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la redenzione dell'uomo, Dispense di Teologia II

appunti per intraprendere lettura approfondita del tema redenzione

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 26/04/2019

paola-fioppo
paola-fioppo 🇮🇹

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Scarica la redenzione dell'uomo e più Dispense in PDF di Teologia II solo su Docsity! TEOLOGIA SACRAMENTALE Appunti presi dagli studenti dalle lezioni (integrati con l’aiuto del testo) La teologia oggi si occupa molto di questo argomento. La teologia moderna ha un grosso rimprovero da fare alla teologia classica (prima del Concilio Vaticano IIº): aver materializzato troppo i sacramenti, considerandoli quasi strumenti magici. Da questo rimprovero è sorto un movimento di studi che ha approfondito sotto tre aspetti fondamentali il problema: 1º) Aspetto Cristologico: i sacramenti devono essere visti nel mistero di Cristo come prolungamento dell’umanità sacrosanta di Cristo. 2°) Aspetto Ecclesiologico: i sacramenti devono essere visti nella compagine ecclesiale, inseriti nel mistero della Chiesa, la quale è continuazione di Cristo. I sacramenti sono la manifestazione, attraverso la Chiesa, dell’amore di Dio per noi. 3º) Aspetto antropologico dei sacramenti: i sacramenti devono essere considerati “segni” o “simboli” che significano e che producono l’amore di Dio verso di noi. Un dono è segno d’amore, che suscita, in chi lo riceve, l’amore. Il sacramento è una realtà sacra che ne manifesta un’altra. Ha due significati, uno generico e uno specifico: a) In senso generico: si può dire che Cristo e la Chiesa sono sacramenti di Dio; quindi, in senso generico, si può distinguere: - Segno sacro: che appartiene all’ordine del divino; - Sacramento = mistero = simbolo = rito religioso: che serve ad esprimere i nostri sentimenti verso la divinità; - Sacramento-mistero: è una realtà arcana che o non conosciamo o conoscendola non vediamo nella sua profondità (es. mistero trinitario, eucaristico, incarnazione); - Sacramento-simbolo: figura una realtà che ci rimanda ad un’altra realtà, la rappresenta e ce ne offre l’immagine (es. la manna simbolo dell’Eucarestia); - Segno: è la realtà di una cosa ma ne significa un’altra (es. la bandiera è un drappo che significa la patria). Quello che conta nel segno non è tanto la realtà del segno stesso, quanto il suo significato. - Sacramento segno e figura; - Sacramento-rito: è qualunque cerimonia o manifestazione che venga fatta per dimostrare il nostro amore alla divinità. Il nome Sacramento può essere usato per significare tante cose sul piano generico. b) In senso specifico-tecnico: è la nozione generale in cui rientrano tutti e solo i sette sacramenti: Segno sensibile, efficace del1a grazia, istituito da Nostro Signore Gesù Cristo (dal Catechismo). = Battesimo: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ((Mt. .18-19) (Gv.6, 5). = Eucarestia:…questo è il mio corpo… …questo è il calice del mio sangue… …fate questo in memoria di me. = Penitenza: Coloro ai quali rimetterete i peccati saranno rimessi, a coloro che non li rimetterete non saranno rimessi (Gv. 20,23). = Sacerdozio Cristo ha il potere di: - Istituire i sacramenti, perché ha il potere di disporre della grazia - Lui che è pieno di grazia - in modo che anche gli altri diventino figli di Dio; - Stabilire che la Chiesa trasmetta la grazia attraverso un segno sensibile; - Stabilire che questo segno sensibile venga amministrato in suo nome. Cristo ha riservato a sé il potere di essere il ministro principale dei sacramenti. I sacramenti non sono solamente amministrati in nome di Cristo, ma da Cristo stesso. Cristo attraverso i secoli è presente nella sua Chiesa e amministra i sacramenti a tutti coloro che li ricevono nella sua Chiesa. I sacramenti sono santi perché è Cristo che li ha istituiti e perché è Cristo che li amministra: Battezzi pure Pietro, battezzi Paolo, battezzi Giuda: è Cristo che battezza (In Io. tr. 6,7). Il battesimo è uno, è quello di Cristo. La santità del sacramento non dipende da chi lo amministra in nome di Cristo, anche se il sacerdote non è degno di amministrarlo: il sacramento è sempre santo perché è Cristo stesso che lo amministra. LA CHIESA SACRAMENTO DI CRISTO Nella grandiosa costituzione del Concilio Vaticano IIº (cap, 1, nº 1) si parla della Chiesa come sacramento universale di salvezza. È nozione nuova l’applicazione di sacramento alla Chiesa. La Chiesa sacramento della nostra unione con Dio. Prima che perfetta società giuridico-gerarchica, la Chiesa è sacramento e segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano (n.1). Nell’espressione suddetta ci sono due aspetti: - La Chiesa è frutto di salvezza; - La Chiesa è strumento di salvezza. Vediamo tre punti: - La Chiesa è nata da Cristo, frutto della salvezza operata da Cristo; - La Chiesa è portatrice di Cristo; - La Chiesa è ordinata a portare Cristo agli uomini. Vediamo questi punti singolarmente. 1º) Nata da Cristo, dal suo cuore lacerato sulla croce: è frutto della redenzione di Cristo, è la sposa di Cristo, perché da Cristo trae la sua missione; è continuazione dell’opera di Cristo: è il Cristo che continua la sua opera nei secoli. 2º) È portatrice di Cristo. Nella Chiesa c’è Cristo presente. Vediamo tre modi della sua presenza nella Chiesa: – a) Presenza mistica. Cristo è presente nella Chiesa che prega: è Cristo che prega in lei. Cristo prega per noi come nostro sacerdote, prega per noi come capo del Corpo Mistico, Cristo è pregato da noi come nostro Dio. Cristo è presente nella Chiesa che soffre (Atti degli Apostoli 9-4 e Mt. 25, 31-46), è presente nelle opere di misericordia perché l’opera è Cristo che la compie. Cristo è presente nella Chiesa in ogni riunione: Dove sono riuniti due o tre nel mio nome, ci sono Io in mezzo a loro (Mt. 18,20). – b) Presenza ministeriale. Cristo presente nella Chiesa che predica il Vangelo, perché il Vangelo è di Cristo e attraverso i suoi ministri è Cristo che annuncia il Vangelo a tutti. Cristo è presente nella Chiesa che governa, perché Cristo è presente in tutti i pastori della Chiesa e tutti sono un solo pastore in Cristo: chi predica, non predica se stesso, ma il Cristo. Cristo è presente nell’amministrazione dei sacramenti. È Cristo che offre il sacrificio della messa. Sulla croce si è offerto da se stesso, nella messa viene offerto dal sacerdote il quale dice: Questo è il mio corpo (corpo di Cristo) perché Cristo è presente. Nella messa il ministro agit in persona Christi che è il vero sacerdote. Nella messa si realizza una duplice mediazione tra l’uomo e Dio: una ascendente (adorazione, ringraziamento), l’altra discendente (impetrazione, propiziazione). La messa, sintesi mirabile del cristianesimo, è il ponte d’oro tra la terra e il cielo, tra il cuore dell’uomo e il cuore di Dio. – c) Presenza sacramentale. La forma più alta. Cristo è presente con la sua grazia, con il dono dello Spirito Santo in ciò che operano i Sacramenti, eccetto l’Eucarestia, nella quale non è presente la forza di Cristo, ma Cristo stesso: presenza sacramentale e sostanziale. 3º) La Chiesa destinata a portare Cristo agli uomini, ossia Chiesa missionaria. La Chiesa è destinata a portare Cristo agli uomini in due modi: - Attraverso la predicazione: evangelizzazione; - Attraverso i sacramenti: sacramentalizzazione. Perciò la Chiesa è Sacramento universale della salvezza. Fuori delle Chiesa c’è salvezza? Un principio remoto dice di no: la Chiesa è il mezzo necessario stabilito da Cristo. Ma i beni della Chiesa possono essere anche fuori di essa: chi è in buona fede può raggiungere la salvezza. La Chiesa è mezzo di salvezza, ma non può salvarsi chi consapevolmente rimane al di fuori di essa. Chi si salva fuori della Chiesa non si salva senza orientamento verso di essa: tutti i giusti, che sono fuori della Chiesa, sono – in quanto tali – orientati verso la Chiesa e in qualche maniera sono connessi con lei. La Chiesa è la società visibile «tenuta insieme e collegata dai sacramenti». I sacramenti sono il «vincolo sociale» che unisce i fedeli della Chiesa. I sacramenti sono i concreti mezzi di salvezza. Essi il quale mandò una lettera a Papa Stefano su tale argomento. Il Papa che ne vide l’errore rispose di no: «non si dovevano ribattezzare». Sulla base dell’errore nacque uno scisma detto dei donatisti. I donatisti asserivano che la grazia e la forza del sacramento dipende sia dalla santità del ministro che lo amministra, che di colui che lo riceve. Cioè «non erano santi i sacramenti, oggettivamente, ma soggettivamente, dipendenti dalla santità dei cristiani e di chi li amministrava». I protestanti con Lutero dicevano che i sacramenti non sono altro che un segno della fede - attraverso la fede si riceve la grazia - e dell’appartenenza dei fedeli alla Chiesa. Essi respingono il valore efficiente dei sacramenti, i quali – dicono – sono magia come vengono amministrati dai cattolici. c) Concilio di Trento e dottrina della Chiesa: – 1) I sacramenti significano, contengono e conferiscono la grazia che significano. Significano perché sono segni della grazia, e contengono e conferiscono la grazia che significano. – 2) I sacramenti escludono – in ordine alla grazia – l’influsso del ministro e di colui che li riceve. I sacramenti operano per la loro santità e realtà oggettiva. L’azione del sacramento (ex opere operato) non ha niente di magico perché scaturisce da Dio che la inserisce delicatamente nella psicologia del fedele, che è chiamato a cooperarvi liberamente (opus operantis), ossia per l’opera posta e per l’opera di chi la pone. I sacramenti, a causa della loro santità, operano quei determinati effetti. – 3) I Sacramenti per operare la grazia esigono le disposizioni di chi li riceve, che non sono le cause dell’effetto del sacramento, ma sono necessarie per rimuovere l’ostacolo. Ad esempio: il sole che splende e la finestra che è chiusa; basta rimuovere l’ostacolo, cioè aprire i battenti, e la luce entra. Il bambino che riceve il battesimo non frappone ostacoli, non ha ostacoli e quindi non ha bisogno di disposizione. Il sacramento, in quanto posto, opera la grazia, mentre negli adulti è necessaria la disposizione, ma come condizione, non come causa. – 4) Da parte di chi amministra il sacramento è sufficiente l’intenzione di conferirlo e di farlo come lo fa la Chiesa. d) Teologia di ieri e di oggi La teologia non è la semplice esposizione della dottrina della Chiesa, ma è una scienza; è l’approfondimento di questa dottrina, è l’esame degli argomenti a favore di questa dottrina, è la rimozione delle obiezioni. 