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La radio nella rete - Giorgio Zanchini, Sintesi del corso di Storia Della Radio E Della Televisione

Riassunto dettagliato del libro La radio nella rete - La conversazione e l'arte dell'ascolto nel tempo della disattenzione a cura di Giorgio Zanchini.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 24/01/2020

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4.6

(22)

31 documenti

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Scarica La radio nella rete - Giorgio Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! LA RADIO NELLA RETE 
 
 CHE COSA STA ACCADENDO ALLA RADIO?
 Il passaggio della radio dall’analogico al digitale, ancora incompiuto, consiste nel vedere il montaggio di una traccia audio passare dal registratore ai grafici di un software, nell’assistere al progressivo avanzare dei social media, nell’osservare uno dei mezzi di comunicazione che hanno dominato il 900 diventare qualcos’altro, perdere alcuni elementi caratteristici per conservarne e accentuarne altri (la socialità e la partecipazione ad esempio)
 
 Oggi la radio è nella rete, in una rete dove gli scambi e i cosiddetti prestiti mediali sono continui, e in questa rete sta bene, può prosperare. La rivoluzione digitale è stata ed è una sfida radicale alla quale però il medium radiofonico ha saputo rispondere all’altezza: si è ibridata con i social media adattandosi ai tempi distratti della contemporaneità. E’ cambiata molto nelle sue forme e nei contenuti che veicola però allo stesso tempo ha mantenuto alcune delle sue caratteristiche principali legate alla dimensione dell’ascolto, alla voce e alla musica. 
 In quest’epoca di distrazione e disattenzione, in cui i diversi dispositivi tecnologici ci permettono una connessione perenne e un universo di piaceri e saperi potenzialmente infinito, in cui la competizione per la cattura del nostro tempo libero è feroce, la radio si è arricchita e rafforzata. 
 
 Come in altri passaggi della sua storia, si è saputa adattare e reinventare e connettersi di volta in volta coi linguaggi del proprio tempo e l’ibridazione con la rete. Si era già stata trasformata nei suoi modi e contenuti dall’avvento delle altre radio, quelle che hanno rotto il monopolio pubblico, le radio libere, comunitarie, commerciali, che hanno migliorato la radio pubblica che altrimenti rischiava di non intercettare linguaggi e pubblici, di non capire il proprio tempo. Oggi la radio gode di buona salute, muta di continuo i propri usi e consumi per stare al passo con i tempi e con l’innovazione. La tecnologia ha ridefinito il medium e il campo in cui si muove, ma cosa è realmente cambiato e cosa no?
 
 NUMERI, TENDENZE, PREVISIONI 
 La tecnologia ha mutato e sta ancora mutando i modi e i termini della relazione tra chi sta dietro al microfono e chi ascolta, il modo in cui si partecipa, inserendo il medium radiofonico in un panorama crossmediale, ibrido, che ha avuto effetti innanzitutto sui contenuti che si trasmettono. Le tramissioni “serie” da noi non occupano mai i primi posti delle classifiche di ascolto e le radio di contenuto sembrano arretrare rispetto a quelle di accompagnamento. Tale tendenza radiofonica è dovuta innanzitutto ai consumi culturali del nostro paese che negli ultimi decenni hanno marginalizzato le forme alte, verso bassi tassi di lettura, di quotidiani e di libri, un preoccupante analfabetismo e una sconfortante riluttanza nei confronti della pagina scritta. 
 
 Le ragioni di tali resilienza si riscontrano nel processo di profonda trasformazione iniziato negli anni 90 ,con le innovazioni tecnologiche che si susseguono a un ritmo quasi ansiogeno e accelerato fino a determinare l’avvento del digitale e l’affermarsi dell’ecosistema comunicativo di internet. Tutti i media ne escono profondamente cambiati, nei modi di fruizione, di produzione e nei contenuti. E’ cambiato molto anche il modo di produrre e ricevere informazioni. In particolare il passo fondamentale è stato rendere possibile la gestione di qualsiasi cosa sottoforma di file di dati. 
 Il podcast è senz’altro uno degli elementi di maggior rilevanza portato dalla rivoluzione digitale: il termine è nato dalla fusione di iPod e broadcasting e indica il sistema che permette di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni e di ascoltarli quando si desidera. BbcRadio nel 2016 contava in media più di 25 milioni di download al mese, RadioRai sta attorno ai 7, RadioFrance attorno ai 10. Alcuni analisti parlano di tecnologia di passaggio riferendosi al podcast e immaginano che in futuro prenderà più piede l’ascolto in streaming, un sistema che permette di ascoltare i contenuti audio immediatamente senza necessità di scaricarli e salvarli. Se si guarda agli USA i podcast sono in ottima salute: specialmente i cosiddetti podcast network come Radiotopia o Gimlet o Panoply, piattaforme sulle quali si possono ascoltare serie audio (ad es. Serial, una serie di enorme successo che racconta gli sviluppi investigativi di un caso di omicidio avvenuto a Baltimora nel 1999, ha superato i 100 milioni di download). 
 I grandi giornali, le grandi riviste, come “The daily” di Michael Barbaro sul New york times, ma anche molti siti di informazione nativi digitali (es. Vox) offrono ormai sui loro siti programmai audio via podcast e forniscono daily news show. Anche diverse celebrities stanno scegliendo questo strumento per far sentire la loro voce in rete. 
 
