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La riserva di appello e di ricorso per cassazione, Appunti di Diritto Processuale Civile

Le sentenze non definitive, parzialmente definitive, di condanna generica sono assoggettate agli ordinari mezzi di impugnazione che si applicano alle sentenze definitive (art. 323 c.p.c.). Tuttavia, per l’appello ed il ricorso per cassazione, opera la possibilità di una riserva di impugnazione che consente di coordinare (e posticipare) l’impugnazione della sentenza non definitiva con l’impugnazione di quella definitiva.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 14/08/2019

p.bonaventura
p.bonaventura 🇮🇹

4.3

(64)

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Scarica La riserva di appello e di ricorso per cassazione e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! La riserva di appello e di ricorso per cassazione Le sentenze non definitive, parzialmente definitive, di condanna generica sono assoggettate agli ordinari mezzi di impugnazione che si applicano alle sentenze definitive (art. 323 c.p.c.). Tuttavia, per l’appello ed il ricorso per cassazione, opera la possibilità di una riserva di impugnazione che consente di coordinare (e posticipare) l’impugnazione della sentenza non definitiva con l’impugnazione di quella definitiva. a) riserva facoltativa di appello. Contro le sentenze di condanna generica (art. 278 c.p.c.), non definitive (art. 279 n. 4) c.p.c.), parzialmente definitive (art. 279 n. 5) c.p.c.) — queste ultime assimilate alle non definitive quanto alla loro “riservabilità” (vd. Cass. n. 9441/2011)— “ l’appello può essere differito qualora la parte soccombente ne faccia riserva a pena di decadenza, entro il termine per appellare e in ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione stessa” (art. 340 comma 1 c.p.c.). La riserva va fatta entro il termine che scade per primo tra quello per appellare (termine il cui decorso comporta il passaggio in giudicato della sentenza) e l’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio. Una volta riservata l’impugnazione, l’appello va proposto unitamente all’impugnazione della sentenza che definisce il giudizio ovvero all’impugnazione dell’ulteriore sentenza che sia stata successivamente pronunciata seppur ancora una volta “non definitiva” (art. 340 comma 2 c.p.c.). In ogni caso “la riserva non può farsi e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto immediatamente appello” (art. 340 comma 3 c.p.c.). b) Riserva facoltativa di ricorso per cassazione contro sentenze non definitive. Con riferimento al giudizio di cassazione, occorre distinguere. Contro le sentenze di condanna generica e quelle — parzialmente definitive o non definitive su domanda che dir si voglia— “che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio”,“il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa” (art. 361 comma 1 c.p.c.).Tale regime corrisponde a quello dell’appello. Anche qui, qualora sia fatta la riserva, il ricorso va proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, o quello che venga proposto dalla stessa o da altra parte contro la sentenza successiva che non definisca il giudizio (art. 361 comma 2 c.p.c.). La riserva non può farsi e se già fatta resta priva di effetto quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti è proposto immediatamente ricorso (art. 361 comma 3 c.p.c.). Diversamente, per le “sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio” (art. 360 comma 3 c.p.c.) — le sentenze non definitive o altrimenti dette non definitive su questioni — opera una sorta di “riserva automatica”: esse “non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione”, il quale “può essere proposto senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio” (art.360 comma 3 c.p.c.). La provvisoria esecutività della sentenza di primo grado e l’inibitoria “La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva” (art. 282 c.p.c.). La disposizione, evocando l’ “esecutività” si riferisce alle sole sentenze di condanna che sono titolo esecutivo . L’esecutività è però “provvisoria” perché può venir meno con l’impugnazione della sentenza se questa si conclude con la riforma della sentenza impugnata. Una volta proposto l’appello è possibile ottenere una sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado attraverso un apposito procedimento che si svolge davanti al giudice di seconde cure (cd. inibitoria). L’inibitoria è concessa su istanza di parte e va inserita nell’atto di impugnazione principale o incidentale (cap. 18). Presupposto per la sospensione - totale o parziale — dell’efficacia esecutiva (se l’esecuzione non è ancora iniziata) o dell’esecuzione (qualora il processo esecutivo sia già pendente) della sentenza di primo grado è la prova di “gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti” (art. 283 comma 1 c.p.c.). La formula dei gravi e fondati motivi è generica e rimessa alla prudente valutazione del giudice d’appello. In linea generale si può dire che la valutazione giudiziale si fonda su un doppio parametro: da un lato il fumus di fondatezza dell’appello (la delibazione sommaria di accoglibilità), da un altro, il periculum, stante nel pericolo di pregiudizio in cui incorre il soccombente destinato a subire l’eventuale esecuzione della sentenza (vd. ad es. Cass. n. 4060/2005, nonché —> cap. 28). Per evitare la formulazione di istanze di sospensione pretestuose, e comunque infondate (nel merito) ovvero inammissibili (dal punto di vista processuale), stabilisce poi l’art. 283 u.c. c.p.c. che “se l’istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio” (art. 283 comma 2 c.p.c.). Il procedimento è regolato dall'art. 351 c.p.c. Sull’istanza provvede il giudice dell’appello con ordinanza non impugnabile nella sua prima udienza. Di regola, la pronunci sull’istanza si inibitoria è resa dopo aver sentito le parti in contraddittorio. Può accadere però che, se ricorrono “giusti motivi di urgenza” la decisione sia resa con decreto, prima del contraddittorio tra le parti, il quale va poi confermato (modificato o revocato) dopo aver sentito le parti stesse (art. 351 c.p.c.).
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