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La sindrome del burnout, Prove d'esame di Psicologia del Lavoro

Tesi della triennale di scienze e tecniche psicologiche

Tipologia: Prove d'esame

2017/2018

Caricato il 02/08/2018

marika_acquarone
marika_acquarone 🇮🇹

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Scarica La sindrome del burnout e più Prove d'esame in PDF di Psicologia del Lavoro solo su Docsity! ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA CAMPUS DI CESENA SCUOLA DI PSICOLOGIA E SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE LA SINDROME DEL BURNOUT: INTERVENTI DIRETTI ALL’ORGANIZZAZIONE E ALL’INDIVIDUO Relazione della Prova finale in: Psicologia delle organizzazioni Relatore: Depolo Marco Presentata da: Acquarone Marika Anno Accademico: 2016-2017 1 INDICE - INTRODUZIONE........................................................................... 2 - CAPITOLO 1^: IL BURNOUT 1.1 Definizione 4 1.2 Come si manifesta la sindrome del burnout nell’operatore 5 1.3 Cause e conseguenze 8 1.4 Burnout: sindrome depressiva o no? 10 1.5 Burnout negli studenti universitari 11 - CAPITOLO 2^: L’EQUIPE 2.1 Il lavoro in equipe 14 2.2 Elementi che possono favorire e ostacolare il rapporto d’equipe 15 - CAPITOLO 3^: INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL BURNOUT 3.1 Prevenzione 20 3.2 Interventi diretti all’organizzazione 22 3.3 Interventi diretti all’individuo 23 3.4 Altri interventi 24 - CONCLUSIONI........................................................................... 27 4 1.1 DEFINIZIONE Burnout o sindrome da stanchezza professionale è il risultato dell'esposizione a una situazione in cui le strategie di coping del soggetto che si suppongono sufficienti a gestire le sollecitazioni dell'ambiente diventano obsolete e inoperative. Si crea uno squilibrio tra le esigenze e le risorse materiali, operative e psicologiche. Molte professioni sanitarie si trovano di fronte alla sfida di gestire il burnout, il medico generico è molto spesso in prima linea. Dal 1980 si inizia a parlare di burnout riferito non solo alle professioni di aiuto ma a tutte quelle professioni dove l’operatore instaura relazioni con i clienti/pazienti. Il burnout viene definito come "uno stato di esaurimento in cui uno è cinico circa il valore della propria occupazione e dubbioso della propria capacità di eseguirlo"(Maslach et al., 1996, p. 20). I ricercatori sono d'accordo sul fatto che i fattori di stress che causano l'esaurimento nell'uomo possono anche essere trovati in altre professioni (Burisch, 2006; Demerouti et al., 2001). Una delle definizioni più radicali che rappresentano la natura generale del burnout è fornita da Maslach e Leiter (1997): "Burnout è l'indice della dislocazione tra ciò che la gente è e cosa ha da fare. Rappresenta un'erosione nel valore, nella dignità, nello spirito e nella volontà. Erosione dell'anima umana. È una malattia che si diffonde gradualmente e continuamente nel tempo, mette le persone in una spirale in discesa da cui è difficile recuperare ".I ricercatori concordano sul fatto che l'esaurimento non si verifica "durante la notte", ma che sia piuttosto un risultato di un processo prolungato e lento che può durare anche per anni. Secondo diversi autori (ad esempio, Burisch, 2006) i "trigger" sono richieste di lavoro eccessive e l'incapacità del dipendente di investire continuamente energia nel soddisfare le esigenze. 1.2 COME SI MANIFESTA LA SINDROME DEL BURNOUT NEGLI OPERATORI Possiamo definire il burnout come una “sindrome” poiché la sua manifestazione è legata a specifici sintomi e segnali. Possono essere identificati sintomi individuali, interpersonali e organizzativi (Shaufeli & Enzman, 1998). La maggior parte degli autori concorda sul fatto che la presenza di molti sintomi indica che una persona soffre di Burnout ma è difficile che si manifestino tutti (Burish, 2006). 5 Shaufeli e Enzman (1998) riportano cinque tipi di sintomi a livello individuale: cognitivo, fisico, comportamentale e motivazionale. 