 Anche il broadcasting ha conosciuto dei cambiamenti specifici. Il broadcasting è la trasmissione a “diffusione larga”, che si rivolge ad un pubblico di massa con contenuti di interesse generale indirizzata a tutti gli apparecchi che si trovano nell’area di ricezione, è una comunicazione unidirezionale rivolta ad un’audience passiva e indifferenziata.
 Dopo l’oggettiva crisi, anche d’identità, determinata dall’avvento della tv, la radio è riuscita a ritrovare una sua solida tenuta e a partire dalla metà degli anni ’80 a recuperare ascolti. Nel 1955 si era poco sotto i 20 milioni di ascoltatori quotidiani, fino alla metà degli anni ’80 si era rimasti sotto ai 25 milioni, poi invece sono iniziati a crescere, soprattutto negli anni ’90 arrivando a quasi 30 milioni nel 1994; dagli anni 2000 a oggi ruotano attorno ai 35 milioni (come numero siamo dietro agli altri grandi paesi europei). 
 In generale la radio nel mercato dei media italiano occupa una percentuale di investimenti in leggera crescita ma complessivamente bassa rispetto agli altri media. 
 Negli ultimi dieci anni la crescita complessiva dell’utenza radio da smartphone è stata del 15,5%, quella da internet via pc o tablet dell’11% e i giornali radio sono la terza fonte utilizzata dagli italiani per informarsi dopo tg e facebook.
 Dal 2015 è particolarmente evidente nel nostro paese il consolidamento della società RadioMediaset e il rafforzamento del gruppo RTL 102.5. Le fonti di finanziamento oggi si basano su un sostegno pubblico, o su finanziamenti privati o su ricavi pubblicitari. In Italia il governo accorda le licenze di trasmissione terrestre e via cavo, mentre l’AGCOM concede quelle per i canali satellitari. Digitale e internet hanno contribuito ad arricchire le piattaforme attraverso le quali si può ascoltare la radio, gli strumenti attraverso i quali è possibile l’ascolto sono 18: i principali sono Fm, Onde medie, onde lunghe, onde corte, digitale, televisione digitale, tutti i tipi di telefoni mobili, satellite, web, social network ecc. 
 
 Secondo i dati britannici più recenti il 59% della popolazione del Regno Unito ascolta la radio via piattaforme digitali, l’online e le app da sole contano per circa l’8% dell’ascolto totale e le app sono destinate a crescere. Negli USA i numeri sono ancora più alti, in Italiano si registrano dati più bassi di quelli anglosassoni ma la linea di tendenza è la stessa. In generale la radio va dove va il pubblico, e il pubblico sta sempre di più sulla rete. Le percentuali di ascolto in macchina sono diminuite del 20% in UK, del 50% negli USA e del 70% in Italia. Grazie ai nuovi media e in particolare ai social network, siti, blog, mail, sms, e ai dispositivi tecnologici come smartphone e tablet, ormai il 25% del pubblico adulto ascolta radio tramite smartphone o tablet e il fruitore così diventa più attivo nel processo di generazione dei contenuti, diventa compartecipe degli scambi. Le protesi digitali permettono una conversazione ininterrotta basata sulla continua condivisione, è proprio questa continua possibilità di condivisione che fa illudere l’individuo di essere attivo in qualsiasi processo comunicativo e di riuscire a personalizzare i flussi d’informazione. 
 Solo Norvegia, Danimarca, Svizzera e UK hanno attuato o previsto per legge lo switch off dall’analogico al digitale. Il Nord europa è più avanti, con aree in cui più del 50% della popolazione ascolta la radio in digitale ma l’Fm continua comunque ad essere il più diffuso strumento di ascolto in tutti i paesi. 
 
