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la repubblica degli italiani, Appunti di Storia Contemporanea

la rep. degli italiani storia contemporanea

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 31/01/2020

dario-naglieri
dario-naglieri 🇮🇹

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Scarica la repubblica degli italiani e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! La Repubblica degli Italiani 1946-2016 (GIOVAGNOLI) Capitolo 1 Alcide De Gasperi, Padre della Repubblica Come Cavour è stato il “padre del Regno d’Italia” (1861) così Alcide De Gasperi (nato 3/4/1881) può essere definito “padre della Repubblica” (poiché ebbe un ruolo da protagonista da regista e artefice per la costruzione del sistema politico-istituzionale repubblicano). Ebbe la capacità di trasformare la Chiesa cattolica da ostacolo a elemento importante per l’unità nazionale. Aveva maturato la consapevolezza che gli Stati nazionali potevano trovare la loro vera forza e solidità attraverso una composizione unitaria delle diversità interne. Si è riallacciato all’ iniziativa avviata da Luigi Sturzo a inizio ‘900 e il Partito popolare italiano riuscendo a portare i cattolici dentro lo Stato senza però riuscire a inserire la Chiesa tra i protagonisti di una nuova convivenza democratica. Era suddito austriaco, acquisì la cittadina italiana solo dopo la PGM e nonostante sia poi diventato Presidente del Consiglio non si è mai fatto risucchiare da una visione tutta interna all’ orizzonte italiano ma anzi interpretò in chiave pluralista l’ unità nazionale (studiò a Vienna dove entrò in contatto con membri di altre comunità nazionali). De Gasperi sentì il bisogno di favorire l’ incontro fra la tradizione cristiana e le masse del XX secolo sul terreno della libertà. Per Benedetto Croce cattolicesimo e libertà erano incompatibili, per De Gasperi la libertà costituiva lo strumento più adatto per comunicare il messaggio religioso della Chiesa,erano ormai lontani i tempi del cuius rex eius religio. Ha avuto un visione più ampia del ruolo che avrebbe potuto svolgere la Chiesa a favore della democrazia e prese a modello l’ esempio dello Zentrum tedesco che, tra il 1870 e 1871, inserì la questione della libertà religiosa nel quadro dei “diritti fondamentali” e delle libertà civili generali (di stampa, parola, riunione etc). Questo partito, sottolineò De Gasperi, “non è nato dalla questione economico-sociale [...] è nato da quella della libertà religiosa”; l’ obiettivo era portare dentro lo Stato liberale i cattolici e , indirettamente, l’ intero mondo della Chiesa. La questione romana aveva tenuto a lungo i cattolici lontano dalla politica Lo Zentrum si era presentato sin dagli inizi come un partito politico e costituzionale radicato nel riconoscimento dei diritti umani fondamentali, l’ obiettivo prioritario era difendere le libertà della Chiesa. Il rispetto dei principi liberali avrebbe evitato che una maggioranza opprimesse le minoranze e cementa l’ unità nella pluralità (fa esempio del Kulturkampf, una politica autoritaria dove la maggioranza protestante cercava di opprimere la minoranza cattolica). Cercò dunque di far capire anche i cattolici come usare una condizione di maggioranza per opprimere le minoranze avrebbe indebolito la nazione. Rivoluzione francese come effetto dell’ “eresia” protestante per i cattolici, per De Gasperi i principi di libertà, eguaglianza e fraternità erano riconosciuti come validi ma il Terrore e l’ autoritarismo giacobino gli apparivano in contraddizione. I partiti per lui assolvono una fondamentale funzione di espressione di diverse tendenze ed erano essenziali per contribuire ad un’autentica unità che spesso viene impedita dall’ esasperazione delle autorità o appunto dalla soppressione dei partiti. I termini sinistra-destra sono stati originalmente associati alla diversa collocazione assunta dai rappresentanti del popolo nell’ ala parlamentare, poi è servito per l’inserimento nella dinamica politica di altre classi sociali, masse operarie, contadine, minoranze escluse etc. Ricondurre a unità, attraverso la discussione e la decisione, è infatti la funzione della politica, il termine centro si è inserito in questa logica sebbene con carattere meno determinato e quindi meno funzionale. I cattolici si distinguevano e si ponevano come alternativa ai partiti di destra e sinistra, per De Gasperi centro significava appunto rifiuto della violenza e inclinazione verso la collaborazione piuttosto che al conflitto tra posizioni diverse. E’ un errore credere che “centro” sia inteso come un modo puramente geometrico equidistante da destra e sinistra, in realtà (per Giovanni Santori) centro indicava un orientamento politico con una propria specifica consistenza. I partiti di centro hanno cercato di mettere in relazione la politica con tutto il mondo della Chiesa: clero e laicato, elitès e popolo, strati sociali diversi e interessi economici variegati etc, in questa molteplicità si è radicata anche l’ iniziativa politica degasperiana (es: legato al mondo della Chiesa ma pienamente inserito nelle istituzioni liberali e democratiche, anticomunista ma non conservatore e cosi via..) Come Leone XIII aveva rafforzato la libertà della Chiesa in Germania con Bismark scavalcando il Zentrum lo stesso accade in Italia con il papa Pio XI e Mussolini azzerando lo spazio politico dei cattolici italiani. In realtà si erano però rafforzate le posizioni dei cattolici poiché in Germania Leone XIII aveva finito con il creare una sorte di protezione verso i cattolici Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 tedeschi che invece erano più esposti all’ autoritarismo bismarkiano e in Italia verrà poi risolta la questione romana. Sarà con la fine della guerra, con le numerose vittime, le sofferenze della popolazione, il peso della sconfitta militare, le atrocità dell’ occupazione tedesca, le dure richieste degli Alleati che si innesterà il distacco degli italiani da un regime che nel 1940 ancora godeva di ampi consensi. Gli italiani cercarono allora nella Chiesa ciò che sapevano non poter trovare più nella monarchia come nel regime: un riferimento solido, un aiuto concreto e una rinnovata forza morale. Furono in molti dunque a chiedere allora alla Chiesa un contributo decisivo alla ricostruzione dello Stato, la pace come bene prioritario, possibile da costruire solo ripudiando l’ organizzazione totalitaria della società di massa e promuovendo un nuovo assetto democratico. Dunque senza la guerra e l’ urgenza della pace, la preferenza per la democrazia non si sarebbe mai imposta tra i cattolici. Il gruppo dirigente democristiano ha svolto la sua azione con molta autonomia, la DC non è stata il partito della Chiesa: è stata prevalentemente, un partito laico di ispirazione cristiana. Inizialmente non la votava solo i cattolici ma anche qualche anticomunista e si cercò poi di riportare nella DC un’identità più cattolica. Nel 1949 De Gasperi intervenne esplicitamente per fermare un provvedimento interno alla Chiesa come la scomunica dei comunisti e sperimentò la freddezza di Pio XII; inizia un declino del consenso democristiano già visibile nelle elezioni del 1953, si era aperta la strada ad un mutamento dei rapporti tra Chiesa e DC, con quest’ultima che iniziava a guadagnare autonomia. A partire dal 1968 molti iniziarono a schierarsi con le forze di opposizione al “sistema” o comunque alla maggioranza di governo, il culmine si raggiunse a metà Anni ’70 quando moltissimi cattolici iniziarono a votare per il Partito comunista per poi ridimensionarsi ma anni dopo. Il crescente di stacco tra Santa Sede e realtà italiana porterà alla fine della DC e contribuendo alla dissoluzione della Prima repubblica, una buona parte della forza della DC era dovuta al prestigio della Chiesa che finì col farsi coinvolgere direttamente nelle vicende dello Stato Italiano; l’unità dei cattolici aveva permesso alla DC di diventare, in modi diversi, il vero “partito italiano”. CAPITOLO 2 La repubblica dei partiti 8 Settembre 1943 “il giorno della vergogna” quando il re e governo fuggirono da Roma lasciando gli italiani a se stessi, una fuga dalla responsabilità, ma con la “svolta di Salerno” si innestò un movimento di senso opposto con responsabilità politico-istituzionali dei partiti antifascisti (il Cln). Così ancor prima del referendum del 2 Giugno 1946 i partiti avevano assunto almeno una parte delle funzioni del capo dello Stato, una figura quella del presidente della Repubblica che ha sempre avuto un ruolo a fisarmonica, plasmata a piacimento dai partiti (quando premiership di governo e leadership di partito coincidevano pienamente nella figura di Alcide De Gasperi quando chiamato in causa). Il ruolo “sovrano” dei partiti ha segnato tutta la Prima repubblica, vi erano critiche per come partiti di massa del prima dopoguerra avevano portato alla rottura dello “Stato persona” per arrivare al “partito Stato” che cominciò ad affermarsi riportando ad una matrice leninista che ha profondamente influenzato il “secolo breve”. Ma, a differenza del fascismo, la convergenza di partiti diversi ha permesso la fondazione di una autentica convivenza democratica anche se i suoi effetti si sono visti a partire dagli anni sessanta quando la società italiana si liberò definitivamente dell’ eredità del regime. Di frequente il termine destra ormai è caratterizzato da scarso senso dello Sato e rispetto delle leggi, incline al disinteresse verso le vicende politiche, disponibili ad atteggiamenti destabilizzanti , terreno di cultura di derive autoritarie come quella realizzata dal fascismo. Facendo leva sull’ antifascismo la DC è riuscita a orientare in senso democratico un elettorato che non ha mai abbandonato del tutto un rapporto incerto con i principi e le regole della democrazia, De Gasperi rifiuta anche dopo il 1948 alleanze con monarchici. Negli anni ’70 ad esempio la Dc ha rinnovato la sua scelta antifascista contrastando le minacce eversive dovute alla strategia della tensione, ciò che veramente ha pesato fu la scissione dell’unità politica dei cattolici. Per continuare a governare i cattolici dovevano accettare la collaborazione con i socialisti, si sperava che attraverso il Psi si potessero raggiungere strati sociali importanti per accelerare la modernizzazione dell’ Italia ed in modo più equo. Il centro-sinistra ha rapidamente deluso molte speranze, in parte poiché l’ ala sinistra del Psi si distaccò per formare il Psiup (1964) e l’ opera del centro-sinistra venne giudicato in maniera negativo con l’accusa di aver abbandonato il pareggio di bilancio e innestato un debito pubblico destinato a diventare incontrollabile. Ma Moro e Nenni, ai vertici di Dc e Psi, convinti dell’ importanza di quel progetto guidarono i loro partiti mostrando le potenzialità della democrazia consensuale quando due leader di parti diversi intendono collaborare in un disegno comune. Nel 1962 ci fu la nazionalizzazione dell’ energie elettrica, voluta dai socialisti; lo Stato indennizzò le società idroelettriche che però non investirono i capitali in altri campi dando vita a nuove iniziative come sarebbe dovuto accadere, fatte alcune poche eccezioni, tra cui la Sip, di proprietà Iri. Ci fu una fuga di capitali all’ estero, un’occasione mancata per l’ imprenditoria privata italiana. Ci furono delle tensioni dopo le elezioni politiche del 1963 negi ambienti dell’ impresa e del risparmio, per paura di aumento tasse, rialzo dei salari etc. Moro riuscì a impedire che la crisi scoppiasse e con una questione secondaria (il finanziamento pubblico alla scuola materna non statale) rassegnò le dimissioni. Ciò gli permise di allontanarsi durante quello che fu un tentativo di “golpe” attribuito al generale De Lorenzo (che in realtà non fu mai veramente tentato). Il Presidente della Repubblica Antonio Segni condivise l’ idea di interrompere l’ esperienza centro- sinistra ma Moro e Nenni resistettero ancora una volta. Fino al 1975 il centro-sinistra ha continuato a rappresentare l’ unica prospettiva percorribile, dopo non vi è più stata in Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 Italia una vera coalizione politica, nemmeno il pentapartito. Nella visione dei suoi promotori, l’alleanza tra Dc e Psi, doveva sanare quella che nel dopoguerra, tra Partito popolare e Partito socialista, non accadde, aprendo così di fatto le porte al regime. L’ Italia che guardava ancora al fascismo con nostalgia, peraltro con una visione “bonaria” e senza aspetti totalitari, illiberali e violenti, era soprattutto un’Italia ancora “culturalmente rurale e spaventata dalla complessità indotta dall’ industrializzazione”. Un bilancio complessivo dei risultati raggiunti dal centro-sinistra 1960-1975 vede indubbiamente sviluppi in politica estera (presenza più incisiva nel Mediterraneo, America Latina e paesi Terzo Mondo. Ruolo italiano nella costruzione del Muro di Berlino e crisi di Cuba. Iniziative per la pace in Vietnam, vicinanza mondo arabo etc). Nelle questione italiane ci fu l’ istituzione della Commissione parlamentare antimafia, tra i principali insuccessi va ricordata la mancata riforma urbanistica. Bisogna inoltre ricordare l’ampliamento alla rete ospedaliera, la riforma dell’ Università , lo Statuto dei lavoratori etc. Particolare importanza ha avuto l’ estensione del sistema previdenziale, iniziata alla fine degli anni Sessanta che è diventato sempre più incontrollabile negli anni Ottanta. Tuttavia anche se non ha risolto il divario Nord-Sud, è stato uno dei pochi governi in tutta la storia che ci abbia provato, e gli anni sessanta e settanta sono gli unici in cui il divario si è attenuato. uno dei principali problemi di modernizzazione in Italia è costituito