosa sta accadendo alla radio? La radio è andata incontro ad un’inarrestabile rinascita. Passando dall’analogico al digitale, è riuscita a diventare qualcos’altro rispetto al mezzo di comunicazione nato nel Novecento, perdendo alcuni elementi ma conservandone altri caratteristici, in primis la sua immediatezza e agilità. Oggi, come tutti gli altri media, è nella rete, una rete in cui gli scambi con altri media sono all’ordine del giorno. La rivoluzione digitale ha rappresentato una sfida per la radio, sfida verso cui si è dimostrata all’altezza: si sono moltiplicati gli strumenti che ci permettono di ascoltarla, si è ibridata con i social media, si è adattata ai tempi veloci della contemporaneità. È dunque molto cambiata nelle forme e nei contenuti, ma non ha perso la sua dimensione legata all’ascolto . Cosa e come è cambiata, e cosa invece è rimasto uguale saranno argomenti di questo testo, con un riferimento particolare alla radio di contenuto, basata sulla parola e sul ragionamento. La radio è sempre stato un mezzo che ben si presta alla conversazione, allo scambio di idee, al dialogo tra persone: oggi invece ci troviamo nell’epoca della distrazione e della disattenzione. La radio ha dunque saputo adattarsi anche in questo senso al proprio tempo e alla propria epoca, reinventandosi e connettendosi con gli altri linguaggi moderni. Ecco quindi frammentazione, ascolti più brevi e distratti, nuovi format che assecondano questa domanda. La radio sta cambiando molto e intercetta bene le caratteristiche del tempo presente. Elenchi, cataloghi ed esempi aiutano a capire quanto la radio sia un mondo un ricco e variegato, in cui hanno forte rilevanza anche lo stile e la personalità dei conduttori. Sarebbe però impossibile farne una ricognizione esaustiva, motivo per cui ci si baserà su generi e stili di massima con un’attenzione particolare al dibattito radiofonico sull’attualità. Numeri, tendenze, previsioni La radio ha un nucleo sempreverde legato all’ascolto, alla voce e alla musica, ma molto è cambiato per via delle innovazioni tecnologiche, che hanno modificato il modo in cui si partecipa alla radio e hanno inserito questo medium in un nuovo campo crossmediale. Oggi la radio gode di buona salute, questo perché è stata in grado di stare al passo con i tempi e le trasformazioni tecnologiche. I cambiamenti hanno riguardato i format, le piattaforme, i linguaggi, i dispositivi. Dopo alcune crisi, la radio è stata in grado di recuperare pubblico e ascolti. In Italia oggi ci sono circa 2500 concessioni a trasmettere, di cui 14 nazionali, questo a seguito del processo di concentrazione negli assetti proprietari, per cui molte piccole emittenti sono state assorbite da grandi gruppi. Oggi le fonti di finanziamento si basano o su un sostegno interamente pubblico, o su sistemi misti o solo su base commerciale. In Italia, dove è il governo ad accordare le licenze di trasmissione terrestre e via cavo, mentre è l’Agcom a concederle per alcuni canali satellitari, il panorama è molto affollato e confuso. Inoltre da noi le radio di contenuto sembrano arretrare rispetto a quelle di evasione e di accompagnamento. Tuttavia, nonostante le difficoltà incontrate nel corso degli anni, la radio regge, sebbene in modi differenti rispetto alle diverse aree geografiche. Ad esempio c’è una stretta correlazione tra regimi politici e modello pubblico-privato: nei paesi di debole libertà politica la radio è spesso centralizzata e controllata dai governi, mentre in Occidente (ma in generale ormai un po’ ovunque) stanno prendendo sempre più piede le webradio. Bisogna ora soffermarsi sull’ingresso della radio nell’ecosistema Internet. Tutti i media, dall’inizio del XXI secolo, stanno conoscendo una profonda trasformazione, determinata appunto dall’affermarsi del digitale. La radio ha saputo adattarsi al cambiamento, e diventare multimediale, crossmediale. In questo contesto la parola broadcasting indica la trasmissione circolare via etere di contenuti di interesse generale non indirizzati ad un destinatario particolare ma a tutti gli apparecchi che si trovano nell’area di ricezione. Il broadcasting, con queste trasformazioni ha conosciuto cambiamenti, poiché ci troviamo nell’”età dell’abbondanza mediale”. Oggi grazie ai computer e alle nuove tecnologie i dati vengono gestiti molto più facilmente, la velocità delle comunicazioni è aumentata, sono aumentate le piattaforme tramite cui ascoltare la radio. Oggi i principali strumenti per ascoltarla sono Fm, onde medie, onde lunghe, onde corte, digitale, televisione digitale, telefoni mobili, satellite, web