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La società di massa alla fine del XX secolo, Appunti di Storia

Le caratteristiche della società di massa che si è affermata nella seconda metà del ventesimo secolo, con l'avvento dei mass media, dei consumi di massa, della scuola di massa e della cultura di massa. Si parla anche della nascita dei partiti di massa, del movimento socialista, della sindacalizzazione di massa e del nazionalismo. Inoltre, si approfondiscono i temi della cittadinanza e dei diritti, della scuola pubblica e dell'editoria.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 04/06/2022

alvisecegnini
alvisecegnini 🇮🇹

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Scarica La società di massa alla fine del XX secolo e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! LE CARATTERISTICHE DELLA SOCIETÀ DI MASSA ALLA FINE DEL XX SECOLO Lo sviluppo tecnologico e industriale del tardo Ottocento portò con sé una trasformazione sociale culturale politica con la nascita della società di massa che si affermò nella seconda metà del ventesimo secolo. Si pensi ai mass media, ai consumi di massa, alla scuola di massa e alla cultura di massa, che comprendono un gran numero di persone. Agli inizi del XX secolo nella mente delle persone dominava la fiducia per un futuro prospero e più agiato in linea con il pensiero positivista, diffondendosi la convinzione che dove vi era istruzione vi era progresso, sviluppando un tipo di scuola pubblica, allora solo in mano alla chiesa. La concezione che la scuola dovesse divenire accessibile a tutti venne presa in considerazione come compito specifico dagli stati nazionali, dovendo quindi combattere l’analfabetismo e dedicando grande attenzione alla scuola superiore di tipo tecnico-professionale, all’epoca esisteva solo il liceo classico. Con la diffusione dell’alfabetismo, l’editoria ebbe un notevole successo grazie soprattutto alla sempre maggiore libertà di stampa; Inoltre il telegrafo ed il telefono rendevano più rapida la diffusione delle notizie. Nella società industriale anche i temi della cittadinanza e dei diritti vennero sollevati notoriamente, soprattutto di una presa di coscienza collettiva in cui si richiedevano maggiori diritti politici, in particolare il diritto di voto, oppure i diritti sociali come il diritto ad un’equa contribuzione o alla tutela dei lavoratori nelle fabbriche. Con l’estensione del diritto di voto, anche se per il momento solamente maschile, i modelli liberali divennero inservibili per poter gestire l’afflusso politico. La risposta a questa esigenza furono i partiti di massa, cioè il partito comunemente come noi lo intendiamo, attivo a livello nazionale ma capace di radicarsi anche a livello locale. Nascita del moderno partito in Europa nell'ultimo quarto del ventesimo secolo con il movimento socialista: ● Nel 1875 venne fondato il partito socialdemocratico tedesco SPD; ● Nel 1879 Il Partito Socialista francese SFIO; ● Nel 1892 Il Partito Socialista italiano PSI. Il movimento socialista trovò nel partito lo strumento fondamentale per definire diffondere il programma e gli obiettivi della classe operaia. Per questo i partiti socialisti concorrevano come organizzazioni di classe rivendicando lo scopo di raggiungere un grado più avanzato di organizzazioni giustizia dell'intera società. Insieme alla formazione dei partiti, Un altro importante fenomeno fu la sindacalizzazione di Massa. La concentrazione industriale rendeva Infatti più facile organizzazione dei lavoratori e accresceva l'efficacia delle lotte sindacali; In questo periodo la classe operaia della grande industria metalmeccanica siderurgica chimica divenne la forza trainante del movimento operaio. Nel 1868 venne creato il Trade union Congress, nel 1895 la Confédération générale du travail Nel 1906 la CGL Confederazione generale del lavoro. I sindacati si moltiplicarono e potenziarono la loro rete organizzativa migliorando la politica rivendicativa, in tal modo si ottennero risultati importanti, come la riduzione degli orari di lavoro, l'aumento dei salari e riconoscimento del diritto di sciopero e di associazione. Diversa fu la posizione invece lavorata dal movimento cattolico, che nell'ultimo decennio dell'Ottocento cominciò ad affondare le proprie organizzazioni sindacali e politiche. La chiesa e i cattolici compivano in questo modo una vera e propria svolta storica, che trova la sua sanzione nell' enciclica Rerum novarum pubblicata nel 1891 da Papa Leone XIII, in cui per la prima volta l'istituzione