1) Teologia di ieri La teologia nello studiare il problema si è sempre mossa tra due estremi e fa la sua proposta in modo da evitare i due errori contrari: - il feticismo: cioè azione magica dei sacramenti. - il simbolismo: i sacramenti sono semplici simboli. La fede ha sempre sostenuto: 1) I sacramenti non sono una cosa magica perché sono azione di Cristo ed è Lui che li amministra e supera la sproporzione tra causa ed effetto ed anche perché sono azioni della Chiesa, la quale è santa per la presenza di Cristo. 2) I sacramenti non sono semplici simboli (vedi protestanti), ma sono causa efficiente della grazia. Cioè tra segno sensibile (battesimo, cresima, ecc.) e l’effetto prodotto c’è un rapporto di causalità, come insegna il Vangelo: Se uno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non entrerà nel regno di Dio (Gv. 3, 3). Esiste una sproporzione tra segno ed effetto, ma viene superata attraverso il concetto di causa strumentale. Causalità strumentale (concetto filosofico) è una causalità che invade ed opera in tutta la nostra vita. Se prendo una penna e scrivo, la mia penna opera una causalità strumentale, è lo strumento con il quale io scrivo. Dante ha scritto con le penne la Divina Commedia; ma quando si legge la Divina Commedia, non si pensa alle penne ma al genio di Dante. Cos’è lo strumento? La causa strumentale opera in forza della causa principale che l’assume per un determinato effetto: quell’effetto, pur congiunto attraverso la causa strumentale, non è proporzionato alla natura dello strumento ma alla natura principale che lo assume. I sacramenti sono lo strumento in mano di Cristo. La causa principale è Cristo, che si serve dei sacramenti. I sacramenti sono causa strumentale della grazia; la grazia è operata dai sacramenti non perché sono semplici segni materiali, ma perché assunti da Cristo «come strumenti per conferire la grazia». Azione sacramentale. L’umanità di Cristo è uno strumento, lo strumento unito alla divinità del Verbo che ha operato la nostra salvezza. La salvezza non ci viene solo dalla natura umana di Cristo. Se la natura umana non fosse stata unita alla persona del Verbo, non avrebbe operato la nostra salvezza. L’umanità di Cristo e i sacramenti sono cause strumentali. L’umanità è strumento congiunto, i sacramenti sono strumenti separati, come la penna e il braccio. I sacramenti sono strumenti nelle mani di Cristo: l’effetto che producono è proporzionato alla causa principale che è Cristo, non allo strumento. Concetto teologico e filosofico insieme. Anche noi creature siamo strumenti di Dio. Noi «siamo» per effetto dell’azione creatrice di Dio. Dio è l’essere che esiste per sé, noi esistiamo perché partecipiamo all’Essere di Dio; è la sua azione creatrice che ci fa essere, ma questa azione deve sostenerci nell’essere. Alla creazione fa seguito la confermazione e infine il concorso divino all’azione delle creature. Agendo, noi perfezioniamo noi stessi: questa azione è possibile perché Dio creatore illumina la nostra intelligenza e muove il nostro essere all’agire. Noi, pur essendo cause principali delle nostre azioni, sul piano più alto della creazione siamo uno strumento nelle mani di Dio. Questo sul piano naturale. Sul piano soprannaturale, ci viene da Dio la grazia attuale per operare il bene. Tre opinioni di vari teologi intorno ai sacramenti. 1) Alcuni ritengono che la causalità dei sacramenti sia una causalità fisica perfettiva: l’azione strumentale dei sacramenti raggiunge realmente l’effetto ultimo che è la grazia. Cristo amministrando i sacramenti infonde la grazia nell’anima. 2) I sacramenti hanno una causalità fisica ma dispositiva: l’azione strumentale dei sacramenti non raggiunge l’effetto ultimo della grazia, ma un effetto in preparazione alla grazia, che sarà infusa da Dio se non c’è impedimento da parte di chi riceve il sacramento. Come per la finestra con i battenti chiusi: non può entrare la luce; leviamo l’impedimento, apriamo i battenti e il sole entrerà a torrenti infondendo luce e calore. I sacramenti di Battesimo, Cresima e Ordine infondono il carattere, che I SACRAMENTI SONO SETTE, Né pIù Né MENO In questo numero sono stati istituiti da Cristo in un modo o in un altro, e ne ha fatto dono alla Chiesa. Come sappiamo che Cristo ha istituito i sette sacramenti? Nel Nuovo Testamento noi troviamo che Cristo ha istituito l’Eucarestia, il Battesimo, la Penitenza e il Sacerdozio. Ma per gli altri? Dobbiamo ricorrere alla tradizione della Chiesa. Nella lettera di S. Giacomo troviamo (5, l3-14): Qualcuno di voi è malato? Mandi a chiamare i presbiteri della Chiesa, e facciano orazioni su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la supplica della fede salverà il malato. E se avesse commesso peccati gli saranno perdonati. Questa unzione ha un valore religioso perché fatta nel nome del Signore, cioè per comando di Cristo. I suoi effetti sono sia il sollievo fisico che quello spirituale: la salvezza e il perdono dei peccati. Il papa Innocenzo I (410) utilizza questi versetti a proposito del sacramento dell’Estrema Unzione. Questa interpretazione della Chiesa è stata autenticata e definita dal Concilio Tridentino. Poi vediamo che la Chiesa nestoriana, divisasi da noi nel V° sec., ha mantenuto i sacramenti in numero di sette. La stessa cosa è accaduta anche con la Chiesa Orientale che, divisasi dalla Chiesa Cattolica con lo scisma del 1100, ha mantenuto anch’essa i sacramenti. La formula “i sacramenti sono sette” è nata con la teologia e con il Concilio di Trento, quando si è cominciato a pensare cosa significassero i sacramenti. Questo non vuol dire che prima del Concilio non erano sette, ma semplicemente si dovette venire ad una formula settenaria per controbattere i protestanti che ne volevano ammettere soltanto alcuni. I sacramenti sono: Sacramento della nascita (battesimo), Sacramento della crescita (cresima), Sacramento della perfezione (Eucarestia), Sacramento della riconciliazione (penitenza), Sacramento del sollievo (estrema unzione), Sacramento della socialità (socialità naturale o matrimonio e socialità soprannaturale o sacerdozio). Quello che avviene sul piano naturale avviene anche sul piano soprannaturale. Quello che dà al sacramento cristiano una fisionomia inconfondibile e un valore tutto proprio è il nesso profondo e vitale tra Cristo considerato nella sua umanità - immolato e glorificato (aspetto cristologico) - e l’altro carattere inconfondibile, cioè l’aspetto ecclesiologico. I sacramenti sono le arterie vitali del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa, dove le anime sono inserite in quel Corpo e ne diventano membra. L’azione del Sacramento ex opere operato non ha niente di magico perché scaturisce da Dio che la inserisce nell’anima del fedele, chiamato a cooperarvi liberamente: opus operantis. Tutta l’economia della grazia e dei sacramenti impegna l’attività intelligente e libera dell’uomo a rispondere all’appello e al generoso dono di Dio. BATTESIMO La Sacra Scrittura parla molto e profondamente del battesimo. Presso i Sinottici abbiamo due testi: uno preparatorio e l’altro istitutivo. Narrazione del battesimo di Giovanni, di Gesù e dichiarazioni di Giovanni riguardo a Gesù. Il battesimo di Giovanni è di penitenza (preparatorio e penitenziale). Gesù va al Giordano a farsi battezzare da Giovanni: Una colomba discese dall’alto e si pose su di Lui e una voce si udì che diceva: Questo il mio Figlio diletto, in esso mi sono compiaciuto. Giovanni diceva alle genti che si andavano a battezzare: Io vi battezzo con acqua per la penitenza (dunque penitenziale), ma Colui che verrà dopo di me è più forte di me. Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco (Mt. 3, 11), ed alla fine del vangelo Mt. 28 e Mc.16 raccontano come Gesù prima di ascendere al cielo istituisce il battesimo, dicendo agli apostoli: Andate, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dallo Spirito Santo. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Ossia Gesù dà la consegna di battezzare in nome della Trinità. Il battesimo consacra alla Trinità. Giovanni e Paolo rivelano il valore soprannaturale del battesimo. Paolo ai Romani (cap. 6) dice che il battesimo accomuna l’uomo alla vicenda di Cristo, cioè fa partecipare alla sua morte e resurrezione per una vita nuova, che è simile ad una nuova creazione. Giovanni nel suo Vangelo (3, 5), narrando l’episodio di Gesù con Nicodemo, riporta le chiare parole di Gesù: Se uno non rinascerà per acqua e Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio (rinascita spirituale). L’effetto del battesimo è triplice: grazia santificante, grazia sacramentale, carattere. Il carattere battesimale è un segno indelebilmente impresso nell’anima; pone in chi lo riceve un’esigenza della grazia e lo dispone a ricevere gli altri sacramenti. La presenza del carattere impedisce la ripetizione del rito. Il battesimo può essere sostituito dal desiderio di esso, che è implicito in un atto di fede e di amore e, conseguentemente, di contrizione; ancor più efficace il battesimo di sangue, cioè il martirio. Il battesimo viene ordinariamente somministrato dal sacerdote; ma in caso di necessità urgente, chiunque – uomo o donna, credente o non credente, purché abbia intenzione di fare ciò che fa la Chiesa – può battezzare. Il battesimo è l’initium fidei, cioè l’iniziazione dell’anima alla vita soprannaturale della grazia, in continua lotta contro il regno dal peccato. Etimologicamente, battesimo deriva dal greco ed equivale in genere a lavaggio, abluzione. L’uso di questo rito si riscontra sia presso i pagani che presso gli Ebrei. Il battesimo cristiano è prefigurato e preannunziato nell’Antico Testamento: Arca di Noè, l’acqua che Mosè fece scaturire dalla roccia. Immagini si trovano anche nei Profeti. La più vivida è quella di Ez. 36, 25-27: Spanderò su di voi acqua pura, e sarete mondati da ogni sozzura; vi darò un cuore nuovo, porrò in voi uno spirito nuovo... È evidente la prospettiva del battesimo, che – come sentiremo da Gesù e da S. Paolo – farà rinascere l’uomo a vita nuova. Il battesimo cristiano è stato istituito direttamente da Gesù Cristo, come si prova principalmente da alcuni brani evangelici: a) Dalle parole di Giovanni Battista: In verità io vi battezzo nell’acqua per la penitenza… ma Egli vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco (Mt. 3, 11) e di Paolo in Atti 19, 1-5. Giovanni battezzò il popolo col battesimo di penitenza, dicendo che credessero in Colui che stava per venire dopo di lui, cioè in Gesù. Udito questo furono battezzati nel nome del Signore. motivo battesimale toccato da Paolo è quello dell’illuminazione (Ebr 6, 4; 10, 32), che l’Apostolo presenta ai cristiani come un passaggio dalle tenebre alla luce (tema caro a Giovanni): eravate una volta tenebra, ora invece siete diventati figli della luce. Sigillo e carattere, che ha come proprio oggetto l’inserimento nel Corpo Mistico che è la Chiesa, e una qualificazione sacerdotale. Parlando dei pagani battezzati scrive: In Lui tutta la costruzione ben compaginata cresce come tempio santo del Signore, in Lui anche voi siete inseriti nella costruzione per divenire abitazione di Dio nello Spirito (Efesini 2, 19). Questo tema del sacerdozio dei fedeli si trova enunciato nella 1º lettera di Pietro (2, 9-10): voi invece siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo di acquisto…, voi che un tempo eravate un non popolo, siete ora popolo di Dio; voi gli esclusi dalla misericordia, siete ora invece figli di misericordia. È evidente l’accomunamento di pensiero tra Pietro e Paolo. Da tutta la testimonianza biblica risulta che il battesimo è un segno sacramentale che attua nel fedele una liberazione dal peccato, una rinascita da uno stato di morte ad uno stato di vita, partecipazione alla vita divina; inoltre il battesimo è collegato al mistero della Trinità e dell’incarnazione del Verbo, della Sua passione, della Sua morte, della Sua resurrezione e per mezzo del carattere inserisce l’uomo nel Corpo Mistico. Teologia del battesimo La Chiesa ha svolto e approfondito la teologia del Battesimo attraverso la Liturgia e la teologia dei Padri. Nella Chiesa nascente troviamo al centro della vita il battesimo, mentre sul piano della predicazione troviamo la resurrezione. Gli Apostoli testimoniano, testimonianza pagata con la vita, che Cristo è morto ed è risorto: una testimonianza concreta di un fatto che hanno visto con i propri occhi. Hanno mangiato e bevuto insieme al risorto: un fatto tale da non poterlo tenere segreto; bisognava parlarne, dirlo a tutti, esporre i fatti, cioè rendere la testimonianza chiesta loro dal Cristo. Il battesimo è la vita della Chiesa Principalmente da alcuni brani tratti dagli Atti degli Apostoli si può constatare quale era l’importanza e la condizione essenziale per prender parte alla nuova comunità ecclesiale. Atti, cap. 2, 38: Primo discorso di Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste; Atti, capp.8-12: Predicazione di Filippo in Samaria; Atti, capp. 8-26: Episodio dell’etiope battezzato da Filippo; Atti, cap. 9-3, 5: Conversione di Paolo; Atti, cap. 9-I7, 18: Paolo e Anania; Atti, cap.10, 21-30: Il battesimo del centurione Cornelio. È certo che questi temi fondamentali e altri ancora formeranno l’oggetto della tradizione dei Padri e della riflessione Teologica. Tradizione dei Padri della Chiesa. Dal libro di Ippolito, prete romano del 215, leggiamo che il battezzando scendeva in acqua, il battezzante gli posava la mano sul capo recitando il Credo e per tre volte il battezzando rispondeva «credo». La prima volta dopo la domanda «credi in Dio Padre onnipotente?»; la seconda «credi in Gesù Cristo suo unico Figlio?»; la terza volta «credi nello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio?». Quindi il battezzante procedeva al battesimo con la formula trinitaria e dopo il rito entravano in chiesa (La tradizione Apostolica). In Africa a Cartagine, anno 198/200, Tertulliano scrive un trattato sul battesimo (De Baptismo), che descrive con precisione l’origine, la natura e gli effetti mirabili del sacramento fondamentale del cristianesimo: L’acqua diventa sacramento di santificazione con l’invocazione di Dio. Lo Spirito Santo discende con la sua virtù santificante sull’acqua e infonde in essa la forza di santificare. Con quest’acqua noi siamo purificati dal peccato, di cui eravamo inquinati (cap. 4). Il battesimo veniva somministrato ai catecumeni soprattutto nei giorni di Pasqua e di Pentecoste. In Oriente ne parlano S. Cirillo e S. Giovanni Crisostomo. In Occidente S. Ambrogio. Ascoltando S. Ambrogio, Agostino si converte e si prepara al battesimo. Riassumendo la dottrina dei Padri, i temi da loro trattati erano principalmente: Necessità – Effetti – Liturgia del Battesimo. S. Basilio così parla del battesimo: Il battesimo è il prezzo della redenzione, il condono dei debiti, la morte del peccato, la rigenerazione dell’anima, indumento luminoso, sigillo infrangibile, veicolo verso il cielo, riconciliatore del regno, dono di adozione. I Padri hanno parlato del battesimo con grande ricchezza. Valga per tutti loro la voce di S. Agostino, il quale parla chiaramente e profondamente di tutta l’istituzione sacramentale. Nell’Epistola ad Ianuarium (1, 1) così scrive: Anzitutto voglio che tu ritenga bene qual è il punto principale di questa discussione; Gesù Cristo – come Egli stesso dice nel Vangelo – ci ha sottomessi ad un giogo leggero ed al suo leggero peso, e perciò a mezzo dei sacramenti, pochissimi di numero, facili da osservare ed efficacissimi nel significato, ha collegato la società del popolo nuovo, come è il battesimo consacrato nel nome della Trinità. Quanto alla struttura del sacramento, S. Agostino ha una formula che è divenuta classica Accedit verbum ad elementum, et fit Sacramentum, etiam ipsum tamquam visibile verbum - Se togli la parola, che cos’è l’acqua se non acqua? Se a questo elemento si unisce la parola, si forma il sacramento (Ev. in Io. tr. 80, 3). Agostino sintetizza il regime sacramentario del Vecchio e del Nuovo Testamento, esaltando i sacramenti del nuovo patto, molto più rispondenti alla maturità dei tempi e alla libertà umana. Altri Padri ed una legione di grandi teologi parlano dello stesso argomento in cui convengono occidentali ed orientali. Specialmente in Occidente si sviluppa una dottrina sacramentaria che culmina con la Summa di S. Tommaso. Riprendiamo il discorso interrotto sulla validità del battesimo ricevuto nello scisma. S. Cipriano scrisse a Papa Stefano che la Chiesa africana ribattezzava coloro che erano stati battezzati in periodo scismatico-eretico, dopo che si erano convertiti dall’eresia. Il Papa, che ne vide l’errore, rispose di no: non si dovevano ribattezzare, in quanto il battesimo imprime il carattere ed il sacramento è valido per se stesso, al di fuori della santità o meno di chi lo amministra, ex opere operantis, e di chi lo riceve, ex opere operato. Dunque bisognava solo riammettere nella Chiesa coloro che ne erano usciti e che volevano tornare ad essa. il sacramento, adoperiamo un mezzo non lecito: salendo sul traghetto dobbiamo pagare il biglietto (precetto), ma, una volta sul traghetto, anche se non pago il biglietto arrivo sempre dall’altra parte. Il triplice battesimo Il battesimo è necessario, come la Chiesa voluta da Cristo, perché i suoi frutti raggiungano l’uomo. Può essere: - di acqua - di fuoco o desiderio - di sangue o martirio. – Battesimo di fuoco o desiderio: Chi ritiene i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama: e chi ama me sarà amato dal Padre mio, ed io pure l’amerò e gli manifesterò me stesso (Gv. 14, 21). Chi mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e presso di lui staremo (Gv. 14, 23). Gesù con queste parole fa intendere che la vera manifestazione del Cristo è la sua mistica venuta o dimora, insieme con il Padre, nelle anime che lo amano. Il mondo non lo ama e non ne accetta le parole e i comandamenti e Gesù non si rivela al mondo. Doveva adempiersi la parola scritta nella legge: Mi hanno odiato senza ragione. Chi ama Dio, ama il suo prossimo e la Trinità abita in lui. Se un catecumeno, anche non battezzato, ha un grande amore di Dio e muore senza aver raggiunto questo suo grande desiderio, è salvo. La Chiesa ha ritenuto sempre salvi i catecumeni morti senza battesimo. Il suo aggancio è nella Sacra Scrittura. – Battesimo di sangue o martirio. Questa dottrina si appoggia al Vangelo: Non c’è prova più grande di coloro che danno la vita..., e per la festa dei Santi Innocenti. – Battesimo dei bambini. Per ricevere il battesimo bisogna credere, e i bambini non sono in grado di farlo. Dalla più antica tradizione sappiamo che la Chiesa ha dato il battesimo ai bambini (attestato anche da Ireneo e da Ippolito; per Origene è una tradizione apostolica). Nel 240 si trova scritto: La Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli il mandato di battezzare i bambini. I bambini sono sempre stati battezzati per la Remissione dei peccati; invece oggi la formula è Per la remissione del peccato originale. Per S. Agostino la prassi del battesimo ai bambini è stata l’argomento più efficace per dimostrare la necessità del battesimo. I bambini non sono capaci di battesimo di desiderio, quindi il loro possibile battesimo è ora di sangue o d’acqua. Senza il battesimo i bambini non si salvavano