dalla carenza, nella società italiana, di una evoluzione culturale corrispondente alle trasformazioni economico-sociali. In tale situazione un impatto importante lo ha avuto la Chiesa cattolica che con Giovanni XXIII e la convocazione del Concilio hanno contribuito in maniera decisiva all’ avvio del centro-sinistra. Fanfani lo vide con un modo per recuperare voti tra i moderati, Andreotti ebbe una reazione negativa verso le aperture post-conciliari,Moro invece ebbe una maggiore sintonia con la novità conciliare di Paolo VI (1967 enciclica Popolorum progressio). Il Papa Paolo VI, sempre attento alla politica italiana, ha guidato il mondo cattolico italiano verso una più chiara distinzione tra Chiesa e Stato, aumentando la concezione più matura del principio di laicità. Negli Anni sessanta e settanta si è insomma pienamente compiuta quella trasformazione del papato da ostacolo politico per lo Stato in risorsa morale della vita pubblica in Italia. Tale da portare gli italiani a identificare il comunista non come avversario politico-ideologico ma come nemico religioso e nazionale. Dopo il rinnovamento conciliare è diventato di patrimonio comune la collaborazione tra uomini e donne di identità diverse e tra cattolici e laici; democrazia e pluralismo entrano definitivamente nella cultura corrente degli italiani. Per riavvicinare i fedeli, Paolo VI introduce il “volgare” in luogo del latino tradizionale. CAPITOLO 4 DAL 1968 ALLA SOLIDARIETA’ NAZIONALE Il movimento del ’68 ha modellato relazioni in diverse parti del mondo, ci fu un’intensa partecipazione dell’ opinione pubblica occidentale alla guerra in Vietnam grazie anche ai mezzi di comunicazione. La contestazione del ’68 fu animata da una spinta anti-istituzionale che, insieme a scuola e famiglia, prese di mira la famiglia e la fabbrica, gli ospedali e i manicomi, fino a toccare le chiese; un profondo mutamento dei rapporti interpersonali che metteva in discussione consolidate gerarchie familiari, sociali ed istituzionali. La contestazione fu ispirata da una precoce percezione dei mutamenti profondi indotti dalla globalizzazione e post- modernità (che sarebbero diventati evidenti solo nei decenni successivi) e l’ esigenza di sviluppare una cultura originale e innovativa. Il progetto però era fragile e venne subito accantonato anche se sotto il profilo culturale e antropologico la sua influenza è durata nel tempo. In Italia ha preparato un terreno favorevole al terrorismo,Moro estromesso dal governo , vedeva la positività di energie nuove e cercò vie per valorizzarle sul piano politico, apre un dialogo con i comunisti, nasce qui la sua “strategia dell’ attenzione”, la cui importanza fu subito colta da Enrico Berlinguer, allora vicesegretario del partito. Al’ 68 degli studenti seguì il ’69 degli operai e cioè l’ “autunno caldo” con rivendicazione sindacali soprattutto alla grande industria, ne scaturì quanto avvenuto con la fuga dei capitali del ’62-’63 ma in scala più grande mentre si diffondeva la paura che i comunisti avrebbero preso il potere in Italia. Dicembre 1968, strage di Piazza Fontana segna l’ inizio della strategia della tensione a quali seguirono nei primi anni settata l’ attentato di Piazza della Loggia, il treno Italicus la cui matrice neofascista non apparve immediatamente anche per l’opera di depistaggio realizzata da apparati dello Stato. Tutto ciò contibuì a spostare verso destra la politica italian e venne gettato discredito verso i comunisti e le “correnti riformistiche della coalizione di centro-sinistra” ben presto però tale strategia venne condannata dalla classe dirigente e dell’ opinione pubblica insieme a una mobilitazione antifascista; Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 nel corso degli anni Settanta anche forze dell’ ordine e apparati di sicurezza assunsero finalmente mentalità democratica e fedeltà alla Costituzione. La sconfitta degli Stati Uniti in Vietnam produsse profondi mutamenti nel sistema monetario occidentale, iniziò a manifestarsi la crescente instabilità del valore fisso del dollaro rispetto all’ oro (che era il cardine dopo gli accordi Bretton- Woods). 15 agosto 1971 il governo americano dichiarò la fine di tale rapporto, i paesi europei compresero la necessità di una inedita cooperazione monetaria ( che porterà poi al Sistema monetario europeo ed infine all’ unione monetaria e all’euro). Sia Moro che la Chiesa cattolica con Montini sostenerono in modo convinto la Conferenza di Helsinki nel 1975, Montini infatti riaffermò il primato dell’ evangelizzazione soprattutto nell’ America Latina in quegli anni, preparando l’ humus dove poi si sono sviluppate le idee di Jorge Bergoglio. Nel 1973 ci fu lo shock petrolifero a seguito della guerra del Kippur quando i paesi arabi imposero all’ improvviso un aumento consistente del petrolio, primo incisivo effetto sull’ economia internazionale, in Europa l’ Italia ne pagò cara le conseguenze poiché ne aveva bisogno per il suo alto fabbisogno energetico. Così con la decisione di Nixon del 1971 e lo shock petrolifero del 1973 l’ Italia precipitò in una spirale inflazionistica, introducendo la stagflazione (quando l’ inflazione non permette investimenti e crescita ma al contrario produce stagnazione economica). Il governo Rumor allora varò un programma di “austerity” volto a ridurre il consumo di energia; accadde però che l’ Italia non seppe misurarsi con questa iniziativa e la Confindustria, allora guidata da Gianni Agnelli, nel 1975 insieme al Pci che in quell’anno aveva provocato un “terremoto elettorale” crescendo come consenso elettorale (facendo passare anche Roma a sindaci comunisti), tramite un accordo Confindustria-salari (il Pci chiedeva aumenti) contribuirono ad aumentare l’ inflazione portando l’ Italia in una morsa inflattiva ancora più stretta. Oltre agli sconvolgimenti economici l’ Italia degli anni settanta inizierà a vedere cambiamenti anche sociali, culturali e antropologici, è quello che Pier Paolo Pasolini chiamò la “scomparsa delle lucciole” metafora sulla scomparsa di una serie di tradizioni, abitudini tipiche dell’ Italia rurale. Virtù contadine, tenacia, parsimonia, onestà vennero meno senza essere sostituite da virtù “urbane”. Ci fu una tendenza alla denatalità, si stava mettendo in discussione anche dottrina e morale cattolica, momento culminante di questa stagione è stato il referendum sul divorzio. La legge venne approvata nel 1970 ma venne sollecitata un’ iniziativa referendaria sicuri che la maggioranza del popolo italiano fosse contraria al divorzio ed invece vinse il NO con il 59,1% di voti, segno di un paese molto più “moderno” che portò a pensare ad un estinzione del fattore religioso nelle società industrialmente sviluppate. Il conflitto tra mondo cattolico e Democrazia cristiana pose la Chiesa in un difficile dilemma dovendo cercare di difendere l’ autonomia dei