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La Rivoluzione Francese e la crisi economica durante il regno di Luigi XVI, Appunti di Storia

La situazione della Francia prima della Rivoluzione Francese, con una società divisa per ordini e privilegi feudali, e la crisi economica durante il regno di Luigi XVI, causata dal deficit di bilancio e dai difetti del sistema fiscale francese. Vengono descritte le riforme tentate dai ministri Turgot e Necker, fermate dall'opposizione della nobiltà e del clero. Viene inoltre menzionata la requisizione dei beni della Chiesa durante la Rivoluzione. Il documento può essere utile come appunti o sintesi del corso per gli studenti di storia.

Tipologia: Appunti

2020/2021

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giuli2020
giuli2020 🇮🇹

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Scarica La Rivoluzione Francese e la crisi economica durante il regno di Luigi XVI e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! 1LA RIVOLUZIONE FRANCESE LA FRANCIA PRERIVOLUZIONARIA La Francia di re Luigi XIV era minata al suo interno da una serie di elementi che avrebbero compromesso la stabilità sociale e politica del sistema, sfociando in una rivoluzione. Una delle cause, sicuramente la rigidità di una società ancora divisa per ordini e ai privilegi feudali, incapace quindi di valorizzare il dinamismo della borghesia. La nobiltà, che corrispondeva solo all’1,5% della popolazione francese, aveva perso gran parte del potere politico. L’assolutismo regio aveva infatti, privato la nobiltà di sangue ad ogni potere effettivo. Inoltre, il monopolio aristocratico degli alti comandanti militari era stato seriamente danneggiato dal processo di professionalizzazione dell’esercito. Ciononostante i nobili avevano mantenuto i propri privilegi e la propria egemonia sociale. Erano esentati dal pagamento delle imposte e riconoscevano il lavoro come un’attività indegna. La nobiltà rappresentava il primo ordine sociale, ma era considerata un peso da tutto il Paese. La nobiltà era comunque divisa in gruppi tra loro molto diversi: l’alta nobiltà, con non più di 4.000 nobili, viveva a corte, godeva di ampi privilegi e pensioni; la piccola nobiltà, non godeva di questi privilegi, anzi viveva in condizioni precarie. Si stava inoltre formando una nuova nobiltà di toga: che rivestiva funzioni amministrative. Il clero costituiva il secondo ordine privilegiato della società francese, composto da 120.000-130.000 persone ed esercitava un forte potere economico: infatti, possedeva circa il 10% delle terre coltivabili, oltre a proprietà urbane. Anche il clero godeva di antichi privilegi ed era esentato dal pagamento delle imposte. Il Terzo Stato invece, era diventato un’entità composita, difficilmente definibile, e vi facevano parte il proletariato urbano, la borghesia e i contadini. La parte più dinamica del Terzo Stato era la borghesia. Il suo ruolo politico ed economico stava sempre più diventando rilevante, anche se non aveva un adeguato riconoscimento sociale. La maggior parte del Terzo Stato però era composta da cittadini e salariati, che costituivano i ceti meno abbienti. Questo perché l’aumento della popolazione aveva reso più instabili le loro condizioni di vita. Inoltre, la maggior parte del carico fiscale ricadeva sul Terzo Stato, visto che nobili e clero erano esentati dal pagamento delle imposte. Il primo fattore che portò alla Rivoluzione fu l’immobilismo di un sistema politico e sociale troppo distante dalla realtà; a questo però si affianca la diffusione dell’Illuminismo. Nel Settecento si era venuta a formare un’élite consapevole del proprio ruolo sociale e della propria possibile funzione riformatrice, ispirata dal 2modello politico inglese. Influenzato da questa corrente, Emmanuel-Joseph Sieyès, autore di “che cos’è il Terzo Stato?”, propose un modello di società dinamica ed emancipata dall’ordine feudale. LA CRISI ECONOMICA DURANTE IL REGNO DI LUIGI XVI Sulla Francia gravava il problema del deficit di bilancio (bilancio= conteggio delle entrate e delle uscite), questo derivava dalla precedente politica di potenza condotta dalla monarchia, aggravatosi ulteriormente con la Guerra dei Sette Anni. Nel 1786 era stato firmato un trattato di libero