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Lo Studio dell'Efficacia della Psicoterapia: Single-Case Design e RCT - Prof. Parolin, Dispense di Psicodiagnostica

La ricerca sull'efficacia della psicoterapia, con un focus sui metodi single-case design e studi controllati a gruppo (rct). Il primo approccio alla ricerca sull'efficacia, negli anni '50 e '60, ha coinvolto studi laboratorio ben controllati. Successivamente, negli anni '60-'80, si sono prodotti studi più sistematici su gruppi di pazienti definiti con criteri operazionalizzati. Il documento poi passa a discutere il metodo single-case design, il cui design macro e micro analitico permette di analizzare il funzionamento della personalità del paziente, il processo del trattamento e i risultati raggiunti. Il documento conclude con prospettive per il futuro della ricerca in questo campo.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 28/05/2019

chialombi
chialombi 🇮🇹

3.6

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Scarica Lo Studio dell'Efficacia della Psicoterapia: Single-Case Design e RCT - Prof. Parolin e più Dispense in PDF di Psicodiagnostica solo su Docsity! LA RICERCA IN PSICOTERAPIA Modelli e strumenti Capitolo 6 - la ricerca single-case La ricerca in psicoterapia si è sviluppata lungo tre principali direzioni: a. Lo studio dell’esito dei trattamenti (outcome reserach), il cui scopo di verificare se il paziente può il gruppo sperimentale siano cambiati, e come; b. Lo studio dell’efficacia della psicoterapia (con efficacy research che si riferisce a studi ben controllati in laboratorio [per esempio, uno studio sulla psicoterapia che monitora, controlla e standardizzata le procedure di trattamento e utilizza gruppi tra loro omogenei attraverso la randomizzazione]. Si parla invece di effectiveness research quando gli sperimentatori privilegiano il fatto che il trattamento venga condotto in un contesto clinico magari meno controllato del laboratorio, ma più valido dal punto di vista ecologico. Efficacy ed effectiveness vanno considerate come poli estremi di un continuum piuttosto che come categorie discrete, e compito del ricercatore è trovare un buon equilibrio tra le due.) che si propone di rispondere alla domanda se effettivamente la psicoterapia, e non i fattori extra terapeutici, sia responsabile del miglioramento; c. Lo studio del processo di cambiamento, mirato a individuare quali fattori specifici della terapia siano responsabili del cambiamento. Possiamo individuare quattro generazioni di ricercatori: 1. La prima (anni 10-60), dedita allo studio dell’oucome, si è limitata a raccogliere informazioni retrospettive di terapie riuscite, senza esplicitarne i criteri; 2. La seconda (anni 60-80) ha prodotto studi prospettici più sistematici su gruppi di pazienti definiti con criteri Operazionalizzati; 3. La terza ha cercato di studiare i processi che conducevano a un dato outcome terapeutico, attraverso lo studio intensivo e longitudinale di ciascun caso clinico; 4. La quarta, infine, si è concentrata sullo studio dettagliato del processo e sulla sua influenza sull’outcome, affidandosi a strumenti più sofisticati in gran parte applicate trascrizioni di audio registrazioni di sedute campionate o di interi trattamenti. La fiducia nelle possibilità dello studio del caso singolo ha intensificato la catalogazione e l’archiviazione di un corpus sempre più rappresentativo di registrazione di casi. Se “Le misure del processo terapeutico sono il cuore della ricerca single-case”, è evidente che tra i suoi meriti c’è quello di aver promosso la costruzione di strumenti che - al di là della misurazione dei sintomi- bersaglio, del funzionamento generale o di particolari pattern comportamentali - si cimentano nella valutazione della personalità e del cambiamento strutturale. Lo studio del caso singolo e disegno single-case non sono la stessa cosa, anche se naturalmente appartengono alla stessa filosofia di ricerca. Lo studio empirico del caso singolo non si pone necessariamente come sperimentale, diversamente dal disegno sperimentale single-case. La ricerca sul caso singolo ha raccolto negli ultimi 10 anni un consenso sempre maggiore da parte di studiosi con formazioni diverse, si tratta del metodo più appropriato per sostituire i classici resoconti clinici. 