a causa del peccato originale. Da qui la parola limbo = lembo di inferno in cui sarebbero stati immessi i bambini morti senza battesimo. Basandosi sulla dottrina evangelica in Giovanni: Chi non rinasce dall’acqua e dallo Spirito, non entrerà nel Regno, la Chiesa ha ritenuto sempre la necessità di battezzare i bambini. Ecco l’insistenza di battezzarli subito; e talvolta, quando non si aveva la certezza che il bambino nascesse vivo, il battesimo avveniva nel seno materno. Dottrina di oggi. Oggi molti teologi pensano che i bambini senza battesimo si salvino attraverso il voto del battesimo: non potendo avere i bambini il voto soggettivo, usufruiscono di quello oggettivo dei parenti e di quello universale della Chiesa. È la volontà di Dio che vuole tutti salvi. Se Dio vuole tutti salvi, vuol dire che un mezzo c’è per salvare tutti, anche i bambini. Come i bambini - tramite il desiderio prima dei padrini, oggi dai genitori - ricevono il battesimo e si salvano, così gli altri bambini che non possono ricevere il battesimo si salvano per desiderio e voto della Chiesa. La ricerca dei teologi in questo campo è tuttora aperta e speriamo che venga sempre più approfondita. Difficoltà del battesimo ai bambini sul piano pastorale La discussione si è riaperta perché nascono sempre nuove situazioni. Sul piano dogmatico non c’è nessuna difficolt: poiché i bambini non possono emettere un atto personale di fede, non costituisce nessuna difficoltà. Il battesimo è sacramento della fede; alcuni allora dicono: ma poiché i bambini non possono emettere un atto personale di fede, non devono essere battezzati. A questa discussione dogmatica noi rispondiamo così: il battesimo dato ai bambini ha dei grandi vantaggi: 1) Assicura ai bambini il dono della grazia santificante, che è centro e amore del cristianesimo. 2) Dimostra l’efficacia del sacramento e in genere dei sacramenti, amministrati dal sacerdote ma opera di Cristo: l’efficacia non dipende né dalla fede di chi lo amministra - ex opere operato, né da quella di chi lo riceve – ex opere operantis, ma da Cristo. Nel battesimo lo si vede chiaramente. 3) Il battesimo dei bambini esprime la dimensione ecclesiale della fede, cioè della Chiesa. La fede non è solo un fatto personale, ma ecclesiale: i bambini credono attraverso la fede della Chiesa, dei genitori, dei padrini. Problema del battesimo ai bambini sul piano pastorale In Italia i bambini vivono in un ambiente così scristianizzato da non vivere il loro battesimo. Nel bambino battezzato, al battesimo di fede bisogna che corrisponda una fede nel sacramento del battesimo; bisogna che questo bambino, quando cresce, creda nel sacramento del battesimo, che è fondamento della vita cristiana. Oggi, purtroppo, non è così. La preoccupazione pastorale c’è, ma da ciò non si deve trarre la conclusione che non bisogna dare il battesimo ai bambini. I bambini devono essere battezzati e l’ambiente in cui vivono deve essere evangelizzato, cominciando dai genitori. L’EuCARESTIA È il centro vitale del cristiano, quasi il cuore pulsante della Chiesa, la vita delle anime. Per conoscere cosa pensa la Chiesa dell’Eucarestia, vediamo alcuni documenti del Magistero in proposito. Due documenti solenni dei Concilio di Trento: - Decreto sull’Eucarestia 1555; - Decreto sul sacrificio della messa 1565. Eucarestia è la presenza reale di Cristo corpo, sangue, anima e divinità. Eucarestia come sacrificio è la Messa. Due documenti pontifici: - Lettera pastorale di Leone XIII Mirae Charitas (1903). - Enciclica di Paolo VI Mysterium Fidei (1965), con particolare significato dogmatico, diretta contro documenti dottrinali che mettevano in pericolo alcune verità sull’Eucarestia. Contro le affermazioni che correvano e corrono, e che sono prevalentemente quattro, il pontefice si sofferma a prenderle in esame. avete mangiato quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il nutrimento che perisce ma il nutrimento per la vita eterna, quella che il Figlio dell’uomo vi darà; poiché Lui il Padre, Dio stesso, ha segnato con il suo sigillo. I miracoli, sigillo del Padre, attestano l’autenticità della missione divina di Gesù e l’autorità delle sue parole, alle quali è necessario prestar fede assoluta, qualunque cosa propongano. La folla chiede ancora un miracolo grande come quello della manna discesa dal cielo e Gesù rompendo gli indugi risponde: Io sono il pane della vita; chi viene a Me non avrà fame e chi crede a Me non avrà più sete (Gv 6, 35). Disse ancora Gesù: Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Poiché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è veramente bevanda. È questo il pane disceso dal cielo; non come quello che mangiarono i vostri padri e morirono: chi mangia questo pane vivrà in eterno (6, 53-58). Con questo versetto Gesù conclude la parte specificatamente eucaristica del discorso. Istituzione (Mt. 26, 26-28) Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo. Poi, prendendo una coppa, rese grazie e la diede loro dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per una moltitudine in remissione dei peccati. Gesù accanto a parole consuete - Prendete e mangiate - pronunzia parole nuove di un’estrema semplicità e perentoria chiarezza: Questo è il mio corpo. Gesù realizza ciò che afferma: questo (il pane che ha in mano) è (non più pane, ma) il mio corpo. La coppa conteneva vino. Le parole dette sul calice - dopo aver reso grazie (greco- eucharistos = ringraziare, da cui Eucarestia), cioè dopo una formula di preghiera - hanno significativa risonanza con il Vecchio Testamento. Il patto del Sinai tra Dio e il popolo d’Israele era stato ratificato con il sangue delle vittime; il nuovo patto con il quale Gesù Messia stabilisce nuove relazioni con Dio e il popolo dei credenti è scansionato con il sangue di una sola vittima che è Lui. Israele espiava i suoi peccati con l’effusione del sangue delle sue vittime (Vecchio Testamento). Nel Nuovo Testamento l’effusione del sangue del Cristo indica il suo imminente sacrificio sulla croce. Si deve anche notare che la legge proibiva di bere il sangue delle vittime (Lev 17, 10-12), perciò era simbolo di vita e ogni vita era riservata a Dio; nel nuovo sacrificio si beve il sangue del Cristo, altrimenti non è possibile avere la vita eterna (Gv. 6, 53-57). - Poi prese una coppa, rese grazie e disse: prendete questo e dividetevelo tra voi (Lc 22, 17). - Poi prese del pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, dato per voi. Fate questo in memoria di me (Lc 22, 19). Similmente, dopo la cena, diede la coppa dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, sparso per voi (Lc 22, 20). Che la coppa del versetto 20 sia la stessa del versetto 17 può risultare dal fatto che nel v. 20 la coppa tende a precisare una coppa. Nella redazione del testo Luca si avvicina a Marco, ma deve l’idea centrale al suo maestro Paolo (1 Cor) col quale concorda significativamente nel v. l7, dicendo: rese grazie (invece di “benedisse” di Mt. . e Mc), e dato per voi, per sottolineare il valore sacrificale dell’Eucarestia. E fate questo in memoria di Me, con le quali parole Gesù istituiva il sacerdozio che doveva rinnovare nei secoli il mistero dell’ultima cena. Anche nel v. 20 Luca concorda con Paolo nella formula: È il nuovo patto nel mio sangue. - Paolo nei versetti 1Cor 11,24-25 descrive nello stesso modo l’istituzione dell’Eucarestia. Le formule di Paolo e Luca sottolineano più direttamente che la nuova alleanza fra Dio e l’umanità è conclusa mediante lo spargimento del sangue di Cristo, a differenza di quella del Sinai che si concludeva con il sangue di animali. Ma in tutti e quattro i testi è affermato che sotto le specie del vino vi è realmente il sangue di Cristo, quello stesso sangue sparso (come dice Luca) da Cristo per ratificare la nuova alleanza. Tutte le volte che lo bevete fate questo in memoria di me. Tali parole si riferiscono alla ripetizione liturgica del rito. E con tali parole Gesù istituisce il sacerdozio. Alla fine di 1Cor 11,29, in riferimento all’abuso che si faceva di unire la cena del Signore con pasti individuali, Paolo dice: Poiché colui che ne mangia e ne beve indegnamente e non discerne il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. Celebrazione dell’Eucarestia E ogni giorno frequentavano unanimi il tempio, e spezzavano il pane di casa in casa, nutrendosene in esultanza e semplicità di cuore (Atti 2, 46). Come Gesù persevera nel rimanere tra i suoi, così i cristiani sentono il dovere di perseverare facendosi istruire dagli Apostoli perché il loro insegnamento «contiene la verità che salva»: perseverare nella comunanza fraterna (solidarietà spirituale e temporale), nell’Eucarestia (spezzare il pane – presenza del vero Pane di cui vivono), nelle preghiere con cui ringraziano dei doni ricevuti. Si conformano così con l’obbedienza al piano di salvezza e rendono fedele testimonianza alla verità. La celebrazione eucaristica aveva luogo di casa in casa, essendo impossibile nell’ambito del tempio. Paolo dice: Il calice di benedizione che noi benediciamo, non è forse una comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo non è forse una comunione con il corpo di Cristo? Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un sol corpo; poiché noi tutti siamo partecipi di questo unico pane (1 Cor 10, 16-17). In questi testi è espressa la dottrina cattolica sulla presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e sul carattere di vero sacrificio del rito eucaristico. Paolo non dice Comunione con Cristo ma concretamente e separatamente: Comunione col sangue… e col corpo di Cristo presentando tale comunione come mezzo e termine per entrare in comunione con la persona di Cristo. Se la consumazione delle vittime aveva valore sacrificale e era evidentemente realistica per i giudei e i pagani, altrettanto si deve con Paolo affermare della comunione con il sangue e con il corpo di Cristo. Anzi la menzione separata del sangue Verità proclamata ogni giorno nella Liturgia. Il sacerdote, giunto alla consacrazione, prima fa il racconto dell’istituzione e poi consacra: Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi; poi prende i1 calice e dice: Prendete e bevetene tutti, questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati: fate questo in memoria di me. Nella messa il ministro agit in persona Christi, che è il vero Sacerdote e che parla e comanda per mezzo del suo ministro: quel pane diventa realmente Corpo di Cristo e quel vino diventa realmente Sangue di Cristo. I fini del sacrificio Eucaristico sono quattro: - Adorazione a Dio per riconoscerlo Dio, Signore, Creatore - Ringraziamento del dono della creazione, giustificazione - Propiziazione, ossia sacrificio offerto a Dio perché perdoni le nostre colpe - Impetrazione, cioè chiedere a Dio le grazie di cui abbiamo bisogno. Il sacrificio eucaristico è il ponte d’oro tra terra e cielo, tra il cuore dell’uomo e il cuore di Dio. B) Eucarestia, sacrificio e sacramento Nell’istituzione dell’Eucarestia Gesù prese il calice, rese grazie: ringraziare dal greco eucharistos, da cui Eucarestia. Il sacrificio della Messa è il sacrificio di tutta la Chiesa. È la Chiesa che si offre e che offre a Dio il sacrificio per mezzo dell’eterno ed unico sacerdote: Cristo. Nel momento della consacrazione il sacerdote rappresenta Cristo: agit in persona Christi. Alcuni scrittori hanno parlato della Messa pubblica in maniera da screditare quella privata. La Messa in se stessa è sempre un atto pubblico, perché Cristo è capo della Chiesa, perché la Messa la offre tutta la Chiesa e per tutta la Chiesa, per i vivi e per i defunti. Perciò se le Messe pubbliche sono lodevoli e buone, le Messe private non hanno minor significato. Le difficoltà vengono dai protestanti, i quali non ammettono che durante la Messa si compia il sacrificio: è un sacramento ma non un sacrificio, perché il sacrificio è uno: solo quello di Cristo morto sulla croce. Dare il significato anche alla Messa sarebbe negare il sacrificio della croce. Ammettono che la Messa sia un sacro convito, un pasto, una cena, un sacramento, ma non sacrificio. Per la Chiesa cattolica il sacrificio della Messa è sempre in relazione con il sacrificio della croce, in quanto ricorda, applica, rappresenta il sacrificio della croce. Viene offerto nei secoli come offerta, come commemorazione. Attraverso i secoli i Padri non hanno mai avuto nessuna difficoltà ad ammettere il sacrificio della Messa. Se il sacrificio della Messa fosse indipendente dal sacrificio della croce, allora ci sarebbero due sacrifici, ma quello della messa è dipendente, ha relazione essenziale con il sacrificio della croce. Sulla croce Cristo si offrì da sé, nella Messa per mezzo del sacerdote. Quello della croce è sacrificio cruento, quello della Messa incruento, ma è il medesimo sacrificio. Il sacrificio della croce è avvenuto venti secoli fa senza bisogno del sacrificio della Messa, il sacrificio della messa non potrebbe avvenire se non fosse già avvenuto il sacrificio della croce. Sacramento Eucaristico Cristo si offre per noi sull’altare. Attraverso il sacrificio diventa presente nell’Eucarestia come cibo delle nostre anime: Cibo di vita eterna e sacrificio di salvezza. Cristo è presente nell’Eucarestia: presenza vera, reale, sostanziale. Su questa verità si basa la testimonianza dei Padri. Il Concilio di Trento nel 1562 dice: Per comprendere e valutare la dottrina definitiva dalla Chiesa è necessario richiamare gli errori che ne hanno determinato l’intervento. - Doceti. S. Ignazio proprio contro di essi ammonisce i fedeli di Smirne: Essi negano l’Eucarestia e si astengono dall’orazione perché non riconoscono l’Eucarestia come carne di Gesù Cristo, il quale ha patito per i nostri peccati ed il Padre per sua bontà lo ha risuscitato. I doceti negavano la realtà della natura umana assunta dal Verbo, cioè non concepivano che Cristo avesse un corpo reale; da questo parte la loro incredulità in merito all’Eucarestia. - Berengario nel 1100 cadde in un simbolismo erroneo, sostenendo che il corpo ed il sangue del Salvatore è nel sacramento simbolicamente e non realmente. Fu invitato a fare una professione di retta fede al Concilio Romano sotto Gregorio VII. Gli errori più gravi li troviamo nei riformatori: - Lutero non ha negato la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, ma ha negato la «conversione Eucaristica della sostanza del pane e vino in corpo e sangue di Cristo»; cioè non era contrario alla reale presenza ma alla transustanziazione. Inoltre, combatté il sacrificio della Messa. - Melantone (in Germania), discepolo di Lutero, riteneva che Cristo durante l’agape si facesse presente non sotto le specie del pane e del vino, ma nell’anima dei fedeli. - Zwingli (Svizzera): sosteneva che l’Eucarestia è soltanto un segno sacramentale di Cristo. - Calvino riduce la presenza di Cristo ad una virtù divina che Cristo dal cielo irradia nei fedeli che si accostano all’Eucarestia. - I protestanti posteriori restano più o meno nelle medesime posizioni. Il Concilio di Trento in due sessioni espone tutta la dottrina cattolica intorno all’Eucarestia come sacramento e come sacrificio, appoggiandosi alla Sacra Scrittura, alla Tradizione e seguendo la linea di S. Tommaso. Ecco i capi principali della dottrina definita nei canoni XIII e XXII. a) Quanto all’ Eucarestia come sacramento: - Anatema contro chi nega che Cristo intero, cioè in corpo, sangue, anima e divinità, è presente nell’Eucarestia veramente, realmente e sostanzialmente e non soltanto come segno o figura e con le virtù (cap.1). - Anatema contro chi dice che nell’Eucarestia rimane la sostanza del pane e del vino insieme con il corpo e il sangue di nostro Signore e contro chi nega quella mirabile, singolare conversione di tutta la sostanza del pane in corpo e di tutta la sostanza del vino in sangue, rimanendo solo la specie del pane e del vino; conversione che la Chiesa chiama con una parola adattissima: transustanziazione (cap. 2). - S. Giustino deve lottare contro gli gnostici che, platonicamente, disprezzavano la materia (e quindi anche l’Eucarestia). Nella sua prima Apologia il senso che domina è l’identità della carne e del sangue di Cristo nell’Eucarestia e nell’Incarnazione. A conferma, Giustino aggiunge le parole stesse di Gesù testimoniate nei Sinottici: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Gli elementi essenziali dell’Eucarestia sono evidenti in questa testimonianza di Giustino: immediata istituzione da parte di Cristo, pane e vino convertiti con le parole sacre in vera carne e sangue di Gesù, che viene a nutrire l’anima e il corpo del fedele. - S. Ireneo, nato in Oriente e vissuto in Occidente (Roma – Lione) dove è morto nel 202 martire della fede, contro le multiformi correnti dello gnosticismo, allora tanto diffuso, difende tutti i dogmi della fede e parla quindi anche del mistero eucaristico. Anche in S. Ireneo è presente per intero il mistero eucaristico: pane e vino (materia) che diventano corpo e sangue di Cristo in virtù della parola divina (forma); e così l’Eucarestia offerta in sacrificio da tutta la Chiesa comunica alle anime la santificazione ed ai corpi il germe della resurrezione. - Tertulliano, morto nel 223, fuori della comunione della Chiesa per il suo rigorismo, dice perentoriamente: La carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, affinché l’anima si impingui di Dio. Inoltre ...il convertito riceve prima l’anello a suggello della fede e poi si nutre dell’abbondanza del Corpo di Cristo, cioè dell’Eucarestia. Tertulliano afferma che nell’Eucarestia c’è la sostanza del Corpo. - Delle scuole antiochene basta citare S. Giovanni Crisostomo, chiamato il Dottore dell’Eucarestia. Egli scrive: Quante persone oggi dicono: io vorrei vedere il suo viso, i suoi tratti, le sue sembianze. Ebbene tu lo vedi, lo tocchi, lo mangi. Volevi vederlo ed Egli ti dà se stesso, non solo da vedere, ma da toccare, da mangiare, da ricevere in te. La trasformazione del pane e del vino non è cosa umana ma cosa divina: Poiché non è un uomo che fa divenire le oblate corpo o sangue di Cristo: è Cristo stesso che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote che lo rappresenta è lì, è lui che pronunzia le parole: questo è il mio corpo... ma la forza che agisce e il dono che ci è dato sono di Dio. E inoltre: L’effetto più concreto dell’Eucarestia è la nostra incorporazione in Cristo... Noi diveniamo un solo corpo, dice la Scrittura, e membra della sua carne e delle sue ossa. Egli vuole che diventiamo il suo corpo non solo affettivamente ma anche realmente, aderendo alla sua carne. È ciò che produce il nutrimento che ci dà come prova del suo amore. Egli si è dunque fuso con noi, ha inserito il suo corpo in noi, affinché diventiamo una sola cosa, come un corpo unito alla sua testa. Chiaro l’influsso di S. Paolo. - In Occidente la dottrina eucaristica risuona per opera di S. Ambrogio (+397) e di S. Agostino: E nella sua stessa carne Gesù camminò sulla terra e ci dà quella medesima carne da mangiare per la nostra salvezza; nessuno mangia di quella carne senza prima averla adorata. Il culto alla croce è relativo, perché Cristo è morto in croce. All’Eucarestia il culto è assoluto: adorarlo è un atto di fede. Eucarestia sacrificio del nostro prezzo Quello che vedete sull’altare è pane e vino, ma sopravvenendo le parole diventa corpo e sangue di Cristo. Togli dunque le parole: pane e vino; aggiungi le parole e diventerà sacramento. E tu a questo sacramento dici: Amen. Dire Amen è sottoscrivere. Amen significa: è vero (Sermo 362, 28-29). Non è un uomo che consacra il corpo e il sangue di Cristo che ha davanti, ma è lo stesso Cristo crocifisso per voi. Le parole vengono pronunziate dal sacerdote, ma il corpo e il sangue è consacrato dalla potenza e dalla grazia di Dio (Sermo 143). L’Eucarestia è il nostro pane quotidiano… La forza che vi riconosciamo è l’unità per cui, fatti suo corpo e sue membra, diventiamo ciò che riceviamo (Sermo 