scambio con l’Inghilterra, che aveva abbattuto le protezioni doganali fra i due Paesi. Ma subito si erano levate le proteste di mercanti e industriali, che vedevano minacciati i loro affari. Questi, infatti, abituati a una concezione mercantilistica del rapporto tra Stato e imprese, erano disorientati dalle nuove tendenze. Da qui, venne attribuito al trattato, erroneamente, la responsabilità della depressione economica. La Francia nella seconda metà del Settecento era un Paese per l’85% dedito all’agricoltura, oberato dai dazi feudali e con un pessimo sfruttamento delle terre, inoltre vi fu un aumento di popolazione che ne peggiorò le condizioni. Sul piano economico vi era un altro problema, legato ai numerosi difetti del sistema fiscale francese: oltre a essere condizionato dalle esenzioni nobiliari e clericali, era fondato sulle imposte indirette (tasse che, colpiscono i generi di consumo, la produzione e lo scambio di beni es. iva in Italia) che pesavano maggiormente sul popolo. Durante il regno di Luigi XV vennero portati avanti diversi tentativi di riforma fiscale, che fallirono per l’opposizione della nobiltà; le cose non andarono meglio con l’ascesa al trono di Luigi XVI nel 1774, che affidò le Finanze dello Stato al ministro Anne-Robert-Jacques Turgot, economista di fama e collaboratore dell’Enciclopedia, ispirato da un programma riformatore. Egli tentò di introdurre un’imposta fondiaria unica, che quindi colpisse nello stesso modo nobiltà, clero e borghesia, negando i privilegi fino ad ora acquisiti. Inoltre avrebbe voluto ridurre le spese di corte. Infine, Turgot tentò di istituire un catasto dei beni, allo scopo di impedire evasioni fiscali e di agevolare i controlli del governo. Ancora una volta però la riforma fu fermata dall’opposizione del clero e dell’aristocrazia, costringendo il sovrano a licenziare Turgot. La situazione non migliorò con l’arrivo della nuova regina, Maria Antonietta, che si attirò le antipatie del popolo per le grandi somme di denaro da lei spese in frivolezze. Stessa sorte di Turgot subì il nuovo ministro Jacques Necker, che nel 1781 pubblicò un rendiconto al re in cui, anche se vi erano dati contraffatti, indicava tutti i capitoli di spesa che pesavano sulla Corona, attaccando le pensioni di corte delle nobiltà. Nel 1783 fu la volta del ministro Charles-Alexandre de Calonne, il quale nel 1786 sottopose al sovrano un Piano per il miglioramento delle finanze, che 5scortarono la carrozza dei sovrani portando delle lance con in cima le teste mozzate delle guardie uccise durante l’assalto alla reggia. LA REQUISIZIONE DEI BENI DELLA CHIESA E LA COSTITUZIONE CIVILE DEL CLERO L’obiettivo fondamentale dell’Assemblea costituente restava il risanamento del bilancio; a questo scopo si procedette alla requisizione dei beni ecclesiastici, venduti dallo Stato ai privati. Inoltre l’Assemblea decise di emettere degli “assegnati”, titoli di credito garantiti dai beni confiscati, su cui lo Stato pagava interessi al 5%. Con questi titoli lo Stato avrebbe risarcito i creditori. Dal 1790 le municipalità procedettero alla vendita dei beni ecclesiastici, redistribuendo il 10% delle terre francesi. Iniziarono però a essere rivenduti tra privati, circolando come vera e propria carta-moneta. Inoltre venne imposto il corso forzoso degli stessi assegnati, per cui nessuno poteva più rifiutare i pagamenti tramite questi titoli. Quindi, gli assegnati erano diventati carta-moneta liberamente circolante. Questo portò al deprezzamento degli assegnati stessi e diede vita a un processo inflattivo che danneggiò maggiormente i ceti più bassi. Il clero inoltre, fu oggetto di una riforma radicale: il 12 Luglio 1790, fu approvata la costituzione civile del clero, che stabiliva il carattere pubblico della funzione sacerdotale. Le diocesi, ridotte in numero, vennero a coincidere con i dipartimenti amministrativi, mentre la carica di vescovo e quella di parroco, equiparate a qualsiasi altro ufficio pubblico, diventarono elettive e stipendiate dallo Stato. Gli ecclesiastici furono costretti a giurare fedeltà allo Stato: molti di loro rifiutarono, appoggiati dal papa, dando origine a un movimento di dissidenza, il clero “refrattario”. LA NASCITA DEI CLUB RIVOLUZIONARI A Parigi la stampa finalmente