 
 
 
 
 più o meno due settimane in anticipo e le singole trasmissioni erano preparate con cura attraverso rassegne stampa e ricerche bibliografiche. Il conduttore era Marino Sinibaldi, l’attuale direttore della Rai, racconta che si preparava in biblioteca e arrivava in studio informato sull’argomento per affrontare la discussione con gli ospiti di solito esperti del tema di cui si discuteva. Il conduttore arrivava in studio con una scaletta cartacea e un progetto in testa, con appunti che erano frutto delle letture e delle proprie riflessioni, e si sviluppava un ragionamento assieme agli ospiti (come se fosse una conversazione nei salotti settecenteschi), non era magari sempre un percorso lineare dalla A alla Z ma quasi. Gli unici strumenti di contatto con gli ascoltatori erano lettere e messaggi che potevano essere lasciati in segreteria telefonica. Di certo non si poteva parlare di conversazione aperta, di scambio. 
 
 Simile fu anche l’approccio de “Il baco del millennio”, una trasmissione quotidiana di cronaca e riflessione culturali andata in onda tra gli anni ’90 e gli anni 2000, condotta da Giorgio Zanchini. Anche qui c’era un tema settimanale, ospiti invitati per tempo, preparazione, rare intromissioni della realtà esterna. Nelle radio di oggi, come Radio Anch’io, Tutta la città ne parla, Prima pagina, La Zanzara, Caterpillar, Zapping, ecc. il programma diventa una sorta di racconto corale, di conversazione nazionale perchè il conduttore non solo rivolge domande agli ospiti cercando di mantenere il filo del discorso, ma al contempo deve tenere presenti i consigli che arrivano dalla regia e dalla redazione e leggere parte dei messaggi che arrivano attraverso i social. Oggi chi conduce deve essere più flessibile, più agile, più sveglio. Il conduttore deve essere multitasking: dotato di varietà, polifonia, velocità, interattività attraverso gli strumenti di community. 
 
 GLI STRUMENTI PER PARTECIPARE
 Gli strumenti partecipativi variano di molto a seconda della radio e del genere di trasmissione. In generale sono:
 - il telefono tradizionale, caduto in disuso con la fine del numero verde, chiamavano sempre le stesse persone in eterna attesa di dire la propria 
 - il cellulare, ha reso più facile il collegamento tra ospiti e ascoltatori
 - la mail, oramai quasi considerato strumento antico, varia a seconda delle trasmissioni, è uno spazio più disteso perchè lascia la possibilità di esprimere un concetto quasi compiuto, dieci o più righe di commento e valutazione. Quindi anche se storicizzato è un contributo molto utile, spesso a fine trasmissione dopo aver parlato dell’argomento del giorno le radio ricevono mail lunghe, frutto di riflessione, simili alle lettere che ricevavano anni fa le redazioni (es. Radio3 con il suo pubblico pignolo e partecipe ricevevano mail elaborate che talvolta servivano per trasmissioni successive, oggi è meno praticato perchè ci sono strumenti di più facile uso)
 - gli sms resistono, restano un modo veloce, diretto e spontaneo per dire simultaneamente la propria opinione di quello che si sta ascoltando. 
 - whatsapp, strumento molto usato, gratuito e rende possibile anche l’audio (messaggi brevi, tagliabili grazie ai software del pc, e si integrano con il percorso della trasmissione).
 - fb, il pilastro della social radio, il cuore delle conversazioni che circondano qualsiasi programma. Tutte le radio hanno un profilo e gran parte dei conduttori hanno un profilo, fb è uno strumento utile per coinvolgere e mobilitare, oltre che con i post anche attraverso immagini, audio, video, link. Il conduttore diventa anche uno strumento del marketing: più è vasto il suo impatto sociale meglio è. Deve cercare di sedurre l’audience sfruttando le diverse piattaforme attraverso l’engagement. C’è chi interviene molto, chi mette sul profilo contenuti aggiuntivi rispetto alla trasmissione, chi lo usa come vera e propria piattaforma editoriale. Attraverso ciò che si posta su fb si dà vita a una nuvola di conversazioni, scritte, orali, video, che circondano la trasmissione oltre la semplice messa in onda. Quali sono le conseguenze?
 1) l’esperienza dell’ascolto e la reazione all’ascolto non è più simultanea e immediata, può estendersi nel tempo dopo la messa in onda 
 2) il palinsesto si corrode e di conseguenza la fruizione condivisa degli ascoltatori cambia, s’indebolisce la dimensione rituale dell’ascolto “insieme” che forniva argomenti di discussione comuni contribuendo a cementare la sincronia emozionale che dovrebbe caratterizzare una comunità.
 3) si passa all’iperprivatizzazione dell’ascolto che ha decretato la fine della sfera pubblica della radio. 
 
