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La stampa italiana durante la Prima Guerra Mondiale e il dopoguerra, Appunti di Storia del Giornalismo

L'atteggiamento della stampa italiana prima e dopo l'attentato di Sarajevo e la dichiarazione di neutralità del governo italiano. Si evidenzia l'incertezza delle posizioni assunte dai diversi organi di stampa e la frammentazione delle prese di posizione. Si descrivono i due fronti contrapposti, quello neutralista e quello interventista, e si analizzano le motivazioni che portarono all'entrata in guerra dell'Italia. un quadro completo dell'atteggiamento della stampa italiana durante la Prima Guerra Mondiale e il dopoguerra.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 28/04/2023

Michela.demarchi
Michela.demarchi 🇮🇹

4.5

(42)

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Scarica La stampa italiana durante la Prima Guerra Mondiale e il dopoguerra e più Appunti in PDF di Storia del Giornalismo solo su Docsity! LA STAMPA DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE E NEL DOPOGUERRA SCONTRO NEUTRALISTI E INTERVENTISTI L’attentato di Sarajevo il 28 giugno 1914 giunge in un momento di crisi del sistema giolittiano segnata dall’avvento del governo nel marzo 14 di Antonio Salandra  governo che segna una cesura rispetto ai governi dell’età giolittiana nonostante Giolitti abbia raccomandano al re il nome di Salandra, gestirà la crisi esplosa di lì a poco con l’attentato. Dà spazio a tutte le forze ostili a Giolitti e mobilita i socialisti che vedevano in Salandra un uomo liberale gradito, fa capire il contesto politico in cui si dipana poi la crisi: prima dello scoppio della guerra, di fronte alla minaccia del conflitto l’atteggiamento della stampa italiana non è univoco e chiaro, ma confuso e le prese di posizioni assunte dai diversi organi di stampa indicano una frammentazione che si consuma su tutte le questioni poste dall’eventuale conflitto (forze in campo, schieramenti, cosa fare in caso di scoppio…), quindi una fluidità delle posizioni che cambiano giorno dopo giorno, inoltre le incertezze della stampa sono molte, a eccezione dei nazionalisti che vedono nella guerra un evento interessante. Atteggiamento della stampa liberale come il Corriere della sera  era sempre stato triplicista, ovvero a favore della triplice alleanza che legava l’Italia alla Germania e Austria-Ungheria, ma aveva fatto qualche concessione del recente passato dopo l’annessione della Bosnia Erzegovina dell’Austria. Nel periodo successivo all’attentato il Corriere che era sempre stato deciso e chiaro con prese di posizioni nette diventa un giornale che si muove con grande incertezza e cautela: sta per scoppiare la guerra più spaventosa, ma di fronte all’attentato il Corriere minimizza la gravità che era segnale della guerra e tenta di sostenere un clima di simpatia nei confronti della Germania. Ci sono molti auspici alla conciliazione, invita a discutere diplomaticamente, ma non ci sono i presupposti, infatti la guerra scoppierà dopo un mese con condizioni ben precise ed emerge bene il terrore del Corriere: che l’equilibrio europeo in realtà finisse per venire meno, ma anche una lettura poco perspicua, i lettori di fronte a questo evento cercano interpretazioni e prospettive, il Corriere è incerto e non fornisce alcuna ipotesi per il futuro. Questa incertezza è simile agli altri organi liberali come la Stampa, la Tribuna, il Mattino di Napoli e Il resto del carlino: incapacità di leggere la cesura dell’attentato e della guerra imminente. La stampa cattolica è assimilabile a quella dei liberali. L’altro fronte è quello socialista, repubblicana e radicale  L’Avanti era diretto dal 1914 da Mussolini, socialista massimalista, famoso è rimasto l’editoriale del 26 luglio 1914 ‘Abbasso la guerra’ in cui d’accordo con la direzione del partito tenta di mobilitare le masse socialiste contro la guerra, lo slogan è ‘Né un uomo né un soldo’, quindi è una posizione contraria alla guerra. Quando si leggono alcuni articoli dell’Avanti però ci sono voci favorevoli ai paesi dell’intesa (GB, Francia e Russia) perché erano regimi liberali, non menzionando che l’alleato era anche la Russia zarista che non era liberale. Già dopo l’attentato è chiara l’incertezza delle posizioni che porterà ai mesi successivi il suo direttore all’interventismo e il resto del partito allo slogan ambiguo ‘Né aderire né sabotare’. La stessa incertezza attraversa la stampa repubblicana e radicale divisa da due opposte