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La situazione sociale ed economica della Francia prima della Rivoluzione Francese, Appunti di Storia

La situazione economica e sociale della Francia prima della Rivoluzione Francese. Si parla della proprietà del clero, della nobiltà e della borghesia, delle tassazioni e dei vincoli feudali. Si descrivono anche le istituzioni controllate dalla chiesa e la stratificazione della nobiltà. Si parla inoltre della Massoneria e delle riforme proposte dal ministro Turgot. Infine, si descrivono gli Stati Generali e le tensioni tra le diverse classi sociali durante la Rivoluzione Francese.

Tipologia: Appunti

2022/2023

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Scarica La situazione sociale ed economica della Francia prima della Rivoluzione Francese e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! RIVOLUZIONE FRANCESE Prima dei vari problemi economici la Francia era notevolmente sviluppata economicamente, soprattutto per la grande produzione di seta. Per quanto riguarda l’agricoltura e le campagne, la situazione è arretrata queste sono soggette a pesanti tassazioni. Vi è la proprietà del clero, con la sola rendita e la riscossione della decima, è una gestione parassitaria, non contribuendo a rinnovare le strutture agricole non pagando le tasse. Vi sono poi le terre dei nobili, anche loro parassitari. Vi è la proprietà borghese, non così moderna, vige la piccola proprietà, soggetta a pesanti tassazioni, con la permanenza della mezzadria, un sistema antiquato. Vi è infine la proprietà contadine, che sembra essere più moderna, con un accenno a praticare la coltivazione intensiva. Tuttavia i contadini sono soggetti a contratti d’affitto. Di queste terre non potevano esserne i gestori a tutti gli effetti, ma si presupponeva sempre la presenza di un nobile che ne gestisse le prerogative= proprietà eminente. Inoltre permangono alcuni vincoli feudali; come le banalità (tasse per usare i mezzi di produzione), le corveès e i laudemi, le tasse di successione. Vi erano le decime (riscosse dalla chiesa), ed infine le tasse statali (riscosse dagli esattori). Per quanto riguarda l’aspetto sociale, la chiesa ha il monopolio delle terre, ma anche di molte istituzioni, come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, e in questo frangente si sviluppa il riformismo. La nobiltà è stratificata (sangue, toga, parassitaria, attiva nei Parlamenti, che si oppone alle riforme per poter così preservare i propri privilegi, spada, quella militare). Vi è comunque parte della nobiltà che appoggia le riforme, detta “illuminista”. Quella di toga aveva anche la funzione di approvare i provvedimenti regi. Essa si oppone all’atteggiamento riformistico. La nobiltà non è una classe omogenea; parte di essa, quella “illuminata”, appoggiava gli ideali illuministici. Il clero è formato anche dal basso clero (curati dei piccoli mesi, nelle campagne), viva in condizioni disastrate, non godendo dei privilegi dell’alto clero. Anche la borghesia, il terzo stato, è stratificata e spesso all’interno di essa, dagli storici è incluso il proletariato urbano delle grandi città (Parigi). Poi vi sono mercanti, artigiani, medici, piccoli proprietari, il cui principale obiettivo era eliminare i privilegi della nobiltà. Rivendicavano altri diritti, come ad esempio l’accesso ai gradi alti dell’esercito, riservati solo ai nobili, oppure l’accesso ai Parlamenti. La nobiltà illuminata voleva avvicinarsi alla borghesia illuminata. Esisteva fin da tempo la Massoneria, composta essenzialmente da borghesi, il cui primo obiettivo era la diffusione di una cultura laica e anticlericale tra i vari strati della borghesia. Il ministro Turgot fu colui che propose un’imposta unica per riformare il sistema fiscale, nell’ambito della fisiocrazia (ciò era condiviso dalla Massoneria). Proprio questa proposta è la goccia che fa traboccare il vaso, aumentando ancora di più le rivendicazioni delle varie classi sociali. Luigi 16 è favorevole a questa ondata di riforme, sono i nobili che si oppongono a tutte le riforme dei ministri che si susseguono. Inoltre il sovrano fa compilare i “quaderni di doglianza” dove raccogle le lamentele del popolo per guadagnare il su appoggio contro la nobiltà. Vengono convocati inoltre gli Stati Generali, con i quali cambiare le cose, mentre la borghesia per raggiungere i propri obiettivi, come la riforma fiscale e l’eliminazione dei privilegi per i nobili. Il 5 maggio 1789 si riuniscono i tre ordini (nobiltà, clero, borghesia). Il sovrano voleva organizzare i lavori in due sedute separate (1 clero e nobiltà; 2 borghesia), ma la borghesia voleva che i suoi deputati fossero numericamente uguali a quelli di clero e nobiltà. Si pone inoltre il problema secondo il quale si dovesse votare per ordine o per testa. Clero e nobiltà volevano il voto per odine in quanto non erano classi omogenee. Nel marzo 1793 , nella regione della Vandea, molto legata alle tradizioni religiose, non vi era stata un’adeguata spartizione delle terre; inoltre qui i Giacobini istituirono la circoscrizione obbligatoria, così scoppiò una rivolta. Ad aumentare le tensioni erano i contrasti tra Girondini e Giacobini; sul piano agricolo i Giacobini volevano una più equa spartizione delle terre, per ottenere l’appoggio delle classi subalterne (sanculotti) e regolamentare i