6.1 Dal resoconto clinico allo studio single-case Il metodo di studio single-case ha radici anche in discipline quali la neuropsicologia e la psicologia della personalità. Da un punto di vista storico, il caso singolo rappresenta l’ultimo stadio di un’evoluzione delle tecniche di ricerca focalizzate sullo studio clinico. Ecco cosa scriveva Luborsky:“ La prima ora di ogni seduta consisteva in test psicologici, poi c’era una seconda ora di libere associazioni registrate, che comprendeva il racconto di sogni, le associazioni sui sogni e libere associazioni non guidate. I medesimi test o loro forme alternative venivano ripetuti ogni giorno nell’ora precedente ciascuna seduta di psicoterapia ricavando le misure relative a test di personalità oggettivi, test fisiologici, sogni, libere associazioni.” I resoconti osservati con lenti contemporanee presentano alcuni limiti che sono: • le osservazioni riportate non sono pubbliche, ma rilevabili solo da chi conduce il trattamento; • il modo in cui vengono gestite tende a riflettere le idiosincrasie e pregiudizi dell’analista; • i resoconti sono soggetti alle distorsioni mnestiche più volte evidenziate dalla stessa letteratura psicoanalitica; • vi è la tendenza a generalizzare basandosi su osservazioni di un solo caso o di pochi casi. In sintesi, si rischia di arrivare a conclusioni di scarsa qualità e affidabilità. Come ogni narrazione, i resoconti clinici sono invariabilmente formazione di compromesso e come tali veicolano probabilmente una gamma di desideri e paure proprie dell’analista come: puntualizzare un certo argomento particolarmente caro all’autore, mostrarsi intelligente e brillante agli occhi dei colleghi, darsi un’identità nella comunità analitica. Pur con i suoi limiti, il resoconto classico rimane un elemento fondamentale della riflessione clinica, non solo per il fascino narrativo che esercita, ma anche per il tipo di informazioni che può fornire. 6.2 Aspetti generali Nei disegni single-case il focus della ricerca è posto su un soggetto su cui vengono effettuate numerose osservazioni attraverso misure operazionalizzate, nell’intento di valutare la consistenza e la qualità dei cambiamenti ottenuti nell’arco di un intervallo di tempo stabilito dal ricercatore. Il disegno single-case è il metodo privilegiato della ricerca contemporanea in psicoterapia poiché permette un’analisi macro e micro analitica che esprime in misure confrontabili il funzionamento della personalità del paziente, il processo del trattamento e i risultati raggiunti, nell’ottica del principio di congruenza “paziente-terapeuta-esito”. Inizialmente, per i disegni single-case c’era la credenza per cui sono le conoscenze acquisite attraverso studi su gruppi sono generalizzabili (questa convinzione deriva in parte dagli studi sul campionamento tenendo in considerazione un campione randomizzato). È bene ricordare il duplice significato della randomizzazione: • Il primo riguarda la selezione dei soggetti campionati: in questo caso, la scelta casuale, cioè randomizzata, dei soggetti che apparterranno al campione è legata alla conoscenza della probabilità di inclusione nel campione di un individuo appartenente a una certa popolazione. La conoscenza di tale probabilità dipende dalla possibilità di costruire una lista della popolazione. Tale probabilità permette di sapere quanto i risultati saranno generalizzabili. Si tratta, in sostanza, della valutazione della rappresentatività del campione. 3. disegni con trattamenti alternativi prevedono l’applicazione sullo stesso paziente, in tempi diversi di tecniche diverse appartenenti alla stessa tipologia di trattamento la cui applicazione va programmata a priori; 4. replications series designs possiamo distinguerli in 4.a. replicazione diretta replica di alcuni single-case condotti dallo stesso terapeuta utilizzando la stessa tecnica con pazienti differenti, ma con caratteristiche possibilmente simili; 4.b. replicazione sistematica replica tra diversi terapeuti, in diversi setting, con pazienti differenti, che può essere condotta solo se è stata già fatta la replicazione diretta; il principio è che solo alcune variabili vengono di volta in volta modificate. Disegni a baseline multipla i disegni a baseline multipla possono essere “attraverso” (across) i soggetti, i problemi e i setting. Un disegno attraverso i soggetti, per esempio, può essere un’indagine su quattro pazienti che presentano lo stesso problema clinico: dopo una misurazione della baseline di tutti e quattro pazienti, si applica l’intervento sul primo e si continuano a raccogliere i dati sugli altri tre. Dopo un intervallo di tempo, si applica l’intervento