tendenze: da una parte erano stati i più forti sostenitori delle linee pacifiste, quasi tutti gli uomini impegnati nel movimento pacifisti erano radicali repubblicani, dall’altra arrivavano da Mazzini con il grande progetto risorgimentale che voleva l’Italia con anche Trento e Friuli (ripresa della tradizione risorgimentale che avrebbe portato all’interventismo democratico, ovvero distinti dai nazionalisti). Le incertezze permangono anche dopo la dichiarazione della neutralità del governo italiano del 2 agosto 1914  era uno sganciamento dalla triplice, l’alleanza era messa in crisi e si iniziano a muovere i giornali nazionalisti che temono che la neutralità diventi perpetua, invece puntano su una interpretazione della neutralità armata, ovvero non entrare in guerra ora, ma prepararsi. Cercano di puntare verso il prossimo intervento a fianco di chi darà di più, quindi imperi centrali o intesa purché si salvaguardi gli interessi: non rivendicano solo Trento e Trieste, ma la Dalmazia, l’Istria, tutta la costa adriatica orientale e iniziano a dire che la linea di espansione di interessi economici erano i Balcani che portavano allo scontro con Austria- Ungheria (vogliono entrare in guerra con chi darà più vantaggi, è meglio entrare con l’intesa perché vincendo l’Italia otterrà vantaggi). Un altro elemento forte è che l’intervento in guerra è necessario non solo per motivi geopolitici, ma il bagno di sangue è necessario per portare a compimento il risorgimento e fare della nazione una vera nazione, quindi la rigenerazione della nazione che passa attraverso una prova di sangue e compattezza che mescola tutti per la patria. Gli organi di stampa liberale seguono la linea del governo con la neutralità, linea condiscendente, dopo la dichiarazione di neutralità del 2 agosto è sempre più travagliata ed emerge una linea radicale repubblicana in cui il pacifismo è messo da parte prevalendo le istanze di un possibile intervento: alle ragioni dell’irredentismo si affianca il fatto che è bene in caso di entrata in guerra che l’Italia scelga di essere a fianco della Francia e della GB, ma si parla poco della Russia zarista. La situazione ha un momento di snodo nell’autunno 1914 quando si scoprono le carte con Gaetano Salvemini  direttore dell’unità (settimanale dal dicembre 1911), era un socialdemocratico ed è il primo a schierarsi a favore di un intervento a fianco dell’intesa: - è giusto portare a compimento l’unità d’Italia - la vittoria austro tedesca consoliderebbe il regime dinastico nel resto dell’Europa con un modello antidemocratico e illiberale (erano imperi), significherebbe una crisi delle democrazia, quindi una vittoria dissiperebbe nei paesi vinti le tradizione di libertà civile, all’opposto una vittoria anglofrancese rafforzerebbe le tradizioni dei diritti civili e politici tipici delle democrazie, anche in Russia con un’evoluzione. - dietro le buone ragioni vi era anche l’anti giolittismo di Salvemini, già Giolitti aveva manifestato senza rendere pubbliche posizioni neutraliste, quindi l’intervento a favore della guerra aveva anche la funzione contro Giolitti. Matura nell’ottobre 1914 tra fronte neutralista e interventista  inizia la battaglia sempre più aspra, fondamentale per le sorti dell’Italia perché il governo Salandra non ha una posizione convinta sulla guerra, il parlamento che era stato votato con le elezioni al suffragio universale maschile del 1913 non era a favore della guerra, quindi il parlamento italiano non vede nella guerra una buona soluzione, ma guarda in buona parte a Giolitti (pure il governo non ha una posizione certa altrimenti sarebbe intervenuto subito). L’opinione pubblica pure non era certa, c’erano nazionalisti, ma nessuno desiderava la guerra e la tensione verso la guerra che caratterizza l’opinione pubblica francese fortemente antitedesca è assente in Italia, soprattutto le masse contadine non erano a favore della guerra. In questo contesto la stampa fu un elemento di pressione sul governo, parlamento e opinione pubblica: gli orientamenti contarono enormemente, i movimento avevano portato i giornali ad essere nelle mani di industriali favorevoli alla guerra, importante per capire la fase della lotta e contrapposizione tra neutralisti e intervertiti. Nell’autunno 1914 gli interventisti sono i nazionalisti, una parte dei liberali e una parte dei radicali repubblicani che sono interventisti democratici, i neutralisti sono i liberali giolittiani, i cattolici e i socialisti. Agisce da acceleratore