1. Segnali affettivi:  Umore depresso/cambiamento di umore  Esaurimento emotivo  Aumento della tensione/ansia 2. Segnali cognitivi:  Sentimenti di impotenza  Senso di fallimento  Scarsa autostima  Colpa  Idee suicide  Incapacità di concentrazione/dimenticanza  Difficoltà in compiti complessi 3. Segnali comportamentali:  Iperattività  Aumento dell’assunzione di eccitanti, sigarette e stupefacenti  Rinuncia ad ogni tipo di svago  Negare e lamentarsi in modo compulsivo 4. Segnali fisici:  Mal di testa  Nausea  Dolore muscolare  Ulcere  Fatica cronica  Disturbi del sonno 5. Segnali motivazionali:  Dimissioni  Perdita di impegno 6  Delusione  Noia Maslach et al. (2001) sostengono che bisogna tenere sotto osservazione più i sintomi mentali e quelli comportamentali piuttosto che quelli che si manifestano a livello fisico. Bisogna inoltre tenere presente che i sintomi della sindrome del burnout si manifestano sempre legati al lavoro e si presentano in persone “normali” che non hanno necessariamente sofferto in precedenza di una psicopatologia. Shaufeli e Enzman (1998) descrivono una lunga lista di sintomi a livello interpersonale. Essi li categorizzano nuovamente in sintomi affettivi, cognitivi, comportamentali e motivazionali. I sintomi fisici possono essere osservati solo a livello individuale perciò sono lasciati fuori. 1. Segnali affettivi:  Irritabilità  Maggiore rabbia  Diminuita empatia con i clienti/pazienti e destinatari dei servizi 2. Segnali cognitivi:  Percezioni ciniche nei confronti dei clienti/pazienti  Negativismo/pessimismo 3. Segnali comportamentali:  Violente esplosioni  Propensione ad un comportamento violento ed aggressivo  Aggressività verso i clienti/pazienti  Isolamento sociale  Risposte meccaniche 4. Segnali motivazionali:  Perdita di interesse  Indifferenza verso clienti/pazienti 9 Lee e Ashforth (1993) si sono concentrati particolarmente sui manager nel settore dei servizi umani. Hanno trovato che l’esaurimento emotivo è una dimensione centrale anche nel burnout manageriale. Il tempo passato dai managers con i clienti e i subordinati può accelerare lo sviluppo del burnout. Per molte altre professioni, le loro specifiche caratteristiche e il loro eventuale effetto sul burnout rimangono ancora molti studi da affrontare.  CARATTERISTICHE FAMILIARI Anche se le cause principali di esaurimento emotivo si trovano sul posto di lavoro, molti autori sostengono che un ambiente familiare esigente non può essere trascurato quando si esamina lo sviluppo del burnout (es. Peeters, Montgomery, Bakker & Shaufeli, 2005). Inoltre le richieste simultanee da parte del lavoro e della famiglia possono essere in conflitto tra loro. Il compimento dei compiti e delle responsabilità in un campo (es. nel lavoro) può essere difficile a causa delle responsabilità nell’altro campo (famiglia). Questo conflitto può scatenare il burnout (Peeters et al., 2005). Molti autori sostengono che il Burnout sia un fenomeno sociale piuttosto che individuale (Maslach et al., 2001). I fattori individuali giocano un ruolo minore nella manifestazione della sindrome rispetto ad esempio ad un elevato carico di lavoro. I dipendenti più giovani e più istruiti tendono a rapportarsi maggiormente con il burnout. Alcuni studi riportano che le donne sono vittime più facili all’esaurimento. Gli uomini, d’altra parte, riferiscono livelli più elevati di depersonalizzazione e cinismo. Tuttavia, questi fattori possono essere considerati irrilevanti considerando le diverse personalità (Masclach et al., 2001). I dipendenti che hanno un “locus” esterno di controllo (ovvero chi attribuisce eventi e risultati della vita meramente al caso piuttosto che credere nelle proprie abilità) sperimentano livelli più alti di burnout. Inoltre affrontare inefficacemente una situazione stressante aumenta anche la possibilità di burnout. I dipendenti con strategie di coping difensive e passive piuttosto che risolutive tendono ad avere livelli più alti di burnout. Anche persone con bassi