sul secondo paziente, poi sul terzo, e sul quarto. Dato che, ovviamente, l’effetto atteso dovrebbe verificarsi solo dopo l’intervento, una controindicazione evidente è la lista d’attesa imposta ad alcuni pazienti. Per i disegni single-case, la replicazione è un punto centrale in quanto permette di dimostrare la generalizzabilità delle scoperte avvenute in un disegno N=1. Le scoperte sono generalizzabili quando sono: • valide e non dovute alla circostanza del momento; • applicabili a diverse persone; • replicabili in differenti contesti con differenti terapeuti. La logica di questo tipo di disegni si basa sull’intero andamento e fluttuazione dei dati, cosìcche test statistici che ignorassero l’andamento per lavorare solo su singoli punti estrapolati da esso, tradirebbero la logica di questo modello di ricerca. Certamente c’è poco da perdere usando la statistica o forse, la questione, va posta in termini più corretti sotto l’aspetto del confronto fra significatività statistica e significatività clinica. Ricordiamo che la significatività clinica si riferisce alla significatività della grandezza del cambiamento, al fatto di rimediare al problema che si è presentato, fino al punto che esso non è più un problema; miglioramenti statisticamente significativi non sono equivalenti a guarigioni, e la significatività statistica è una strategia valutativa addizionale e non alternativa. Facciamo un piccolo riassunto sui quattro livelli di osservazione empirica sul caso singolo: 1. studio di un caso clinico livello preliminare di valutazione, basato sul materiale raccolto; 2. descrizioni cliniche sistematiche resoconto completo, qualitativo, del trattamento basato su ricordi, appunti e note del terapeuta, e un adeguato numero di trascritti delle sedute; 3. procedure di giudizio clinico guidato uso di strumenti idonei alla valutazione di costrutti rilevanti rispetto al processo terapeutico; 4. analisi linguistica del testo con metodi computerizzati serie di valutazioni dei trascritti ottenute con l’ausilio di programmi computerizzati. 6.3 Disegni single-case e RCT I disegni single-case sono anche il metodo più indicato per lo studio dei trattamenti a lungo termine. Hanno il vantaggio di: • mettere in discussione una teoria generale; • fornire una validità euristica a ricerche successive e meglio controllate; • facilitare lo studio di fenomeni clinici importanti e l’applicazione dei nuovi principi; • assicurare un sufficiente controllo sperimentale su fenomeni legati al processo; • aiutano a rimpolpare “lo scheletro teorico”. Non sono comunque immuni da critiche di ordine metodologico: • i problemi di generalizzazione dei risultati a popolazioni cliniche più ampie , se non attraverso un lento accumulo di casi clinici; • difficoltà di interpretazione dei risultati, dovuta al fatto che, mancano il paragone con un altro tipo di trattamento, e non è facile capire se i dati ottenuti siano comunque legati all’applicazione di una specifica tecnica oppure siano effetti generici aspecifici; • l’elevato livello di selezione dei pazienti nella loro assegnazione non casuale come avviene negli RCT. Diversamente dal caso singolo, i RCT: • affrontano esplicitamente la questione di quale trattamento, tra due o più studiati, risulta più efficace; • si caratterizzano per il massimo controllo sulla variabile indipendente e per l’assegnazione casuale dei partecipanti a ciascuna condizione sperimentale; • sono utilizzati per confrontare gli esiti sul gruppo che riceve il trattamento in sperimentazione rispetto al gruppo trattato con placebo o che riceve un trattamento già testato. Limiti degli RCT: • la scarsa specificità e generalizzabilità dei risultati alla popolazione di pazienti “reali”; • l’utilizzo dei campioni numericamente limitati; • una mancanza di chiarezza rispetto alla natura della terapia offerta; • una scarsa “tenuta” che dipende dalla numerosità del campione ed all’assegnazione casuale dei pazienti, requisiti difficili da soddisfare in ambito clinico; • impossibilità di misurare alcuni aspetti importanti del funzionamento mentale del cliente. Elliott arriva a definire il disegno RCT “causalmente vuoto”, in quanto rileva il cambiamento, ma non permette di operare inferenze causali relative al modo in cui è avvenuto nei singoli pazienti. Infatti, anche una volta che è stata dimostrata che la media del gruppo sperimentale differisce significativamente da quella del gruppo di controllo, non si possono individuare né i