e social network. Particolare rilevanza hanno poi i podcast, sistemi che permettono di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni e di ascoltarli quando si desidera, che sono in notevole aumento. Anche il modo di fruire dei prodotti radiofonici è cambiato. È ormai in corso una progressiva socializzazione negli usi e nei consumi dei media, ormai diventati social media . Il fruitore, l’utente quindi, diventa parte molto più attiva del processo di costruzione delle comunicazioni e dell’informazione, diventa generatore di contenuti. L’ibridazione della radio con il web ha portato soprattutto ad indebolire l’idea di un palinsesto radiofonico, poiché oggi con i podcast e con lo streaming si può ascoltare qualcosa quando si vuole e dove si vuole. Con la digitalizzazione sono sorte numerosissime nuove webradio (se ne stimano circa 50mila), spesso specializzate in settori estremamente di nicchia. La radio offre dunque straordinarie opportunità, ma pone anche difficili sfide, in primis quella del pubblico giovanile, che specie per le radio pubbliche diminuisce un po’ ovunque. I giovani usufruiscono di altre piattaforme per ascoltare la musica, per cui la radio deve ripensarsi su nuove piattaforme. Nel futuro la radio sarà sempre più digitale (Dab = digital audio broadcasting, standard di radiodiffusione digitale), anche se sussiste ancora un problema di standard condivisi, oltre al fatto che l’enorme salto tecnologico imposto da Internet ha portato numerose novità e cambiamenti. L’ascolto nell’epoca della disattenzione Altro campo che riguarda il cambiamento della radio è quella circa la metamorfosi sociale degli ultimi vent’anni, ovvero la rivoluzione digitale , il cosiddetto mondo flusso della connessione costante. Ci si chiede dunque come faccia la radio a resistere nel mondo flusso, nella conversazione ininterrotta dei social media, quale sia lo spazio che rimane all’ascolto nell’età della disattenzione. Innanzitutto la radio resiste perché quello dell’ascolto è un bisogno profondo, da sempre radicato nell’uomo. Altro bisogno è poi quello di essere connessi, nel senso di non essere isolati, di sentire la compagnia della voce umana. La radio è il medium dell’oralità, dove l’oralità ha la sua forza proprio nel reciproco scambio umano. La radio è l’unico medium dove è presente solo un senso, il che significa che ci creiamo una realtà sonora che siamo poi liberi di arricchire come vogliamo e che a sua volta ci lascia liberi di fare anche altro. Ci si chiede allora Per capire qualcosa di più sugli ascoltatori che partecipano alle trasmissioni, sugli argomenti su cui si interviene di più, Zanchini porta gli esempi di esperienza diretta di osservazione del pubblico di Radio3 e Radio1, con i programmi “Tutta la città ne parla” e “Radio Anch’io”. “Radio Anch’io” è uno dei format più antichi della nostra radio pubblica, nato nel 1978, dibattito radiofonico sull’attualità in cui partecipano i protagonisti della vita pubblica nazionale a confronto con le domande e le riflessioni degli ascoltatori. “Tutta la città ne parla” nasce invece nel 2010, prende spunto diretto dalle telefonate e nasce dunque con un esplicito intento di messa in circolo delle idee, delle domande degli ascoltatori. In entrambi i programmi in questi anni sono aumentati i WhatsApp, mentre su Facebook nel complesso la pagina di “Tutta la città” è più partecipata di quella di “Radio anch’io”, nonostante abbia un terzo del pubblico. In entrambe le trasmissioni suscitano una forte risposta i temi che sono al centro dell’agenda informativa del paese. Chiaramente ci sono temi diversi che accendono di più il pubblico nelle due trasmissioni, perché questo dipende dal canale e dal tipo di pubblico. Si nota inoltre come gli ascoltatori tendano ad intervenire di più su tematiche su cui possono prendere una posizione netta, oltre al fatto che quando si hanno ospiti bravi si attirano più commenti. Conversazioni Aspetto specifico del fare radio è la conduzione , la gestione della conversazione . Cambiando il modo di trasmettere e di fruire, diventando centrale la dimensione partecipativa, si hanno ovviamente effetti anche sulla conduzione. Si parla dunque di dibattiti, discussioni, talk show, delle varie declinazioni della conversazione insomma. Innanzitutto bisogna dire che per conversazione alla radio si intende un colloquio, una discussione tra due o più persone, non un monologo . Chiaramente è un’espressione che va poi definita ulteriormente a seconda del contesto, usata qui come una sorta di espressione ombrello che copre più concetti. Alla base di una