libera da censure, contribuiva a dare ampia diffusione al dibattito politico e ovunque nascevano club. I club erano circoli privati in cui i cittadini si riunivano per discutere di interessi comuni. Nel Settecento erano diventati importanti centri di diffusione delle nuove istanze illuministiche e nel periodo rivoluzionario favorivano l’emergere di posizioni politiche diverse. I più importanti club rivoluzionari erano: - La Società del 1789, fondata da Joseph-Paul de La Fayette, di orientamento monarchico-costituzionale e moderato; - I girondini, guidati dal giornalista Jacques-Pierre Brissot, schierati su posizioni democratiche e liberali, rappresentavano i ceti notabili e l’alta borghesia; - I giacobini, schierati su posizioni repubblicane ma democratiche; il club aveva tra i suoi fondatori Maximilien de Robespierre. Distingueva i vari club soprattutto la differente posizione dei rapporti con la monarchia. 6DALL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA ALLA CONVENZIONE LA FUGA DI LUIGI XVI E LA NUOVA COSTITUZIONE (1791) Intanto, nel febbraio del 1790 venne razionalizzata e riformata l’amministrazione del Regno: la Francia fu divisa in 83 dipartimenti, a loro volta ripartiti in distretti, cantoni e comuni, mentre gli intendenti regi furono sostituiti da sindaci e consigli eletti dai cittadini. Luigi XVI attendeva l’occasione per raggiungere i membri della nobiltà reazionaria, che da tempo erano fuggiti all’estero e si trovavano sotto la protezione delle corti italiane e tedesche. Tra il 20 e 21 giugno del 1791 il sovrano, travestito da borghese, tentò la fuga con i suoi familiari, venne però riconosciuto a Varennes, e fu riportato a Parigi, dove fu accolto da una folla ostile. L’Assemblea costituente finse di credere a un tentativo di rapimento, ma ormai club e popolo iniziarono a chiedere la sua caduta, la monarchia era fortemente compromessa. Il 17 luglio 1791 al Campo di Marte, in occasione di una raccolta di firme per la Repubblica, la Guardia Nazionale guidata da La Fayette, leader dei foglianti, di posizioni filomonarchiche, sparò sulla folla, lasciando sul campo decine di morti. La “strage del Campo di Marte” rese ancora più profonde le distanze tra moderati e radicali. La nuova Costituzione francese venne approvata il 3 Settembre 1791, era di orientamento liberal-moderato, che esprimeva gli interessi della borghesia agiata e della nobiltà illuminata. Le sue caratteristiche principali: - La Francia divenne una monarchia costituzionale: il sovrano giurava fedeltà alla nazione, per volontà del popolo e non di Dio; - I poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) vennero separati, secondo le idee di Montesquieu: il potere esecutivo spettava al sovrano e ai ministri da lui nominati, quello legislativo fu attribuito al Parlamento (Assemblea legislativa) e quello giudiziario alla Magistratura; - Il re e i suoi ministri dovevano rendere conto del loro operato all’Assemblea legislativa; - Il diritto di voto venne concesso in base al censo: l’uguaglianza fra tutti gli uomini (proclamata nella Dichiarazione del 1789) fu applicata ai soli diritti civili; su 4 milioni di francesi solo 50.000 erano quelli possibili candidati. 7L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA E LA GUERRA ALL’AUSTRIA Il 1° ottobre 1791 si riunì per la prima volta l’Assemblea legislativa. Era composto da gruppi di diversa tendenza: - All’ala destra sedevano i “foglianti”, 264 deputati di orientamento monarchico-costituzionale; - Al centro dell’emiciclo vi erano 345 deputati che componevano la cosiddetta “palude”, la schiera degli incerti; - A sinistra prendevano posto 136 deputati detti giacobini o girondini, con posizioni repubblicane. La svalutazione degli assegnati aveva portato a un aumento di prezzi che insieme alla carenza di generi alimentari, aggregava i disagi per la popolazione. Nelle campagne e in città, vi erano vere e proprie rivolte, ad esempio la rivolta degli schiavi nelle colonie di Santo Domingo, che indusse a decretare la loro liberazione, portò all’aumento dei prezzi del cotone. La nobiltà in esilio poi, faceva di tutto per aizzare le monarchie europee contro la Francia rivoluzionaria. Con la Dichiarazione di Pillnitz del 27 agosto 1791 Austria e Prussia