fattori specifici che hanno portato al cambiamento in quel singolo paziente, nè escludere che nel singolo caso siano intervenuti, nel produrlo, altri fattori esterni alla terapia. In sintesi, con il disegno RCT si può rilevare che tra A e B, date le condizioni C, intercorre una certa relazione causale, ma la comprensione del fenomeno si arresta qui; non è possibile, infatti, dire come A provoca un cambiamento è una trasformazione di B. Il disegno RCT non fornisce quindi gli strumenti “per comprendere veramente la natura specifica della relazione causale tra le variabili”. Dal punto di vista psicologico, il disegno RCT considera i pazienti come recipienti passivi di trattamenti standardizzati e non come attivi collaboratori alla terapia, e la tecnica terapeutica come erogabile in modo identico e standardizzabile per ciascun caso, indipendentemente dalla relazione che si instaura tra clinico paziente. Prendiamo un’ipotetica ricerca sull’efficacia di un trattamento: • nell’ipotesi A, il trattamento risultano un’efficace in quanto non si ottiene una differenza significativa tra il gruppo trattato (N=30, di cui 22 migliorati) e il gruppo di controllo (N=30, di cui 15 migliorati) (test chi quadrato). • Nell’ipotesi B (con 23 soggetti migliorati anziché 22 come nell’ipotesi A) la differenza tra il gruppo di controllo e gruppo sottoposto a trattamento apparirebbe significativa. Senza entrare in discussioni statistiche, si può facilmente osservare come il miglioramento di un solo paziente possa portare a conclusioni opposte. Ecco dunque la differenza sostanziale tra RCT e disegni single-case: • single-case non si pongono solo obiettivo di capire se un trattamento funziona, ma anche perché e come funziona. Inoltre gli effetti di un intervento vengono valutati sull’individuo e non sul gruppo, favorendo così l’approccio idiografico. Permettono di scomporre i fattori e di riconoscere, nel singolo caso studiato, i contributi specifici ( per esempio, interpretazione di trasfert) e quelli aspecifici ( per esempio, empatia del terapeuta, alleanza terapeutica). Sembrano essere i migliori candidati al raggiungimento di un equilibrio tra validità interna e validità esterna, equilibrio che può essere inteso come bilanciamento tra rigore scientifico e fedeltà dell’incontro clinico. I single-case nati con l’intento di verificare l’efficacia di fattori specifici sono oggi la bandiera di chi sostiene il primato dei fattori a specifici. I disegni single-case rientrano nell’orbita delle Empirically Supported Relationships (ESR) e all’efficacia terapeutica di variabili quali la personalità del terapeuta, le caratteristiche personali del paziente e la qualità della relazione clinica. Come già detto, il disegno single-case sembra collocarsi tra cliniche e ricerca, rende conto della complessità dell’incontro clinico nel rispetto del rigore metodologico, equilibra l’attenzione alla validità esterna e a quella interna, offre la possibilità di studiare fattori specifici e aspecifici, tecnici e relazionali, considera sia le dimensioni qualitative sia quelle quantitative di una terapia. • RCT si basano sull’ipotesi implicita che il successo dei trattamenti sia dovuto a fattori specifici, caratteristici dei singoli approcci terapeutici ma paradossalmente, i precursori dei RCT, fatti per indagare i fattori specifici, hanno dato prova indiretta dell’importanza dei fattori aspecifici. I RCT sembrano più indicati per verificare trattamenti da inserire nell’elenco degli Empirically Supported Treatments (EST). Westen, Morrison e Thompson passano in rassegna gli assunti impliciti del movimento di ricerca degli EST: interpretazione e alcuni indici per la valutazione dell’outcome, come la capacità di stabilire relazioni intime, autostima e assertività; 3. Il rapporto fra qualità delle interpretazioni e outcome; tali studi hanno ritenuto fondamentale l'adeguatezza dell'intervento rispetto ad un determinato paziente; N.B. un'interpretazione adeguata è un'interpretazione compatibile con il piano inconscio del paziente cioè un'interpretazione capace di colpire e svelare gli obiettivi consci e inconsci e le credenze patogene che non consentono al soggetto di cambiare. Le ricerche sembrano dimostrare che l'adeguatezza delle interpretazioni, rispetto ai diversi criteri quali il piano inconscio del paziente o il modello relazionale conflittuale centrale, è correlato in modo significativo all’outcome di una terapia. 