57, 7). Il P. C. Boyer così conclude una breve indagine sul pensiero di S. Agostino: Il rispetto e l’ammirazione del grande Dottore per quel Sacramento, come l’insieme delle sue espressioni, dimostrano che egli rimase fedele al suo realismo tradizionale. I problemi del suo tempo lo portarono a insistere sul simbolismo del pane e del vino, cioè sull’unità della Chiesa contro i donatisti. La più elementare riflessione teologica gli fece scartare ogni traccia di cafarnaismo, cioè della manducazione materiale che si fa degli altri cibi. La lotta contro i pelagiani lo condusse a porre in rilievo la virtù santificatrice e salvatrice della carne di Cristo nell’Eucarestia. Chi lo sa leggere è colpito dalla profondità dei suoi pensieri eucaristici e non si meraviglia dell’uso che la Liturgia ha fatto dei suoi testi. B) Gli Scolastici - S. Tommaso. Tutta la copiosa dottrina eucaristica di S. Tommaso si può ridurre a questi punti essenziali: (1) La rivelazione insegna e la fede esige la presenza reale di Cristo sotto le apparenze del pane e del vino, altrimenti sarebbero false le parole di Cristo: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. (2) Non c’è altro modo e altra via di spiegare, quanto è possibile alla povera mente umana, questa mutazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, ciò la conversione istantanea per virtù divina. (3) Questa conversione comporta mutamento, non in linea accidentale (quindi empirica), ma in linea sostanziale, in senso che tutta la sostanza contenuta sotto le specie del pane e del vino - terminus a quo - si converte nella sostanza del corpo e del sangue: terminus ad quem. Il primo termine non rimane affatto dopo la consacrazione, né cade nel nulla, ma si converte nel secondo, con cui ha un nesso ontologico: quello che era pane è corpo. Una simile conversione, evidentemente, non ha termini di paragone nella natura creata, ma resta singolare e soprannaturale. (4) Questa conversione si chiama giustamente transustanziazione, non solo perché avviene da sostanza a sostanza ma anche perché Cristo intero si fa presente nel sacramento per modum substantiae, che è indipendente dal luogo e che permette che nel Sacramento, per concomitanza, ci siano anche le dimensioni quantitative di Cristo senza localizzazione (cioè adattamento al luogo). Gli accidenti del pane e del vino restano e dicono rapporto reale a Cristo, ma Cristo non acquista per questo una nuova relazione reale. (5) Il sacramento eucaristico contiene realmente Cristo intero (corpo, sangue, anima, divinità) nello stato di vittima - passus -, perché l’Eucarestia è anche sacrificio che rappresenta e rinnova quello del Calvario. La presenza di Cristo è la presenza della pienezza della grazia, come fonte di perfezione individuale e sociale. solenne è nella 1 Cor 11, 23. Gli Atti confermano questa testimonianza con la prassi della fractio panis diffusa fin dai primi giorni della Chiesa (Atti 2, 46). Non tutti i misteri della nostra fede poggiano su tante luminose testimonianze come 1’Eucarestia, sacrificio-sacramento. Per sottrarsi alla forza di tanti documenti bisognerebbe negare ogni valore alla Sacra Scrittura. Vediamo anche a questo proposito qualche scritto della Chiesa dei primi secoli: - S. Giovanni Crisostomo, istruendo i suoi fedeli intorno a questa verità, si espresse in questi termini: Inchiniamoci a Dio senza contraddirlo, anche se ciò che Egli dice possa sembrare contrario alla nostra ragione e alla nostra intelligenza, ma prevalga sulla nostra ragione e sulla nostra intelligenza la Sua parola. Così comportiamoci davanti al mistero Eucaristico, non considerando solo quello che cade sotto i sensi, ma stando alle parole: giacché la Sua parola non può ingannare… E la Chiesa nascente l’ha fedelmente eseguito, perseverando nella dottrina degli Apostoli e radunandosi per celebrare il sacrificio Eucaristico: «Erano poi tutti perseveranti - attesta Luca - nella dottrina degli Apostoli, nella comunione della frazione del pane e nella preghiera». E tanto era il fervore che i fedeli ne ricevevano, che si poteva dire di loro: «La moltitudine dei credenti era un cuor solo ed un’anima sola». - S. Agostino attesta che la consuetudine di offrire il sacrificio della nostra redenzione anche per i defunti vigeva nella Chiesa romana, e nello stesso tempo attesta che quella consuetudine, come tramandata dai Padri, si osservava in tutta la Chiesa. Errate interpretazioni delle parole di Cristo Le parole di Gesù, con le quali il pane e vino diventano il Suo corpo e sangue, hanno provocato due errate interpretazioni. La Chiesa si è trovata in mezzo a due estremi: - Il senso cafarnaitico o senso materialistico (quasi si dovesse mangiare della carne di Gesù effettivamente); - Il senso simbolico. Quando Gesù a Cafarnao dice: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita eterna, la folla vede in queste parole soltanto il senso materiale e mormora: come costui ci darà da mangiare il suo corpo? e Gesù prosegue: Le mie parole sono spirito e vita. Visto che la folla se ne andava, domanda agli Apostoli: Volete andarvene anche voi? e Pietro risponde: e dove andremmo? tu solo hai parole di vita eterna. Il senso materialistico, cioè cafarnaitico, è da escludere; del resto lo esclude immediatamente Gesù con la frase: Le mie parole sono spirito e vita. L’Eucarestia è certamente corpo e sangue di Cristo, ma cibo spirituale, cibo dell’anima. Anche il senso simbolico è da escludere. Infatti il primo documento extra-evangelico (Paolo, 1Cor l1, 23) narra l’istituzione dell’Eucarestia e quelle parole non si possono applicare all’Eucarestia-simbolo. Alla fine del capitolo si dice: Di conseguenza chi indegnamente mangerà il pane e berrà il calice del Signore, sarà colpevole verso il corpo e il sangue di Cristo, e mangia e beve la propria condanna. Gli Atti confermano queste pesanti testimonianze con la prassi della fractio panis diffusa fin dai primi giorni dalla Chiesa (2, 42- 45; 20, 7-12). Del resto Gesù non ha detto: “questo è il simbolo del mio corpo”, ma: Questo è il mio corpo; non sono parole narrative, ma effettive, imperative, produttive. Producono veramente, realmente, sostanzialmente quello che dicono, ed è il senso interpretativo che la Chiesa ha dato sempre all’Eucarestia. S. Agostino ci dice: Nessuno mangia il corpo di Cristo se non lo ha adorato. Il culto eucaristico infatti è culto di assoluta adorazione, è un atto di fede a Cristo vivo, vero, reale, sostanziale sotto la specie eucaristica. I Padri dicono: L’Eucarestia è un mistero di fede ed in essa Cristo è presente tutto nel pane, tutto nel vino, tutto in ogni piccolissima frazione di pane e vino. Presente con tutto il suo corpo, sangue, anima e divinità. La transignificazione e transfinalizzazione nascondono il grave pericolo di ridurre l’Eucarestia ad un puro simbolismo, così come già avvenuto con alcuni protestanti (Zwingli, Calvino) per i quali nell’Eucarestia Cristo è presente con tutta la sua forza, portando così questo sacramento al livello di tutti gli altri. Lutero accettò la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, ma insieme al pane e vino: quindi non la transustanziazione, che per cattolici è il momento culminante della trasformazione, il cambiamento assoluto della sostanza. Eucarestia, banchetto, cibo, nutrimento dell’anima nostra. È il più alto dei sacramenti. Tutti i sacramenti tendono e portano ad essa. In ogni sacramento c’è la potenza della grazia di Cristo, ma nell’Eucarestia c’è Cristo stesso autore della grazia. Quali sono gli effetti dell’Eucarestia A questo riguardo abbiamo due testi. - Giovanni cap. 6: visione individualistica dell’Eucarestia, rapporto tra Cristo e noi. Giovanni nel prologo ci parla di luce, vita (v. 4): In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini e la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno accolta. Nei primi versetti del cap. 6 vediamo che Gesù compie il miracolo della moltiplicazione dei pani; dopo troviamo il secondo miracolo in cui Gesù cammina sul lago. Dal v. 26 ha inizio il grande discorso che, con quello dell’ultima cena, è tipico di Giovanni. Il pensiero si svolge a onde dilaganti e convergenti, da e verso il centro. I due precedenti miracoli avevano dimostrato in Gesù poteri tali da poter garantire immediatamente le promesse che stava per fare. La folla si è fermata agli aspetti esterni, ai vantaggi materiali dei miracoli, e non ne aveva compresa la carica simbolica. V. 27: Procuratevi non il cibo che perisce, ma il nutrimento che resta per la vita eterna... “Procuratevi”: la folla crede senza dubbio ad opere esteriori, come le opere che imponeva la legge, ma Gesù chiede la fede, un abbandono totale a Lui, che non esclude le opere ma ad esse dà senso e valore. Poi dice ancora: Io sono il pane della vita. …Chi viene a me non avrà fame, e chi crede a me non avrà mai sete… La volontà del Padre mio è che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna... Alle mormorazioni dei giudei risponde: Non mormorate tra voi!... In verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. …Io sono il pane della vita. pio fa dopo la comunione. Un’impressione molto negativa è data da quei fedeli che, dopo poco tempo che si sono comunicati, escono dalla Chiesa come se nulla fosse. È un aspetto molto debole, un vuoto nel culto dell’Eucarestia, perché è indispensabile un raccoglimento di preghiera, un raccoglimento di ringraziamento a Cristo, un intimo colloquio con Lui che è sacramentalmente presente in noi. Bisogna ricordare sempre che la comunione frequente va bene, anche due volte al giorno (nei casi in cui la Chiesa lo permette), ma la cosa fondamentale, insostituibile, è che il sacramento dell’Eucarestia, il più alto sacramento dell’amore di Cristo, sia ricevuto con le dovute disposizioni, sia prima di riceverlo che dopo averlo ricevuto, essendo espressione di gratitudine a Cristo. 