 (Nella classifica del 2016 sulle radio più influenti sui social network si fatica a credere che in testa ci sia RadioMaria, mentre RadioRai è ancora debole sotto questo punto di vista innanzitutto per l’età media di chi vi lavora e di chi sta al microfono, poco dediti ai social)
 
 In un saggio di Enrica Atzori, in buona parte dedicata all’interazione col pubblico, si scopre una corrispondenza tra la natura della radio o del programma e lo stile dei post dei commenti: la lingua, i toni, gli atteggiamenti dei fan non sono altro che una risposta consonante rispetto alla comunicazione del programma.
 
 EFFETTI DELLA SOCIAL RADIO. PRIME IPOTESI 
 Il lavoro di Turkle sul rapporto costi/benefici, su cosa guadagniamo e cosa perdiamo nell’epoca del continuo scambio di informazioni e comunicazioni è significativo, secondo l’ideologia “insieme ma soli”. 
 Secondo Zanchini le trasmissioni sono diventate spazi di conversazioni collettive in cui rispetto a ieri ci sono più voci, più attori e quindi più occasioni di racconti, di scoperte, di prese di parola. Le trasmissioni oltre ad avere un durante hanno ormai anche un prima e un dopo, che contribuisce a definire ciò che gli ascoltatori sentono giorno per giorno. Hanno una mobilità, un’imprevedibilità e democraticità maggiore. Oggi l’ascoltatore è networked listener, non solo fruitore/ricevente ma anche generatore di contenuti. 
 Cosa si è perduto però?
 La profondità e la chiarezza nell’esposizione del tema, la capacità di mantenere viva l’attenzione. Quest’ultima sembra essere dovuta alla difficoltà per il nostro cervello di gestire la folla di impulsi e informazioni che riceve nel corso di una trasmissione e quindi è inevitabile una perdita di concentrazione. Il cervello fatica a gestire in modo logico ed efficiente tutte le attività che gli chiediamo in simultanea. Un’altra questione che si sta dibattendo in questi ultimi anni è: è giusta così tanta demagogia? Trasformare le trasmissioni in una sorta di piazza democratica in cui si alza la mano e si prende la parola, senza ordini e gerarchie? E’ giusto cercare di azzerare le differenze tra ospiti esperti e ascoltatori? 
 
 ASCOLTO E PARTECIPAZIONE 
 Quali relazioni ci sono tra gli argomenti che vengono scelti e uno strumento di comunicazione o l’altro? Ciò che suscita una reazione maggiore o minore da parte del pubblico è il tema al centro dell’agenda informativa. Prendiamo come esempio il tema della violenza delle forze dell’ordine, quando il caso Cucchi prese dimensioni nazionali,le trasmissioni affrontarono il tema più o meno con lo stesso percorso, simile. Eppure la risposta del pubblico non fu uguale: ci vuole un fatto, un evento, una polemica politica affinchè il numero cresca. I temi più circoscritti (stragi mafiose, incendi al sud, malattie, omicidi, scontri economici tra Italia e francia) oppure molto complessi (come i sistemi elettorali, la questione P3 o P4, l’attuazione del federalismo) hanno avuto meno appeal. Gli ascoltatori tendono a intervenire sui temi di cui si parla ovunque, con i quali sente di avere familiarità: il rischio è quello di trattare solo di temi che trovano consenso numerico, lasciando in secondo piano ciò che appare secondario, marginale, territorio delle minoranze. 
 C’è anche un nesso tra alto numero di interventi e tema che permette l’espressione di una posizione netta: si tende a intervenire quando il tema, anche se complesso, permette a chiunque di aggiungere un commento es. la scuola. 
 
 Un altro fattore è quello degli ospiti, di coloro che vengono invitati a dire la propria sul tema: l’ospite bravo, l’ospite “divo”, che la spara grossa, che ha una voce riconoscibile tende ad attrarre commenti e reazioni, quello noioso e poco conosciuto meno. 
 Ci sono però anche delle eccezioni, specie per Radio3 dove si affrontano temi che sfuggono a queste regole generali, vicini però alla tipologia di pubblico, più alternativo e colto.
 A Radio Anch’io invece si tratta di un pubblico più tradizionale che si accende su questioni legate all’economia, ai provvedimenti governativi che influenzano la vita quotidiana, i commerci, la cronaca giudiziaria, specie se si conferma l’idea di una classe dirigente di ladri e felloni. 
 Purtroppo le puntate dedicate alle vicende estere e all’Unione Europea rilevano poco dibattito, anche meno di 50 messaggi, a meno che la notizia non abbia una forte ricaduta sulla politica interna o a meno che non si tratti di questioni epocali come la questione israele-palestinese, la Brexit, l’elezione di Trump e le conseguenze economiche per gli italiani. 
 
 CONVERSAZIONI 
 La conduzione, la gestione della conversazione, è un altro grande nodo che è cambiato a seguito della grande trasformazione in atto. Per conduzione intendiamo il modo di scambiarsi idee, parole, le forme del dialogo, i modelli di approfondimento di un tema, i dibattiti e le discussioni. 
 Storicamente, tra gli anni ’30 e i primi anni del secondo dopo guerra, per conversazione alla radio s’intendeva la presenza al microfono di un solo oratore per una durata variabile dai 5 ai 15 minuti. 
 
 Oggi tale definizione è cambiata, assorbita dalla radio generalista e dallo sviluppo dei generi culturali, e per conversazione alla radio intendiamo un colloquio, una discussione tra due o più persone su un argomento, non un monologo.
 Nell’età dell’oro della conversazione, ovvero la Francia della seconda metà del 600, sono state prodotte molte riflessioni sulla pratica della conversazione, tra queste ricordiamo il fatto che per conversare serve un corredo di saperi e di competenze, occorre conoscere il mondo. In secondo luogo bisogna saper lasciar brillare gli altri, perchè la miglior affermazione di sè passa attraverso la gratificazione delle persone con cui si parla. Altrettanto essenziale è quello che Stefano Guazzo ha definito “lo fiato soave”, cioè il tono, la modulazione, il volume della voce. 
 Secondo gli ideali illuministici la conversazione dovrebbe servire ad aprire gli occhi, a dire la verità, a mettere in circolo idee, ad arricchire la comunità, a stimolare e fornire strumenti per leggere il presente.
 
 LE REGOLE DELLA CONDUZIONE RADIOFONICA
 Un conduttore deve seguire delle regole base: ad esempio parla come mangi, sorridi mentre parli, parla poco massimo 2 minuti, non impostare la voce, concentrati sui contenuti, pensa alle conseguenze di ciò che dici, attenzione alle pronunce straniere, dai il giusto peso alle parole, mai nominare radio concorrenti, non parlare troppo di te stesso, scandisci bene le parole. 
 
 Ovviamente tali regole dipendono dai contesti, dai registri, dal tipo di pubblico. Ad esempio per Terzo programma e Radio3, due radio di contenuto serio, sono state redatte le Norme per la redazione di un testo radiofonico da Carlo Emilio Gadda: costruire il testo con periodi brevi, non affollare le idee nel periodo sintattico per evitare il vuoto radiofonico, evitare parentesi, incisi, infarcimenti, sospensioni che non esistono nel parlato abituale, evitare negazioni delle negazioni, evitare pronomi determinativi, numerali, indefiniti, evitare rime e alliterazioni involontarie, parole poco usate, modi di dire sconosciuti o nuovi ecc. 
 
 Da queste norme prese spunto poi Marino Sinibaldi per un secondo decalogo, più moderno e sintetizzato, che fece circolare a Radio 3 negli anni 2000: mai dare del tu agli intervistati, mai fare domande più lunghe delle risposte, mai fare domande la cui risposta è sì, certo, o qualcosa di monosillabico, mai interloquire con “sì”, “certo”; “assolutamente” o simili, mai lasciare incertezza sull’identità dell’interlocutore. Evitare l’effetto salotto che può produrre una sensazione di esclusione sull’ascoltatore, evitare compiacimento reciproco o autocompiacimento, è più utile fingere dissenso che esibire consenso perchè più stimolante per gli ascoltatori. Non far trascorrere mai 5 o 6 minuti senza ricordare chi è l’interlocutore. Alcune di queste norme sono valide per tutti perchè la radio ha una grammatica che va rispettata, però poi ogni radio pensa al proprio pubblico di riferimento. Quindi alla domanda se la rivoluzione digitale ha cambiato anche la conduzione radiofonica, la risposta è no. Con l’avvento delle webradio la maggior parte di queste regole resta in piedi, fondamentali: sintesi, immediatezza, capacità di evocazione, velocità, chiarezza.
 LA CONDUZIONE OGGI: GENERI E MODELLI
 Cosa significa condurre nell’era della disattenzione?
 Il tipo di conduzione, lo stile dei conduttori dipendono dal contesto, dal campo in cui ci si trova ad agire. La questione del pubblico è centrale per la costruzione del programma.
 
 I manuali di radiofonia americani prevedono diverse classificazioni, generi e sottogeneri, basati sul target d’ascolto e sulle fasce orarie. Essendo un sistema che nasce privato e commerciale si è sempre distinto per l’attenzione al rapporto tra prodotto e pubblico orientando l’offerta, specie Franco Moccagatta, Luca Liguori, Giancarlo Santalmassi, Gianni Bisiach (anche Zanchini ne fa parte).
 