cattolici sul piano politico e la DC dalla gerarchia ecclesiastica oltre a salvare il ruolo precedentemente svolto dalla Chiesa nella società italiana. Furono i radicali di Marco Pannella i più convinti sostenitori del divorzio presentandosi come la più convinta e visibile controparte in un’ Italia conservatrice e antimoderna, apparvero come protagonisti di un bipolarismo tra laici e cattolici. Dopo la pesante sconfitta con il referendum del 1974 esplose la “questione democristiana”, secondo molti la Dc doveva lasciare il governo del paese; il divorzio divenne così il simbolo di un’Italia moderna che non voleva più tornare indietro e alla Dc vennero attribuite le principali responsabilità dell’ arretratezza del paese (ci fu anche lo scandalo del caso Lockheed, accuse poi rilevatesi infondate come riconobbero Pannella e Emma Bonino, tra i protagonisti della campagna contro Giovanni Leone che aveva anche dato le dimissioni). Dopo anche il declino nelle elezioni amministrative e regionali del 1975, il calo della Dc sembrava irreversibile ma riuscì a mantenere un legame decisivo con la Chiesa, la Dc indicò al cattolicesimo italiano una strada diversa da percorrere e nel mentre si trovò un interlocutore inatteso: il Pci, che condivise con la Dc un progetto di modernizzazione del paese che non lacerasse il tessuto morale tradizionale. I comunisti furono premiati da un costante incremento elettorale da parte del mondo cattolico e il Pci assunse un ruolo sempre più importante nella politica italiana e nonostante la possibilità di poter raggiungere la maggioranza dopo il golpe del Cile con Allende nel 1973, Berlinguer capì che era sbagliato e pericoloso arrivare al 51% della maggioranza senza la Dc (nonostante da trent’anni la conventio ad excludendum impediva ai comunisti di entrare al governo). Il Pci si distaccò gradualmente da una visione marxista-leninista per approdare ad una prospettiva di società socialista che voleva realizzare un superamento democratico del capitalismo. La sponda comunista aiutò la Dc a superare la sconfitta e furono entrambe sostenuta dalla Chiesa con Paolo VI, inizia così nel 1975 il periodo della “rifondazione” democristiana con Benigno Zaccagnini alla segreteria del partito. Si parlò apertamente di un coinvolgimento del Pci nel governo ma rimaneva l’ ostacolo esterno che impediva la partecipazione dei comunisti al governo di un paese Nato. La scintilla la fece scattare Francesco De Martino, segretario Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 del partito socialista che pubblicò un articolo sull’ “Avanti!” con il quale dichiarava conclusa l’ esperienza nel centro- sinistra e proponeva partecipazione del Pci al governo senza prevedere tutte le conseguenze scaturite successivamente. L’ appartenenza alla Nato era possibile senza i comunisti al governo così Moro decise di chiamare gli elettori al governo per capire quale strada volesse prendere la politica italiana. Il 20 giugno 1976 con il 38% di voti la Dc ottenne un buon risultato (a differenza del 1975) mentre il Pci con il 34% dimostrò come il 44% degli italiani voleva che al Pci fossero date responsabilità di governo, inaugurando una stagione di collaborazione tra i due partiti a sostegno del governo. Il 20 Giugno 1976 dunque democristiani e comunisti si accordarono su una soluzione condivisa ma evitarono di governare insieme e si arriva a un governo monocolore democristiano guidato da Giulio Andreotti, in funzione di garante, quale esponente della destra democristiana e perché gradito agli americani e appoggiato dal Pci con l’ astensione (venne definito il “governo della non sfiducia”). Nel 1978 un altro monocolore democristiano, sempre guidato da Andreotti, avrebbe ottenuto il giorno stesso del rapimento di Moro, un voto di fiducia anche da parte del Pci che entrò per la prima volta dal 1947 in una maggioranza di governo. Con i governi di solidarietà nazionale si intensificò dunque la collaborazione parlamentare tra maggioranza e opposizione cominciata ad inizio anni settanta che porterà si a comuni posizioni in politica estera (come la partecipazione alle missioni di pace di Libano e altrove, rafforzando l’ immagine italiana nel mondo) ma finita la solidarietà nazionale, il Pci avrebbe assunto nuovamente posizioni critiche verso le iniziative occidentali. CAPITOLO 6 IL PENTAPARTITO Uno dei protagonisti della fine della Prima Repubblica è stato Bettino Craxi, segretario del Psi, che dopo le elezioni del 20 giugno 1976 (quando ottennero il 9,6% contro il 30% di Dc e Pci), spinse i socialisti verso un cambiamento radicale. Premeva per eliminare la “centralità” della Dc, confermava l’ orientamento di sinistra del Psi (alludendo agli ideali del socialismo premarxista) cercando così un’ “annessione” al Pci con l’intento di rovesciare i rapporti di forza dei due partiti maggiori. Una volta raggiunta la leadership del partito, puntò sul fattore K (chiamato così negli anni Ottanta) che escludeva i comunisti dal governo, cercò così una collaborazione di governo con la Dc che infatti si è realizzata fino al 1992. Tra Psi e Dc non ci fu mai un’alleanza vera e propria, difatti il pentapartito non è stato una vera e propria coalizione politica, Craxi aveva creato una conflittualità con il Pci ed era riuscito a legare il successo del suo partito al declino della democrazia consensuale e alla fine della Prima Repubblica che egli ha contribuito a preparare. Nel 1979 ci fu l’ elezione di un socialista alla Presidenza della Repubblica quando Pertini conferì l’ incarico a Craxi e la Dc lo vide come uno schiaffo che aveva come intento quello di ridimensionare il ruolo del partito di maggioranza. Un incarico che era destinato al fallimento che avvenne di lì a poco ma portò i socialisti ad avvicinarsi alla Dc anche a causa delle elezioni appena passate che videro i comunisti perdere alcuni punti percentuali e la scomparsa di Moro che comunque privò il partito di un importante punto di riferimento. Chiudendo la prospettiva della collaborazione con il Pci abbandonando anche la possibilità di ulteriori collaborazioni di governo con altri partiti e con il rischio di perdere la centralità della Dc stessa. Dopo la questione sul divorzio ci fu quella sull’ aborto ma questa rappresentava una visione che non poteva essere mediata politicamente e i cattolici cominciarono a manifestarsi come parte che voleva affermare la propria identità, i propri valori e le proprie posizioni. Paolo VI si sarebbe opposto a una lacerazione così profonda ma ora il papa era Giovanni Paolo II che non aveva familiarità con la politica italiana e quindi la andò a crearsi un notevole distacco tra Santa Sede e Dc. La Dc sarebbe rimasta fino al 1994 ovvero la fine della Prima Repubblica, pian piano infatti stava uscendo di scena a causa del distacco dalla Chiesa e dopo il Congresso Democristiano del 1980 