livelli di autostima sono più soggette al burnout. Inoltre caratteristiche quali vulnerabilità, competitività e l’eccessiva necessità di controllo contribuiscono all’insorgenza del burnout. Le persone si differenziano anche nel loro atteggiamento verso il lavoro. Quelli con aspettative lavorative più alte (per esempio percepire il lavoro come stimolante e divertente) così come il successo lavorativo (curare i pazienti, ottenere tutti i risultati) sono anche più inclini al burnout 10 perché tendono a lavorare troppo. Perciò diventano a maggior ragione esausti e cinici quando il lavoro non rispecchia le loro aspettative. Le organizzazione spesso hanno la convinzione che il burnout sia un problema solo per l’individuo (Maslach & Leiter, 1997). I manager/supervisori sono spesso del parere che se un dipendente si sente “bruciato” è lui ad avere un problema. Tuttavia le conseguenze possono essere notate anche in tutto l’ambiente lavorativo. Una delle conseguenze negative più importanti è la riduzione della performance lavorativa (Halbesleben & Buckley, 2004; Maslach et al., 2001). I dipendenti che sperimentano l’esaurimento sono meno produttivi ed efficaci. Possono, da un lato, eseguire peggio le richieste ufficiali lavorative, dall’altro lato, possono essere meno disposti ad aiutare i colleghi e perdere interesse nei confronti dell’organizzazione (Bakker, Demerouti & Verbeke, 2004). Il burnout è stato anche associato ad una soddisfazione lavorativa più bassa, ad un impegno ridotto e ad una maggiore intenzione di lasciare il lavoro. E’ interessante notare che il burnout potrebbe anche essere “contagioso”. I dipendenti che soffrono di burnout possono iniziare con maggiore probabilità a litigare con i colleghi e ad interrompere i compiti di lavoro congiunti. Perciò anche i colleghi hanno un alto rischio riguardo il verificarsi di un esaurimento. Anche Maslach e Leiter (1997) sottolineano il fatto che il burnout porta in primo luogo costi e perdite finanziarie a causa dei più elevati tassi di assenteismo e le frequenti assenze per malattia. Inoltre gli studi hanno rilevato che soprattutto la dimensione dell’esaurimento emotivo nel burnout porta a risultati negativi all’organizzazione. D’altra parte anche l’esaurimento emotivo è fortemente collegato ai risultati negativi per l’individuo. E’ inoltre collegato a problemi di salute, ridotto benessere e all’abuso di sostanze (Maslach et al., 2001). Il burnout può deteriorare anche la salute mentale di un individuo, causando sensazioni di ansia, depressione e perdita di autostima 1.4 BURNOUT: SINDROME DEPRESSIVA O NO? Un collegamento, che risale alla prima identificazione del concetto di burnout, è stato stabilito tra burnout e depressione. Freudenberger (1974) lo ha descritto nel contesto di uno studio qualitativo di operatori di volontariato in una clinica gratuita per gli abusi di sostanze. Ha osservato che l'individuo bruciato "guarda, agisce e sembra depresso" (Freudenberger, 1974, p.161). Maslach e Leiter (1997) hanno indicato che l'esaurimento comporta non solo la "presenza di emozioni negative", ma anche l'assenza di emozioni positive che collegano il 11 burnout con disforia e anedonia, ovvero i sintomi principali della depressione (American Psychiatric Association , 2013). Secondo i risultati ottenuti dalle analisi di diversi fattori (es. Bakker et al., 2000), i ricercatori di burnout hanno interpretato i loro risultati mostrando che il burnout e la depressione siano distinti (ad esempio Iacovides, Fountoulakis & Kaprinis, 2003; Schaufeli 2003). Maslach et al. (2001) ha affermato che il burnout è diverso dalla depressione perché "il burnout è specifico per il contesto di lavoro, a differenza della depressione, che tende a pervadere ogni dominio della vita di una persona" (p.404). Un fattore fondamentale, tuttavia, che collega il burnout e la depressione è lo stress di non avere il controllo sull'ambiente. Ahola et al. (2005) e Soares, Grossi e Sundin (2007) trovarono prove solamente di una sovrapposizione