 3) Gli intervistatori, che conducono trasmissioni lunghe o brevi basate su un’intervista
 4) Gli affabulatori (decenni fa chiamati conversatori) coloro che puntano sul racconto e la capacità di raccontare, sullo storytelling, sulla modulazione della voce e sull’uso delle parole. Coloro che costruiscono un percorso narrativo basato su storie reali o fittizie, su eventi e persone da ricordare.
 Un genere molto diffuso negli USA, in Italia di questa categoria abbiamo Wikiradio e Tre Soldi su Radio3, Pascal con Matteo Caccia e Alle otto della sera su Radio2, il Falco e il gabbiano su Radio24.
 
 Inizialmente si puntava su un lessico elementare per raggiungere un pubblico eterogeneo, uno stile familiare da conversazione che avvicinava l’ascoltatore (non a caso nel 1930 fu vietato l’uso del dialetto). Nel secondo dopoguerra s’iniziò ad usare una lingua più sorvegliata es. nelle prime stagioni di Approdo. Dalla metà degli anni 70 con la rivoluzione delle radio pirata in UK e delle radio libere in Italia (es. Radio Alice a Bologna, Radio Blu e Radio Città futura a Roma, Canale 96 a Milano) si ebbe maggiore libertà di palinsesto che corrispondeva al clima esterno, alla società dell’epoca, giovanile, e quindi le radio erano diventate mezzo per farsi sentire, quasi come necessità, con microfoni aperti e discussioni da jam session. In parte le cose erano iniziate a cambiare anche in Rai con la riforma del 1966 che, distinguendo i tre canali radiofonici, si aprì a linguaggi nuovi pensati per categorie più articolate, in primis donne e giovani. 
 
 Con la prima serie di Alto Gradimento su Radio2, andata in onda dal 1970 al 1976, furono del tutto smontate e dissacrate le regole canoniche e le convenzioni del linguaggio radiofonico grazie al talento e alle innovazioni linguistiche di Arbore e Boncompagni, aprendo la strada alla naturalezza, alla velocità, all’improvvisazione che diede vita alla radio improvvisata prima, e alla televisione improvvisata poi. Un’altra innovazione furono gli accenti: fino ad allora le pronunce erano perfette, nitide, senza cadenze, tranne nelle trasmissioni comiche. Con Alto gradimento si fece ascoltare attraverso i microfoni il paese reale, in questo senso una piccola rivoluzione che poi avrebbe influenzato anche la radio pubblica e persino i Gr. 
 
 5) I radiocronisti, che conducono uno dei generi più puri e duraturi: la radiocronaca. Per radiocronache non intendiamo solo quelle sportive ma anche quelli politiche e istituzionali che raccontano eventi di particolare significato. Es. la radiocronaca di Vittorio Veltroni e Mario Ferretti dell’incontro tra Pio XII e Vittorio Emanuele III, oppure il Concilio Vaticano II ecc. 
 La radiocronaca sportiva ha quasi un secolo di vita, ha avuto momenti di popolarità enorme, specie con il ciclismo, il pugilato e i Gran Premi tra gli anni ’30 e gli anni ’50 e poi con il calcio del secondo dopoguerra. Es. Tutto il calcio minuto per minuto, trasmissione che nasce nel 1960 che ha avuto un ruolo sociale rilevante dominando gli ascolti per decenni e ancora oggi, nonostante la concorrenza televisiva, resta uno dei punti di forza della radiofonia per via del suo straordinario ritmo, pathos, suspense, clima di costante attesa di qualcosa che sta per accadere. Il radiocronista deve far vedere la realtà attivando l’immaginazione dell’ascoltatore giocando con la voce, con le pause, i suoni, gli effetti. 
 
 6) L’annunciatore, lo speaker, è il lettore professionale, neutro, senza inflessioni, dei giornali radio, delle notizie sul traffico, dei titoli, dei lanci dei programmi, dal segnale orario alle poesie. Figura presente nelle radio pubbliche importante per definire lo stile dei canali. Ultimamente è diventato un termine più polisemico e ambivalente. LIBERTA’, POTERI, PERSONALITA’ DEL CONDUTTORE 
 Quali sono i poteri del conduttore? Il conduttore gestisce i tempi, guida il dibattito, sceglie il percorso, può togliere la parola. La network society ha sicuramente attenuato tali poteri, ma in un’epoca di forte disintermediazione il conduttore dovrebbe svolgere una funzione di ponte, di intermediario, di validatore, di filtro e di selezione. In un pezzo di David Foster Wallace viene descritto in modo profondo, umano, con un’analisi della prossemica (come si muove nello studio mentre inveisce contro il mondo arabo) il conduttore John Ziegler di una radio conservatrice americana, vero prototipo del conduttore di talk radio show americano, populista, sagace, spiritoso, aggressivo. Wallace prende Ziegler come occasione per fotografare il mondo della political talk show, del fare radio americano. Ziegler non è un giornalista, perchè non adempie ai doveri di correttezza, equilibrio, obiettività nei confronti del pubblico, epoure ha successo perchè ha una grande personalità, svolge il ruolo di entertainer. 
 La personalità del conduttore è tutto, e deve adeguarsi al tipo di radio che si vuole fare. La personalità serve per la connessione con il pubbiico, per costruire un rapporto di fiducia, di empatia, di confessione a voce alta. Il pericolo è che la personalità forte diventi una forzatura commerciale e non tanto caratteriale. Aiuta sicuramente essere trasparenti, appassionati ai temi che vanno discussi, essere tolleranti. 
 