si aprono le porte all’ affermazione del diritto del Pci a governare il paese, non insieme la Dc ma in alternativa a questo partito. Craxi conquistò la leadership assoluta e dopo un governo Cossiga e successivamente Forlani, cercò di andare subito lui a Palazzo Chigi. Vista però la faccenda della loggia massonica segreta P2 e il coinvolgimento di alcuni socialisti si preferì dare spazio al repubblicano Giovanni Spadolini, il Pri infatti appariva tra i partiti di governo, il più lontano dagli scandali. Nel mentre però era scoppiata la “questione morale” (cattiva gestioni soccorsi terremoto in Irpinia, denuncia scandali, loggia P2, mafia e camorra con l’ assassinio di Carlo Alberto dalla Chiesa e mogli il 3 Settembre 1982) che porto una crisi di fiducia nei confronti dei partiti al quale aggiungere il tramonto del ruolo svolto dalla Chiesa e la fine della centralità democristiana. La questione morale mise in difficoltà la Dc, il Pci ne beneficiò inizialmente sfruttandola in campagna elettorale ma divenendone poi prigioniero ed infine Craxi che minimizzando la questione morale cercò di concentrare l’ enfasi sulla “grande riforma” politico-istituzionale commettendo un grave errore, il quale prima ha limitato l’ espansione del suo partito e successivamente ha contribuito alla sua fine e del Psi. Nei primi mesi degli Anni 80 la crescita dell’ economia si interruppe anche a causa del secondo shock petrolifero (1979), ci furono tensioni sociali tra cui la lunga occupazione operaia della Fiat, sostenuta dal Pci berlingueriano conclusa con la “marcia dei quarantamila”. Chi aveva intuito in anticipo la situazione italiana in quel momento fu Beniamino Andreatta, consigliere di Moro già negli Anni Sessanta che riuscì a capire come i nuovi vincoli europei e gli eventi economici internazionali imponevano un radicale cambiamento. Divenuto poi Ministro del Tesoro incontrò non pochi ostacoli con i ministri socialisti che volevano una politica espansionistica, egli però preferì svalutare la lira del 6% (il massimo consentito) e decise il divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia (di cui era governatore allora Carlo Azeglio Ciampi); questo fu il primo provvedimento su una questione destinata a diventare sempre più grave:il debito pubblico. Visto il coinvolgimento di alcuni socialisti in alcuni scandali e nella P2, l’obiettivo della Dc era riprendersi la guida del Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 governo anche perché Craxi con solo il 10% dei voti litigava con gli alleati, De Gasperi che aveva circa il 50% cercava l’ accordo anche con l’ opposizione. Dopo il XV Congresso della Dc del 1982 il nuovo segretario De Mita che propose un forte rinnovamento tra cui il deciso atteggiamento di contrasto nei confronti di mafia e camorra cui collaborò intensamente Sergio Mattarella, fratello del Presidente della Regione Sicilia, Piersanti, ucciso dalla mafia nel gennaio 1980. L’ offensiva dello Stato ha portato (secondo Salvatore Lupo) alla sconfitta storica di Cosa Nostra, anche se non ha significato la scomparsa della mafia in tutte le sue forme. De Mita voleva coinvolgere i comunisti sul piano “istituzionale” oltre a dover avere un’alleanza con i socialisti per necessità; Craxi con l’ occasione dello sforamento del deficit da parte di Ciampi, colse l’ occasione per chiamare nuove elezioni, e Spadolini fu chiamato a comporre un nuovo governo che altro non fu che la “fotocopia” di quello precedente, ma più debole. Proprio la consapevolezza di questa crisi e della crescente debolezza dei partiti spinse le personalità più lungimiranti della classe politica italiana negli anni ottanta verso il rafforzamento dei vincoli europei, che affidava all’ Europa il futuro di un’Italia che essi non riuscivano più a governare. La campagna elettorale del 1983 vide la Dc subire una sonora sconfitta perdendo circa il 5% dopo un ventennio di stabilità, ad influire fu sicuramente il distacco della Chiesa, il tramonto della centralità democristiana e la perdita della Presidenza del Consiglio. Si formò così il primo governo Craxi e De Mita basato su una maggioranza di cui la Dc era comunque di gran lunga il partito più consistente e mise Scalfaro all’Interno ed Andreotti agli Esteri. Tra i principali successi ci furono gli accordi di Villa Madama nel 1984 portati a compimento da Craxi, tra Italia e Santa Sede, che rafforzava il ruolo della Conferenza episcopale italiana quale principale interlocutore del governo. Il vuoto che vi era tra il Papa polacco e la classe dirigente italiana cominciò a essere riempito dall’ azione di Camillo Ruini (che poi diventerà Cardinale Vicario di Roma), il quale sostenne anche che iniziò a prender corpo un minor interesse cattolico verso la Dc anche se l’ appoggio sul piano elettorale sarebbe continuato fino al 1994. Anche questo governo Craxi e De Mita non andò a fondo sulla questione del debito pubblico; Craxi denunciò un’insufficienza di potere decisionale che attribuì alle disfunzioni del sistema politico-istituzionale. Con le elezioni del 1985,tra Dc e Psi le cose iniziarono a peggiorare. Dopo la morte di Berlinguer ci fu un “sorpasso” del Pci sulla Dc dovuto all’ “emozione” ma le regionali del 1985 diedero una svolta. Il Psi ottenne solo il 13,6%, non ci un “effetto Craxi” che quindi ne mostrò la fragilità e permise alla Dc di assumere un atteggiamento più conflittuale e De Mita cercò di riportare la politica italiana su binari più consueti riaffermando il primato politico della Dc e iniziando a un’opera di correzione dell’ “anomalia” craxiana. Malgrado il rafforzamento di De Mita, Cossiga decise di chiamare Goria, già ministro del Tesoro nel governo Craxi, a formare il nuovo esecutivo e questo aumentò il braccio di ferro tra Dc e Psi poiché i socialisti non rispettavano la volontà degli elettori. Nonostante ciò De Mita sperò di poter realizzare un governo che potesse affrontare i problemi cruciali, nel 1988 raggiunse la Presidenza del Consiglio (cuì seguì pochi giorni dopo l’assassinio del suo amico e consigliere Roberto Ruffili ad opera delle Brigate Rosse) ma ciò sarebbe durato pochi mesi poiché nella primavera 1989 De Mita venne sostituito da Fanfani e Andreotti passò all’ esecutivo. Il punto più delicato secondo Giuliano Amato, fu “la questione dell’ informazione”. De Mita voleva limitare a due le reti di Silvio Berlusconi (e limitare le concentrazioni nella proprietà dei grandi giornali, difese invece da La Mafia) che stava monopolizzando l’ Italia, in concorrenza con la Rai, e il tutto grazie all’ appoggio decisivo di Craxi il cui governo intervenne dopo una decisione della magistratura che avrebbe impedito alle televisioni di Berlusconi di trasmettere sull’ intero territorio nazionale. Il leader socialista aveva compreso che la televisione commerciale costituiva un fortissimo strumento per orientare comportamenti