si schierarono a favore di Luigi XVI. Mentre, Russia e Inghilterra, erano intenzionate ad approfittare della situazione per espandersi. A favore della guerra vi erano i girondini di Brissot, una schiera di moderati capeggiata da La Fayette, ma anche il sovrano stesso. Unici a opporsi all’ipotesi di un conflitto erano Robespierre e i giacobini. Su proposta del re e con l’appoggio della maggioranza dell’Assemblea, il 20 aprile 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria, la quale ricevette il sostegno militare della Prussia. La guerra prese subito un andamento negativo per la Francia. Il popolo incominciò a chiedere l’abdicazione del sovrano e la fine della monarchia. Apparve un nuovo gruppo, i sanculotti, dal francese sans culottes, ossia “senza culottes”, in quanto le culottes erano i calzoni attillati indossati dai nobili, i membri di questo gruppo rappresentavano il popolo di Parigi. Il 25 luglio 1792 il generale di Prussia Brunswick emanò un proclama in cui minacciava di distruggere la capitale francese, se il re non fosse stato reintegrato nelle sue piene funzioni. La posizione del sovrano, evidentemente alleato con il nemico, si aggravò. Tra il luglio e l’agosto 1792 avvenne: - A luglio Robespierre chiese l’abdicazione del re e la nomina di una nuova Assemblea a suffragio universale, per una svolta democratica e repubblicana; - Il 10 agosto il popolo di Parigi, dalla parte di Robespierre, proclamò la nascita di una Comune insurrezionale, che assunse il governo della capitale; 10necessità. L’esercito fu incaricato di sequestrare il grano che non veniva venduto a prezzi calmierati dai contadini. Nel settembre del 1793 si affermò in Francia un potere rivoluzionario speciale, che avrebbe governato il Paese fino alla fine della guerra. Iniziava così il PERIODO DEL TERRORE, nel quale un governo dittatoriale d’emergenza procedeva all’epurazione di ogni elemento sospettato di essere contro la Rivoluzione. L’esercizio del potere esecutivo era affidato a un nuovo Comitato di Salute pubblica, di cui facevano parte i leader giacobini Robespierre, Saint-Just e Carnot. Il Comitato di Salute controllava la Convenzione e subordinato a esso anche i ministri stessi. Era inoltre affiancato dal Comitato di Sicurezza generale, che aveva il compito di sventare complotti antirivoluzionari e di proporre accuse al Tribunale rivoluzionario. Inoltre dal 17 settembre una “legge sui sospetti” consentì di arrestare chiunque sulla base di semplici delazioni. LA DITTATURA DI ROBESPIERRE Gli oppositori del regime giacobino erano oltre ai controrivoluzionari e i moderati anche alcuni radicali come Jacques-René Hébert, che sperava nella scristianizzazione della Francia, attraverso la chiusura di luoghi di culto e la repressione del clero. A Parigi, gli hebertisti controllavano la Comune e realizzarono il loro progetto. Altri oppositori erano gli Arrabbiati di Jacques Roux, radicali democratici ed egualitari. Critiche a Robespierre arrivavano anche dagli stessi giacobini, Desmoulins e Danton diedero vita agli Indulgenti, i quali chiedevano la fine del Terrore e iniziative anticristiane. Robespierre, sia contro Danton e Desmoulins si contro Hébert, reagì nello stesso modo, vennero arrestati e condannati alla ghigliottina. Fra il 1793 e il 1794 vi furono 16.594 condannati a morte. L’ex regina Maria Antonietta era stata messa a morte nel 1793, mentre le vittime del Terrore furono circa 50.000. Robespierre e i giacobini ambivano a una società ispirata alle città-stato greche e alla res publica romana, in cui il diritto individuale si integrava con l’interesse pubblico. Robespierre aspirava alla redistribuzione delle proprietà private. Robespierre, l’”Incorruttibile”, come amava farsi chiamare, aveva una visione morale dell’impegno politico: per lui la virtù pubblica era il fondamento e lo scopo di ogni mandato. Sul piano religioso, instaurò il culto dell’Essere Supremo, nemico di ogni ingiustizia e simbolo di serenità ed equilibrio razionale, a cui vennero dedicate nuove festività e un nuovo calendario. La Convenzione adottò un decreto in cui si affermava che i francesi avrebbero dovuto riconoscere “l’esistenza dell’Essere Supremo e l’immortalità dell’anima”. Tra febbraio e marzo il Comitato di Salute