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Guide e consigli
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la scuola di chicago, Sbobinature di Sociologia

sbobine sulle lezioni della scuola di chicago e autori (Merton, Cooley, Park, Mead, Blumer, Goffman)

Tipologia: Sbobinature

2020/2021

In vendita dal 10/03/2022

nicolemoretto
nicolemoretto 🇮🇹

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica la scuola di chicago e più Sbobinature in PDF di Sociologia solo su Docsity! La scuola di chicago A partire dall’ultimo decennio dell’ottocento, la sociologia viene insegnata regolarmente nell’Università degli Stati Uniti ma il primo Dipartimento specifica altamente dedicato agli studi sociologici viene istituito presso l’Università di Chicago nel 1892. Negli Stati Uniti si inaugura un nuovo modo di fare sociologia, nel senso che essa concentra l’attenzione non su tutta la società, ma soltanto su alcuni dei suoi ambiti. La scuola di Chicago è caratterizzata da una fortissima propensione alla ricerca empirica condotta usando metodi particolari quali “l’osservazione partecipante” che prevede l’immersione del ricercatore per un lungo periodo di tempo nella vita del gruppo che studia. Gli autori più importanti nell’ambito della nascente sociologia americana sono William Thomas Robert park e George Mead. William Thomas diede inizio a quelli che saranno chiamati metodi qualitativi della ricerca sociologica. Studia una serie di materiali empirici, lettere spedite da polacchi ai migranti polacchi in usa, documenti, racconti autobiografici… ricerca diversa da quella di Durkheim sul suicidio. L’obiettivo dei ricercatori è interpretare, comprendere il punto di vista dei soggetti; il significato che i migranti danno alla loro vita. Spiegazione del perché c’è questa mancanza, disorganizzazione negli Usa, spiegano attraverso la tensione che si genera tra il sistema di valori, aspettative ecc… dei migranti con il nuovo contesto, nel quale trovano un contesto che li marginalizza, non risponde alle loro esigenze. Perdono quindi status e senso di identità. = la cultura d’origine influisce sulle modalità di integrazione della località locale. Thomas, analogamente a Weber, ritiene che la sociologia non possa fare a meno del significato che gli attori attribuiscono al proprio comportamento e alle situazioni in cui si trovano. La sua espressione “se gli uomini definiscono reale una situazione, essa è reale nelle sue conseguenze” è nota come teorema di Thomas ma la definizione di una situazione non è accessibile mediante metodi quantitativi: il sociologo deve studiare le persone e apprezzare le differenze qualitative dei loro modi di attribuire significato a ciò che vivono. Obiettivo capire le modalità di interazione. Es. io credo ai miracoli, o alla magia, la mia credenza, che sia vera o no, non importa, ma l’importante è che io ci creda, perché la mia credenza ha delle conseguenze, sulla sua base io farò delle cose. Tutto questo mi farà identificare con un gruppo, ideali, idee… Una situazione viene interpretata, non è mai data. Noi interpretiamo una situazione dandole un senso soggettivo. Sulla base dell’interpretazione abbiamo comportamenti che sono coerenti con la situazione interpretata. Diversi anni dopo questa idea viene ripresa da MERTON che la rielabora in un altro concetto: ‘la profezia che si autoadempie’. [es. Un’insegnate si convince che due bambini siano i più bravi della classe e investe in loro, attenzione stimoli ecc… i bambini di conseguenza rendono di più e migliorano.] Comportamento che trasforma la situazione. Esistono meccanismi analoghi anche nell’economia, durante la crisi economica, i prezzi diminuiscono, ma se la gente si convince di un miglioramento che legge sui giornali, aumenterà la domanda dei beni… La ‘looking-glass self’ di COOLEY, il self specchiato  io giudico me stesso sulla base di come penso che gli altri mi vedano. Io mi faccio un’idea di come gli altri mi vedono, mi giudicano e mi chiedo se il modo in cui mi vedono gli altri è positivo o negativo, allora io mi giudico e agisco di conseguenza. Se gli altri pensano che sono una maestra severa, lo sarò, perché devo essere fedele a quello che penso di essere sulla base di quello che penso che pensino gli altri. Teoria simile a quella dell’interazionismo simbolico. ROBERT PARK Concentra in particolare i suoi STUDI SULLA CITTÀ, che possiamo definire come un vero e proprio laboratorio per i sociologi della scuola di Chicago. ‘Sociologia urbana’. La città è il luogo della modernità, a Chicago sottolineano l’ambivalenza della mobilità come fonte di disorientamento e come occasione. Questione della distanza sociale e distribuzione spaziale dei gruppi nella città. Interazionismo simbolico viene attribuito dagli esseri umani sulla base di un senso che le cose hanno per loro. b) Il significato di queste cose deriva dall’interazione sociale che una persona ha con gli altri  interpretare le cose è un processo sociale, l’interazione determina il significato di queste cose (es. vedo una madre come educatrice o persona che da amore) c) Questi significati sono utilizzati, modificati attraverso un processo interpretativo usato dall’individuo nel relazionarsi con la cosa o le cose che incontra  non sono fissi, ma fanno l’oggetto di un processo in determinate circostanze. L’attore seleziona e trasforma i significati di queste cose sulla base della situazione in cui si trova. (la madre viene vista in modo diverso in base alle situazioni) Blumer si concentra sull’I (io), si concentra sugli aspetti dinamici del processo di costruzione del sé. I suoli sociali vengono attivamente modificati, le persone possono distanziarsi da determinati ruoli grazie al processo di interpretazione (se imparo cos’è una buona madre non vuol dire che svolgerò quel ruolo così, perché le interazioni sociali non sono solo apprendere i ruoli, ma costruzione dei ruoli) accento sul mutamento sociale; se mi concentro solo sul ‘me’ c’è una situazione statica, i soggetti si imparano solo cosa devono fare, cosa ci si aspetta da loro  Blumer dice che le persone possono cambiare il loro ruolo e costruire ruoli nuovi = mutamento sociale. A Chicago le la modernizzazione è un momento speciale in cui costruire nuovi ruoli, quelli vecchi perdono la loro forza e gli attori devono pensare al cambiamento, momento in cui sono costretti a scegliere di costruire cose nuove. 