e consumi, per contrastare una moralità di impronta cattolica e per attirare il pubblico televisivo verso la sua parte politica. Dunque un piano diverso ma in maniera più moderna ed efficace, la televisione berlusconiana ha assunto sempre più un ruolo alternativo a quello dei partiti. CAPITOLO 7 OLTRE IL SECOLO BREVE Negli Ottanta, l’ importanza della televisione commerciale e altri mezzi di comunicazione è cresciuta parallelamente al declino dei partiti di massa. I partiti hanno perso la loro base anche a causa dell’ aumento della scolarizzazione, la diffusione delle nuove forme di benessere e consumismo, la frantumazione degli interessi individuali oltre al fatto che a causa del moltiplicarsi degli attori nei partiti il rapporto tra essi è divenuto più esile. L’ occupazione delle istituzioni e l’ utilizzo delle risorse pubbliche ai fini del consenso hanno portato politica, affari e i fenomeni di corruzione ad intrecciarsi fino a giungere a Tangentopoli. E’ tramontato, in particolare, il rapporto tra élites e masse. La Dc, come altri partiti, ha favorito la creazione di Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 “intellettuali d’area”, personale politico non privo di spessore culturale ma quando Craxi prese in mano la guida del partito interruppe la collaborazione con molti di loro. La crisi tra partiti e intellettuali ha coinciso con il declino delle grandi tradizioni politico-culturali diffuse a livello popolare (3 crisi dunque: quella tra partiti e masse, quella tra intellettuali e partiti ed infine quella tra élites e popolo). Dopo il fascismo, il miracolo italiano non è stato solo economico ma soprattutto “politico e sociale”, ha trasformato “una comunità di contadini analfabeti in una benestante e solida nazione del mondo industriale”. Per molto tempo i partiti hanno costituito un tramite tra élites e massa gestendo l’ “investimento” in termini di fiducia da parte dell’ elettore nei confronti dell’ eletto. Alla democrazia rappresentativa è andata pian piano sostituendosi la “democrazia del pubblico”, una sorta di spettatori che giudicano in tempo reale, parole, azioni e comportamenti degli uomini politici; dalla democrazia rappresentativa a quella del telecomando. La crescente debolezza del governo dei partiti si è manifestata durante i due esecutivi di Andreotti oscurati soprattutto dall’accusa di associazione esterna alla mafia, una vicenda troppo presto dimenticata. In quegli anni ci furono una serie di avvenimenti come: la caduta del muro di Berlino, la Guerra del Golfo, la riunificazione tedesca, il Trattato di Maastricht, la fine dell’Urss accumulando problemi decisivi per l’ esplosione tra il 1992 e il 1994 del big bang che ha poi travolto la politica italiana. Che i problemi economico-finanziari dell’ Italia non erano più rinviabili se ne accorse Guido Carli, ministro del Tesoro dal 1989 al 1992 intorno cui si ritrovarono (con vedute non sempre convergenti) ministri e un gruppo di “tecnocrati”: Carlo Azeglio Ciampi, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi, Mario Monti, Luigi Spaventa etc. Nel mentre vi era la rapida evoluzione del progetto europeo di unione economica e monetaria che fu visto anche come un “vincolo esterno” che avrebbe reso obbligatoriamente virtuosi gli italiani. Il collasso dell’ Urss gettò in una piena occidentalizzazione tutti i paesi ex comunisti, trovati da un momento all’ altro nel mare aperto della globalizzazione. Le transizioni degli ultimi decenni del XX secolo si differiscono molto dalle rivoluzioni liberali dell’ Ottocento o quelle comuniste del Novecento; molte infatti sono state improvvise e non previste da esperti, caratterizzate da un’ampia partecipazione popolare favorite dalla larga condivisione di opinioni e vedute comuni. Il carattere consensuale di molte di esse ha di frequente scoraggiato dure azioni di contrasto dei regimi che comunque avrebbero avuto i mezzi per attuarle. Ruolo decisivo lo hanno avuto i negoziati, compromessi,la capacità dei leader e delle élites di “tradire” i propri seguaci e “de radicalizzare” le proprie posizioni per favorire quelle comuni. Gli avvenimenti di fine Novecento non hanno segnato solo la fine di una rivoluzione ma anche il tramonto della rivoluzione. In Italia il muro di Berlino è caduto sulla Dc e il Psi mentre Achille Occhetto, eletto segretario del Pci seppe cogliere il momento per avviare una radicale trasformazione del suo partito e nel Congresso di Rimini del 1991 uscirono due nuove formazioni politiche, il Partito democratico della sinistra e Rifondazione comunista. Il Pds si spaccò sul primo evento emblematico, la Guerra del Golfo del 1991 e sul fronte opposto si schierò Cossiga il quale vide un atteggiamento molto duro da parte dei comunisti poiché scoprirono la notizia di una struttura militare segreta realizzata in ambito Nato per contrastare il comunismo. Polemizzando contro Cossiga denunciarono dunque l’ Alleanza Atlantica così che l’ arma propagandistica dell’ anticomunismo venne contrastata con quella dell’ antiamericanismo. Gli ex comunisti misero così sotto accusa non solo Cossiga ma anche la Dc che della scelta atlantica era stata garante. Con la fine del comunismo cessava anche il senso dell’ anticomunismo che comunque ha continuato a essere un importante elemento di lotta politica come l’uso che ne ha fatto Berlusconi. Insomma Dc e anticomunismo non hanno avuto una sorte parallela, e gli eredi del Pci sono sopravvissuti alla scomparsa di questo partito; è uno degli elementi che spiegano il paradosso per cui le pietre del muro di Berlino sono cadute su Dc e Psi che avevano contenuto il bipolarismo. La polemica tra Occhetto e Cossiga ha rappresentato una specie di passaggio intermedio tra Prima e Seconda Repubblica, per raccogliere le spinte dell’ antipolitici fu il movimento referendario, nato intorno la metà degli Anni Ottanta e ora sottola guida di Mario Segni che formazioni di origine recente come la Lega Nord e Berlusconi con Forza Italia che grazie all’ azione della magistratura si sarebbero affermati sulla scena politica italiana. L’azione corruttiva era stata favorita dalla mancanza di alternativa al potere dello stesso blocco dei partiti, c’era dunque bisogno di una riforma che eliminasse o riducesse il ruolo dei partiti e ostacolasse gli accordi tra loro, il cosiddetto “inciucio”, imponendo una frequente alternanza di governo. Grande responsabilità dei fenomeni di corruzione è stata attribuita alla democrazia consensuale della Prima repubblica per aver favorito una inamovibilità dal potere che ha trasformato le élites in oligarchie, ostacolato il ricambio della classe dirigente, favorito il suo progressivo invecchiamento. Nel corso del 1992 un numero sempre più elevato di “avvisi di garanzia” raggiunse molte personalità politiche, Craxi si dimise dalla segreteria socialista, Giuliano Amato