parziale fra burnout e depressione. Ahola et al. (2005), usando l'MBI, ha scoperto che il 53% dei lavoratori finlandesi che soffrono di burnout "grave" ha anche soddisfatto i criteri per la depressione. I risultati dello studio di Ahola e altri (2005) però sono stati messi in dubbio (Bianchi, Schonfeld & Laurent, 2014) poiché questi autori impiegavano un punteggio relativamente liberale per identificare i partecipanti con burnout "grave". La cutoff era inferiore a quella raccomandata di solito (vedi Bianchi, Schonfeld & Laurent, 2015), rendendolo suscettibile di includere molti falsi positivi tra quelli identificati come “bruciati”. La ricerca, condotta negli ultimi 10 anni, ha dimostrato che la maggioranza degli individui con frequenze relativamente elevate di sintomi di burnout ha incontrato criteri diagnostici per la depressione (Ahola et al., 2005; Bianchi et al., 2014). Inoltre, i sintomi di burnout e depressione sembrano mutare insieme nel tempo, aumentando (o diminuendo) i sintomi del burnout si ha un aumento o diminuzione proporzionale di sintomi depressivi (Ahola, Hakanena, Perhoniemia & Mutanen, 2014; Bianchi, Schonfeld, & Laurent, 2015). Ahola et al. (2014) ha concluso che "il burnout potrebbe essere utilizzato come equivalente ai sintomi depressivi nella vita lavorativa" (p. 35). Questa conclusione è simile a quella già posta anni prima in uno studio che coinvolge un campione di insegnanti statunitensi, il quale afferma che "un modo più efficace per concettualizzare il burnout è considerarlo come una sindrome di sintomi depressivi causata dall'esposizione ad un ambiente di lavoro caratterizzato dal pericolo, dalla delusione e mancanza di controllo "(Schonfeld, 1991, p. 15). 1.5 BURNOUT NEGLI STUDENTI UNIVERSITARI? I risultati delle ricerche che hanno affrontato questo tema hanno evidenziato come il sistema di studi europeo sottopone gli studenti alla continua attività e ad una continua pressione di 14 2.1 IL LAVORO IN EQUIPE Nella letteratura psicologica tradizionale con il termine gruppo si fa riferimento all’insieme di due o più persone interagenti “vis à vis”, che si riconoscono come parte di un’entità durevole nel tempo e nello spazio e condividono quanto meno una finalità comune (Gergen, 1986). Secondo altre posizioni il gruppo postula l’interazione tra una pluralità di individui e per questo non basta pensare ad una coppia di individui, ma almeno ad un insieme di tre persone. E’ comunque vero che il legame a tre costituisce una modalità di funzionamento di coppia (il rapporto di coppia è costantemente informato dalla presenza fantasmatica di un terzo). Perché vi sia un gruppo, dunque, è necessaria la presenza di almeno quattro membri in quanto il numero delle possibili relazioni a due supera il numero dei membri (Pettigiani, 1996). Per la comprensione approfondita del gruppo un riferimento indiscusso rimane la definizione di Lewin (1936): il gruppo è “una unità che esprime qualcosa di più della somma delle qualità dei suoi membri”. Per l’operatore sanitario, essere e lavorare in equipe non è solo questione di metodologie o tecniche operative, ma fondamentalmente una esigenza etica, fondata sul valore di operare a servizio delle persone: è il bene della persona stessa, del malato in quanto bisognoso di assistenza, dell’operatore in quanto bisognoso di autorealizzazione, che richiede una adeguata attività ed esperienza d’equipe. Per equipe si intende un gruppo di persone che interagiscono tra di loro con varie dinamiche relazionali e si propongono un obiettivo operativo comune. Tra i benefici psicologici che si ottengono dal lavorare in equipe, il principale è che l’equipe induce ciascun partecipante a porre in discussione se stesso. L’esperienza di gruppo insegna, ad esempio, che non sempre le proprie idee sono le migliori, altri possono proporre soluzioni più valide e convincenti. Allo stesso modo la timidezza di qualcuno potrà essere gradualmente superata con una maggiore integrazione e conoscenza degli altri componenti (Pavan, 1999). L’equipe è una risorsa importante per contrastare il fenomeno Burnout, perché l’operatore di fronte a una difficoltà può confrontarsi, appoggiarsi e affidarsi ad essa. Una delle cause di Burnout si rifà appunto alla qualità delle relazioni tra colleghi. Le dinamiche all’interno di un gruppo non sono solo di tipo psicologico, ma risentono anche del quadro di valori esistente in esso. In una buona equipe di lavoro ci deve essere la reciproca accettazione benevola: sentirsi accettato, non sentirsi estraneo, non vedersi isolato, sono tutte situazioni interiori che accrescono l’autostima e il “gusto di vivere” e di conseguenza aumentano la disponibilità, la serenità e il desiderio di collaborazione. Anche a questo proposito l’inserimento dei nuovi arrivati non può ridursi ad uno scambio di informazioni professionali, 15 ma richiede da parte del resto dell’equipe, atteggiamenti e segni di attenzione, di accoglienza, di presentazione reciproca, di accompagnamento paziente e cordiale. Altri aspetti importanti per una buona relazione sono il rispetto reciproco e l’onestà; essere onesti nel senso di leali, sinceri è un altro valore necessario per una positiva convivenza reciproca. Importante nella relazione d’equipe è la collaborazione reciproca, collaborare significa lavorare con, lavorare insieme, non solo accanto; significa assumersi insieme le conseguenze delle azioni comuni. Diventa impegno etico per ogni componente dell’equipe portare il proprio contributo, a seconda del ruolo che occupa, per rispetto ai colleghi, per il buon raggiungimento degli obiettivi. “La partecipazione, valida e costruttiva è la base essenziale per il rinnovamento delle strutture, per la crescita delle persone, per il miglioramento degli ambienti sanitari; ciò deve essere attuato con il concorso di tutti” (Bassetti, 1992). È estremamente opportuno ed urgente che gli operatori sanitari siano aiutati attraverso una formazione di base e un continuo serio aggiornamento a “non essere solo dei tecnici, ma prima di tutto persone consapevoli del loro ed altrui valore. Essi dovrebbero essere preparati ad entrare nella logica del perché, cioè a chiedersi spiegazioni dei propri ed altrui comportamenti e soprattutto a prendere coscienza della loro totalità, dei loro meccanismi di difesa e delle loro caratteristiche più salienti. La formazione personale (oltre che professionale) consente nell’offrire strumenti per ripensarsi, per riscoprirsi e per poter riscoprire l’altro” (Bassetti, 1992). Questo cammino etico non va compiuto soli, ma richiede una mentalità di collaborazione, di solidarietà e di corresponsabilità: si richiede un’etica sociale, un’etica che coinvolga una comunità intera. Solo allora le relazioni interpersonali professionali diventano costruttive di valori, di umanizzazione e di autentico progresso. 2.2 ELEMENTI CHE POSSONO FAVORIRE/OSTACOLARE IL RAPPORTO D’EQUIPE Il lavoro d’equipe offre sostegno ai suoi membri. E’ il sostegno primario, di tipo affettivo, è quello dato dall’appartenenza stessa al gruppo, tanto che l’avere un gruppo cui riferirsi viene indicato come strategia di sostegno per chi lavora privatamente ed è quindi più facilmente isolato. Il gruppo è lo strumento che permette di venire a capo dell’ignoranza pluralistica, ossia dell’idea che i “miei sentimenti” e i “miei guai” sono unici, e che quindi consente anche di tollerare meglio i sentimenti di dolore, di sconcerto e impotenza che il lavorare con i bisogni della gente porta con sé. Attraverso di esso è possibile un confronto sul ruolo che riduca 16 ambiguità e conflitto e che rinforzi il senso di competenza. Il gruppo può essere il luogo e uno strumento fondamentale per contrastare stress e burnout attraverso l’elaborazione dei vissuti e dei sentimenti si provano in quel momento. Del Rio G. in Stress e lavoro nei servizi. Sintomi, cause e rimedi del burnout (1993) afferma che il burnout va visto anche come sottoprodotto di un ambiente che fa continue richieste all’operatore, senza