conversazione ci sono delle regole. Non ci si può infatti affidare solo all’intuito e all’improvvisazione, occorre anche una serie di saperi e di competenze, oltre alla predisposizione ad entrare in sintonia con l’interlocutore e al tono e alla modulazione della voce. Oggi la conversazione radiofonica serve a mettere in circolo idee, ad arricchire la conversazione nazionale, a stimolare riflessioni per leggere il presente. La conduzione radiofonica è dunque un’attività che abbraccia più campi, stili e contenuti, e così anche i conduttori sono figure molto variegate. Le regole della conduzione radiofonica Per quanto riguarda cosa deve saper fare un conduttore, esistono decine di decaloghi e regole al riguardo, e analizzarne alcuni tra i più significativi può essere utile, anche per capire se le regole di ieri possono essere valide ancora oggi nell’era della rivoluzione digitale e dei social media. il primo testo è quello delle “10 regole di uno speaker radiofonico”, che in sostanza consiglia di parlare semplice, di non essere prolisso, di fare attenzione a ciò che si dice, di non nominare radio concorrenti, di scandire bene e di non parlare troppo di se stessi. Chiaramente molto dipende dal contesto, dal registro e dal tipo di pubblico. Il secondo testo è un saggio sulla radio molto diffuso nel mondo anglosassone, che afferma di parlare in modo che l’ascoltatore immagini ciò che si sta ascoltando, di dire sempre la verità e di non parlare di cose che non si conoscono, di non essere mai noioso, di parlare bene del proprio programma e degli altri della stessa radio, e soprattutto di rischiare e osare in grande. Questi due decaloghi riguardano principalmente la radio commerciale. Ce ne sono poi altri due che riguardano invece una radio più seria, il primo pensato per Terzo Programma, ovvero le “Norme per la redazione di un testo radiofonico” di Gadda. È un testo strepitoso, in cui Gadda consiglia di costruire il testo con periodi brevi, di non aprire parentesi ma di essere lineari, evitare rime e allitterazioni involontarie, così come parole desuete e forme poco usate, insieme ad altri consigli di natura prettamente grammaticale. Sono norme lontane da un programma in diretta, ma che ci insegnano l’importanza della chiarezza e del ritmo. Il secondo testo, un pentalogo, è stato invece pensato per Radio3 negli anni 2000, scritto da Marino Sinibaldi (direttore di Radio3), in cui ritroviamo – seppur trasformata – la linea gaddiana. Qui si afferma di non dare mai del tu agli intervistati, di non fare domande più lunghe delle risposte, non fare domande che presuppongono “sì/no” come risposta, non interloquire con “sì/certo/assolutamente” o simili e non lasciare mai incertezza sull’identità dell’interlocutore. La radio ha dunque una grammatica che va rispettata, così come ritmo, tempi, capacità di essere chiari e avvincenti. Ovviamente poi ci sono regole più specifiche a seconda delle singole radio. In generale, comunque, la radio deve rispettare delle norme, soprattutto se vuole sopravvivere nell’era della frammentazione e della distrazione, e soprattutto il giornalismo radiofonico ha bisogno di regole. Alcune caratteristiche su questo tipo di giornalismo su cui la manualistica insiste sono legate alla sintesi, all’immediatezza, alla velocità, alla capacità di evocazione. Oggi la radio è il frutto dell’ingresso delle radio commerciali nel mercato radiofonico e dell’ibridazione della radio stessa con la rete. Bisogna ora parlare di ciò che sta accadendo alla conduzione, descrivendo trasmissioni, conduzioni e conduttori. La conduzione oggi: generi e modelli Per capire meglio il cambiamento radiofonico e cosa significhi condurre nell’era della disattenzione bisogna in primis orientarsi tra sistemi e generi . Conduzione e stile del conduttore dipendono ovviamente in primo luogo dal contesto. La questione del pubblico è poi sempre centrale per chi deve costruire un programma, perché bisogna cercare di offrire prodotti diversi per pubblici diversi. Classificazione di fondo è quella tra radio di palinsesto e radio di flusso . La radio di palinsesto è tendenzialmente generalista, pensata per un pubblico dai gusti indifferenziati, vasto ed eterogeneo, mentre la radio di flusso – detta anche format radio – è basata su un flusso che in generale prescinde dalle fasce orarie e dall’offerta per generi e pubblici, ed è costruita su un sistema di elementi fissi e riconoscibili, quali musica, jingle, parlato, pubblicità ecc., il cosiddetto clock, che deve appunto essere il più riconoscibile possibile dall’ascoltatore. Per quanto riguarda