provo a presentare un decreto leggere (il cossi detto “decreto salva ladri”) con l’intento di depenalizzare il reato di finanziamento illecito dei partiti ma Scalfaro non lo firmò. Nel Ottobre 1992, dopo le dimissioni di Forlani da segretario della Dc, nacquero i Popolari per la riforma che Segni definì “i cattolici referendari” mentre De Mita cercava un compromesso tra maggioritari e proporzionali per evitare il referendum elettorale per la riforma del Senato. Il 27 Marzo 1993 ci fu l’ incriminazione di Andreotti e poi quella di Gava, Segni decise così di uscire dalla Dc per non compromettere la campagna referendaria. Il 18 Aprile 1993 il 77% degli italiani ha partecipato al referendum sulla legge elettorale del Senato e l’82% di questi ha votato per l’ abrogazione di parti di tale legge. Il primo effetto provocato fu la crisi di governo, Amato interpretò il risultato parlando di “un autentico cambiamento di regime che dopo settant’anni fa morire il modello di partito-Stato che fu introdotto in Italia dal fascismo e che la Repubblica aveva finito per ereditare trasformando un singolare in plurale”. Delegittimando la “Repubblica dei partiti” il referendum creò un preoccupante vuoto politico- istituzionale e aprì una fase di passaggio molto difficile e incerta. Il Presidente della Repubblica Scalfaro identificò in Prodi la persona in grado di saldare il vecchio e il nuovo nonché la volontà dei cittadini. Prodi offrì a Segni la vicepresidenza del Consiglio il quale rifiutò poiché riteneva dover essere lui a ricevere l’ incarico e così la rinuncia anche di Prodi, l’ incarico passò al Governatore della Banca d’ Italia Ciampi che formò il governo includendo anche personalità vicine al Pds. L’unica riforma effettivamente realizzata dopo il referendum è stata quella elettorale, il cosiddetto Mattarellum, che prese il nome di Sergio Mattarella, all’ epoca deputato democristiano e più tardi Presidente della Repubblica. Il referendum accelerò la trasformazione di quello che era ancora il maggior partito italiano,la Democrazia cristiana che dopo l’ iniziativa della magistratura si affidò “per disperazione” a Martinazzoli il quale apparteneva alla terza generazione democristiana e non aveva mai conosciuto per esperienza diretta De Gasperi o partecipato in primo piano alle opere di Fanfani e Moro, dunque ha avvertito con minore intensità la funzione nazionale della Dc e l’ ispirazione cristiana. C’era bisogno di dare un forte segnale e si iniziò a trasformare la Dc in un nuovo Partito popolare che avrebbe dovuto ispirarsi a una forte idealità (questo era il significato del richiamo a Sturzo) e ad un’alta moralità nei comportamenti dei suoi membri. Cominciò a emergere però la spinta per una scissione del partito. Nelle elezioni comunali dell’ autunno 1993 a Roma venne prospettata la candidatura di Rocco Buttiglione, al quale sarebbero confluite anche le forze di destra come il Msi guidato da Fini (che, fallita la candidatura Buttiglione, si è poi candidato a sindaco ottenendo un risultato importante grazie anche all’ endorsement di Berlusconi). L’ alleanza con il Msi avrebbe spostato a destra la Dc,Martinazzoli rifiutò la proposta e andò incontro a una pesante sconfitta. Pierferdinando Casini, Sandro Fontana, Francesco D’Onofrio iniziarono un altro percorso che li avrebbe portati nell’ aerea di centro-destra e, di conseguenza, nell’ orbita della leadership berlusconiana che finirono per realizzare nei fatti il passaggio dalla Dc al Ccd, il Centro cristiano democratico. Il 18 Gennaio 1994 viene fondato il nuovo Ppi e lo stesso giorno ci fu la scissione del Ccd, esito finale della divaricazione tra mondo cattolico e Dc. Scalfaro impose le dimissioni a Ciampi cui seguì lo scioglimento delle Camere (Scalfaro ritenne che non vi era più la legittimità per legiferare) e ci fu l’ elezione per un il nuovo Parlamento. Il Ppi insieme a Segni ottenne il 15%, la metà di quanto aveva ottenuto la Dc nel 1992, Martinazzoli nonostante comunque il risultato non fosse negativo preferì dare le dimissioni spiegando come non si riusciva a trovare spazio per il popolo di centro in un contesto che stava divenendo marcatamente bipolare. Il successo di Forza Italia fece apparire quel 15% privo di importanza. Con la fine della Dc si dissolse definitivamente l’unità dei cattolici mentre dopo il crollo del comunismo c’era chi voleva includere pienamente gli ex comunisti nel gioco politico reinserendoli nelle dinamiche della democrazia consensuale sperando di trarne benefici come provò Ciampi ma furono gli ex comunisti stessi a tirarsi indietro per enfatizzare la loro diversità rispetto a tutti gli altri partiti. Sulla spinta dell’ opinione pubblica che premeva per la contrapposizione tra i partiti e la loro alternanza di governo sembrò prioritario sgombrare il campo da partito di centro e i particolare dalla Dc. Si passa dal un bipolarismo temperato della Prima Repubblica a quello conflittuale della Seconda avvenuto, almeno in parte, in modo decontestualizzato. C’è una transizione da democrazia consensuale a democrazia maggioritaria ma un sistema maggioritario che esalta l’ alternanza al governo di schieramenti diversi non può ignorare le fratture ereditate dal passato. L’ “ideologia del bipolarismo”, insomma, si è imposta in un clima di scarsa attenzione al concreto contesto storico, remoto e prossimo (molti paesi europei infatti si sono progressivamente allontani dal modello del bipolarismo classico). Lo scorso collegamento con i problemi posti dalla concreta realtà storica fu coperto in parte dal linguaggio giornalistico (che enfatizzava la contrapposizione tra “vecchio” e “nuovo”, Prima e Seconda etc). Nella Seconda Repubblica la realizzazione del bipolarismo è stata affidata principalmente a due leggi elettorali: il Mattarellum del 1993 e il Porcellum del 2005 le quali hanno favorito la contrazione dell’ offerta elettorale cioè la riduzione del numero dei soggetti in competizione alle urne arrivando a due sole coalizioni in competizione tra loro. Dal 1994 al 2013 i principali schieramenti politici hanno continuato a considerarsi incompatibili e a delegittimarsi a vicenda. La Seconda repubblica, di conseguenza, è stata segnata da un’instabilità per certi versi superiore alla Prima. CAPITOLO 9 DALLA PRIMA ALLA SECONDA REPUBBLICA La crescete affermazione di leadership personali nei partiti si è sviluppata in parallelo all’ indebolimento della loro forza organizzativa, il potere dei partiti è fortemente diminuito perché si è indebolita anche la loro capacità di accordo. Il bipolarismo della Seconda Repubblica ha mostrato difatti limiti rilevanti: non è riuscito ad organizzare efficacemente l’ Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 insieme delle forze politiche e ad orientare la loro azione in modo proficuo per le istituzioni e per i cittadini. Su questo indebolimento