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La radio nella rete, Giorgio Zanchini, Sintesi del corso di Semiotica della Pubblicità

Riassunto organizzato per capitoli e punti relativi ad ognuno

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 05/03/2020

g.benzoni1
g.benzoni1 🇮🇹

4.4

(29)

15 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La radio nella rete, Giorgio Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! La radio nella rete, Giorgio Zanchini Numeri, tendenze e previsioni La radio gode oggi di buona salute poiché da un lato ha un nucleo molto solido basato sull’ascolto, sulla voce e sulla musica e dall’altro ha saputo adattarsi all’innovazione tecnologica per rimanere al passo con la trasformazione. Nonostante un’effettiva crisi dovuta all’avvento della TV, la radio è riuscita a recuperare ascolti verso metà degli anni Ottanta: nel 1955 la radio aveva circa 20 milioni di ascoltatori, nel 1994 circa 30 milioni e nel 2016 circa 35 milioni. Attualmente i giornali radio sono la terza fonte di informazione degli italiani, ci sono circa 2500 concessioni a trasmettere e 50000 webradio. Per quanto riguarda l’Occidente si può dire che si stia adattando meglio di altre zone alla metamorfosi del digitale e che il modello privato sia quello più diffuso, perché a differenza dell’Oriente, gode di ampia libertà politica e dunque non tutte le radio sono controllate dal governo. Le webradio stanno prendendo piede anche in Oriente poiché le generazioni più giovani hanno stili di vita molto simili a quelle occidentali. A partire dall’inizio del XXI i media hanno iniziato a cambiare e la radio con loro e anzi, è stata uno dei mezzi di comunicazione più reattiva al cambiamento in nome della multimedialità e della crossmedialità. Dato che il modo in cui gli ascoltatori fruiscono le informazioni è cambiato e chiunque può essere informato in modi differenti, da fonti differenti e attraverso media differenti, ci troviamo nell’età dell’abbondanza mediale: l’era della scarsità (di scelta) è stata superata attraverso il metodo del broadcasting, che non trasmette dati indirizzati, ma piuttosto a tutti gli apparecchi raggiungibili nell’area di ricezione. L’evoluzione tecnologica ha cambiato le carte in gioco in ambito radiofonico poiché permette di gestire tutto sotto la forma di file di dati, di incrementare la velocità e la quantità delle comunicazioni e di trasmettere più informazioni. Il digitale arricchisce le piattaforme attraverso cui gli ascoltatori possono interagire con la propria radio, come nel caso del podcast. Si tratta di un sistema che permette di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni e di ascoltarli quando si desidera; alcuni dicono che questa modalità di fruizione radiofonica sarà superata dallo streaming (si può ascoltare il contenuto senza scaricarlo), altri sostengono che durerà, considerando che negli Stati Uniti sta spopolando, che ogni giorno vengono ascoltati 21 milioni contenuti podcast e che offre diversi tipi di programmazione: serie audio, programmi di giornalismo, documentari etc. Ciò che è certo è che ha cambiato la modalità di fruizione della radio: con l’avvento del web si è rotto il meccanismo di simultaneità che aveva sempre caratterizzato questo ambito. La previsione più ragionevole per il futuro della radiofonia sembrerebbe quello di una multipiattaforma fatta di live, simulcast e on demand, insomma la radio andrà dove sarà il pubblico, che ovviamente starà in rete. Dato che tutti i media stanno diventando sempre più partecipativi, anche la radio diventerà social radio: l’ascoltatore diventa parte del processo di costruzione del contenuto e la condivisione rimane il “marchio di fabbrica” della società 1 contemporanea. Oltre alla mancanza di simultaneità, la radio di oggi si caratterizza oggi per la targettizzazione (o segmentazione) per merito dell’avvento delle webradio e perché deve far fronte alla nascita di diverse piattaforme che reindirizzano il pubblico giovane lontano dalle radio. Ora come ora è in atto un “trasloco” dall’analogico al digitale che non si è ancora concluso in Italia, mentre nei paesi dell’Europa del nord circa il 50% degli ascoltatori fruisce della radio in digitale ed è previsto per legge lo switch-off per abbandonare il sistema analogico, passaggio sostenuto dalla nascita e diffusione di numerosissime webradio. L’ascolto nell’epoca della disattenzione La radio nell’epoca della disattenzione