 E’ soprattutto dal secondo dopoguerra che in Italia si sviluppa la tendenza, attraverso le radio libere, di proporre conduttori radiofonici più attivi, quasi specchio di un paese che si stava aprendo a nuove realtà, come antenne del clima esterno. Es. Enzo Forcella di Radio3. E’ stata una stagione di forte connessione emotiva, in cui il rapporto con il pubblico era così sentito da portare a momenti quasi confessionali, senza filtri. In questo senso abili a stabilire una connessione con gli ascoltatori da costruirne una comunità fedele sono stati i conduttori di Radio Deejay, nata nel 1982 per impulso di Claudio Cecchetto che diede voce a nuovi conduttori che si distinsero per personalità, simpatia, umorismo, spigliatezza, ritmo poi esaltate dai social media (ricordiamo Linus e Nicola Savino, Albertino, Amadeus e Jovanotti, Fiorello e Baldini, Fabio Volo e Federica Panicucci, Platinette e Alessio Bertallot). 
 Alla radio pubblica il discorso è un po’ diverso perchè si chiede di informare, educare, intrattenere. Quindi un bravo conduttore deve saper intrattenere, saper educare conducendo trasmissioni di cultura, e saper informare tramite dirette e approfondimenti giornalistici, in modo onesto, dinamico e pluralistico (esempio per eccellenza Radio3)
 
 Come si stabilisce un rapporto con il pubblico? E’ difficile, dipende da diversi fattori, spesso hanno funzionato conduttori arroganti o conduttori umili, conduttori onniscienti e conduttori impreparati. Non è detto. Es. Giuseppe Cruciani della Zanzara si avvicina molto alla categoria di conduttori mattatori americani, dissacrante, cattivo maestro, provocatorio, domatore, rompendo molte regole della conduzione radiofonica con insulti agli ascoltatori, agli sponsor, agli ospiti. Quello che verrebbe considerato diseducativo, che però sa coinvolgere il pubblico. 
 Altro esempio sono invece i conduttori dalla personalità pronunciata difficilmente confondibili ma non sopra le righe, es. Alessandro Milan, Oscar Giannino, Nicoletti, degli anni 90, poi Emanuela Falcetti, Gianluca Paragone, Giorgio Dell’Arti ecc. 
 Radio24 si distingue per conduttori di spiccata personalità es. Simone Spetia con “Effetto giorno” con uno stile più inglese. 
 
 Le radio con un’identità solida, come Radio3 e Radio1, presentano invece voci che, seppur riconoscibili e con molte differenze, conservano uno stile a sottrarre più che a imporre. Qui è la personalità del programma o della struttura ad essere forte e ad aiutare i conduttori che, nonostante il loro talento, vengono un po’ sovrastati dalla struttura solida del programma. (Es. Radio Anch’io, Pagina3 o Farenheit)
 
 Altre volte è invece il programma che cambia in base a chi lo conduce es. le puntate di Voi ed io, contenitori di intrattenimento e attualità del Programma nazionale, che andò in onda dal 1970 al 1981, ci si rende conto che a seconda del conduttore cambiava l’impostazione della trasmissione (pippo baudo, zavattini, alberto lupo ecc.)
 
