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La radio nella rete - Zanchini, Sintesi del corso di Storia Della Radio E Della Televisione

Riassunto di "La radio nella rete" di Giorgio Zanchini Università IULM - CMP

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 15/09/2019

cre189
cre189 🇮🇹

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Scarica La radio nella rete - Zanchini e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! Numeri, tendenze, previsioni La radio cambia in continuazione. Cambiano le tecnologie, le relazioni tra ascoltatore e conduttore, i modi di partecipare, l’introduzione di approcci crossmediali, ma c’è una cosa che in tutto ciò rimane costante, ossia la voce e la musica. Quindi, cos’ha di diverso la radio di oggi da quella di ieri? Oggi la radio “gode di buona salute” grazie alla sua capacità di stare al passo con i tempi sia dal punto di vista tecnologico che sociale e culturale, è un mezzo in continua evoluzione che, dopo una crisi dettata dall’arrivo della tv, vanta ancora di una solida tenuta. Si pensi che oggi i giornali radio sono la terza fonte di informazione degli italiani, i quali la considerano una fonte molto affidabile. Oggi in Italia sono 2500 le concessioni a trasmettere, di cui 14 nazionali. Le fonti di finanziamento sono sia interamente pubbliche che miste, oppure solo commerciali. In Italia per trasmettere ci vuole una licenza concessa dal governo per le trasmissioni terrestri via cavo, mentre per un canale satellitare bisogna avere la concessione dell’Agcom. Come numero di ascoltatori della radio siamo dietro a molti grandi paesi europei, e tra i primi posti delle nostre classifiche non si trovano mai programmi “seri”. Ciò è dovuto anche dalla scelta della Rai di puntare tutto il grosso dei propri investimenti sulla televisione piuttosto che sulla radio. Se in Occidente la radio partecipa ampiamente alla metamorfosi dettata dal digitale, in altri paesi meno avanzati la radio ha ancora una centralità da noi oramai perduta. C’è una correlazione tra regimi politici e modello pubblico-privato: la radiofonia pubblica resiste meglio in paesi dove si è investito in tecnologia e contenuti tematici, mentre è più debole laddove la liberalizzazione è stata selvaggia e gli investimenti nel sistema pubblico scarsi. Ma, cosa sempre più importante, è l’ingresso della radio nell’ecosistema internet. Tutti i media sono in profonda trasformazione grazie al digitale e a internet, e la radio è tra i media che meglio ha saputo adattarsi al cambiamento diventando multimediale e crossmediale, nonostante ciò il “vecchio” medium radio non sta morendo. Grazie alla rete si è superata l’età della scarsità e si parla ora di “età dell’abbondanza mediale”; tutto può essere gestito sotto forma di file di dati. Grazie a internet e al digitale sono aumentate le piattaforme su cui è possibile ascoltare la radio e, di conseguenza, il modo delle persone di ascoltare la radio. Tra i portati di maggior rilevanza c’è il podcast (iPod+broadcasting), che consente di scaricare su qualsiasi dispositivo i contenuti audio delle trasmissioni (uno dei podcast di maggior successo è Serial, una serie che racconta gli sviluppi di un omicidio a Baltimora del 1999, supera i 100 milioni di download). Anche giornali, riviste offrono sui loro siti programmi audio via podcast. In poche parole si può dire che la radio andrà dove sta il pubblico, ossia sempre di più sulla rete. Le mutazioni non riguardano solo la trasmissione, ma anche modo di fruire la radio: il fruitore diventa sempre più parte attiva del processo di costruzione dei contenuti, ne diventa generatore. La rete offre alla radio grandi opportunità ma anche grandi sfide: il pubblico giovanile diminuisce e scopre musica sempre meno sulla radio, il problema della multimedialità, la presenza di contenuti audio che non sono radio (audiolibri, piattaforme di musica in streaming), il problema della funzione identitaria della radio, svolta oggi dai social network. In Occidente la radio fa sempre più fatica ad intercettare il pubblico giovane tra i 18 e i 24 anni, i millennials considerano quasi obsoleta l’idea di palinsesto che accompagna le giornate degli ascoltatori, e privilegino l’on-demand e l’informazione locale. Quanto al futuro di parla di un passaggio dall’fm al digitale, ma è una questione che va avanti dagli anni 80 e non si è acuta conclusa, ancora si discute circa