resiste per due motivi: la centralità dell’oralità nella società contemporanea e la rilevanza del ruolo della radio in un territorio mediale molto affollato. Da un lato la radio è un pendolo che oscilla tra l’intimità e la sfera pubblica, il medium del racconto, della comunicazione basata sulla parola; si tratta di una dimensione immediata, diretta ed effimera, ma allo stesso tempo intima, amichevole e leggera, insomma non invasiva, che fa compagnia ma lascia la libertà di “fare altro”. L’oralità è centrale nella vita di ciascuno, è uno scambio umano mutevole, che evolvendosi stimola attenzione e memoria; pensandoci bene, quando sentiamo qualcuno che sta parlando alla radio, lo ascoltiamo, forse perché sentiamo le nostre radici e quelle di tutta l’umanità o forse perché, dato che l’ascolto coinvolge uno solo dei nostri sensi, stimola, ci invita a ricostruire ed arricchire, completare ciò che l’orecchio non riesce a definire. Dall’altro, la radio si adatta alle nuove frontiere, è agile, leggera ed ubiqua. Si tratta di un mezzo elastico, che si infila nella quotidianità delle persone, e portabile, oggi ancor di più grazie allo sfruttamento di podcast e streaming, la radio permette ai suoi ascoltatori di avere a disposizione la loro musica, il loro linguaggio. La radio risponde infatti a dei bisogni umani, ed è talmente agile e leggera che riesce a sopravvivere adattandosi a tutti i cambiamenti che l’avvento della rete ha portato per fare ciò che ha sempre fatto: informare, educare ed intrattenere. Quello che ci si domanda oggi è quale sia il ruolo della conversazione, del confronto, dello scambio di idee, della possibilità di parlare con chi la pensa diversamente da noi nell’epoca della disattenzione; dunque quale sia il ruolo della radio di contenuto all’interno del panorama radiofonico attuale. Di certo il ruolo di questo tipo di radio è mutato, ma quello che certamente non è cambiato è la capacita di questo mezzo di comunicazione di tramettere informazioni, conoscenze e competenze. Connessioni di ieri e di oggi Fino al momento dell’introduzione delle telefonate nei programmi radiofonici (anni Sessanta), la connessione tra speaker ed ascoltatori è stata assente, la radio era un mezzo unidirezionale e gli utenti si dovevano limitare ad ascoltare, al massimo inviavano lettere per lamentarsi, domandare o approfondire alcuni temi. Oggi l’interazione tra radiofonico e ascoltatori è talmente importante che si è arrivati a parlare di social radio, in cui socializzazione, partecipazione e 2 chiaro e profondo, anche perché le ricerche neurologiche confermano che il cervello fa fatica a gestire più impulsi rispetto alla norma e che, quando non riesce a controllare tutto, perda la concentrazione. Non sappiamo se la social radio avrà questo effetto anche sul cervello dei nativi digitali, di coloro che sono nati nell’era multitasking. E infine non è vero che le trasmissioni non hanno più gerarchie negli interventi e nelle voci: in alcuni programmi è normale che la voce principale sia quella del conduttore, in altri quella del pubblico e in altri ancora che le due si mescolino. Ascolto e partecipazione Per quanto concerne programmi come Radio Anch’io e Tutta la città ne parla, di solito i temi che suscitano una risposta forte sono quelli di stretta attualità poiché gli ascoltatori hanno avuto modo di informarsi attraverso diversi media e di farsi un’idea precisa sull’argomento. In alcuni casi per ottenere una risposta è necessario introdurre una sfumatura di una qualsivoglia polemica politica, affinché gli animi si accendano. Di solito un tema non ha successo quando subentra l’abitudine e gli stessi ascoltatori, o propongono sempre le stesse riflessioni, o non ne propongono proprio, un altro motivo potrebbe essere la proposta di temi troppo circoscritti, troppo complessi oppure secondari, marginali. Mentre ci sono delle tematiche che hanno sempre appassionato e continuano a farlo, come nel caso della questione femminile o fiscale, quella del femminicidio, dei tagli alla cultura o dei rapporti tra Stato e Chiesa. Più in generale la presenza di un ospite ferrato e pregnante incoraggia gli ascoltatori a rispondere; a proposito possiamo notare come l’ospite che provoca, la spara grossa, divide l’audience e fa affermazioni controverse provochi sempre delle reazioni. Abbiamo capito che gli argomenti che piacciono di più sono quelli in prima pagina e di stretta attualità, ma è bene tener conto del fatto che tutto questo può trasformarsi in un terribile circolo vizioso, un sistema in cui produttori e ascoltatori si rassicurano reciprocamente trattando solo di temi che generano un consenso numerico. I temi che hanno più successo a Radio 3 sono quelli di interesse culturale: politica culturale, tagli alla cultura, musica e così via; quelli più trattati a Radio 1 hanno invece a che fare con l’economia, il fisco, i provvedimenti governativi etc. Per quest’ultimo è caso possiamo notare come la politica europea susciti interesse solo se si pone l’accento sulle ricadute interne e le conseguenze economiche per l’Italia. Conversazioni In radio la conversazione è stata molto presente tra la prima e la seconda Guerra Mondiale, ma si è poi eclissata per lasciare aria al carattere generalista della radio, che stava emergendo attraverso scritture drammatizzate, dibattit e documentari. Per conversazione si intende insomma un genere radiofonico caratterizzato dalla presenza di un solo oratore che si rivolge al suo pubblico o di più persone che appunto conversano su un argomento per circa 5/10 minuti, e non è di certo la stessa cosa di un dibattito o una discussione perché per intrattenere una conversazione occorre essere pragmatici. Questo genere ha a che fare con la retorica, poiché alla base di una conversazione ci sono sempre 5 regole e trucchi che vengono spesso utilizzati anche in maniera inconsapevole. Per quanto riguarda il suo rapporto con la retorica possiamo fare riferimento alla Francia del Seicento, in cui la conversazione faceva parte dell’ambito dell’eloquenza politica, in cui non ci si può basare solo sul proprio intuito, ma è necessario conoscere il mondo e per avere successo nel dibattito bisogna lasciar brillare prima di tutto gli interlocutori. Ma se in Francia nel XVII secolo la gestualità era fondamentale, con l’Illuminismo e successivamente in radio questa acquista un’importanza diversa, dato che il ruolo centrale è occupato dalla volontà di mettere la parola al servizio della verità e della comunità stessa. La conversazione in radio deve mirare a costruire valori, fornire strumenti di crescita e consapevolezza, mettere in circolo nuove idee e alimentare la conversazione nazionale. È però importante che questa è la base, ma le componenti da mettere in gioco sono molte altre. Le regole della conduzione radiofonica Esistono delle norme valide per tutti i tipi di radio, dato che quest’ultima ha una grammatica che va rispettata: ritmo, tempi, capacità di essere avvincenti, chiarezza e curiosità; certo è che queste variano in base al tipo di emittente in cui si opera, commerciale o di contenuto che sia, in base al contesto, al pubblico, al registro e ai tipi di speaker. Spesso se si lavora all’interno di una radio commerciale si raccomanda di parlare in modo che l’ascoltatore possa vedere quello che il conduttore sta dicendo, di dire la verità senza mai essere noioso, di parlare di quello che accade di importante (anche se questo comporta il ripensare all’intera scaletta), di ascoltare la radio dove si lavora, di rendere significativo il programma, di non preoccuparsi troppo degli errori in diretta ma di controllare la precisione dei contenuti registrati. In sostanza, lo speaker deve essere sé stesso, rischiare e sperimentare. Quando si fa riferimento alle radio di contenuto, la colonna portante sono le regole di Gadda redatte per Terzo Programma, per cui si deve partire dal presupposto che chi parlava spesso leggeva, e chi ascoltava era spesso seduto in poltrona. Egli raccomanda di essere accessibili fisicamente e intellettivamente, di essere chiari e limpidi ma allo stesso tempo di tenere il ritmo; di evitare di far sentire gli ascoltatori culturalmente inferiori rispetto a loro. In concreto, Gadda consiglia di costruire periodi brevi e di tipo paratattico, in quanto la disorganizzazione nelle frasi porta al “vuoto radiofonico”, raccomanda di curare i passaggi da un tono all’altro, di evitare le litoti, i pronomi disgiuntivi, le rime e le allitterazioni involontarie e le parole sconosciute. I tre punti più importanti sono chiarezza, ritmo, sopportabilità e superiorità culturale. E a coloro che si chiedono se nell’epoca delle web radio e della transmedialità le regole di sessant’anni fa sono ancora valide, rispondiamo di sì perché chi vuole dar vita ad una radio di contenuto deve rispettare delle regole precise. La conduzione oggi: generi e modelli