4. Il rapporto tra interpretazioni e caratteristiche del paziente; alcune indagini sembrano indicare la presenza di un rapporto complesso fra frequenza delle interpretazioni di trasfert, livello di sviluppo oggettuale del paziente e outcome. Es. in pazienti caratterizzati da un basso livello di sviluppo oggettuale, l’outcome positivo risulta correlato esclusivamente a una bassa frequenza di interpretazione di trasfert, mentre nel caso di pazienti più evoluti, un'outcome positivo risulta correlato a una frequenza dell'interpretazione di transfert bassa o media ma non elevata. 17.2 Le scale per la valutazione degli interventi del terapeuta Per incominciare è possibile distinguere 2 classi di strumenti: 1) quelli costruiti per valutare esclusivamente gli interventi del terapeuta; si differenziano principalmente per il numero di categorie in cui vengono suddivisi. Questo rimanda al problema dell'equilibrio tra gli aspetti di validità e di attendibilità della scala. Se costruiamo una scala privilegiando la sua validità in modo da avere uno strumento capace di scrivere differenti trattamenti, di essere sensibile a differenti situazioni e momenti della terapia ecc., inevitabilmente avremo uno strumento difficile da utilizzare, vittima di una scarsa attendibilità. A risentirne sarà l’interrater reliability che è un aspetto molto importante per motivi non solo statistici, ma anche pratici: se inizialmente lo strumento avrà infatti un'elevata l’interrater reliability, dovremo impiegare pochi valutatori ed essere comunque certi delle misurazioni eseguite 2) quelli che compiono anche valutazioni sugli interventi del terapeuta. Es. Q-sort, RRS, IVAT, l’APS. Vedi tabella a pag. 378 per vedere le metodologie di analisi degli interventi che riassumerò qui sotto mettendone solo alcuni: • Scala Psychodynamic Interventions Rating Scale – PIRS (Cooper, Bond, ‘92) [orientamento teorico] ha due categorie principali di interventi: interpretativi (difese e trasfert) non interpretativi. In totale prevede 10 tipi di intervento; • Scala Continuum Supportivo-Espressivo (Gabbard et al. ‘94) [orientamento psicodinamico]. Sono interventi lungo un continuum che permette di intendere gli interventi in modo gerarchico con conseguenze positive in termini di possibilità di elaborazioni statistiche. Non esistono dati ufficiali circa la sua validità è attendibilità; • CPIRS Comprehensive Psychotherapeutic Interventions Rating Scale (Trijsburg et al.2004) [trans-teorico]; • TVII Therapist Verbal Intervention Inventory (Koenigsberg, Kernberg, ‘85) [psicoanalitico, psicodinamico, trattamento pazienti border-line]. È stata derivata dal modello di Kernberg per il trattamento dei pazienti con DBP è costruita nell'intento di verificare quante trattamenti proposti fossero aderenti a questo modello. Questa scala prevede gli interventi attuati dal terapeuta e 11 tematiche verso le quali questi interventi sono indirizzati. La scala ha mostrato un’attendibilità sufficiente. Alcune osservazioni metodologiche ■ Le ricerche sugli interventi del terapeuta e sugli elementi specifici del trattamento hanno evidenziato una scarsa correlazione rispetto all’outcome. ■ Il problema del campione, comune a molte aree della ricerca in psicoterapia, invalida le conclusioni statistiche o, comunque, le rende meno attendibili o difficilmente interpretabili come nel caso delle indagini che tendono a valutare la dimensione dell'effetto più che la validità statistiche in sé. ■ La quasi totalità degli studi presenti sono di tipo correlazionale quindi risentono del limite proprio di questo tipo di ricerca, ovvero della possibile spiegazione della correlazione tra le variabili Indipendente e Dipendente grazie una terza variabile es. nelle ricerche che studiano la correlazione processo/esito tale rapporto può essere spiegato attraverso la responsiveness del terapeuta (es. fare più interpretazioni quando il paziente resistente); ■ un altro problema metodologico può essere rappresentato da quello che è stato chiamato “mito dell'uniformità” della qualità delle interpretazioni: una visione di terapeuti tecnici capaci di produrre medesimi buoni interventi indipendentemente dalle loro caratteristiche soggettive e dalle caratteristiche uniche dei pazienti. Questo problema ricade anche sulla valutazione dell'aderenza ai trattamenti: due terapeuti possono applicare nel medesimo modo le prescrizioni di un manuale, ma un terapeuta le attua fuori tempo oppure con un tono meno accogliente ecc. In sintesi, la qualità di un intervento non è un indice attendibile della qualità dell'intervento stesso e quindi non è correlabile in modo attendibile con l'outcome. Sono pochi gli studi che hanno indagato il rapporto tra gli interventi del terapeuta e altre variabili del paziente come i meccanismi di difesa, variabili relazionali (alleanza terapeutica e/o processi di rottura e riparazione) e addirittura il rapporto tra stile di intervento e variabili del terapeuta come il controtrasfert. 