della dinamica la conversione di Mussolini all’intervento: dopo alcune avvisaglie che si capiscono da alcuni articoli, il 18 ottobre 1914 compare sull’Avanti un articolo che segna il passaggio ‘Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante’, in cui Mussolini rivela se stesso e la sua anima, affiorano tanti motivi ideologici e psicologici che agitano Mussolini in quel momento: - era sempre stato insofferente per la tradizione pacifista e internazionalista del partito - era un grande lettore e uomo di grande cultura, aveva letto Nietzsche, Sorel e tutte le filosofie che esaltavano l’atto e l’azione per l’azione (caratterizza anche il movimento d’avanguardia del futurismo) - elemento psicologico con ansia di protagonismo dell’uomo di trovare spazio di emergere, non sarebbe accaduto se fosse rimasto nell’Avanti. Di fronte all’articolo si apre un aspro dibattito nel partito, molti sono i giornali radicali e repubblicani applaudono gli interventi di Mussolini e molti giornali liberali parlano della presa di posizione di Mussolini, ma nel partito sono pochi a pensarla come lui quindi si arriva alla destituzione come direttore e espulsione dal partito socialista. Fonda il nuovo giornale con l’aiuto del diretto del resto del carlino Filippo Naldi, radicale passato su posizioni proto nazionaliste e nazionaliste, raccoglie i fondi e il denaro per finanziare il giornale del 15 novembre 1914 ‘IL POPOLO D’ITALIA’, trovando il denaro con gli industriali interventisti che vogliono la guerra perché pensano di ottenere molti vantaggi (sono interessati a nuove rotte commerciali e commesse che vengono quando si entra in guerra). Nasce a Milano con il sottotitolo ‘Quotidiano socialista’ ed è interventista, sulle sue pagine Mussolini esercita la sua penna esaltata e graffiante riempendo il giornale di titoli efficaci e potenti a tutta pagina con anche brevi note polemiche, il giornale vende subito 30mila copie che durante la guerra diventeranno 50mila-80mila. Il secondo punto di svolta è il febbraio 1915 quando Giolitti si attiva perché ha capito che si sta andando verso un intervento, sa di poter contare sul ritorno al governo, che l’opinione pubblica è ancora neutralista e lancia la sua proposta di chiedere all’Austria in cambio della neutralità italiano di cedere le terre irredenti senza entrare in guerra (ipotesi plausibile all’inizio, poteva essere un’opzione auspicabile dopo i primi mesi di guerra). Il 1° febbraio 1915 sulla Tribuna diretta da Malagodi viene pubblicata una lettera di Giolitti a un deputato amico, in cui affermava che era possibile ottenere parecchio: il documento originale diceva ‘molto’, si poteva ottenere molto date le trattative con l’Austria in cambio della neutralità, ha l’obiettivo di aggregare gli in Italia membro del partito socialista di kerensky Sukomlin  da una visione complessa e informata degli eventi in Russia, la situazione è molto fluida e in divenire, il governo vov è traballante e può essere messo in crisi. È l’unico ad avvertire i lettori della forza dei soviet, c’è un attore politico che è forte e ha il favore delle masse, ovvero il soviet, è l’unico a dire che il vov è un governo provvisorio che non reggerà. Sucomlin torna in Russia e l’Avanti rimane privo di notizie fresche, ma è l’unico ad avere queste notizie per alcuni mesi, inoltre quando scoppia la seconda rivoluzione, quella bolscevica, l’Avanti a guida dei massimalisti si schiera a favore dei bolscevichi e si accosta alle tesi di Lenin. Chi si preoccupa delle notizie da mosca sono le autorità militari: circola per un sentito dire lo scoppio della rivoluzione tra i soldati che connettono la rivoluzione alla fine della guerra, si farà severissima nel 1917 la pressione sui soldati da parte dei comandi dell’esercito, diventa stretta la sorveglianza sui soldati e il controllo della corrispondenza dei soldati e per i soldati (alimenta il malumore e disagio). La seconda rivoluzione russa corrisponde a caporetto  sparisce dai radar della stampa italiani per l’emergenza straordinario nell’ottobre 1917, a occupare le pagine dei quotidiani nell’ottobre e novembre 1917 è l’offensiva austro tedesca sull’Isonzo. Di fronte all’evento epocale quando il rovescio militare è evidente l’atteggiamento della stampa è di sostenere il morale della popolazione e tranquillizzare sulla solidità delle difese italiane, in realtà ci sarà lo sfondamento e quando si dovrà prendere atto di ciò non si parlerà mai dell’evento. Si fa un grande appello alla concordia nazionale insistendo sulla capacità di resistenza dell’esercito, si evince che è successo qualcosa di grave, le notizie sulla ritirata si diffondono per passaparola perché ci sono popolazioni coinvolte, ma sulla stampa si mettono in secondo piano notizie e informazioni per concentrarsi sui provvedimento dell’esercito e il governo Orlando per difendere il sacro suolo nazionale che era stato violato. Non si dice cosa sia successo, di caporetto non abbiamo l’evento e l’informazione sulla ritirata, ma l’eco e il riflesso dell’evento con toni preoccupati degli editoriali, espressioni solenni e retoriche, c’è l’esorcizzazione e la mistificazione dell’evento. Le cose cambiarono dopo caporetto con Diaz perché fu studiata una regia mediatica da parte dell’esercito con il 1918, si profilò la ripresa je la possibilità di una vittoria: fase di forte concordia e compattezza della stampa a sostegno del nuovo governo Orlando Sonnino che portò alla vittoria  sostegno al governo e all’esercito per lo sforzo finale contro il nemico, furono messe a tacere le ragioni di critica e non si parlò di ciò che era accaduto a caporetto fino all’inchiesta nel dopoguerra. Anche l’Avanti in questi mesi ammorbidisce i toni intravedendo la vittoria. I processi culturali sono di più lunga durata rispetto agli eventi politici che sono stringenti e rapidi, i movimenti dell’opinione pubblica sono lenti e in ritardo, ciò si vedrà nella crisi del 1dg che si porterà dietro la pesante eredità degli anni della guerra con un atteggiamento succube e acritico con conseguenze negative dell’interpretazione del dopoguerra che porterà al regime fascista. IL DOPOGUERRA 1919-22 Il 1922 è una data saliente perché inizia la dittatura fascista, non la costruzione istituzionale del regime, ma dal 20-22 si vede la costruzione politica della dittatura, inizia prima l’attacco dei fascisti perché prima di loro vi erano futuristi e nazionalisti, prima che nascano fasci già alcuni sedi di giornali socialiste vengono attaccate, poi si aggiungeranno i fascisti (l’attacco alla stampa socialista inizia nel 18-19 e sarà crescente). Gli anni della guerra lasciano un pesante retaggio sulla stampa perché il grigiore e l’uniformità che caratterizzavano la stampa italiana portarono una forte contrazione delle vendite dei giornali, a questo si aggiunsero le difficoltà materiali crescenti che continuarono anche nel dopoguerra come l’impennata dei costi delle materie prime e della carta, la carenza delle maestranze chiamate al fronte, la mancanza dei quadri relazionari e la contrazione della pubblicità. La guerra intervenne ad arrestare il processo virtuoso della stampa italiana che si sviluppa dall’inizio del secolo ponendo le basi per un allargamento del mercato. La conseguenza fu che si aggravò la crisi finanziaria di molti quotidiani, ciò pose molti di essi a stringere legami sempre più forti con i gruppi economici che potevano risanare deficit pesanti dei bilanci: i quotidiani sono più vulnerabili nel dopoguerra all’intervento della grande industria, quindi si precisano e si fanno marcate le tendenze che si erano affacciate negli anni che avevano preceduto la guerra - Ruolo prevalente dell’industria pesante e del controllo della stampa quotidiana  in particolare dell’industria siderurgica che si caratterizza per una scalata in questi anni alla conquista di testate di ogni dimensione, tenore e importanza, in particolare il ruolo dell’Ansaldo e delle acciaierie terni. Questi gruppi sono strettamente legati a gruppi bancari e ha un ruolo importante la Banca di sconto che era dietro tanti movimenti, i gruppi fanno la scalata ai giornali con l’intento di riprodurre a livello editoriale il sistema dei trust che caratterizzava lo sviluppo dell’industria siderurgica in Italia. Direttamente o con prestanomi i siderurgici controllano molte testate minori e provinciale, poi 14 giornali importanti, tra cui il Secolo XIX di Genova, il Messaggero di Roma, la Tribuna di Roma, il Secolo di Milano, il Popolo d’Italia, la Nazione di Firenze e il Mattino di Napoli, quindi un’articolazione nazionale - Consolidamento della presenza degli agrari  in particolare zuccherieri che controllano testate piccoline e provinciali in cui erano più forti con l’eccezione del Resto del carlino di Bologna. Presenza che avrà un enorme ruolo durante il biennio rosso soprattutto con il fenomeno dello squadrismo fascista che verrà sostenuto da questi giornali di provincia - Affacciarsi dei meccanici  in particolare