Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

la repubblica platone, Sintesi del corso di Filosofia

riassunto libri 1-2-4-6-7-10 del libro di platone " la repubblica"

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 04/02/2017

.7721
.7721 🇮🇹

4.2

(13)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica la repubblica platone e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! LA REPUBBLICA (PLATONE) LA REPUBBLICA è un opera filosofica che si presenta come un dialogo, scritta tra il 390 e 360 a.c. dal filosofo greco Platone. Quest’opera ruota tutta in torno al tema della giustizia, e possiede anche una moltitudine di teorie platoniche come: il mito allegorico della caverna, la dottrina delle idee, la concezione della filosofia come dialettica, una visione dell’anima differente da quella già trattata nel Fedone e infine il progetto di una città ideale, governata in base a principi filosofici. La Repubblica si presenta come un’opera organica, enciclopedica e circolare, un rapporto tra universale e particolare. L’opera è strutturata in 10 libri che vede come protagonista Socrate, ma un Socrate diverso dagli altri dialoghi e che in più punti va modificandosi. I TEMI La Repubblica risale al periodo della vecchiaia di Platone. Egli prevede come protagonista Socrate, in un dialogo tra lui e alcuni suoi amici, tra i quali vi sono Glaucone e Adimanto (fratelli maggiori di Platone). Il dialogo si apre col racconto di Socrate, il quale mentre torna il compagnia di Glaucone dalle celebrazioni della dea Bendis, si imbatte per strada con Polemarco, Adimanto e alcuni loro amici, i quali invitano i due a casa di Cefalo e Polemarco per i festeggiamenti previsti per la serata. È quindi nella dimora dei due che si intrattiene la lunga discussione narrata nella Repubblica. LIBRO 1 Durante le feste Bendidie, Socrate si reca con Glaucone ed altri a casa di Cefalo, con il quale intrattiene un discorso sui presunti vantaggi e benefici della vecchiaia, dichiarando da Cefalo che le ricchezze aiutano l’uomo a sopportare l’età senile e a comportarsi in modo giusto. Da qui l’attenzione del dialogo si sposta tutta sulla definizione della parola giustizia. Il primo ad imbattersi alla sua definizione è Polemarco, il quale sostiene che la giustizia è fare bene agli amici e fare del male ai nemici, ma subito Socrate confuta questa tesi sostenendone i paradossi. Secondo lui bisognerebbe assolutamente distinguere i veri amici e i veri nemici da coloro che sembrano tali ma in realtà non lo sono, inoltre aggiunge che chi danneggia rende peggiore il danneggiato e questo dunque non potrebbe essere l’obiettivo del giusto. Subito dopo si irrompe nel dialogo Trasimaco che propone una nuova definizione di giustizia del tutto politica: “la giustizia è l’utile del più forte…” e subito Socrate confuta la tesi dicendo che: bisogna ammettere che i governanti nel legiferare potrebbero andare contro i loro interessi, è inoltre assodato che è giusto sempre obbedire ai governanti, e che quindi è giusto nuocere ai governanti andando contro i loro interessi. Trasimaco, però, si affretta a specificare che quando parla di governanti, parla di una persona che detenendo il potere non sbaglia mai a fare le leggi, se sbagliasse non lo farebbe in quanto governante bensì in quanto uomo. Il nuovo attacco di Socrate verte sul fatto che ogni arte opera l’interesse per cui essa esiste ( usa come esempio l’ippica che fa interesse dei cavalli quanto la medicina fa l’interesse del corpo ); da ciò Socrate dice che ogni arte fa l’interesse del più debole, non del più forte, come sostiene Trasimaco. Ma Trasimaco non si dà per vinto: infatti sostiene che chi giova ai propri sottoposti lo fa solo per tornaconto personale. In secondo luogo sostiene che la giustizia non è affatto più forte dell’ingiustizia bensì il contrario. La prima infatti è l’utile del più forte e quindi non fornisce nessun vantaggio ai deboli e la seconda tende ad avere la meglio in ogni accordo privato e pubblico, di guadagnare denaro e reputazione e instaurarsi il potere ad un colpo di Stato: il tiranno cultore della “somma ingiustizia”, è appunto nello Stato è tale e quale a quella dell’individuo, in quanto la struttura dell’anima è uguale a quella della città, ma dipende da essa. Qui dunque vengono divise tre facoltà dell’anima: facoltà razionale, concupiscibile, impulsiva. L’uomo è dunque giusto quando la parte razionale dell’anima, sostenuta da quella impulsiva, comanda su quella concupiscibile; in caso contrario si ha l’ingiustizia. LIBRO 6 Il filoso deve governare perché