8. GOFFMAN E’ influenzato dall’interazionismo simbolico che rielabora in maniera originale. È nordamericano, studia sociologia e antropologia a Chicago. Elabora una strategia di ricerca empirica come la scuola di Chicago. Dedica molta attenzione alla raccolta di dati qualitativi, allo studio empirico, e all’etnografia. I metodi che usa sono coerenti con la scuola di Chicago, osservazione delle interazioni. Diventa il presidente dell’associazione americana di sociologia. Nel video c’è un’interpretazione di ruoli dove ogni uno pensa al modo col quale sta interpretando il ruolo, e ogni uno dei due si domanda che tipo di impressione stanno dando di sé. Se lo domandano per vedere se rispettano l’immagine che danno di sé. Io interpreto un ruolo e ne devo essere convincente, devo essere coerente con l’immagine che do di me.  goffman ‘’the presentation of self in everyday life’’ il SELF, non è una cosa organica che ha una specifica localizzazione; è un effetto drammatico, teatrale, che emerge da una scena che viene presentata. Idea dell’interazione come una scena teatrale in cui ci sono i soggetti (attori) che interpretano bene un ruolo, svolgono una performance, questo da origine al self. L’effetto drammatico ci attribuisce un self, un’identità. o La prospettiva drammaturgica: il self è il prodotto di una performance. Il mondo è un palcoscenico e noi tutti siamo ‘’attori su questo palcoscenico’’ (es. quando interagiamo con gli amici siamo su un palcoscenico). La nostra performance ha come obiettivo il convincere gli altri che noi siamo esattamente il personaggio che stiamo recitando (la docente ci convince che è una buona insegnante). Per avere un self dobbiamo essere in grado di essere convincenti. Team: in un gruppo di lavoratori tutti devono essere convincenti e se serve si aiutano per dare l’impressione di essere buoni lavoratori. Front/back stage: quando il capo reparto è presente si da la miglior impressione di sè, quando non c’è ci si rilassa. Non abbiamo un unico self, un self vero, ma i vari self derivano dalle nostre interazioni. Non siamo mai liberi di essere noi stessi perché siamo condizionati dagli ambienti. La nostra vita è un insieme di interpretazione di ruoli diversi che siamo costretti a interpretare, e queste danno vita a uno o molti self. Presentazione del self come manipolazione del self sugli altri: cerchiamo di impressionare la nostra audience, facciamo un management sull’impressione che diamo agli altri. (Mead diceva che il me è importante, Blumer che l’I è importante, l’io.). Goffman dice che il me è importante, ma l’io è determinante e non solo nella sua reinterpretazione dei ruoli, ma l’io è importante in temi manipolatori, è furbo, sa quali sono gli aspetti da sottolineare perché la performance funzioni. L’io manipola l’impressione che da sugli altri. La performance di ruolo si fonda sull’idealizzazione di un ruolo, (cerco di mostrarmi come…) lo utilizziamo come riferimento per la nostra performance. Se qualcosa va storto ci si imbarazza e vergogna, e non sono più in grado di garantire la mia performance- ‘’si perde la faccia’’. Tatto: In tal caso gli altri, il team, proveranno a ‘salvare la faccia’, operazione che serve a salvare i self. Goffman si ricollega alla teoria dei rituali di D. (momenti collettivi di interazione dei soggetti che da luogo a nuove idee, effervescenza collettiva), e dice che le interazioni quotidiane sono rituali; G. la sviluppa a livello micro-sociale, a livello delle interazioni quotidiane. Non avvengono a livello di grandi folle, ma tra marito e moglie, mamma e figli…sono su piccola scala e temporanei. Hanno una durata limitata e non sono i grandi simboli della rivoluzione francese, ma piccoli simboli che possono anche essere ripetuti per avere un senso. Es. ‘’bed time rituals’’ degli inglesi. Hanno una durata temporanea perché se si interrompono è molto difficile riprenderli. La performance teatrale è un rituale quotidiano che non solo ci da un self, ma costruisce la società, la coesione sociale, consenso. Le piccole performance aiutano a mantenere la stabilità. Quello che si adora, l’oggetto del rituale è il self: l’identità personale. ‘The nature of deference and demeanor’ 1956  rituale di deferenza (rispetto degli/per altri) , es. chiedere come va  rituale di contegno (rispetto di sé) es. capacità di curarsi di sé stessi Nella nostra vita quotidiana siamo pieni di questi rituali. Le malattie mentali: sono violazioni dei rituali quotidiani, incapacità di portare a termine rituali di riconoscimento e rafforzamento del sé e quello degli altri (chi ci urla per strada senza motivo). Rif. a D.  il self come oggetto sacro della società moderna Il self e la modernità: Noi abbiamo più self, abbiamo identità multiple, perché abbiamo diversi palcoscenici. Interpretiamo dei ruoli ma siamo anche capaci di prendere la distanza dal ruolo. Questo è il nostro dramma, abbiamo tanti ruoli, e siamo consapevoli che nessuno di questi è noi. Il self è un mito moderno: inventato dalla modernità - In realtà non abbiamo un vero self, abbiamo tanti ruoli - MA dobbiamo avere uno o più identità per vivere nella società - DOBBIAMO presentare in modo adeguato il nostro self, o siamo presi per pazzi
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