consentire un bilancio delle esperienze. In altri termini, è facile vedere che laddove nel lavoro prevale l’agire, mentre è insufficiente la riflessione sull’operato, formalizzata in tempi e spazi adeguati, risultano favorite soluzioni individualistiche ai problemi di lavoro, e il burnout è più probabile. Del Rio conclude la sua considerazione suggerendo a chi dirige, di mettere in calendario in orario di lavoro, periodiche riunioni di equipe e gruppi di formazione. Naturalmente esistono ostacoli, a livello organizzativo, al costituirsi di un sistema di sostegno. La presenza di differenti orientamenti teorici in gruppo di lavoro o in un servizio, può dare luogo a conflitti. L’esistenza di differenze rispetto a risorse, status e potere può contribuire al conflitto, possono nascere motivi di competizione tra vecchi e giovani, uomini e donne, bianchi e neri e così via. La struttura dei ruoli può essere tale da non favorire lo scambio interpersonale: un esempio può essere l’esperienza in cui gli operatori lavorano sul territorio e quindi hanno poche occasioni di incontro, che rendono poco accessibili ritrovi sia durante, che dopo l’orario del turno. Motivi di interesse esterni al lavoro, di ordine familiare, amicale, politico, hobbies e altro, lasciano poco tempo ed energie affettive da investire negli aspetti sociali del lavoro, specie se questo implica impegni fuori orario. Esistono regole informali che limitano l’interazione tra gruppi presenti nell’organizzazione che costituiscono potenziali gruppi di sostegno. Alti tassi di turnover impediscono il costituirsi di una buona coesione di gruppo e rendono più difficili adeguati investimenti affettivi. CROCI E DELIZIE DELL’ESSERE IN GRUPPO Quando le persone non si conoscono, nella fase iniziale di un percorso formativo, il gruppo è percepito come un terreno sconosciuto che suscita una certa apprensione più che come un accogliente e rassicurante contesto. “Chi sono queste persone? Ci saranno affinità tra noi? Mostreranno interesse per la mia persona? Saranno degli alleati o dei rivali?”. Ecco alcune delle domande che presumibilmente si pone un soggetto prima di conoscere i colleghi che condivideranno con lui il posto di lavoro. Poi con il passare del tempo, vivendo esperienze comuni e condividendo gli stessi scopi, il gruppo sarà investito di un nuova funzione: quella rassicurante e di contenitore. Si tratta di una funzione dalle molteplici sfaccettature, alcune a 19 CAPITOLO 3 INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DEL BURNOUT 20 3.1 PREVENZIONE Ci sono diversi approcci e programmi di formazione nell’ambito della prevenzione, del riconoscimento precoce e della gestione delle situazioni di burnout. La prevenzione fa riferimento alle principali caratteristiche del burnout: esaurimento, depersonalizzazione e diminuzione dell’efficienza e produttività lavorativa. Queste caratteristiche derivano dai principali fattori di stress identificati sul luogo di lavoro. La prevenzione è fondata su fattori che generano e promuovono la salute fisica e mentale sul posto di lavoro. Le risorse disponibili a livello individuale sono principalmente risorse interne, mentre le risorse esterne sono sviluppate sul luogo di lavoro. 1. Risorse interne:  Strategie di coping attive  Valutazione positiva e autovalutazione della personalità  Atteggiamenti razionali  Coinvolgimento  Motivazione intrinseca  Cooperazione con i clienti Le strategie di coping attive hanno come obiettivo le trasformazioni delle situazioni e agiscono indirettamente sulle emozioni; sostengono lo sviluppo dei piani (per raggiungere gli obiettivi) e danno vita ad azioni per contrastare lo stress. Si può notare che una strategia verso l’adattamento allo stress centrato sul problema porta a esperienze lavorative positive, mentre una strategia basata sulle emozioni contribuisce a esperienze lavorative negative. Una risposta orientata al problema e una valutazione positiva della personalità possono portare ad un incremento dei risultati personali (Marian, 2004; Marian, Drugaş & Roşeanu, 2005). L’opportunità di collaborare con i clienti per risolvere i loro problemi e per adempire ai loro bisogni e desideri sono risorse per chi lavora in aree che forniscono tali opportunità. Infatti la cooperazione con il cliente può portare ad un aumento della soddisfazione sociale, all’aumento del senso di efficacia e di competenza. Inoltre i clienti riconoscenti possono aiutare ad accrescere l’autostima. 