il Dab (Digital Audio Broadcasting) senza però ancora conclusioni, ci sono ancora problemi di standard condivisi e obsoleti. l’ascolto nell’epoca della disattenzione Oltre ai cambiamenti tecnologici e tecnici è importante parlare anche di trasformazioni sociali avvenute negli ultimi 20 anni, ovvero la rivoluzione digitale, e quello che è stato definito il mondo flusso della della connessione costante. Sorgono due domande: perché la radio e la pratica dell’ascolto resistono nel mondo flusso dei tempi indistinti, della mobilità, della conversazione ininterrotta, dei social media? Che spazio resta per l’ascolto nell’eta della disattenzione, della connessione perenne, dell’interruzione continua? La risposta è duplice: la prima riguarda l’ascolto in generale, la seconda la capacita della radio di trovare un suo ruolo e un suo spazio in un territorio affollatissimo. La radio resiste perché la musica e la parola umana possiedono una loro completezza e perché il suono è un bisogno profano umano. La radio risponde anche al bisogno umano di essere connessi e di sentire la compagnia di voci umane. La parola è la più antica forma di comunicazione, la più immediata ed effimera, ma anche la più amichevole, che ti permette anche di fare altro, non prende tutto il tuo tempo. Platone nel Fedro diceva che la scrittura è disumana, inanimata, distrugge la memoria, mentre la parola, l’oralità sono uno scambio umano mutevole, che si evolve, si rifinisce, stimola attenzione e memoria. La radio è un mezzo puramente acustico, stimola solo un senso, parla all’orecchio e si distingue per la sua assenza di corporeità e cecità. Dato che stimola solo l’udito, è la mente che deve ricostruire, arricchire, completare ciò che l’orecchio ascolta. La radio è sempre cambiata nel corso della sua storia, e lo sta facendo pure ora con la rete. Grazie al podcast la pratica del consumo radiofonico è diventata ancora più elastica. La radio è stato il primo medium broadcast portatile grazie al transistor (metà anni 50). Quindi la radio risponde a un bisogno umano e ha una leggerezza e agilità che le permettono di sopravvivere, persino di prosperare. Informare, educare e intrattenere sono attività che continua a svolgere con onore e orgoglio. Connessioni di ieri e di oggi L’effetto più evidente dell’incontro tra radio e rete riguarda il rapporto tra chi parla e chi ascolta. Grazie alla rete tale rapporto si è fatto più interattivo, meno unilaterale. Gli ascoltatori hanno strumenti per intervenire, ma possono anche proseguire le loro conversazioni su altre piattaforme, il fruitore diventa potenziale e spesso reale generatore di contenuti, tanto che si parla di networked listeners, ossia ascoltatori connessi in rete. Cos’era la connessione ieri e cos’è oggi? Inizialmente il rapporto con gli ascoltatori era unidirezionale, potevano solo ascoltare o al massimo mandare lettere tramite posta alla redazione, solo più tardi arrivano le telefonate. Oggi essere connessi significa entrale in un contesto multimediale che permette relazioni inimmaginabili qualche decennio fa. La capacità di connessione con eventi e persone lontani è una delle caratteristiche più tipiche e straordinarie della radio, ed è una cosa che diversi teorici auspicavano e ritenevano fondamentale fin dagli inizi. Walter Benjamin riteneva che il pubblico dovesse avere la possibilità di farsi sentire, Bertol Brecht che la radio dovesse avere due dimensioni. temi politici con ospiti politici, l’attualità stretta, i temi di prima pagina e quelli economici. Un fattore rilevante è quello degli ospiti: più gli ospiti sono bravi, più commenti attirano. Importante notare è un nesso tra l’alto numero di interventi degli ascoltatori e i temi che permettono l’espressione di una posizione netta. Conversazioni Un aspetto decisivo è quello della conduzione e gestione della conversazione: cambiando il modo di trasmettere e fruire, cambiando tempi e luoghi d’ascolto, cambia di conseguenza anche la conduzione, il modo di scambiare parole, idee e di dialogare. Ma cosa si intende per “conversazione”? I dizionari radiofonici la definiscono come un genere caratterizzato dalla presenza al microfono di un solo oratore per una durata variabile dai 5 ai 15 minuti. Insomma è un discorso che si tiene da soli, una sola persona parla, il pubblico sente una voce sola. Nel linguaggio corrente però si intende per conversazione una discussione tra due o più parti, non un monologo. Dunque anche un dibattito o un talk show rientrano in una conversazione radiofonica? No se si considera conversazione un discorso a una voce, si se si considera la discussione tra più persone. Parlando di conversazione è importante far riferimento alla retorica: alla base del parlare ci sono regole, arti e trucchi, non ci si può affidare al caso. Prima di tutto è importante capire la personalità dell’interlocutore ed entrare in sintonia con essa per incoraggiarlo a prendere parola, bisogna “lasciare brillare gli altri”, svelarsi a vicenda. Altrettanto essenziale è il tono, la modulazione, il volume della voce. Sono regole che valgono per la conversazione con presenza fisica, per la radio ci vuole una declinazione specifica. La conduzione radiofonica abbraccia stili e contenuti diversi, lo stesso vale per i conduttori: si va da quelli più elementari ai critici esperti. Le regole della conduzione radiofonica A guidare la conversazione alla radio c'è il conduttore. Esistono numerose regole che descrivono cosa esso debba fare, regole che cambiano a seconda del contesto dell’epoca. Alcune regole sono: • Parla come mangi • Sorridi mentre parli • Parla poco, massimo due minuti • Non impostare la voce, concentrati sui contenuti • Pensa le conseguenze di ciò che dici • Attenzione alle pronunce straniere • Non enfatizzare troppo le parole • Mai nominare radio concorrenti • Non parlare troppo di te stesso • Scandisce bene le parole. Tutto ovviamente dipende dal contesto, dal pubblico, quindi regole che valgono per speaker intrattenitore non valgono per giornalisti, oppure regole valide per la conduzione solitaria non lo sono per una conduzione a due o a tre, eccetera. Altro elenco di regole deriva dal saggio sulla radio E sulla conduzione molto popolare in Inghilterra: • Usa tanti dettagli in modo che l'ascoltatore possa “vedere” ciò che sente • Comincia trasmissioni con qualcosa di interessante • Dì la verità • Non essere noioso • Ascolta la radio dove lavori anche quanto non lavori • Usano la tua esperienza il personale come metro • Sei un tema è vecchio non trattarlo • Promuovi il tuo programma E quelli dei colleghi • Se non sai qualcosa ammettilo, gli ascoltatori apprezzeranno che il conduttore sia simile all’oro • Sii te stesso e rischia. Queste due elenchi riguarda in particolar modo la radio commerciali, per quanto riguarda le rate di contenuto serio ci avvaliamo di due elenchi: il primo è Norme per la redazione di un testo radiofonico di Carlo Emilio Gadda, il secondo È un elenco di Marino Sinibaldi. Per quanto riguarda il testo di Gadda introduce l'elenco vicenda che l'ascolto deve essere chiaro e gradevole, che bisogna considerare che la sopportabilità massima del parlato in Italia di 15 minuti e che è bene evitare nell'ascoltatore il cosiddetto complesso di inferiorità culturale. Detto ciò le regole per scrivere un testo radiofonico: 1. Usare periodi brevi 2. Procedere per figurazioni paratattiche 3. Evitare le parentesi che gli incisi 4. Curare i passaggi di pensiero mediante per una scelta di congiunzioni ho particelle appropriate 5. Evitare negazioni delle negazioni (litòti) 6. Evitare l'uso dei pronomi (questo, quello, Il primo, secondo eccetera) 7. Evitare le rime volontarie 8. Evitare le allitterazioni involontarie 9. Evitare le parole desuete e le forme poco usate. Queste norme non valgono per i programmi in diretta, ma ci consegnano tre lezioni ancora oggi attuali: la chiarezza e il ritmo, la sopportabilità massima del parlato unito e la superiorità culturale. Per quanto riguarda invece la lista di Marino Sinibaldi: 1. Mai dare del tu agli intervistati 2. Mai fare domande più lunghe risposte 3. Mai fare domande la cui risposta è “sì”, “certo”, o simili 4. Ma interloquire con dei “si”, “certo”, “come no” eccetera 5. Mai lasciare incertezza sull'identità dell’interlocutore Tali regole sono valide per per tutti, per le radio commerciali, le comunitarie, le pubbliche, e per più o meno tutti tipi di programmi. Oggi, nell'era del Web radio, della crossmedialità, di una lingua più fatta informale, molto resta in piedi delle regole gaddiane. Per concludere il giornalismo radiofonico vuole delle regole, che particolarmente fanno riferimento a sintesi, immediatezza, velocità e capacità di evocazione. Quindi, la rivoluzione digitale cambia anche la conduzione radiofonica? La risposta è si. Farsi la radio di oggi è il frutto del combinato disposto dall'ingresso delle radio commerciali nel mercato radiofonico e dell'ibridazione della radio stessa con la rete. Ora si deve parlare di ciò che sta accadendo alla conduzione E per fare ciò è utile descrivere trasmissioni, le condizioni e i conduttori. La conduzione oggi: generi e modelli Anche in radio è possibile una classificazione dei generi, basata sul target d’ascolto e sulle fasce orarie. Essendo sistema, quello americano, che nasce private commerciale, si è sempre distinta per l'attenzione al rapporto tra prodotte pubblico, orientando l'offerta a seconda del pubblico di riferimento. Le classificazioni possibili sono molte, ce ne è una di fondo molto importante, ossia la distinzione tra radio di palinsesto e radio di flusso. La la prima è generalista ed è costruita su una griglia di programmi pensati per un pubblico dei gusti indifferenziati, eterogeneo. La seconda, detta anche format radio, si basa su un flusso che prescinde dalle fasce orarie e dall'offerta per generi e pubblici, e che è costituito su un sistema di elementi fissi, ripetitivi e riconoscibili. La parola format si usa anche relazione singoli programmi, i quali possono appartenere al un genere, dove per genere si intende un insieme di tratti distintivi che consentono al pubblico di orientare le sue attese nei confronti di un testo o di uno spettacolo, ricollegandoli a precedenti esperienze e di adattare le sue attività di fruizione in modo da venire incontro alle specifiche regole comunicative che si ritengono proprie di quella categoria di testi o spettacoli. Il carattere fluido del mezzo però rende difficili le distinzioni tra i generi, qui confini mutano continuamente. I generi variano moltissimo, la distinzione classica tra parlato di accompagnamento e parlato di contenuto. La prima tipica delle radio commerciali, giovanili e di evasione, la seconda delle radio pubbliche, ma è una distinzione che si è frantumato negli anni, tutto dipende dal contesto. La moltiplicazione dei format riguarda soprattutto l'offerta musicale. Per radio di parola o miste i recinti sono minori, si può distinguere tra all news, talk, news&talk, music&news, (nelle news si può poi distinguere news oriented, come Radio1, Radio24, RTL, Radio Capital, no-news, come Radio105, Deejay, M2O, Virgin, Radio Italia, oppure light news, come RMC, R101, Radio2, Radio3). La talk radio una radio di parola. L’espressione “parlato di contenuto” vaga, la qualità del contenuto il tipo di contenuto possono essere molto diversi, in generale si tratta di dibattiti sull’attualità molto leggeri. Anche l’espressione “parlato di accompagnamento” è vaga, ospita programmi e voci diverse, ma in generale accompagna la musica. Qui il conduttore ha vincoli i temporali tra un brano e l’altro, l'idea è quella di accompagnare la frammentazione contemporanea con una voce accattivante. Molti usano l’etichetta “musica e cazzeggio”, ma sarebbe più corretto definirlo “contenitore di intrattenimento” (c’è da considerare che tale genere è quello che in Italia ha più successo con ad esempio Lo zoo dei 105, Tutto esaurito oppure 105 friends). Ascoltato attentamente le trasmissioni delle radio commerciali più affermate in realtà lo spazio dedicato al parlato non è diminuito negli ultimi anni, anzi è quasi aumentato. Nel frattempo infatti si è alzata la sfida alle app solo musicali come Spotify, e allora parlato e musica possono essere una strada per differenziarsi. Nel parlato di contenuto ci sono i gr e gli approfondimenti, questi ultimi possono essere programma chiusi o parte di un contenitore (spazio radiofonico contenente materiali diversi accumunati da un tema o da una cifra stilistica). Vicino ad esso è il talk show, programma di discussione, di dibattito, ossia una discussione a più voci, sull’attualità o meno, su argomenti diversi (esempi sono Mattino 24 di Radio24, Lateral di Capital). Il grosso della programmazione radiofonica italiana, ossia quella di maggiore successo (Trl, Deejay, 105, Rds, Italia) con un target giovanile sotto i 44 anni, è scrivi viene la famiglia music&talk o music&news con la musica affidata dj di forte personalità e il talk che è grosso modo tutto a sua volta ascrivibile nel genere intrattenimento o chiacchierata Fare domande Fare le domande in radio può essere un privilegio ma anche una croce di chi conduce. Intervista dipende dal genere, dal format, dal target e la