17.4 Proposte per il futuro I risultati controversi sulle correlazioni tra interventi e outcome e il crescente interesse per gli elementi aspecifici del trattamento hanno ridotto l'investimento dei ricercatori sul tema degli interventi del terapeuta, ma il fatto che non siano risultate prove consistenti non vuol dire che questa relazione non esista. Forse è stata cercata male. Si dovrebbero ad es. utilizzare disegni sperimentali, con assegnazione casuale a trattamenti con differente uso delle interpretazioni per ridurre l'impatto di terze variabili, come il livello di cooperazione del paziente o la sua motivazione al trattamento. Anche l'effetto dovuto alla responsiveness può essere limitato dallo studio della qualità degli interventi. È infatti difficile che la scelta di diminuire il numero di interpretazioni, dato che il paziente migliora, diminuisca l'adeguatezza delle interpretazioni. Studiare l'adeguatezza degli interventi, allargando allo studio di variabili quei meccanismi di difesa, risulterà sicuramente utile. A questo proposito ci sembra pertinente il concetto di "Adjustment Ratio" (AR). L’AR viene calcolata rapportando il livello espressivo/supportivo medio degli interventi del terapeuta durante una seduta (ESIL) al livello difensivo globale del paziente (ODF). DR = Espressive-Supportive Intervention Level/Overall defensive functioning (AR= ESIL/ODF). N.B. l'autore del paragrafo, Colli, ritiene che il livello ottimale del livello dell'interpretazione rispetto alle difese non possa essere fisso, ma è probabile che abbia un rapporto lineare con il livello di sviluppo oggettuale del paziente e con la fase del trattamento in cui viene compiuta la valutazione. Quindi anche il momento della seduta o della terapia in cui viene prodotto un intervento, il “TIMING”, è fondamentale. Tale concetto ha ottenuto però scarsa attenzione nella ricerca empirica. Una metodologia di lavoro simile a quella del AR potrebbe essere impiegata per studiare l'adeguatezza e la calibratura degli interventi del terapeuta rispetto al livello di funzionamento riflessivo del paziente. Es. se la distanza tra la richiesta riflessiva contenuta nell'intervento del terapeuta e la possibilità riflessiva del paziente è eccessiva, l'intervento non potrà essere compreso dal paziente. Comunque anche l'empatia è il calore del terapeuta dovrebbero essere considerati in questi studi. I dati sperimentali degli studi fatti fino a oggi riportano che con bassi livelli d'alleanza terapeutica, per es., interventi supportivi sembrano essere una strategia ottimale, ma è anche vero che interpretazioni accurate rispetto al piano in corso o al modello relazionale del paziente possono generare un incremento nella collaborazione nella produzione del paziente. Inoltre, l'alleanza terapeutica avviene abitualmente considerata come una Variabile Dipendente soggetta all'influsso degli interventi del terapeuta (Variabile Indipendente). Nel momento in cui invertiamo la direzionalità ed è il terapeuta ad essere caratterizzato da un'alleanza non del tutto positiva (sfiducia, confusione rispetto agli obiettivi), la qualità dell'alleanza del terapeuta (VI) influenza la qualità o quantità degli interventi (VD). N.B. La direzionalità del rapporto può essere meglio compresa attraverso l'analisi micro-processuale delle interazioni tra paziente e terapeuta. => Questa osservazione ci porta infine a evidenziare la necessità di studiare gli interventi del terapeuta anche in relazione alle sue caratteristiche stabili, come il suo stile di attaccamento, o a fattori più legati ai trattamenti in corso, come il suo controtransfert. Occorrerebbe un approccio multifattoriale focalizzato sullo studio dell'interazione di più dimensioni es. adeguatezza rispetto al modello relazionale/timing/alleanza terapeutica. Mediante confronti incrociati l'autore ritiene che si possa render maggior conto dell'effetto del rapporto di queste dimensioni sull'outcome immediato e finale.
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