qual era la Chiesa Cattolica andava a spiegare i propri principi e le proprie convinzioni. Essi mossero l'idea che la società fosse mossa da una pluralità di gruppi ciascuno dei quali svolge la propria funzione come le famiglie, le associazioni di mestiere, gli operai e contadini, con una rigida gerarchia. La democrazia per i cattolici del XX secolo consiste nella capacità di rendere armonica e coesa la società attraverso la cooperazione e la solidarietà dei ceti. Programmi dei partiti politici dell'epoca come il tedesco Zentrum per vedevano come punti qualificanti la garanzia per i lavoratori di un equo salario, oppure il sostegno alla piccola proprietà contadina. La dialettica tra cattolicesimo, liberalismo, democrazia e socialismo non esaurisce il quadro di movimenti e delle culture politiche del tardo Ottocento, poiché in questi decenni si affermò il Nazionalismo o meglio una nuova variante di quel nazionalismo che avrebbe attraversato tutto il ventesimo secolo. Il nazionalismo mutò profondamente trasformandosi progressivamente in un'ideologia autoritaria e aggressiva assumendo un carattere tendenzialmente di massa, coinvolgendo i ceti intermedi e anche quelli popolari. La distanza fra il nazionalismo e la tradizione illuminista emerge dalla sua visione della società: insieme al culto della nazione esso accompagna infatti l'esaltazione della tradizione, della forza e del disprezzo per la ragione. Il discorso nazionalista era sorretto da due schemi mentali, quali erano la contrapposizione tra civiltà e barbarie, e dell’ossessione del nemico, ossia la predispodizione di addossare determinate colpe di malagestione di uno stato a una o più entità, interne od esterne. Questi due schemi favorirono il diffondersi del razzismo e dell’antisemitismo. Il razzismo si diffuse soprattutto per la rapida espansione coloniale delle maggiori potenze europee; Un importante contributo alla superiorità di popoli venne dato con la Teoria dell'evoluzione di Charles Darwin. Venne per la prima volta però bloccato, attraverso l’ostruzionismo parlamentare e dalla spaccatura della maggioranza. Si contrapponevano la tendenza conservatrice di Pelloux, ed una progressista di Giolitti e Zanardelli. Tragicamente, il 29 luglio 1900 a Monza il Re Umberto I di Savoia venne ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci, per vendicare la mossa meschina del generale. Il 14 aprile del 1900 a Parigi si aprì l’expo, dopo uno stacco di cinquant’anni dal precedente di Londra. Le tensioni politiche prevalevano principalmente sulle terre dell’Alsazia Lorena, nelle terre irridenti italiane e nei Balcani. Nel 1898 a Fashoda, avvenne un fatto molto importante quanto azzardato, poiché delle truppe francesi sconfinano in territorio inglese, arrivando ad uno stallo diplomatico che si risolse nel 1904 con l’Intesa cordiale, grazie alla quale agli inglesi era riconosciuto il dominio in Egitto e la legittimità delle azioni francesi in Marocco. che provocarono tentativi multipli di sottomettere la regione, fallendo. Nel 1907 la Russia si unì alla Entente Cordiale sancendo la nascita della Triplice Intesa, creando nella Germania una sindrome di accerchiamento aggravata in particolar modo dopo la crisi marocchina del 1911, dove dopo l’invio di truppe francesi il Kaiser occupò la rada di Agadir con un incrociatore, dovendo ritirarsi poco più tardi. Questo periodo fu caratterizzato da un secolo di relativa pace in tutto il continente ed un significativo sviluppo, che culminò con il primo Nobel per la pace nel 1901. Nonostante ciò, l’area più instabile dell’Europa era la penisola dei Balcani, che dopo la Conferenza di Berlino del 1878 venne in un qualche modo stabilizzata evitando l’insorgere di conflitti. Tuttavia la regione era contesa dalle potenze europee come l’Austria che la considerava una sua zona di influenza, insieme alla Russia che desiderava estendere il controllo territoriale verso lo stretto di Dardanelli, pertanto quest’ultima si atteggiava a paladina della autodeterminazione dei popoli slavi, contro il governo della Sublime Porta. L’Italia puntava anch’essa ad estendere la propria influenza nell’area, mentre la Gran Bretagna vedeva con preoccupazione lo scalare delle tensioni che avrebbero minato il controllo della sua rotta commerciale per l’India. Paesi come la Serbia, Montenegro e Bulgaria vivevano in una situazione di tensione geopolitica che sarebbe sfociata nelle Guerre dei Balcani, del 1912-1913. IL CASO ITALIANO Agli inizi del 1900 l’Italia conobbe un momento di instabilità