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LA RAPPRESENTANZA IN DIRITTO ROMANO, Dispense di Diritto Romano

Vediamo come i romani iniziarono a declinare l'istituto della rappresentanza e le fonti della rappresentanza, con l'introduzione di figure come il procurator, il cognitor e il gestor

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 01/07/2024

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Scarica LA RAPPRESENTANZA IN DIRITTO ROMANO e più Dispense in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! L’ISTITUTO DELLA RAPPRESENTANZA IN DIRITTO MODERNO Il tema della rappresenta nel diritto romano è un argomento molto complesso, anche riguardo l’esperienza moderna. La rappresentanza è il fenomeno per cui un soggetto può realizzare un negozio giuridico in conto, quindi nell’interesse e, in alcuni casi, anche in nome, di un altro soggetto. Il fatto che alcuni siano realizzati nel nome di un altro soggetto significa che il negozio da lui concluso produrrà effetti non nella sua sfera giuridica, ma direttamente nella sfera giuridica del rappresentato. Per questo si distingue la rappresentanza in diretta e indiretta. Nella prima il soggetto conclude un negozio giuridico nell’interesse di un altro soggetto, ma anche in nome di un altro soggetto. L’atto contrattuale, quindi, produce effetti esclusivamente nella sfera giuridica del rappresentato, perché lui ha agito nell’interesse, ma anche nel nome di un altro soggetto. La rappresentanza diretta presuppone che il negozio concluso dal rappresentante sia stato “autorizzato” dal rappresentato, quindi che al rappresentante sia stata attribuita la possibilità di agire per nome e per conto del rappresentato. Esiste anche una rappresentanza indiretta, detta anche interposizione accessoria, in cui invece il rappresentante agisce nell’interesse del rappresentato, ma non nel nome; gli effetti nel negozio giuridico si producono nella sfera giuridica del rappresentante, cioè di colui che agisce, ma il rappresentante è tenuto poi a trasferire gli effetti giuridici nella sfera del rappresentato. Anche questo avviene sulla base di un precedente rapporto che è disciplinato in genere dal contratto di mandato. Il MANDATO è quel contratto con cui un soggetto conferisce ad un altro il potere di agire nel suo interesse, ma non in suo nome. Si crea un vincolo obbligatorio, tra il mandante e il mandatario, per cui gli effetti si produrranno nella sfera giuridica del mandatario, perché lui non ha la spedita del nome, non può spendere il nome del mandante, ma per effetto dell’obbligo che ha assunto nei confronti del mandante sarà costretto a ritrasferire quanto acquisito sulla base nel negozio compiuto al mandante. Inizialmente l’istituto della rappresentanza era vietato. Le fonti attestano uno sfavore del diritto romano nei confronti della rappresentanza. Sia poiché si tratta di un fenomeno complesso da disciplinare giuridicamente sia perché si presta anche ad una serie di problematiche significative. In realtà i romani praticavano principalmente la rappresentanza indiretta. Ad esempio, nel diritto romano esisteva il fenomeno sia degli schiavi sia dei fili familias che avevano un regime speciale, poiché sottoposti alla potestà del pater familias; questi erano dei soggetti che non avevano capacità giuridica, ma avevano capacità di agire, quindi sostanzialmente non potevano essere titolari di diritti soggettivi, ma potevano porre in essere negozi giuridici. Però, gli effetti di questi negozi giuridici si producevano automaticamente nella sfera giuridica del pater, di fatto non c’era neanche bisogno della rappresentanza, perché il pater familias o il dominus si servivano ad esempio dei figli per realizzare l’acquisto di diritti, tramite persona diversa dal titolare del patrimonio. Si tratta di un fenomeno peculiare, la diffusione della rappresentanza inizialmente fu minima. Nel tempo però cominciò a svilupparsi, prima la rappresentanza indiretta con il contratto di mandato che è uno dei quattro contratti consensuali, insieme a compravendita, locazione e società. Contratti che si sviluppano nella prassi dello ius gentium e che si affermano nella fase di espansione di Roma e dei traffici commerciali, quindi contratti strutturali soprattutto al commercio. Col contratto di mandato si sviluppava la rappresentanza indiretta, cioè il mandante conferiva il compito di realizzare nel suo interesse un negozio giuridico. Gli effetti si producevano nella sfera giuridica del mandatario che poi li trasferiva al mandante. Nel caso in cui non venissero trasferiti liberamente era prevista un actio mandati, una azione che il mandante poteva esercitare nei confronti del mandatario se esso non avesse trasferito quanto acquistato sulla base del loro negozio. Il mandato restava un rapporto interno fra mandante e mandatario, il terzo col