pubblica pubblicò i Decreti di Ventoso, dei provvedimenti per superare i 11disagi economici della popolazione meno abbiente. A partire dal 10 giugno 1794 si scatenò una violenta campagna di repressione delle opposizioni, il Grande Terrore, che in due mesi fece più di 1.000 vittime. Sul fronte militare, vi furono progressi significativi, e la guerra era di nuovo fuori dalle frontiere francesi. DALLA SCONFITTA DI ROBESPIERRE AL DIRETTORE Ma proprio i successi militari furono la principale causa della sconfitta politica di Robespierre. Infatti, esaurita l’emergenza nazionale e liquidate le tensioni interne ed esterne, il regime del Terrore ormai non aveva alcun senso. Il 27 luglio 1794, gli oppositori del regime interni alla Convenzione si coalizzarono, arrestando Robespierre, insieme ad alcuni leader giacobini e Saint-Just e il giorno dopo venne ghigliottinato. La nuova fase della Rivoluzione prende il nome dal mese della caduta di Robespierre, Termidoro. La maggioranza della Convenzione era ora rappresentata dalle correnti moderate e liberali che facevano capo alla borghesia agiata. Si smantellò il calmiere ed il minimo salariale, ma questo provocò un aumento incontrollato dei prezzi e nuove proteste popolari, alle quali seguì una fase di feroce repressione che prese il nome di “Terrore bianco”. I termidoriani sciolsero i club giacobini e riallacciarono rapporti proficui con l’aristocrazia e il clero. Al clero venne concessa libertà di fede, a patto di fedeltà alla nazione e alla Repubblica. Il 22 agosto 1795 la Rivoluzione entrò nella terza fase e vi fu la nuova Costituzione dell’anno III, che rappresentava un ritorno al moderatismo liberale. Fu restaurata una rigida separazione dei poteri, quello legislativo fu affidato a due Camere: il Consiglio dei Cinquecento, che proponeva disegni di legge; e il Consiglio degli Anziani, che li approvava. Il bicameralismo era stato messo in atto per paura dello strapotere di un solo organismo assembleare addetto alla legislazione. Il potere esecutivo spettò a un Direttorio eletto dalle Camere e composto da 5 membri, uno dei quali cambiava ogni anno. Il principale difetto del nuovo ordinamento fu la difficile comunicazione fra i poteri: la legislazione si sviluppava con lentezza, per cui un buon funzionamento del sistema richiedeva spesso una decretazione speciale. Le elezioni del Parlamento avvenivano a suffragio ristretto su base censitaria, attraverso il sistema del doppio turno. 20 milioni di cittadini rimanevano esclusi, solo uomini, proprietari e con 21 anni o più potevano votare i Grandi elettori, mentre i maschi, benestanti di almeno 25 anni eleggevano i membri delle Camere. Come a tutte le precedenti Costituzioni, anche a quella dell’anno III era preceduta una Dichiarazione dei diritti, ma questa volta affiancata da una Dichiarazione dei doveri. L’AVVENTO DEL DIRETTORIO 12Alla fine del 1795 furono convocate le nuove Camere, dove prevaleva un orientamento moderata e antigiacobina. Le Camere nominarono il primo Direttorio, che si occupò dei problemi economico-finanziari: l’aumento dei prezzi, la caduta di valore degli assegnati e la penuria di merci e prodotti. Ma i provvedimenti presi innescarono un meccanismo deflattivo, per risolvere la crisi, lo Stato si trovò costretto a vendere sotto costo i beni confiscati ad aristocratici ed ecclesiastici. Nel 1796 venne ordita la cosiddetta “Congiura degli Eguali” guidata da Gracco Babeuf, che progettava un sistema “comunista”, in quanto basato sulla comunione dei beni e sull’abolizione della proprietà. La congiura però venne scoperta e Babeuf venne ghigliottinato. Alla congiura prese parte anche l’italiano Filippo Buonarroti. Nell’aprile del 1797 vi furono le elezioni per il nuovo Parlamento, con un significativo incremento dei monarchici. Per evitare i rischi di una maggioranza antirepubblicana, 3 dei membri del direttorio, Reubell, Barras e La Révellière, si accordarono con i vertici militari, tra cui Napoleone Bonaparte, e il 18 Fruttidoro 1797, 3 e 4 settembre, assunsero i pieni poteri. Il secondo Direttorio che restò in carica fino al colpo di Stato napoleonico del 18 Brumaio 1799, era ormai di fatto un triumvirato con poteri speciali.
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