tecnica dell'intervista varia molto seconda del contesto. L'intervistatore deve sempre tenere in testa il fatto che un mediatore, il rappresentante degli ascoltatori, e deve chiedersi cosa vorrebbe che venisse chiesto. Deve anche essere umile, avere senso del ritmo e dell’opportunità, ossia deve essere capace di interrompere, gerarchizzare e dare il giusto peso alle risposte, sintonizzarsi con gli interlocutori e far ripetere loro parole passaggi oscuri. Le risposte fornite possono spiazzare, nel senso che possono essere di durata e contenuti diversi da quelli che ci si aspettava. Per questo motivo bisogna essere pronti e reattivi, essere in grado di fare subito nuove domande oppure cogliere la novità della risposta e insistere su quel punto. Importantissimo ascoltare bene e stare attenti alle risposte. Una intervista inoltre va preparata in modo e grado diverso a seconda del tipo di intervista facendo opportune ricerche. Sempre utili sono numeri e statistiche, I quali colpiscono gli ascoltatori e sono di appoggio in caso di contestazioni da parte di ospiti ascoltatori. Le regole dell'intervista ci permettono di toccare un tema in qualche modo implicato in tutto ciò che stiamo dicendo ossia la struttura delle trasmissioni. Le strutture possono essere gabbie, ma di esse c'è bisogno, aiutano molto conduttore, anche psicologicamente. Diventare conduttori La provenienza, la formazione, l'identità di collettori variano moltissimo. Possono essere giornalisti, programmisti, attori o intellettuali di ogni tipo. In altre parole È più utile la capacità comunicativa piuttosto che la competenza. Molte collezioni musicali, ma anche di intrattenimento, sono bicefale, ossia hanno due voci. Nelle conduzioni giornalistiche funzione invece meglio una voce da sola in quanto due conduttori possono avere idee diverse. In ogni caso è bene accordarsi prima sui cosa dire e chi lo dice. Ci sono elementi molto importanti nella conduzione. Primo fra tutti è la voce, molto fa la biologia (brathes, ossia l’insieme di qualità del suono che definiscono l’apparato di fonazione), ma molto può fare anche la società in quanto le voce alla radio si sono evoluti assecondando la società esterna. Ad esempio, inizialmente andavano solo vocii maschili. Sempre per quanto riguarda la voce è meglio un italiano senza forti cadenze regionali. Altro fattore importante è il ritmo, ossia non la velocità dell’eloquio ma la dinamica, il gioco di toni per tenere alta l’attenzione del pubblico. Connessa al ritmo è l’espressività, ossia la forza, l’intensità, l’efficacia con le quali si dicono le cose. Un conduttore deve lavorare sull’intonazione, il che significa anche lavorare sulla densità semantica, sull’enfasi, delle parole o delle espressioni. Altro elemento importantissimo è la parola, che in radio è tutto, l’eloquenza conta parecchio. Occorre lavorare sul lessico e la ricchezza lessicale. Nelle radio commerciali dominano iperboli, stereotipi metaforici e perifrasi aiutate, di basso tenore. Nelle radio più istituzionali e pubbliche invece si nota all’opposto un eccesso di allusioni o enfasi, attenuazioni, eufemismi, preterizioni ed espedienti retorici. Altro rischio è quello del parlare silenzioso, per motti, soprattutto nei primi secondi di trasmissione, motivo per cui gli inglesi usano entrare subito in medias res. Cosa da evitare è invece quella di sottolineare i limiti temprali della radio (purtroppo ci dobbiamo lasciare, siamo costretti a dare la linea a…) perché offendono chi va in onda dopo. Esperienze In radio è meglio leggere o improvvisare? Dipende. Se si tratta di un Gr è opportuno leggere per stare nei tempi e per essere più precisi, qui si improvvisa solo nel caso in cui una notizia arriva mentre si è in diretta. L’improvvisazione è invece più azzeccata nelle trasmissioni in diretta, ma è opportuno evitare interazioni (eh, beh, mmmh …) e riempitivi (insomma, diciamo, certo..), sono brutti e si notano, meglio piuttosto un secondo di pausa. Gestire i momenti morti è oggi molto più facile piuttosto che vent’anni fa, oggi infatti ci sono canali all news accesi, agenzie di stampa, social media, il contatto con la regia eccetera. Bisogna inoltre ricordarsi che gli ascoltatori possono essersi sintonizzati in qualsiasi momento, è bene quindi ricapitolare, riassumere e fare spesso il punto della situazione, dando poco per scontato.
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