21 2. Risorse esterne:  Supporto sociale  Opportunità di migliorare le condizioni di lavoro (autonomia, partecipare ai processi decisionali, ecc.)  Ricevere risorse in situazioni diverse  Gestione del tempo (impostare e dare la precedenza agli obiettivi, pianificare azioni e valutare i progressi La soddisfazione nel lavoro ha un effetto protettivo contro le conseguenze negative dello stress lavorativo. I fattori organizzativi e fattori personali sono importanti per la gestione sia dello stress che della soddisfazione (Visser, Smets, Oort & DeHaes, 2003). In generale, la ricerca ha individuato una relazione negativa tra la gestione del tempo e il Burnout e una positiva tra la gestione del tempo e le variabili correlate alla salute. Studi riguardanti le ferie annuali si sono focalizzati sulla misurazione del livello di stress e di burnout prima, durante e dopo le ferie. Possono essere tratte quindi diverse conclusioni:  Riduzione del burnout durante le vacanze  Tre giorni dopo le ferie annuali il livello di esaurimento era quasi uguale  Dopo tre settimane era lo stesso (Westman & Eden, 1997) Un programma di prevenzione dovrà centrarsi quindi su:  Eliminare, ridurre i fattori di stress dell’ambiente lavorativo  Sviluppo di valori nella cultura organizzativa  Sviluppo di atteggiamenti e relazioni gratificanti  Sviluppo di un sostegno sociale efficace  Programmazione e pianificazione delle risorse  Consultazione con i dipendenti  Posto di lavoro confortevole e personalizzabile  Partecipazione dei dipendenti nelle scelte e nei cambiamenti L'efficacia della prevenzione del burnout sul lavoro dipende da alcune misure di gestione. Devono essere attuate misure preventive a livello manageriale. I gestori possono osservare i primi segni di burnout nei dipendenti e/o l'esistenza di stress specifici di burnout in ambiente di 24 In conclusione, i partecipanti sono stati incoraggiati a osservare la loro situazione in modo diverso e vedere opportunità per la crescita personale (citato in Pines & Aronson, 1988). Gli interventi diretti all’individuo sono generalmente misure cognitive-comportamentali quali:  Psicoterapia  Consulenza  Supporto sociale  Formazione di abilità comunicative  Esercizi per il rilassamento  Formazione di abilità adattabili a più contesti Schaufeli (1995) ha individuato che gli interventi che riguardavano tecniche di rilassamento e esercizi cognitivi erano riusciti a diminuire la componente emotiva del burnout. 3.4 ALTRI INTERVENTI  LA TEORIA ESPERIENZIALE DI GRUPPO La teoria esperienziale di gruppo si basa su interventi terapeutici attivi, come tecniche socio- drammatiche e psicologiche (Blatner, 1996; Leutz, 1986). Altri metodi terapeutici utilizzati in questi gruppi includono terapie creative come il disegno, la musica, il racconto di storie e rilassamento del corpo (Salmela-Aro, Nataanen & Nurmi, 2004).  LA TERAPIA ANALITICA DI GRUPPO La terapia analitica di gruppo si basa su associazioni libere all’interno del gruppo (Ashbach & Shermer, 1987). L’idea teorica principale dietro questo modello di lavoro è stata quella che i partecipanti trasferissero le loro precedenti esperienze emozionali a terapeuti e a altri gruppi di partecipanti. Il livello proiettivo era costituito dagli aspetti più difficili e temuti dell’esperienza, spesso erano sentimenti evocati da conflitti sul lavoro. Il risultato collettivo fornito mostrava nuove identificazioni con il gruppo, ad esempio sentendo che non si è soli con i problemi, e che il progresso è possibile con l’aiuto degli altri (Salmela-Aro, al., 