politica, dove la svolta autoritaria venne bloccata dai liberali progressisti, primo fra tutti Giovanni Giolitti. Nel celebre discorso che egli tenne al Parlamento del resto, per la prima volta propose un manifesto politico grazie al quale avrebbe portato alla graduale coesione sociale e territoriale, spinta soprattutto dal decollo industriale di quel secolo, nonostante il divario fra nord e sud aumentasse, e bisognava capire come governare la modernizzazione italiana con le sue inevitabili tensioni. I liberali concordavano sul fatto che all’Italia servisse un cambiamento radicale, dove la classe operaia diventava sempre più rilevante, cresceva un’opinione pubblica, ma i modi con cui farlo differivano. La linea del liberalismo conservatore di Sidney Sonnino era un esempio, che riteneva che il potere esecutivo dovesse essere rafforzato, per neutralizzare le forze “antisistema”. Tuttavia nel caso di Giolitti, più volte citato come “il Ministro bifronte”, riteneva che vi fosse la necessità di un liberalismo progressista, favorendo un’alleanza tra le varie forze produttive moderne, dove nel caso dei socialisti occorreva procedere ad un accordo grazie al quale il Parlamento venisse rafforzato. Un’ulteriore obiettivo da perseguire era quello di ampliare il diritto di voto, e trovare inoltre un accordo con la corrente cattolica, allora esclusa ancora dalla vita politica. Nella primavera del 1901, Re Vittorio Emanuele III di Savoia diede l’incarico a Zanardelli di formare un governo, che ottenne la fiducia del Partito socialista di Turati, a costo di alcune successive considerazioni. Giolitti dominò la vita politica dell’Italia fino alle soglie della Grande Guerra. Nel corso della sua vita politica di inizio Novecento, l’attività sindacale aumentò notevolmente, aumentarono le camere del lavoro, e nel 1906 venne fondata la Confederazione Generale del Lavoro. Nel corso del primo governo Zanardelli-Giolitti vennero varate riforme per la tutela del lavoro di donne e bambini, con l'obbligatorietà del riposo settimanale. Nel 1905 vennero statalizzate le ferrovie, vennero municipalizzati i servizi pubblici, e nel 1912 venne realizzato il primo sistema di sicurezza sociale. I vari stanziamenti di denaro indirizzati al Mezzogiorno tuttavia, finirono per alimentare la corruzione e le clientele. Non venne però attuata la riforma tributaria che avrebbe diminuito le imposte indirette ed aumentato invece quelle progressive sul reddito. Purtroppo però il progetto giolittiano di integrare le masse popolari attraverso un accordo con i socialisti fallì. I deludenti risultati delle riforme ed i ripetuti eccidi dei contadini meridionali accesero l’ira dei sindacalisti rivoluzionari, guidati da Arturo Labriola. Nel 1904 essi proclamarono il primo sciopero nazionale, che paralizzò il paese ma che non rappresentò la “spallata” rivoluzionaria che Labriola sperava. Dopo la Rerum Novarum del 1891, il movimento cattolico crebbe soprattutto nelle campagne, dove qui erano sorte delle “leghe bianche”, organizzazioni sindacali cattoliche. Il movimento cattolico era ormai consapevole che non poteva consapevole di non poter rimanere più escluso dalla politica italiana in cambiamento, pertanto tra il 1905 ed il 1909 il governo di Giolitti strinse degli accordi con questi ultimi in quei collegi dove vi era il rischio che vincesse la sinistra. Giolitti tuttavia dovette fare i conti soprattutto con il fenomeno del nazionalismo, che stava assumendo un carattere sempre più politico, in particolar modo dopo la fondazione nel 1910 dell’ Associazione Nazionalista Italiana. Tutti i ceti sociali volevano un’Italia forte sia all’interno che all’esterno, che doveva trovare nell’espansione coloniale un attestato della propria superiorità. La guerra si materializzò nel 1911, dove gli italiani occuparono i territori ottomani della Libia e del Dodecaneso. Per la prima volta la stampa aveva giocato un ruolo fondamentale per creare un’opinione pubblica favorevole alla guerra. In particolar modo, questa guerra aveva favorito la coesione delle forze liberali e cattoliche che le prime elezioni a suffragio universale maschile del 1912 confermarono. In quest’anno, liberali e cattolici strinsero un accordo denominato PATTO GENTILONI, per il quale i cattolici avrebbero appoggiato i candidati liberali che si sarebbero impegnati a garantire un’istruzione privata, l’insegnamento della religione cattolica a scuola e a bocciare la proposta di legge sul divorzio.
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