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La nascita delle colonie americane e la strada verso l'indipendenza, Appunti di Storia

Storia americana modernaStoria Politica AmericanaStoria economica americanaStoria americana coloniale

La formazione delle colonie inglesi lungo le coste atlantiche dell'america del nord a partire dal xvii secolo, le differenze tra le colonie settentrionali e meridionali, i rapporti con la madrepatria inglese e le cause che hanno portato alla guerra d'indipendenza americana. Il testo illustra come le differenze climatiche, sociali e economiche hanno contribuito a formare identità distinte tra le colonie settentrionali e meridionali, e come le tensioni con la madrepatria hanno portato alla ribellione e all'indipendenza.

Cosa imparerai

  • Come sono nate le colonie inglesi lungo le coste atlantiche dell'America del Nord?
  • Quali erano le differenze tra le colonie settentrionali e meridionali?
  • Che eventi hanno portato alla guerra d'indipendenza americana?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 12/04/2022

giulio-giffoni
giulio-giffoni 🇮🇹

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Scarica La nascita delle colonie americane e la strada verso l'indipendenza e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! La rivoluzione americana Le caratteristiche della società nordamericana. A partire dal XVII secolo, sulle coste atlantiche dell’America del Nord, si erano formate diverse colonie inglesi. Il primo episodio fu quello dell’arrivo di un centinaio di puritani, fuggiti per motivi religiosi dall’Inghilterra a bordo della Mayflower, nel 1621. I padri pellegrini sbarcarono sulle coste dell’odierno Massachusetts e fondarono la colonia di Plymouth. A poco a poco gli inglesi occuparono tutta l’ampia fascia costiera del Nord America dell’Oceano Atlantico fino alla Florida spagnola. Qui i primi coloni riuscirono a trarre cospicui guadagni dalle attività commerciali transoceaniche e dalle attività agricole spingendosi all’interno. Ben presto i territori colonizzati non furono sufficienti a soddisfare i bisogni del gran numero di persone che continuavano ad affluire dall’Europa. Ecco perché molti coloni decisero di spostarsi alla ricerca di nuove terre da esplorare e sfruttare: i pionieri cominciarono a spingersi sempre più verso ovest, attirati dall’abbondanza di risorse naturali e dalla presenza di fiumi navigabili. Essi si scontrarono, però, con le incognite di una natura selvaggia e sconosciuta, ma anche con atri coloni europei (in particolare francesi) e con i popoli indigeni, soprattutto gli indiani o “pellerossa”, ognuno con la propria organizzazione tribale. A differenza delle più complesse ed evolute civiltà dell’America centrale e meridionale. Il loro livello di ricchezza e tecnologia era basso. Un cambiamento importante nel loro modo di vivere si verificò con l’introduzione in America dei cavalli, portati dagli europei, probabilmente sfuggiti agli spagnoli. Quando gli indiani cominciarono ad addomesticarli, si trasformarono in cacciatori nomadi in cerca degli enormi branchi di bisonti, che costituivano la loro principale fonte di sostentamento. In questo vasto territorio si costituirono tredici colonie sotto la sovranità dell’Inghilterra. Erano tutte autonome e con diverse organizzazione ma erano accomunate da alcune analogie: erano tutte dotate di assemblee e istituzioni elettive. La popolazione crebbe molto in poco tempo, soprattutto in seguito a una massiccia immigrazione non solo di inglesi, ma anche di scozzesi, irlandesi, francesi e tedeschi. I rapporti con la madrepatria non erano ottimali: le colonie non avevano rappresentanti al Parlamento inglese e quindi non potevano partecipare alle discussioni delle leggi che li riguardavano. Inoltre gli inglesi consideravano le colonie un mercato di sfruttamento e volevano controllarlo in regime di monopolio: i coloni erano costretti a importare unicamente prodotti di fabbricazione britannica a prezzi alti, ma dovevano vendere i loro prodotti solo sui mercati inglesi, a prezzi molto bassi. Per favorire le fabbriche inglesi veniva persino vietato di intraprendere attività produttive in concorrenza con quelle della madrepatria (industria cotoniera, cantieri navali, lavorazione del ferro, macchine, ecc.). Questa situazione era all’origine dei contrasti; tuttavia, i coloni continuavano a sentirsi molto legati alla madrepatria tanto più che fino alla metà del Settecento i rapporti interni tra le colonie furono piuttosto deboli. Insomma, i coloni non sentivano ancora alcuna esigenza di riconoscersi in un’”identità nazionale” alternativa a quella della madrepatria. Tra le colonie si era venuta ad affermare una profonda differenza tra quelle meridionali e quelle settentrionali, sia per le diverse condizioni climatiche, sia per la composizione sociale della popolazione. Al nord prevaleva una società di mercanti e artigiani (futuri industriali) caratterizzata da una vita politica e culturale assai vivace, che ruotava attorno a grandi centri urbani quali Filadelfia, New York e Boston. Il sud, invece, che beneficiava di terreni fertili e di un clima favorevole, aveva maggiormente sviluppato un’agricoltura basata su grandi proprietà che sfruttava il lavoro degli schiavi neri nelle piantagioni di tabacco, canna da zucchero, indaco (da cui si ricava un colore per tessuti) e cotone. In Virginia, nella Carolina del Sud e sulla costa della Georgia gli schiavi neri costituivano in media il 50% della popolazione totale. La guerra d’indipendenza americana. La fine della guerra dei Sette anni contro la Francia, pose le basi per la ribellione delle colonie contro la madrepatria e l’indipendenza americana. I coloni furono profondamente delusi dalla politica britannica dopo la pace di Parigi. Nonostante il loro sforzo al fianco delle truppe inglesi, la Corona manifestò la volontà di controllare più rigidamente le colonie e di far pesare su di esse i costi del mantenimento militare dell’immenso impero britannico. Fu loro vietata la possibilità di spingersi oltre la catena degli Appalachi, sia per evitare un’espansione delle colonie, sia per mantenere buoni rapporti con gli indiani che si erano alleati contro la Francia. Inoltre, furono introdotti nuove tasse su alcuni generi di consumo e aumentati i controlli sul contrabbando, che fino ad allora i coloni avevano potuto praticare su larga scala per sfuggire ai dazi. I rapporti tra coloni e madrepatria peggiorarono bruscamente in seguito ad un altro provvedimento emanato dal Parlamento inglese nel 1773: il Tea Act (legge sul tè), con il quale veniva concesso alla Compagnia delle Indie orientali il monopolio del commercio del tè, danneggiando i traffici dei coloni americani. Le proteste culminarono con il cosiddetto Boston Tea Party. La notte del 16 dicembre del 1773 una cinquantina di Figli della libertà (membri di una delle società segrete) travestiti da indiani assalirono tre navi della compagnia vicino il porto di Boston, capitale del Massachusetts, gettandone in mare l’intero carico. In seguito a tale provocazione, Londra chiuse il porto di Boston e inviò un governatore militare investito di poteri straordinari. La situazione si aggravò ulteriormente nel 1774, quando il Parlamento stabilì che le terre a nord dell’Ohio appartenevano alla colonia del Quebec, bloccando la via d’espansione dei coloni americani. A questa ennesima provocazione i coloni sostennero apertamente la necessità di rompere ogni rapporto con l’Inghilterra. Così i rappresentanti di tutte le colonie (eccetto ala Georgia) si riunirono a Filadelfia per il primo Congresso
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