è il solo a conoscere l’essere e la verità; inoltre è un individuo sincero, temperante, apprende con facilità e possiede l’armonia interiore. Adimanto però obietta che i filosofi sono persone strane e inutili allo Stato. Il filosofo non è malvagio ma l’ambiente in cui vive può corromperlo, poiché anche migliori nature sono corruttibili, se male educate; questa azione corruttrice è dovuta al popolo e ai sofisti, indegni seguaci della filosofia. Nessuna delle costituzioni vigenti conviene alla filosofia: solo la città ideale consente di svolgere ai filosofi il proprio dovere, quindi deve essere governata da loro. L’educazione dei filosofi deve mirare alla disciplina più alta, avente come oggetto il bene. A questo punto sarebbe necessaria la definizione di idea del bene, di cui Socrate coglie l’analogia col sole: come il sole, pur dando vita, colore e nutrimento agli oggetti sensibili, non si identifica con essi, così il bene permette la visione del mondo intellegibile e lo trascende. Egli spiega quest’analisi con una linea divisa in quattro segmenti, dei quali fanno parte quattro tipi di oggetti del conoscere: immagini, oggetti sensibili, concetti scientifici e idee. I primi due concernono il mondo sensibile, e gli ultimi due il mondo intellegibile. Ad essi corrispondono quattro gradi di conoscenza: immaginazione, assenso, riflessione e intelletto. LIBRO 7 Il libro 7 altro non è che la spiegazione teorica del concetto espresso nel libro precedente. Esso viene esplicitato attraverso il mito della caverna. Il mito della caverna all’interno di una caverna stanno incatenati fin dalla nascita alcuni uomini, i quali sono legati e non si possono voltare. Fuori dalla caverna vi è un muro ad altezza uomo dietro al quale passano persone che portano sulla testa statuette raffiguranti di vario genere, queste persone parlano e il loro eco rimbomba nella caverna. Dietro questi individui vi è un fuoco che arde e proietta le immagini sul muro che si trova davanti ai prigionieri. Non avendo mai potuto vedere altro, i prigionieri, pensano che questa sia la realtà. Uno di loro però riesce a liberarsi, si volta e vedendo le statuette si accorge che sono più reali delle ombre. A tal punto esce dalla grotta, attraversa il muro e inizialmente è accecato dalla luce del sole. Poi però si guarda intorno e vede “il mondo della natura” e nota che tutto è più vero degli oggetti che sono proiettati. Dopo essersi chiesto da dove proveniva la luce, si accorge che è IL SOLE CHE DA SIGNIFICATO A TUTTO, in quanto per Platone rappresenta l’idea del bene-bello. LIBRO 10 In questo libro la discussione torna sull’imitazione e la poesia, e si opera la distinzione teoretica tra le idee, gli oggetti sensibili e gli oggetti dell’arte. Il pittore e il poeta imitano gli oggetti sensibili, ovvero ciò che è come appare: la loro arte, cioè quella di imitare l’apparenza, è perciò tre gradi lontana dalla verità. L’imitatore non ha né scienza, né una retta opinione di ciò che imita, l’arte genera illusione e si rivolge alle passioni e alle parti inferiori dell’anima, come dimostrano gli effetti negativi che la poesia tragica e comica hanno sugli spettatori. Così Omero e più in generale la poesia vanno banditi dalla Città Ideale. Socrate inoltre dimostra l’immortalità dell’anima. Essa non perisce né per male suo, quindi l’ingiustizia, né per male altrui, quello del corpo. La composizione dell’anima è dunque perfetta, ma si può contemplarla solo nella sua purezza una volta distaccata dal corpo. L’opera infine si conclude con il mito di Er. Mito di Er  Er era un guerriero della Panfilia, morto in battaglia. Il suo corpo viene raccolto e portato a rogo, come da tradizione greca: proprio prima che gli diano fuoco, egli si risveglia e racconta di ciò che ha visto nell’aldilà, affermando che gli dei gli hanno concesso di ritornare sulla terra per raccontare agli altri uomini ciò che ha visto. La sua anima appena uscita dal corpo si era unita a molte altre e camminando era arrivata in un luogo divino dove i giudici delle anime sedevano tra due coppie di abissi, dai quali le anime salgono nella dimensione ultraterrena, da un passaggio le buone e dall’altro le malvagie. Le anime buone finivano in una sorta di paradiso, mentre le malvagie in una sorta di purgatorio (l’inferno era dedicato solo ai più malvagi). I giusti ricevevano premi per 1000 anni, e i malvagi sofferenze per altrettanti 1000. Dopo questi mille anni le anime si devono reincarnare, e si ritroveranno quindi al cospetto delle 3 Moire (passato,
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved