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La rivoluzione russa e l'impero russo nel XIX secolo, Sintesi del corso di Storia

Appunto sulla rivoluzione e sull impero russo del 19 secolo

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 04/03/2021

lucaeatheworld
lucaeatheworld 🇮🇹

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Scarica La rivoluzione russa e l'impero russo nel XIX secolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! L’impero russo nel XIX secolo Un impero conservatore e multinazionale Per tutto l’ottocento la Russia fu la roccaforte del conservatorismo politico e sociale. Gli zar esercitavano un potere autocratico, cioè un potere assoluto. L’aristocrazia, l’esercito, la Chiesa ortodossa e la burocrazia imperiale, che costituivano circa il 5% della popolazione, appoggiavano il regime zarista. La borghesia mercantile e imprenditoriale, presente quasi esclusivamente nella zona di Mosca e nei porti del baltico. Questo sistema venne difeso in modo intransigente dagli zar: almeno fino al 1860 non venne tollerata alcuna riforma di opposizione. L’impero russo continuò ad espandersi per tutto l’ottocento, al suo interno convivevano decine di popoli. L’arretratezza delle campagne Uno dei problemi più gravi della Russia era l’arretratezza delle sue campagne. Chiese, monasteri e grandi famiglie (circa 3000) possedevano il 90% della terra coltivabile. I contadini erano ancora sottoposti alla servitù della gleba e disponevano a stento del necessario per vivere, in quanto gran parte di ciò che producevano era incamerato dai ricchi proprietari terrieri. Il malcontento era generale e si manifestava in maniera violenta attraverso frequenti rivolte:_ solo negli anni fra il 1840 e il 1855 se ne contarono 350. Lo zar Alessandro II (1818-1881) tentò di affrontare i problemi legati all’arretratezza attraverso una cauta politica di riforme. Il provvedimento più importante fu la legge del febbraio 1861 che abolì la servitù della gleba. Il contadino liberato riceveva in uso permanente la terra che prima lavorava come servo. In cambio doveva pagare un riscatto al proprietario. La legge concorse a peggiorare le condizioni di vita della massa dei contadini. Furono favoriti soprattutto i kulaki che acquistarono parte delle terre pagandole a basso prezzo dai contadini schiacciati dai debiti. Gli inizi dello sviluppo industriale Nella sostanza il paese dipendeva economicamente dall0Occidente e questa situazione era incompatibile con la politica di grande potenza cui aspirava. A partire dal 1870 vennero compiuti grandi sforzi per sviluppare un’industria nazionale. determinante fu l’appoggio dei capitali stranieri. I principali investitori furono la Francia, la Germania e la Gran Bretagna. Anche lo Stato intervenne con finanziamenti, soprattutto nel settore siderurgico e in quello delle ferrovie. Fra il 1885 e il 1898 si ebbe un vero e proprio “boom”. La produzione industriale crebbe complessivamente del 400%. I principali stabilimenti industriali sorsero intorno alle grandi città. Occidentalisti e slavofili: il populismo Ma conveniva veramente assumere l’Occidente come modello? Se lo chiedeva l’opposizione politica allo zarismo che era costituita da intellettuali: l’ intellighenzia. Gli intellettuali si dividevano in occidentalisti e slavofili. Gli occidentalisti prospettavano una “via europea” al progresso. Essi valutavano positivamente il capitalismo e le sue conseguenze sociali e politiche: intendevano quindi introdurre in Russia sia l’economia capitalistica, sia la democrazia. Gli slavofili sostenevano al contrario una “via nazionale” allo sviluppo. La Russia doveva sfruttare il proprio “ritardo” storico e trarre profitto dagli errori degli altri paesi, evitando la miserie della rivoluzione industriale e del capitalismo. Lo sviluppo sociale e politico della Russia sarebbe partito non dalla borghesia o dal proletariato, come nei paesi capitalisti, ma dai contadini. Perciò il loro movimento prese il nome di populismo. I populisti intendevano alfabetizzare i contadini e renderli coscienti della loro condizione. Alcuni esponenti del populismo prendevano tra i metodi di lotta anche il terrorismo. Fu proprio un populista ad assassinare lo zar Alessandro II nel 1881. I populisti russi assunsero nel XIX secolo il nome di socialrivoluzionari. L’opposizione marxista Lo sviluppo industriale e le sue conseguenze sociali spinsero alcuni intellettuali ad avvicinarsi al marxismo. Questi intellettuali si opponevano al populismo su quattro punti fondamentali: - valutavano positivamente lo sviluppo tecnico, produttivo e sociale indotto dal capitalismo - miravano ad una rivoluzione borghese democraticaco-liberale - sostenevano che la rivoluzione doveva partire dal proletariato - si impegnavano a diffondere nel proletariato la coscienza rivoluzionaria. Nel 1898 i socialisti russi fondarono il Partito Operaio Socialdemocratico Russo che fin dal 1903 si divise in due correnti rigidamente contrapposte: - i bolscevichi capeggiati da Vladimir Uljanov, detto Lenin - i menscevichi guidati da Martov I menscevichi sostenevano la necessità di realizzare riforme sociali e politiche accettando l’alleanza con la borghesia. I bolscevichi volevano un partito formato da professionisti della politica. Secondo Lenin, il partito doveva guidare gli operai e i lavoratori all’abolizione della proprietà privata e alla collettivizzazione dei mezzi di produzione. Dal 1914 Lenin propose di modificare il nome del Partito socialdemocratico russi in Partito comunista. Cosa che effettivamente avvenne nel marzo 1918. La rivoluzione del 1905 Il gennaio 1905, circa 140000 persone sfilarono per San Pietroburgo e raggiunsero il Palazzo d’Inverno, residenza dello zar. Si trattava di una pacifica processione che avrebbe dovuto presentare allo zar una supplica per invocare l’aiuto e la protezione. Ma l’esercito aprì il fuoco manifestanti. Questa giornata passò alla storia come la domenica di sangue. La sanguinosa repressione causò scioperi e rivolte nelle fabbriche e nelle campagne di tutto il paese. Anche nelle file della borghesia prese corpo lì opposizione nei confronti dello zarismo. Si formò un partito di ispirazione liberale che prese il nome di Costituzionale Democratico: dalle iniziali (ka-de) i suoi appartenenti assunsero il nome di cadetti. Essi auspicavano un sistema costituzionale moderato, lo sviluppo dell’economia e una certa liberalizzazione della vita politica e sociale. - Per eliminare un pericoloso esempio di governo rivoluzionario I reparti delle potenze occidentali andarono ad appoggiare le forze controrivoluzionarie che si erano organizzate, le armate bianche composte da truppe fedeli al vecchio regime zarista. Contro di loro combatteva l’Armata Rossa. La guerra civile fra i “rossi” e i “bianchi” vide un susseguirsi di atrocità e costò tre milioni di morti. Nell’estate del 1920 la guerra civile poteva dirsi conclusa con la vittoria delle truppe rosse. Approfittando della debolezza della Russia dilaniata dalla guerra civile, la Polonia cercò di riappropriasi dei territori persi con la pace di Versailles (1919) La guerra si concluse nel 1921 con l’acquisizione da parte della Polonia di parte della Biellorussia e dell’Ucraina. Un regime sempre più autoritario Nel luglio 1918, entrò in vigore la prima Costituzione sovietica. Essa affermava i “diritti del popolo sfruttato e oppresso”. Fra il 1920 e il 1922 alla Repubblica russa si unirono la altre province in cui bolscevichi erano riusciti a prendere il potere sconfiggendo la armate bianche. Così, nel dicembre 1922, nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Venne creata una polizia politica, la Ceka, che divenne famosa per i suoi metodi violenti. Il comunismo di guerra Nel 1917, quando i bolscevichi avevano preso il potere, la condizioni economiche della Russia erano pessime. Il governo non era in grado di riscuotere le tasse ed era costretto a stampare carta moneta priva di valore. Nel 1918, il governo bolscevico attuò in campo economico una politica autoritaria, che fu poi definita come comunismo di guerra. Il “comunismo di guerra continuò sino alla primavera del 1921. Questa politica ebbe effetti molteplici: se per un verso permise di assicurare il rifornimento dell’esercito nelle fasi più critiche della guerra civile, d’altra parte stimolò l’opposizione contadina, incrinando quell’alleanza che aveva portato la rivoluzione alla vittoria. La rivolta più grave fu quella dei marinai della base navale di Kronstadt, perché avevano appoggiato i bolscevichi sin dall’inizio. La spietata repressione di questa rivolta dimostrò che si stava accentuando il centralinismo, cioè il potere incondizionato del partito di Lenin. Il X Congresso e la Nuova Politica Economica Nel marzo 1921 si tenne a Mosca il X Congresso del Partito comunista. Esso vide la nascita della Nuova Politica Economica (NEP). La NEP si può sintetizzare: - Ai contadini veniva permesso di coltivare la terra per le loro necessità e di vendere le eccedenze - Il commercio spicciolo veniva legalizzato - Lo Stato manteneva solo il controllo delle fabbriche con più di 20 dipendenti Con la NEP le condizioni migliorarono. Il partito unico Un altro provvedimento importante preso durante il X congresso fu la proibizione del cos cosiddetto frazionismo. All’interno del Partito Comunista dell’Unione Sovietica non dovevano esistere contrasti. Si approvò la regola del centralinismo democratico. Si accentuava così il carattere autoritario del partito; il tempo della democrazia era finito. L’URSS diventava sempre più uno Stato totalitario a partito unico.
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