2) Rito della comunione Cristo ha istituito l’Eucarestia sotto le specie del pane e del vino. Gli Apostoli e la primitiva Chiesa la prendevano sotto le due specie, ma in seguito la Chiesa – per ragioni pastorali – ha permesso la comunione solo sotto le specie del pane. Cosa importante da tener presente è la verità dogmatica che Cristo tanto nel pane che nel vino è realmente, integralmente presente con il corpo, sangue, anima e divinità. Chi fa la comunione con il solo pane riceve tutto il Cristo, chi per ragioni di salute ricevesse solo il vino, riceve tutto il Cristo. La comunione nelle due specie non è un dovere imposto ai fedeli; è invece il sacerdote che deve ripetere integralmente quello che ha fatto e detto Cristo, cioè consacrare pane e vino e comunicarsi sotto le due specie. È una questione non dogmatica ma disciplinare. 3) Distribuzione della comunione. Anticamente la comunione veniva data sulla mano e la si portava a casa e si faceva con le proprie mani; questo per tre o quattro secoli. Inizialmente era pane lievitato mantenuto dagli orientali e sostituito dai latini nel medio evo con pane non fermentato. È solo per rispetto e per paura che cadano dei frammenti di ostia, che si è pensato di distribuirla mettendola sulla lingua del fedele. Le eccezioni che si sono verificate al nord, col ritorno alla comunione sulla mano, sono permesse anche da noi negli ambienti frequentati da stranieri, i quali hanno avuto il permesso di comunicarsi in tale modo al loro paese. In Italia si preferisce mantenere l’usanza di comunicarsi alla vecchia maniera. 4) Culto Eucaristico. Il fondamento teologico è che il sacramento dell’Eucarestia si differisce dagli altri sacramenti perché questi conferiscono la grazia, mentre l’Eucarestia contiene l’autore della grazia; gli altri sacramenti consistono nell’atto di ricevere il sacramento e, passata l’azione dell’amministrazione, il sacramento è finito; invece l’Eucarestia è sacramento permanente, non si esaurisce nel momento della celebrazione eucaristica: Cristo rimane presente anche dopo la consacrazione e le ostie che rimangono devono essere oggetto di culto. Gesù resta presente nel sacramento dell’Eucarestia per tutto il tempo che il pane resta pane e il vino resta vino. In casi di incidenti conviene bruciare le rimanenze delle specie, piuttosto che vadano disperse, calpestate o rapite. LA pENITENzA Se il sacramento dell’Eucarestia è il più soave, quello della Penitenza è il più necessario. Nello svolgimento del programma dobbiamo vederne prima di tutto la base fondamentale: Cristo ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati. Dopo vedremo quali sono gli errori sorti intorno a questa verità di fede. La Penitenza come sacramento che rimette i peccati Nel Vangelo la remissione dei peccati è una nota dominante (Gv. 20, 22): Egli disse di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi. E ciò detto alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti. Con queste parole Cristo istituisce il sacramento della penitenza, distinto dal battesimo, e nello stesso tempo comunica agli Apostoli lo Spirito Santo. Si tratta di una potestà concessa agli Apostoli, cioè alla Chiesa gerarchica, facoltà di sciogliere o di legare, facoltà promessa prima a Pietro e poi agli Apostoli (Mt. 16, 18). È una potestà di carattere giudiziale, perché include l’alternativa tra sentenza di assoluzione e sentenza di condanna (sciogliere-legare). E il carattere giudiziale comporta la cognitio causae, cioè la diagnosi del peccato, che richiede la confessione del reo, non potendo far ricorso a prove testimoniali estrinseche. Questa interpretazione è confermata dalla Tradizione. - Tertulliano: Anche se tu pensi che il cielo è chiuso, ricorda che il Signore ne ha lasciate le chiavi a Pietro e per mezzo di lui alla Chiesa. - Cipriano: La remissione fatta per mezzo del sacerdote è grata a Dio; la remissione fatta per mezzo del sacerdote rimette quel che Dio rimetterebbe. - S. Giovanni Crisostomo: I sacerdoti che vivono e dimorano sulla terra, hanno la missione di dispensare le cose celesti e hanno avuto le potestà che Dio non ha concesso ai suoi angeli. Difatti a questi non è stato detto: tutto ciò che avete legato o sciolto sulla terra sarà legato o sciolto in cielo… - S. Agostino: Giudichi se stesso l’uomo, venga ai sacerdoti, per mezzo dei quali viene amministrato il potere delle chiavi, e come un buon figliolo riceverà il modo con cui soddisfare da quelli che presiedono ai Sacramenti. Sarebbe facile allungare la lista delle citazioni ma non ce n’è bisogno: la Chiesa fin dall’inizio (Atti degli Apostoli) ha avuto sempre coscienza della potestà di sciogliere e di legare le anime, ricevuta dal suo Divino Fondatore. - Atti 2, 38. Pietro parla alle folle il giorno di Pentecoste, primo giorno della Chiesa, e quando gli viene domandato: che cosa dobbiamo fare?, risponde Ravvedetevi e fatevi battezzare uno per uno nel nome di Gesù Cristo per ottenere il perdono dei vostri peccati, e allora riceverete il dono dello Spirito Santo... Pietro annuncia così la prima realtà viva della Chiesa: la remissione dei peccati. Nelle prime formule del Simbolo, cioè del Credo, insieme alla professione di fede in Dio Padre, in Dio Figlio, in Dio Spirito Santo, c’è 3) Questa disciplina non aveva valore di vero e proprio sacramento, ma di riconciliazione nella Chiesa. La posizione sopra detta è quella del modernisti all’inizio del secolo, dei protestanti e di alcuni teologi oggi. B) Gli storici cattolici sostengono: L’esistenza della Penitenza è fin dall’inizio ed è stata istituita da Cristo quando ha dato agli Apostoli la possibilità di rimettere i peccati. C) Differenza tra storici cattolici: Differiscono tra loro sul potere di rimettere i peccati, cioè sull’estensione di esso: 1) La Chiesa ha sempre rimesso tutti i peccati. All’inizio per ragioni pastorali e disciplinari, ma non dogmatiche, la Chiesa non rimetteva i tre peccati di idolatria, adulterio, omicidio. Altri dicono che fin dall’inizio la Chiesa ha rimesso tutti i peccati solo in determinate situazioni; alcuni Vescovi hanno escluso la remissione di questi tre. Ma la Chiesa universale li ha sempre rimessi tutti. 2) Sulla forma e maniera della Penitenza: è certo che c’era la Penitenza pubblica, canonica. Ma c’era anche quella privata? Alcuni dicono che vicino alla Penitenza pubblica c’era anche la privata; altri (la maggior parte) sostengono che la privata non c’era. La Penitenza pubblica o ufficiale (canonica) come avveniva? Comprendeva 5 momenti: 1) Ingresso dei penitenti nella classe dei penitenti; 2) Confessione; 3) L’azione della penitenza (lunga e faticosa); 4) La riconciliazione; 5) L’assoluzione. Vediamo questi momenti singolarmente: - Ingresso nella classe dei penitenti. Avveniva attraverso la confessione del penitente con il vescovo. Anche se la penitenza era pubblica, la confessione era privata. Il Vescovo decideva la penitenza, che era pubblica per i peccati gravi. - L’azione della penitenza era di quattro gradi: a) I piangenti, che non entravano in Chiesa, si fermavano fuori, piangendo e implorando chi entrava di voler intercedere per loro, per ottenere il perdono dei peccati; b) Gli ascoltatori che dovevano allontanarsi al termine dell’omelia; c) I prostrati che potevano assistere a parte alla liturgia genuflessi o prostrati, e venivano congedati dal Vescovo dopo gli audienti o gli ascoltatori; d) Gli assistenti in piedi: potevano presenziare a tutta la cerimonia religiosa stando in piedi, ma naturalmente senza ricevere la comunione. - La riconciliazione avveniva attraverso la preghiera di tutta la Chiesa, l’imposizione delle mani, la preghiera sacerdotale. Parte essenziale era l’azione del Vescovo. Dopo ciò i penitenti venivano ammessi alla liturgia Eucaristica. I peccati che venivano sottoposti alla penitenza pubblica erano i peccati capitali più gravi; i peccati leggeri (veniali) venivano perdonati più di frequente e per la loro remissione si consideravano sufficienti anche altri rimedi liberamente scelti, in particolare l’elemosina, il digiuno, la preghiera del Pater Noster. La distinzione netta tra i due tipi di peccato mortale o veniale era difficile allora come oggi e da determinare. Quali le proprietà della penitenza pubblica? - Si poteva avere una sola volta nella vita; - Era lunga e faticosa; - Era un cosa eccezionale, data la sua non iterabilità. Dal momento che cominciò ad essere amministrato il battesimo ai bambini, quello degli adulti si diradò e quindi durante l’arco di una vita vi fu maggiore possibilità di peccare. Sorse allora la necessità di dover dare un maggior numero di assoluzioni. Nel sacramento della Penitenza, come lo pratichiamo noi oggi, vi sono le stesse caratteristiche fondamentali praticate dalla Chiesa primitiva: la contrizione e il proposito di non ricadere nel peccato – la confessione – la penitenza – l’assoluzione. Il sacramento della Penitenza è un segno sensibile con la sua materia e la sua forma. L’elemento materiale è costituito dagli atti del penitente; la forma dalla parola del sacerdote: Io ti assolvo in nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Vediamo ora i vari momenti del sacramento: - Il primo atto del penitente è il dolore dei peccati e il proposito di non commetterne più. Il Concilio Tridentino ha definito che un atto di contrizione perfetto, che include l’amore di Dio sopra tutte le cose e la disposizione a fare tutto ciò che Dio vuole, basta a cancellare subito i peccati, i quali però dovranno essere confessati al tempo opportuno. Per il sacramento della Penitenza basta la contrizione imperfetta o attrizione, che è causata non solo dall’amore, ma anche dal timore del castigo. - Il secondo atto del penitente è la confessione, che è spontanea ma necessaria manifestazione delle proprie colpe (mortali o veniali) al ministro. La confessione deve essere integrale, umile, sincera e dolorosa. - Il terzo atto del penitente è la soddisfazione della penitenza, che consiste nell’accettare umilmente le pratiche o le preghiere imposte dal confessore come pene. L’effetto della