quale il mandatario concludeva il rapporto giuridico non sapeva nulla. Questa è la peculiarità di questo contratto. Ad un certo punto però i romani pensarono che vi fosse invece la necessità di consentire, in alcuni casi, di evitare questo doppio passaggio, poiché oneroso. In alcuni casi i romani cominciarono a pensare al meccanismo diretto di produzione degli effetti giuridici del contratto concluso dal rappresentante direttamente in capo al rappresentato. Nel caso della rappresentanza diretta il problema è che bisogna garantire due soggetti: il terzo che giustamente deve sapere che quel contratto sarà concluso nell’interesse di un altro soggetto, e lo stesso rappresentato, che in qualche modo deve avere la certezza che questo negozio, che viene concluso non solo nel suo interesse, ma anche nel suo nome, risponda effettivamente alla sua volontà. I sistemi sono diversi. Nel diritto romano questo meccanismo venne assicurato con vari criteri. Quello che ci interessa principalmente è quello del procurator, da cui deriverà poi l’odierna procura. La storia del procurator è una storia complessa a Roma, perché sembra un po’ contraddittoria. Ad un certo, infatti, i procuratores possono acquistare non solo nell’interesse, ma anche nel nome di altri soggetti. Al contempo nelle fonti troviamo l’espressione “Per extraneam personam adquiri non possunt”, cioè il principio generale formulato dalle fonti romane per cui tramite una persona estranea e libera non si poteva acquistare. Il problema sta nel capire come si conciliano le due cose. Le due cose in realtà si conciliano storicamente, perché originariamente questo fenomeno dell’acquisto tramite persona libera, distinta dalla famiglia del pater familias , non era possibile a Roma . Poi invece, progressivamente, fu consentita proprio tramite la figura dei procuratores . I procuratores all’inizio erano sì soggetti liberi (quindi non erano né schiavi né filiis familias), ma erano soggetti che erano legati fortemente al rappresentato, quindi soggetti che avevano una riconoscibilità sociale e giuridica, cioè soggetti che in qualche modo avevano uno stretto legame col rappresentato, e al tempo stesso per i terzi erano soggetti che si sapeva avessero detto legame col rappresentato. Dovevano essere quindi soggetti che garantivano sia il dominus negoti, ma anche i terzi. La prima figura di procuratore che si afferma a Roma è quella dei procuratores omnium bonorum, cioè quei soggetti a cui un pater familias avesse affidato la gestione di tutti i suoi beni. In questo caso il terzo riconosceva perfettamente che quello fosse un procuratore omnium bonorum , avendo in qualche modo la certezza che operasse nell’interesse e nel nome del dominus. Per il rappresentato era una garanzia, poiché si trattava di un soggetto in cui egli riponeva la sua fiducia, quindi era sicuramente un soggetto che in linea di massima avrebbe svolto questo incarico nell’interesse stesso del rappresentato. Originariamente il fenomeno della rappresentanza nasce in riferimento a questi soggetti, i cui atti compiuti producevano effetti diretti dentro la sfera del rappresentato. Poi si ammise, già in età del principato, il procurator omnius rei, cioè la possibilità che il rappresentato potesse sì nominare un procurator, non per la gestione di tutti i suoi beni, ma anche per la gestione di un singolo negozio giuridico, sempre con effetti nella sua sfera giuridica. Da qui poi nascerà l’istituto della procura, istituto però che i Romani non conosceranno mai. C’è un fenomeno similare nella rappresentanza processuale, infatti anche nel processo venne data la possibilità che potesse agire un soggetto diverso dal titolare del diritto, sia in qualità di attore che di convenuto per assumere la lite. Anche qui si affermarono 2 figure: quella del cognitor e quella del procurator. La differenza stava nel fatto che il cognitor fosse un soggetto autorizzato direttamente dal dominus litis, cioè il titolare del diritto, che in questo caso viene sostituito nel processo da un rappresentante. In alcuni casi, quando il dominus litis nominava il rappresentante processuale, alla presenza o comunque rendendolo noto alla contro parte, diceva di autorizzare Tizio ad agire in processo in suo nome e per suo conto. La conseguenza sarebbe stata che tutti gli effetti della condemnatio si sarebbero prodotti direttamente nella sfera giuridica del dominus litis. Nel caso del procurator invece, questi non veniva nominato pubblicamente, ma si presentava lui spontaneamente in giudizio. In questo caso gli effetti del negozio si producevano nella sua sfera giuridica, salvo poi doverli trasferire al dominus. Questa peculiarità è dovuta al fatto che quella del cognitor a Roma è una figura molto antica, quella del procurator invece è di evoluzione successiva.
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