 FARE DOMANDE
 La tenica dell’intervista varia molto a seconda del contesto. L’intervistatore come regola generale deve stamparsi in testa che è il mediatore, il rappresentante degli ascoltatori, poi deve avere senso del ritmo e dell’opportunità: capacità di interrompere, gerarchizzare e dare il giusto peso alle risposte, far ripetere parole e passaggi oscuri o ambigui. Bisogna essere pronti e reattivi alle risposte, possono essere monosillabi, possono essere notizie importanti. Gli inglesi sono maestri assoluti di quest’arte. Non bisogna mai farsi spiazzare, per riuscire a farlo bisogna essere preparati e conoscere l’argomento. Anche numeri e statistiche possono sempre servire, colpiscono l’ascoltatore e sono un appoggio in caso di contestazioni da parte di ospiti. DIVENTARE CONDUTTORI 
 In quanti bisogna essere? Per Cirri la radio moderna è di coppia: due conduttori, una conversazione, in due ci si muove meglio perchè secondo lui la bellezza della radio è il colloquio. 
 Molte conduzioni musicali sono bicefale, spesso uomo e donna, e funzionano. 
 Nelle conduzioni giornalistiche o di approfondimento è più difficile essere in due, perchè due conduttori possono avere in testa percorsi diversi, idee diverse, domande diverse e rischiano prevaricazioni. Altrimenti si rischia l’effetto Bordin-Pannella: dialoghi sterminati senza una vera scaletta. 
 
 La voce conta, in parte è biologica, in parte è società perchè le voci devono saper esprimersi, pronunciare e parlare assecondando l’evoluzione del medium e della società esterna. Con “grana della voce” Barthes intendeva l’insieme di qualità del suono: tono, altezza, ritmo, inflessione, espressività, timbro, che definiscono appunto l’apparato di fonazione. Prima andavano al microfono solo voci maschili, le donne ad esempio per bbc non potevano leggere i notiziari fino agli 70 perchè si riteneva che non avessero l’autorità necessaria a leggere le news e perchè si considerava inadatta o sgradita perchè stridula, acuta e meno calda. Oggi è diverso, c’è più spontaneità e quindi si tollerano e si sentono le cadenze più disparate (per Bbc ci sono ancora dei limiti). 
 
 Il ritmo è quello dà spettacolarità, espressività e mantiene la concentrazione dell’ascoltatore. 
 L’intonazione è ciò che da enfasi alle parole e alle espressioni es. Marino Sinibaldi e Pietro del Soldà sono diventati quasi dei virtuosi in questo senso. 
 L’eloquenza, soprattutto nella radio in diretta in cui spesso si improvvisa e nelle radio di contenuto dove si apprezza un audiodocumentario e quindi la ricchezza lessicale, la terminologia, la fantasia linguistica. Nelle radio commerciali e di flusso si usano invece frasi più semplici spesso sessual-scurril-culinarie, di tenore più basso. 
 
 Il rischio incombe soprattutto nei primi secondi di trasmissione quando bisogna saper prendere l’ascoltatore (gli inglesi usano entrare subito in medias res, dire di cosa si parlerà e con chi). 
 
 ESPERIENZE 
 Arnheim scriveva che nella comunicazione radiofonica la cosa più naturale non è quella di leggere da un foglio di carta un testo già compiuto: il presentatore dovrebbe comunicare ciò che gli viene in mente o che prova attualmente, oppure dovrebbe esprimere con parole i fatti, le idee e le esperienze che il suo pensiero gli suggerisce. In questo senso parlare significherebbe improvvisare e non riprodurre. Ha ragione? dipende. Se si parlare di Notiziari, di Gr, leggere è indispensabile, stili e tempi impongono di avere un foglio di carta davanti, a meno che non arrivi una notizia improvvisa. 
 L’improvvisazione è rischiosa e l’emozione gioca pessimi scherzi, contano molto i nervi saldi, la freddezza, la capacità di modulare la voce. Zanchini dice che per sua esperienza è più facile condurre oggi rispetto a 20 anni fa, proprio perchè ci sono più strumenti per riempire il vuoto. I social network vanno usati con cautela: gli inglesi e i tedeschi li maneggiano con estrema cura, fanno un’operazione di igiene informativa, selezionano le informazioni, danno solo le notizie certe che magari arrivano dopo ma sono affidabili, rispetto a noi italiani, o ai francesi e agli americani che non gerarchizzano le notizie così tanto. La prima parte della trasmissione è decisiva, è lì che si cattura chi sta ascoltando, una volta che il tema è avviato occore poi saper stimolare, fare domande, cogliere gli spunti. CONDURRE NEL TEMPO DELLA DISATTENZIONE 
 Le ultime analisi radiofoniche dimostrano che in gioco oggi c’è la qualità del dibattito pubblico che è stato cambiato dall’ecosistema internet, modificando il modo in cui si discute delle questioni di interesse comune, il modo in cui si forma l’opinione pubblica. E’ una questione cruciale anche per la democrazia: la radio è un medium tra i più aperti, democratici, dove lo spazio per la conversazione, per lo scambio di idee, è stato e resta un elemento della sua identità e della sua resistenza. Ma adesso sta crescendo la radio di accompagnamento e di frammentazione e sta arretrando quella seria, di contenuto? Chi fa radio oggi deve sapere che
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