ha anche influito la ridotta capacità di orientamento del binomio destra- sinistra. La dissoluzione del blocco sovietico (per settant’ anni riferimento obbligato per definire chi e cosa fosse di destra o di sinistra) ha suscitato inizialmente molti dubbi e incertezze. In Italia infatti un vasto processo di ricollocazione dei leader, militanti ed elettori ex comunisti, per lo più in un ambito di sinistra, centro-sinistra ma anche destra, ha generato un’intensa discussione su cosa fossero destra e sinistra. Gli avvenimenti successivi avrebbero dimostrato che il declino della forza politica dei partiti non era separabile da quello del binomio destra-sinistra (e i dubbi intorno tale binomio che avevano cominciato a svilupparsi a partire del 1968, erano destinati ad accentuarsi). E’ diventato sempre più difficile classificare in modo tradizionale protezione dell’ ambiente, affermazione degli interessi nazionali, diminuzione delle tasse oppure la bioingegneria, la maternità surrogata etc. E’ progressivamente diminuita la capacità degli Stati di prendersi cura dei loro cittadini ed è notevolmente cresciuto il numero delle questioni che non si possono decidere nei parlamenti nazionali poiché contemporaneamente si è molto ampliata la gamma delle possibilità di conoscenze, studio, lavoro etc. al di là delle frontiere nazionali. La moltiplicazione delle issues transnazionali, indotta dalla globalizzazione, ha costituito una sfida sempre più rilevante per le democrazie rappresentative e le istituzioni nazionali. Negli ultimi decenni del Novecento sono nati leader, movimenti e partiti non classificabili sulla base di riferimenti ideologici tradizionali, estranei al sistema politico come i Radicali, i Verdi e nuove formazioni locali poi confluite nella Lega. I Verdi, ad esempio, hanno costruito la loro identità politica intorno alle battaglie ecologiche, la Lega si era opposta a tutti i partiti contestando anche il loro legame con il “centro” e proclamando la secessione o devolution. Debole è stata anche la capacità dei due poli (destra-sinistra) di relazionarsi tra loro in modo costituente, tale da costruire un sistema politico solido. Di queste tendenze l’ azione di Silvio Berlusconi, principale protagonista della politica italiana dal 2001 al 2011 ha rappresentato l’ espressione più emblematica. Esce dalle elezioni del 1994 come indiscusso vincitore, quell’ anno ci fu un ricambio di ceto politico che fu uno dei più ampi della storia politica repubblicana con oltre il 75% degli eletti al Senato e alla Camera che entrarono per la prima volta in Parlamento. In luogo di Dc, Pci, Psi, Pli, Psdi e Msi troviamo da una parte vi erano Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, il Ccd e altre formazioni minori e dall’ altra i Progressisti (con Psd, Verdi e Rifondazione comunista). Il Patto per l’Italia, con il Partito popolare e il Patto Segni, ebbe un ruolo minore. Quest’ ultimo si era dissolto subito, il Partito popolare è rimasto attivo fino al 2000 quando poi è confluito nella Margherita, Verdi e Rifondazione Comunista hanno iniziato un rapido declino nel 2008 quando non sono riusciti ad entrare in Parlamento. Meno consistente è stata l’ elaborazione di una nuova cultura politica: la maggior parte dei nuovi soggetti è nata senza precisi riferimenti ideologici e programmi poco ben definiti. Dal 1994 Forza Italia ha riempito gran parte dello spazio elettorale precedentemente occupato dalla Democrazia cristiana senza però riprenderne il ruolo. Per definire il fenomeno politico Berlusconi si è parlato di liberalismo e populismo, demagogia e di antipolitica, quando si presentò alle elezioni del 1994 era un partito senza storia. Berlusconi aveva operato affinché i partiti di governo agissero, nella regolamentazione delle televisioni private, in modo favorevole ai suoi interessi. Craxi intervenne più volte in suo sostegno mentre a lui furono contrati il Partito comunista e una parte della Dc. Berlusconi aveva fatto politica difendendo i suoi interessi , una saldatura tra privato e pubblico che ha costituito anche in seguito uno dei tratti più caratterizzanti della sua azione. Berlusconi cominciò a prendere le distanze da Craxi già nel referendum del 1991 e più esplicitamente nel 1993 quando le sue televisioni diedero ampio spazio all’ informazione sulle inchieste di Mani Pulite. Iniziò i contatti con Segni e Martinazzoli, ovvero i maggiori esponenti dell’ area centrista, quando capì che le sorti del Psi e Dc erano ormai segnate fino ad annunciare il suo ingresso in politica nel 1994. Berlusconi utilizzava linguaggi e modalità estranei alle ritualità della politica, marcando una certa distanza reale dalle istituzioni e dalle loro regole. Per raccogliere consensi ha fatto leva sulla sua persona e sui suoi contatti, sulla sua attività imprenditoriale e su quella delle sue aziende. Movimenti e partiti da lui fondati come Forza Italia e il Popolo delle libertà hanno ruotato intorno la sua persona e alle sue aziende con un controllo quasi totale su organi di partito, dirigenti, scelte politiche. Ha impedito dunque lo sviluppo di una dialettica interna, ha reso impossibile l’affermazione di altri leader forti nell’ area da lui dominata ed è riuscita la piena affermazione del partito-persona, o meglio, della persona-partito. E’ riuscito a porre se stesso, le sue vicende personali, la sua storia imprenditoriale, perfino i suoi problemi giudiziari al centro della sua comunicazione; ha mostrato una rara abilità a indurre non solo i suoi sostenitori ma anche i suoi avversari e nemici a parlare continuamente di lui, i suoi problemi e interessi, sulla stampa, televisione, cinema. Sotto questo profilo le capacità di Berlusconi sono state decisamente superiori a quelle di tutti gli altri soggetti politici Scaricato da Dario Naglieri (naglieridario@gmail.com) lOMoARcPSD|4433447 della Seconda Repubblica; ha risposto in questo modo alla “domanda di unità” che ha attraversato una società italiana sempre più frammentata dalle trasformazioni socio-economiche dai processi di globalizzazione. Per molti anni Berlusconi è riuscito a tenere sotto controllo le tensioni dovute, ad esempio, ai fatti giudiziari, incentrando sempre di più nella sua persona ogni potere decisionale. I suoi elettori pur avendo votato sempre per la Dc, in realtà non si era mai riconosciuti in quel partito come ha osservato Giovanni Orsina. Essi sono gli italiani di cui Mussolini ha goduto il consenso anche se non condividevano l’ ideologia fascista, coloro che orfani della monarchia e del fascismo videro nella Chiesa un riferimento istituzionale e morale. Berlusconi ha ereditato un elettorato storicamente stratificato e molto variegato: il ceto medio simpatizzante per il fascismo passato poi nel dopoguerra a sostenere la Dc, gli oppositori del
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