Le classificazioni radiofoniche, nonostante siano spesso sfuggenti e piene di sfumature, servono per fare ordine e per riuscire a definire cosa significhi condurre nell’epoca della disattenzione. Bisogna comunque considerare che 6 ogni conduttore ha il suo stile, che tutto dipende dal contesto e che il pubblico ha sempre svolto e sempre avrà un ruolo centrale. Si può introdurre una prima distinzione tra radio di palinsesto e radio di flusso: l’una è generalista, include un pubblico variegato ed eterogeneo e per questo mostra delle differenze evidenti tra un programma e l’altro, l’altra è la format radio e si caratterizza proprio per il flusso formato da elementi fissi e ripetitivi, anche detto clock, il quale fa sì che lo spettatore si accorga subito dell’ambiente in cui si trova. È importante sottolineare che il concetto di genere non è più molto utilizzato, in quanto la stessa volatilità del mezzo rende la definizione di ogni genere sfuggente ed in continua evoluzione; la rete ha sottolineato la caduta di confini chiari, dell’insieme dei tratti distintivi che permettevano al pubblico di orientarsi. I “generi” variano poiché il parlato dei conduttori varia; e a questo punto possiamo distinguere nell’ambito delle radio di parola tra parlato di accompagnamento e di contenuto: il primo fa riferimento alle radio commerciali, il secondo alle radio pubbliche in cui la percentuale di riferimenti all’attualità, al costume, ai prodotti culturali e all’ambito artistico-letterario in generale sono molti; ma si tratta di una distinzione quasi obsoleta, poiché i confini di queste attitudini sono sfumati e queste si sono quasi amalgamate. Ancora una volta tutto varia in base al contesto e i generi non sono intesi non sono più intesi tradizionalmente, ma più che altro trasversalmente, anche a causa dell’avvento delle webradio. In questo caso possiamo distinguere tra:  All news: le news radio si caratterizzano per la presenza costante di notiziari, pensati per dei pubblici limitati, perlopiù adulti e con una buona scolarizzazione alle spalle. In Italia possiamo pensare a dei format come quelli di Radio 1 o Radio 24. In questo caso i conduttori si dedicano al parlato di contenuto.  Talk: è il format che incarna in maniera più sentita il concetto di radio di parola e infatti è a questo tipo di struttura che si possono allacciare i concetti di parlato di contenuto e di accompagnamento che, nonostante i tentativi di definizione, rimangono vaghi.  Sono i due formati principali, da cui derivano altre declinazioni “ibride” che vanno a sottolineare sfumature diverse attraverso l’impiego di differenti percentuali di informazione, musica, parlato, ospiti, approfondimenti, sketch comici etc.  News&talk  Music&news  Music&talk: è la radio del parlato di accompagnamento, che ospita le voci e gli ospiti più diversi, in cui il conduttore ha vincoli in ingresso e in uscita e che si propone dunque di accompagnare la frammentazione contemporanea. Nonostante si strutturino delle ampie riflessioni sulla componente parlate, è quasi sempre la musica il maggior motivo di interesse degli ascoltatori. Ricade nel genere della chiacchiera leggera, brillante e spiazzante che difficilmente colpisce un pubblico in cerca di qualcosa di diverso dalla distrazione.  Talk show: discussione radiofonica a più voci di diverso tipo, in cui il conduttore ha le redini del discorso e si occupa di intervistare, mediare, 7 questa figura inizia ad acquistare rilevanza con le radio libere, momento in cui i conduttori diventano lo specchio di un paese aperto a mille suoni, voci e realtà. Questa è stata una stagione particolarmente di successo poiché si puntava tutto sulla connessione emotiva, componente astratta ed ineffabile che ricopre però un ruolo importantissimo. Il conduttore deve essere in grado di stabilire una connessione facendo percepire allo spettatore che sta parlando solo con lui da un lato, e che dall’altro c’è un’ampissima comunità pronta a condividere un’esperienza. Molti conduttori di Radio Deejay sono stati abili nel costruire connessioni e dunque fidelizzazione tra il pubblico, tutto grazie alla loro personalità, carisma, spigliatezza, simpatia, umorismo e ritmo: tutto quello che si chiede al conduttore di una radio commerciale. Spesso questo tipo di emittenti incorrono nel rischio della teatralizzazione della personalità del conduttore, ed è per questo motivo che all’interno delle radio commerciali il dj viene