il genere, si tratta di un insieme di tratti distintivi che consentono al pubblico di orientare le sue aspettative. Nel caso della radio la distinzione tra i vari generi è piuttosto mutevole e sfuggente, senza confini precisi. I generi variano molto perché il parlato radiofonico varia molto, distinguendosi in primis tra parlato di accompagnamento e parlato di contenuto . Il primo è la forma tipica della radio commerciale, giovanile o d’evasione, il secondo della radio pubblica. Ovviamente tutto dipende poi dal contesto. Sono poi proliferati format che rendono improbabili classificazioni semplici e chiare. La moltiplicazione dei format riguarda soprattutto l’offerta musicale. Per la radio di parola invece ci sono meno categorie, grosso modo riportabili a all news, talk, news&talk e music&news . Il format all news è piuttosto diffuso negli Stati Uniti, canali caratterizzati dalla presenza fissa e costante di notiziari, mentre in Italia questo modello non si è mai veramente affermato, con tentativi da parte di Radio1 e Radio24. La talk radio è invece la radio di parola sui temi più diversi, dove la qualità e il tipo di contenuto può variare molto. Così come questa nozione è fortemente polisemica, lo è anche l’espressione di “parlato di accompagnamento”, dove l’idea è quella di accompagnare con il parlato la musica: questi format sono ormai i più diffusi, ma accade anche che la musica vada ad inficiare il parlato, che magari è brillante. Per via di questa pluralità di significati, dunque, sarebbe corretto definire l’unione di musica e parlato come contenitore di intrattenimento, che poi è il genere più diffuso e di maggior successo anche in Italia. Il parlato, anche nelle radio commerciali, negli ultimi anni non è andato diminuendo, anzi, la sua unione alla musica ha costituito anche una buona risposta alle app di musica come Spotify per esempio. Ovviamente il parlato ha poi un ruolo maggiore nel parlato di contenuto, dove troviamo i giornali radio e gli approfondimenti, approfondimenti che possono essere su qualsiasi tema, e che può trattarsi o di un programma chiuso e concluso o parte di un contenitore i cui vari programmi sono accomunati da un filo rosso. C’è poi il talk show, o programma di discussione, dibattito, prototipo di un po’ tutte le trasmissione di parola e genere che assume varie forme. È la casa del conduttore, il suo luogo tipico dove conduce interviste, discussioni, accompagna ecc. Dei talk show fanno parte i dibattiti, dove predomina l’impronta giornalistica. Abbiamo poi l’approfondimento informativo, le rassegne stampe. Per quanto riguarda invece il tipo di conduzione, questo dipende moltissimo dal genere di programma in cui il conduttore si trova: per distinguere tra i tipi di conduzione, oltre alla distinzione tra parlato di contenuto e parlato di accompagnamento e a quella basata sui format, ce n’è un’altra che si basa sugli impegni: educare, informare, divertire. Così le conduzioni si dividono tra informazione, intrattenimento ed educazione. Chiaramente sono distinzioni labili, che spesso si mescolano tra loro. Tuttavia sono anche distinzioni utili per poter emettere dei giudizi. Dai modelli alla realtà: cosa fanno i conduttori Tutti questi modelli, questi generi e i contenuti che veicolano, sono stati cambiati dalla radio nella rete, dalla rivoluzione digitale? La radio dell’accompagnamento e della frammentazione sta crescendo a scapito di quella seria e di contenuto? La risposta non è semplice ma può essere articolata alla luce di alcuni esempi. Bisogna innanzitutto concentrarsi su ciò che fanno i conduttori. La guida del programma avviene o leggendo testi propri, o improvvisando, o improvvisando ma sulla base di scalette. Anche qui si possono cercare classificazioni, ma bisogna sempre tenere a mente che il tipo di conduzione dipende dal genere del programma sul tipo di canale sul quale va in onda. Il dj, il disc jockey, è un conduttore musicale che si afferma a partire dalle radio pirata off shore dei primi anni ’60, e in estrema sintesi è colui che accompagna la musica. Si tratta di un mestiere molto versatile. Il conduttore musicale deve tener conto della limitazione che ha nel parlare, scandita rigidamente dal clock della radio. Deve dunque sempre visualizzare il momento in cui deve smettere di parlare e quello in cui deve riprendere la parola. Tra i pochi che possono invece imporre ormai il proprio ritmo troviamo Linus, di Radio Deejay. Ci sono poi i conduttori di programmi di taglio giornalistico, programmi che in realtà possono
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