2004). Un focus dell’intervento è quello di migliorare i rapporti interpersonali dei partecipanti, cosa che è stato dimostrato essere un elemento chiave per il burnout (Leiter & Maslach, 2000). Gli interventi che si sono focalizzati sulla diminuzione degli effetti negativi collegati agli obiettivi individuali aiutano il recupero dal burnout (Salmela-Aro, al., 2004). In coloro i quali 25 le emozioni collegate ai loro progetti diventano meno negative, sembrano mostrare una riduzione del burnout durante l’intervento rispetto ad altri partecipanti. Durante l’intervento infatti sono diminuiti i progetti, gli obiettivi connessi al lavoro, mostrando meno preoccupazione per i problemi lavoro correlati (Salmela-Aro al., 2004).  INTERVENTO SINTOMATICO Interferire con i sintomi utilizzando particolari metodi comportamentali per conseguire alcuni obiettivi come:  Soluzione semplici per il rilassamento fisico per la stanchezza  Riorganizzazione del programma di vita, focalizzandosi su attività preferite  Ricerca e utilizzo di risorse esterne  Formazione del comportamento alla frustrazione  Individuazione di aree di interesse  INTERVENTO A LIVELLO DI CAUSA L’intervento a livello di causa utilizza principalmente metodi cognitivi. Si presenta con i seguenti metodi:  Distinguere e sviluppare le idee razionali riguardo le proprie richieste, degli altri e del mondo del lavoro  Gestione delle emozioni che riguardano l’esaurimento  Riorganizzazione dei valori  Corsi di autocontrollo  Formazione di simulazione/scenari di gioco  STRATEGIE DI COPING Le strategie di coping, definite abitualmente come metodi specifici, sono dirette a determinati obiettivi:  Orientate al problema (rispondere direttamente alla situazione stressante)  Orientate all’emozione (moderare la risposta emotiva alla situazione stressante) 26  Orientate all’evasione da una situazione stressante (Billings and Moos, 1981) Le diverse strategie di coping sono state esaminate per quanto riguarda l'aspetto e lo sviluppo delle tre dimensioni del burnout. Le strategie di coping sono legate al processo sequenziale del burnout. Così, sentimenti di basso livello di realizzazione personale e l'esaurimento emotivo sono i segni del burnout che inizia, la depersonalizzazione è una strategia di coping. L'efficienza delle strategie di coping dipende dalle situazioni e dai processi. Adeguate strategie di coping possono essere di grande aiuto per interventi preventivi sul burnout (Plana et al., 2002). Gli stimoli di stress (come le discrepanze tra uno stato percepito e uno stato desiderato) possono attivare strategie di coping in modi diretti o indiretti legati al benessere psicologico anticipato o percepito (Edwards, 1992). Quando si anticipano potenziali minacce, lo stress ha già attivato strategie dirette, mentre il benessere psichico danneggiato attiva strategie indirette. Le diverse strategie di coping sono un collegamento in un complesso sistema di relazioni. In uno studio con educatori sociali, Plana et al. (2002) hanno utilizzato la tecnica di modellazione dell'equazione strutturale per esaminare il sistema delle relazioni tra diversi metodi di coping e le dimensioni della sindrome di burnout. I risultati hanno mostrato che diverse strategie di coping hanno mediato una relazione simultanea tra i sentimenti della realizzazione personale e dell'esaurimento emotivo sul posto di lavoro. La realizzazione personale tenderebbe a ridurre l'esaurimento emotivo, mentre l'esaurimento emotivo avrebbe un impatto non significativo sulla realizzazione personale. Questo modello fornisce, al contrario delle aspettative, che le strategie e i metodi combinati di coping siano più efficienti di uno stile gestionale di burnout basato su un’unica strategia direzionale. 29 Bassetti, O. (1992). Relazione infermieristica e lavoro in equipe. Firenze: Rosini. Bianchi, R., Boffy, C., Hingray, C., Truchot, D., & Laurent, E. (2013). Comparative symptomatology of burnout and depression. 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