tenuto sotto controllo dai responsabili e dai dirigenti. Alle emittenti pubbliche, dunque istituzionali, si chiede di più: i conduttori devono saper informare, educare ed intrattenere attraverso trasmissioni di cultura in cui è importante mostrarsi curiosi, onesti e dinamici. È ovvio come per i conduttori delle emittenti pubbliche sia più difficile recitare la loro personalità. Inoltre, è importante sottolineare la stretta correlazione tra personalità dell’emittente e del conduttore: alcune volte succede che la personalità della prima definisca già in parte (o supporti) quella del secondo, altre volte che a seconda del conduttore l’immagine dell’emittente cambi o ancora, che sia il sound in generale, soprattutto nelle radio di flusso, che definisce la personalità “complessiva”. Chi conduce deve essere appassionato, curioso, disponibile all’ascolto e al confronto, pronto a lasciarsi spiazzare e a cambiare direzione qualora ce ne sia bisogno. Lei/lui deve essere consapevole di far parte di un team, di essere all’interno di una rete in cui vi sono i colleghi, gli impiegati della redazione e i tecnici: la radio è un gioco di squadra. Fare domande La tecnica dell’intervista varia a seconda del contesto e del risultato che si desidera ottenere, ma la logica universale di base è che l’intervistatore sia un mediatore, il rappresentate degli ascoltatori che si mette umilmente nei loro panni e che deve tenere a mente l’importanza del ritmo e del tempismo in generale. Nelle interviste il conduttore deve saper interrompere, gerarchizzare, dare il giusto peso alle risposte e insomma, sfruttare al massimo tutte le opportunità che ha per far decollare il colloquio. La domanda non dovrebbe mai essere né troppo lunga né troppo corta, e nel caso in cui fosse la risposta ad essere corta, l’intervistatore deve sapere come muoversi, per questo deve sempre essere attivo e reattivo. È poi necessario stare molto attenti alle risposte e a tutta la conversazione in generale. È ovvio che ci si debba preparare, in modi e tempi diversi a seconda dell’intervista: se l’intervista è in Gr sulle notizie più recenti, si leggeranno le notizie uscite dalle diverse agenzie di stampa, se il colloquio sarà più ampio, si avrà la possibilità di ricorrere a diverse fonti: archivi, libri, autorità riconosciute, numeri e statistiche. È importante che il conduttore sia spontaneo e non meccanico, e allo stesso 10 tempo gentili (ma non troppo). Non è da escludere che ci si accordi prima sui temi da trattare, ma allo stesso tempo è necessario che non vengano imposti troppi paletti, soprattutto quando l’intervista viene fatta in diretta. Diventare conduttori È improbabile pensare che la professione del conduttore si possa imparare sui libri, dato che questo tipo di mestiere si impara e le trasmissioni si costruiscono man mano. Bisogna partire dal presupposto che la provenienza, la formazione e l’identità dei conduttori variano moltissimo e che probabilmente, conta di più la capacità comunicativa rispetto alle competenze. La voce, legata alla qualità del suono (tono, altezza, ritmo, espressività etc.) conta. Di sicuro molto è biologia, ma fa tanto anche la società, che da sempre ha indirizzano l’evoluzione del mezzo radiofonico. Per quanto riguarda la conduzione in coppia, molto dipende dal gusto personale, dal risultato che si vuole ottenere e dal carattere dei conduttori; c’è addirittura che chi pensa che la radio moderna sia da fare in due, perché ci si muove meglio e perché il colloquio appare più interessante. Il ritmo in radio è tutto ed è da rispettare come se fosse una vera e propria regola per la radiofonia. L’espressività si manifesta con la forza, l’intensità e l’efficacia, senza dimenticare l’intonazione della voce, che porta il conduttore a dover lavorare sulla densità semantica e la direzione delle frasi. Ma quello che conta veramente in questa professione sono le parole, l’eloquenza conta, soprattutto all’interno della radio di contenuto; un pezzo ben scritto si apprezza all’interno di un Gr, di un documentario o di un reportage ed è per questo che è molto importante lavorare sul lessico, la terminologia e la fantasia linguistica. Se ci si fa caso sia nelle radio commerciali, che in quelle più istituzionali, vengono usate moltissime iperboli, stereotipi, metafore, paronomasie e così via. Per capire che registro debba usare il conduttore, deve pensare al tipo di lessico più adatto all’emittente in cui lavora, sempre pensando al contesto e facendo continuamente attenzione per non evitare di cadere in “comportamenti linguistici alla moda”. Il conduttore deve essere informato in qualsiasi caso, deve conoscere il mondo e deve agire tenendo conto del registro, del canale, del contesto e del pubblico. Ogni conduttore si crea il suo mondo, che l’ascoltatore riconosce e sceglie in base a quello che vuole sentire. Esperienze In base alle esperienze vissute da Zanchini, si possono far presenti altri consigli su diversi temi. Spesso per esempio, ci si domanda se sia meglio leggere o improvvisare dietro al microfono, e il fatto è che dipende dal tipo di programma che si sta mandando in onda: in un Gr imprescindibile avere un foglio davanti con le notizie, ma nel caso in cui succedesse qualcosa di grave, di cui si deve immediatamente parlare, in quel caso è necessario che il conduttore improvvisi. La conduzione nel panorama radiofonico italiano è sempre più improvvisata e sempre meno scritta, nonostante questa tendenza nasconda delle insidie, come nel caso di interiezioni o ripetitivi per colmare lo spazio vuoto lasciato dal silenzio del conduttore. Certo è che l’esperienza paga, nel 11 senso che più situazioni critiche e complicate si vivono, più si impara a gestirle. Le conduzioni dei fili diretti, ovvero la radiocronaca degli avvenimenti spesso drammatici o d’emergenza rimane sempre un punto di domanda; è di sicuro più facile gestire programmi di questo tipo oggi, perché è possibile ottenere molte informazioni da canali variegati e in tempo reale, ma l’atteggiamento del conduttore non sembra essere cambiato. Chi sta dietro al microfono deve usare il tono giusto, fare chiarezza, ricapitolare (per coloro che si sono sintonizzati dopo l’inizio della trasmissione) e sottrarre piuttosto che enfatizzare. L’atteggiamento delle radio americane e italiane rispetto a quelle inglesi e tedesche è diverso: gli uni tendono all’informazione spettacolare, alle lacrime e alla drammaticità, e spesso non sanno filtrare le informazioni, gli altri si dedicano sempre ad un’operazione di igiene informativa. Inoltre dato che le notizie arrivano in tempo reale, è più difficile capire cosa sia più o meno importante del resto. Per quanto riguarda le interviste, Zanchini pensa che si dovrebbe cercare di mantenere un atteggiamento neutro e uguale per tutte gli intervistati, andando a interromperli quando sono troppo prolissi o stimolandoli quando si bloccano e non sanno cosa dire. Una trasmissione si può dire “riuscita” quando scatta l’alchimia all’interno del programma e voci, suoni e magma strutturano una ricca conversazione pluralista, poco gerarchica, ricca, mossa, un piccolo esempio di agorà, un lungo scambio di idee che può dare chiarimenti o dubbi allo spettatore. Condurre nel tempo della disattenzione Dato che tutto dipende dal contesto, corriamo il rischio di cadere nel relativismo, che non ci fa prestare attenzione ai concreti miglioramenti e peggioramenti. Nel caso delle radio pubbliche, di contenuto, che da sempre hanno ricoperto un ruolo importante all’interno delle opinioni presentate nel dibattito pubblico, è importante chiedersi se queste stiano risentendo dell’avvento del digitale. L’avvento di questo nuovo paradigma ha fatto emergere nuove necessità: bisogno di connessione, condivisione e partecipazione, il che mette la radio a dura prova, poiché deve confrontarsi con un pubblico sempre più distratto, la cui soglia di attenzione si è abbassata e che non riesce a seguire dibattiti complessi. Da questo punto di vista, l’avvento del digitale ha causato un cambiamento dal punto di contenutistico e un impoverimento del valore dato alla parola in generale. È importante sottolineare alcune differenze: in Gran Bretagna (share della BBC al 45%) i programmi delle radio commerciali vengono ascoltati nettamente meno rispetto a Radio1, 2, 3, 4 e 5; in Francia i contenitori di informazione trasmessi la mattina contano due milioni di spettatori circa, quando in Italia le trasmissioni commerciali superano a mala pena il milione di ascolti; la stessa cosa vale nei paesi scandinavi e in Germania; negli Stati Uniti al mattino si trasmettono soprattutto programmi dal tono pacato, così come in Canada. Il divario tra l’Italia e il resto del mondo potrebbe essere stato causato dalla mancanza di investimenti per la radio pubblica, ma quasi sicuramente il motivo 12
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