prezzi; mentre i Girondini no, in quanto rappresentanti dei grandi ceti borghesi (mercanti, imprenditori); i Giacobini erano per una democrazia diretta, mentre i Girondini per una “rappresentativa”. Sempre nel 1793, vi è una nuova insurrezione delle classi subalterne, e allora l’obiettivo dei Giacobini è eliminare dal governo i Girondini, attraverso un decreto di espulsione. A causa di ciò vi è l’insurrezione federalista delle città del sud della Francia, che accusano Roberspierre di favorire Parigi a scapito delle altre città. Per favorire le classi subalterne Roberspierre istituisce un calmiere per regolamentare i prezzi, garantisce nuove terre e abolisce altri vincoli feudali. Nell’ottobre del 93 viene repressa la ribellione in Vadea. Nel settembre dello stesso anno viene istituita la “legge dei sospetti”, con l’istituzione del Tribunale del terrore. Dopo la vittoria del 26 giugno 1794 Roberspierre viene abbandonato dei sostenitori, tant’è che egli cade il 27 luglio con un colpo di Stato. Valutazioni storiografiche. Temi affrontati: 1 regime del terrore; 2 come Roberspierre è caduto. 1) Alcuni spiegano l’uso del terrore poiché la situazione era ingovernabile, era l’unica arma a sua disposizione. Altri sostengono che la situazione fosse difficile, poiché a governare vi era il popolo, non adatto a ricoprire questo ruolo, pertanto si giustifica l’uso del terrore. Altri si oppongono a questa tesi (Furette), e affermano che l’uso del terrore non coincida con il governo Giacobino ma con l’inizio della rivoluzione (presa della Bastiglia, varie insurrezioni ecc.), esso non si attua solo in particolari momenti d’instabilità. Si deve cogliere il rapporto tra terrore e rivoluzione: si definisce rivoluzione perché si vuole ridimensionare la società istituendo un nuovo patto sociale, demolendo l’Ancient Regime e per realizzare ciò la politica deve essere assoluta, non trovando ostacoli. Chi è contro la rivoluzione e la ricostituzione della società deve essere abbattuto, perciò è necessario il terrore. Ciò è perfettamente corrispondente al discorso che fece Roberspierre il 5 febbraio 1794: egli affermò che l’elemento più importante della democrazia sia la virtù, ossia l’amore per la patria e per le leggi; pertanto la politica deve essere assoluta e il politico che si oppone ad essa deve essere abbattuto con l’uso del terrore, che rappresenta la giustizia inflessibile. Fase Costituzionale: Termidoriani. Si vuole tornare ad una situazione di normalità, con lo smantellamento di alcune istituzioni della dittatura giacobina: Terrore, Comitato della salute, maximum. Si instaura il terrore bianco, con numerose insurrezioni di aristocratici che vogliono ripristinare la monarchia. Altre tensioni vengono dai sanculotti, che non volevano tornare alla monarchia, seppur criticassero la regolamentazione economica Giacobina; essi insorgono nel 1795. In questo periodo molte rivolte vengono represse con l’esercito. Nel giugno 1795 i realisti insorgono per ripristinare la monarchia con Luigi 18, ma vengono repressi. Viene emanata poi la Costituzione dell’anno 3, dove l’articolo fondamentale riguarda l’unica uguaglianza di riferimento, ossia quella civile. Un altro articolo riguarda l’affermazione del principio di proprietà, che assume un’importanza fondamentale con la borghesia al potere, Un altro articolo riguarda i diritti politici e vi è un’estensione del suffragio censitario, minimo 21 anni aventi domicilio, pagavano un qualsiasi tributo per eleggere gli elettori di secondo grado (minimo 25 anni, censo equivalente a 200 giorni lavorativi) che a loro volta eleggono i membri del Parlamento. Un altro articolo riguardo la divisione dei poteri, non rispettata durante la dittatura Giacobina: il potere legislativo va al Consiglio dei 500 e al Consiglio degli anziani, con il primo che presenta le leggi al secondo per approvarle; vi è poi il Governo, il Direttorio che dispone del potere esecutivo; tra le camere e il Direttori non ci sono contatti diretti; esso presiede le forze armate, garantisce il rispetto delle leggi e dispone di un potere amministrativo che da questo momento viene decentrato come nella fase monarchico- costituzionale, le amministrazioni erano municipali, dipartimentali, ministeriali. Per controbilanciare il decentramento viene nominato un commissario dal governo che controlla le amministrazioni, lavorando a stretto contatto con il Ministro dell’Interno. I Termidoriani (moderati) stabiliscono che le due camere dovessero essere formate da 293 membri della vecchia Convenzione, per ridurre la presenza dei realisti; essi insorgono il 5 ottobre 1795, ma vengono repressi dall’esercito, nel quale si distingue la figura di Napoleone. Per la prima volta alcuni intellettuali cominciano a parlare di “comunismo agrario”, puntando alla realizzazione dell’uguaglianza sociale oltre che civile, e all’abolizione della proprietà privata. Essi vogliono pertanto una dittatura rivoluzionaria per ridistribuire equamente il lavoro e abolire la differenza tra proprietari e nullatenenti. Si arriva poi ad un’insurrezione comunisti guidati da Babeuf, “la congiura degli uguali, del maggio del 1796, venendo anch’essa repressa. Babeuf la pensava come Roberspierre, credendo nella necessità della rivoluzione e della dittatura per riformare il patto sociale.
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