soddisfazione è la remissione della pena temporale dovuta al peccato. È una partecipazione alla passione di Cristo che ci ha redenti, ma vuole la nostra collaborazione nell’applicare alle anime nostre i frutti della Redenzione. - La formula essenziale di assoluzione è: Io ti assolvo dai tuoi peccati, in nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Siccome il frutto della Penitenza dipende anche dalle disposizioni del penitente, non si ha mai la sicurezza della remissione completa della pena temporale, che deve scontarsi o in questa vita o in Purgatorio. La Chiesa provvede ad aiutare i fedeli a scontare questa pena con l’istituto delle Indulgenze, che consistono nell’applicare i meriti accumulati dalla Comunione dei Santi nel tesoro della Chiesa. In un primo tempo per la confessione si andava prima dal vescovo; poi questi delegò i sacerdoti, i quali avevano una specie di prontuario dove ad un dato peccato corrispondeva una data penitenza. Esigenze pratiche hanno portato ad un’evoluzione nel sacramento della Penitenza, ma sempre sulla base del potere dato da Cristo alla Chiesa di rimettere i peccati. La Chiesa ha sempre avuto la coscienza che questo potere non è dato a tutti, anche se tutti cooperano con la preghiera per la riconciliazione. L’ORdINE SACRO Costituzione gerarchica della Chiesa Cristo ha ricevuto dal Padre tre prerogative per condurre gli uomini alla salvezza: Cristo Re – Maestro – Sacerdote. Sono prerogative soteriologiche: tendono cioè a portare gli altri alla salvezza. Cristo non è Maestro per sé, ma è Maestro per insegnare a noi la verità, liberarci dall’errore e portarci a Dio. Cristo è Sacerdote per portarci a Dio e portare Dio a noi. Cristo è Re non per aumentare la sua autorità, ma per parteciparci la sua salvezza e condurci e guidarci a Dio. I tre poteri che Cristo ha ricevuto come salvatore sono poteri che appartengono alla linea della salvezza degli uomini; in egual maniera sono i poteri che Cristo ha lasciato ad alcuni dei suoi nella Chiesa. I poteri sono essenzialmente tre: – Magisteriale – Sacerdotale – Regale. Cioè il potere di insegnare, di santificare, di governare. Così Cristo ha voluto la sua Chiesa. Difatti prendiamo il Vangelo e troviamo che ha chiamato intorno a sé dodici Apostoli, e ne conosciamo i nomi; li ha istruiti in pubblico e in privato, li ha messi a parte di tutti i suoi disegni ed ha dato loro la missione d’insegnare: Andate ed istruite tutte le genti; ha dato loro la missione di santificare: battezzando nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e imponete loro di osservare tutto quello che vi ho comandato. Ha dato loro il potere di legare e sciogliere, il potere di rimettere i peccati e di ritenerli, il potere di guidare la sua Chiesa sulla via della salvezza e della perfezione. Questo è il Vangelo: lo troviamo all’inizio, nel mezzo, alla fine! - Mt. 3, 11: Io vi battezzo in acqua per la penitenza ... Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco… - Mt. 16, 19: A te darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai sulla terra resterà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra resterà sciolto nei cieli. - Mt. 28, 19-20: Andate ed istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e imponete loro di osservare tutto quello che vi ho comandato. Dopo la professione di fede di Pietro troviamo che Gesù lo ha scelto e gli ha detto: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa; gli ha dato le chiavi del regno dei cieli e gli ha assicurato che tutto ciò che avrebbe sciolto in terra sarebbe stato sciolto nei cieli, e ciò che avrebbe legato in terra sarebbe stato legato nei cieli (Mt. 16, 18-20). Quando ebbero finito di mangiare Gesù dice a Pietro per tre volte: Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi? e per tre volte Pietro rispose: Sì, Signore, tu lo sai che ti amo e per tre volte Gesù gli dice: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle (Gv. 21, 15-17). Pietro è stato così riconosciuto Capo della Chiesa, avendogli Gesù affidato le tre missioni: - D’insegnare (Mt. 28, 19); - Di santificare (Mt. 28, 20: Andate e battezzate tutte le genti; - Di assolvere (Mt. 16, 19); - Di governare (Gv. 21, 15-17: Pasci le mie pecorelle. Questo è il Vangelo! Quindi Cristo ha affidato ai suoi Apostoli il triplice potere che aveva lui ricevuto dal Padre; tra essi ne ha scelto uno come capo di tutti e come suo rappresentante (perché su di lui ha fondato la Chiesa): di conseguenza una distinzione tra i discepoli di Cristo è indispensabile, una distinzione che però non tocca la linea della salvezza. Conseguentemente, quando parliamo di sacerdozio, bisogna distinguere un duplice sacerdozio. Bisogna distinguere, nel leggere la Scrittura, che il sacerdozio regale è applicato a tutta la comunità cristiana, in quanto è invitata a offrire se stessa a Dio, insieme con i sacrifici di lode (cf. 1 Lett. Pt. 2, 9). Come spirituali sono le vittime, così spirituale è il sacerdozio e non rituale. Ciò è confermato nel cap. 5, vv. l-3 e 5, dove Pietro, dopo l’esortazione a tutti i fedeli, si rivolge ai capi della comunità; i vv. 2-3 mostrano che questi Anziani sono capi di comunità, veri rappresentanti dell’autorità; qui Pietro si chiama compresbitero, mentre nel cap.1, 1 si era detto Apostolo. Dobbiamo capire che Cristo ci ha resi sacerdoti davanti a Dio; questo è anche il pensiero che troviamo nell’Apocalisse, oltre che in Pietro: Voi siete un popolo santo, un sacerdozio regale. C’è dunque: - Un sacerdozio universale di tutti i fedeli, che è fonte di salvezza e che è basato sul sacramento del battesimo; - Un sacerdozio ministeriale, che è proprio di alcuni eletti da Dio e che è basato sul sacramento dell’Ordine. Il sacramento del Battesimo è per tutti i discepoli di Cristo, il sacramento dell’Ordine è per alcuni soltanto, scelti da Dio. Bisogna capire questa distinzione fondamentale tra il sacerdozio universale di tutti i fedeli ed il sacerdozio ministeriale di alcuni di essi; c’è una differenza non di grado ma di sostanza, come spiega il Concilio Vaticano II. Perché una differenza di sostanza? Perché i poteri che hanno i sacerdoti, cioè i ministri, non li hanno tutti i fedeli. Quindi i sacramenti li possono ricevere tutti i fedeli in quanto battezzati, ma il potere di santificare, di distribuire i sacramenti, soprattutto di celebrare il sacrificio della Messa, il potere di assolvere i peccati e il potere di governare il popolo di Dio, lo hanno soltanto alcuni, chiamati da Dio per questo specifico compito. Quello che vorrei sottolineare, perché sia chiaro il pensiero di Gesù e quello della Chiesa che interpreta il Vangelo, è questo: la differenza non è sulla linea della salvezza, ma sulla linea del ministero. Il sacerdote non si salva come sacerdote, ma come cristiano: se non è un buon cristiano, si perde. Per essere un buon sacerdote deve amministrare il suo sacerdozio secondo le leggi del Vangelo a favore di tutto il popolo di Dio. S. Agostino, che aveva questa idea fissa della dignità cristiana e della dignità episcopale, diceva: Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza (Serm. 340, 1). Questo è proprio l’atteggiamento di tutte le persone coscienti che hanno avuto un grande timore sia di fronte al sacerdozio sia, molto di più, di fronte all’episcopato. Voglio aggiungere che il sacramento dell’Ordine ha tre gradi: Diaconato – sacerdozio – episcopato. Tre gradi secondo le diverse graduazioni di poteri. - Il diacono è l’ aiutante del sacerdote; - Il sacerdote è un grado superiore al diacono ma inferiore al Vescovo, ed è aiutante del Vescovo; circostanze che sono costituite sia dall’oggetto (quando si parla di questioni di fede o di morale), sia dal modo (quando cioè impegna tutta la sua autorità e conseguentemente l’autorità di tutta la Chiesa). Pio XII, prima di proclamare l’Assunzione della Vergine, ha scritto a tutti i vescovi, ne ha atteso le risposte: nessuno aveva alcun dubbio che quella fosse verità di fede; qualcuno poneva il dubbio dell’opportunità che intervenisse il Pontefice in quel momento o no. Dopo aver raccolto la voce di tutta la Chiesa è intervenuto. Da quando il Concilio Vaticano Iº ha definito l’infallibilità del Pontefice, due volte soltanto i Papi si sono serviti di questa autorità, cioè soltanto nei due casi sopracitati. Nel 107 Ignazio antiocheno, parlando della Chiesa, la mostra già organizzata così: Vescovi, presbiteri, diaconi: senza questi non esiste la Chiesa. Quindi, dopo il Vangelo e le lettere degli Apostoli che ci parlano di Anziani che reggono la Chiesa, degli Apostoli che si riuniscono a Gerusalemme per decidere la questione della circoncisione (questione fondamentale), poi, subito dopo, nella Chiesa sub-apostolica, troviamo già questa organizzazione: Vescovo, sacerdoti, diaconi, e da lì troviamo già il principio essenziale che regge la Costituzione gerarchica della Chiesa. Clemente Romano, Papa (96-98) dopo Pietro, Lino, Anacleto, interviene e chiarisce questo punto per primo, che poi è stata la dottrina attraverso i secoli: Cristo mandato da Dio, gli Apostoli mandati da Cristo, i Vescovi mandati dagli Apostoli, questo è l’ordine voluto da Cristo. Per concludere si consiglia la lettura della Costituzione Dogmatica della Chiesa del Concilio Vaticano IIº. È una costituzione ricchissima intorno al mistero della Chiesa ed ai diversi aspetti contenuti nel mistero della Chiesa. Cap 1° Mistero della Chiesa in genere; Cap 2° Sulla Chiesa popolo di Dio (concetto bellissimo); Cap 3° Costituzione gerarchica della Chiesa, soprattutto sui Vescovi e sul Collegio Episcopale; Cap 4° -Sui laici nella Chiesa; Cap 5º -Vocazione di tutta la Chiesa alla perfezione e santità (nessuno escluso); Cap 6° -Religiosi nella Chiesa; Cap 7° -Indole escatologica della Chiesa, cioè la Chiesa in pellegrinaggio verso i termini eterni, verso la sua perfezione; Cap 8° -La Madonna vista nel mistero di Cristo e nel mistero della Chiesa. AGOSTINO TRApè
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