dell’automobilistica con Giovanni Agnelli, inizia ad essere protagonista e vuole un giornale: la fiat è un’industria torinese, la Stampa è il giornale a cui guarda Agnelli che nel 1920 insieme al finanziere Riccardo Gualino si appropria di un terzo delle azioni della Stampa, poi controllerà totalmente il giornale con un’importanza tra industriali e fascismo nel 1925 - Corriere della sera  aveva una proprietà articolata in cui i Crespi erano i maggiori azionisti, in questi anni del dopoguerra si impossessano di tutto il pacchetto azionario rafforzandosi molto e acquistando le quote degli altri azionisti, ma rimane quella dei fratelli albertini. - Stampa cattolica  prosegue nell’opera di riorganizzazione, rafforzamento e coordinamento, operazione a cui tiene molto il vaticano e i vertici della chiesa, inoltre un ruolo importante lo hanno le banche cattoliche, ma ad aiutare la stampa cattolica sono grandi banche in particolare il Banco di Roma e il Credito nazionale Un caso particolare è il Popolo d’Italia Boom di vendite alla sua nascita con affermazione importante per l’impostazione interventista e la bravura di Mussolini come direttore, poi quando lascia il giornale per raggiungere il fronte vede una contrazione dal 1916 con difficoltà economiche perché tutti i giornali erano diventati interventisti, quindi ora è uno tra i tanti e non più l’unico, abbandonato dagli stessi azionisti. Nel 1918 la svolta: il giornale poteva morire perché dipendeva dai finanziamenti, ma conosce una ricapitalizzazione con gli zuccherieri di Eridania, grande industria zuccheriera, che non dà soldi al giornale, ma fa un grosso contratto pubblicitario, troviamo poi altre industrie come i siderurgici con l’Ilva, la Brera di sesto san Giovanni, alcune banche come la Banca italiana di sconto e la Banca commerciale e l’Ansaldo dei perone. Questi non sono socialisti e mal tollerano l’allusione socialista che vi era nel sottotitolo, propongono quindi il sottotitolo ‘Organo dei combattenti e dei produttori’  ci fa capire la saldatura tra guerra e fascismo in ‘combattenti’ e il fatto che i produttori guardavano a un programma corporativista, si prospetta poi un sindacalismo non conflittuale che vede una collaborazione tra gli attori del sistema produttivo che ponga la produttività nazionale in cima ai propri obiettivi con una conciliazione degli interessi di classe in nome di una produttività nazionale. Non è ancora nato il fascismo, ma sono significative queste trasformazioni. Stampa socialista All’Avanti si era sostenuto con sottoscrizioni pubbliche dei militanti del partito e per l’apporto pubblicità di aziende che non condividevano l’intervento, alcune giovani aziende non volevano la guerra come la fiat che fa un contratto con l’Avanti perché non è interessata alla guerra e finanza con pubblicità come anche altre società di navigazioni e imprese minori. Ciò non basta perché conosce un pesante deficit nel dopo guerra, ma viene risanato e coperto nel 1919 con una nuova grande sottoscrizione di militanti, inoltre deve iniziare a contrarre edizioni minori che si aveva nelle città, quindi venne soppressa l’edizione torinese (non ha dietro di sé le grandi banche e industrie quindi si contrae). I legami tra industria e giornali aveva preoccupato i socialisti: segnala il problema nel dopoguerra per il finanziamento dell’industria alla stampa, il partito presenta alla camera nell’aprile 1918 un disegno di legge per promuovere un’inchiesta pubblica sulle fonti di finanziamento alla stampa, che rimangono poi ai posteri dando documentazioni, chiedono che i bilanci fossero resi pubblici come i finanziamenti, quindi l’obbligatorietà di dichiarare la tiratura, il bilancio e i finanziamenti in modo che i lettori fossero avvertiti e sapessero chi c’era dietro un giornale. La proposta si arenò quando un deputato nazionalista affermò che la pubblicità dei finanzi e bilanciamenti dovesse estendersi anche ai finanziamenti che il governo dava alla stampa senza dichiararlo, ma ciò serve anche per bloccare qualsiasi progetto del disegno di legge perché il governo affossò l proposta. Lo stesso disegno di legge sarà poi presentato alla costituente con l’idea di introdurlo nell’articolo 21 della costituzione, ma anche in quell’occasione non passerà. Tutti questi processi e fenomeni del dopoguerra sono negativi, ma fu un periodo vivacissimo che conobbe una grande dialettica politica, il fenomeno di segmentazione dell’opinione pubblica, lotte politiche molto aspre, i problemi dei tratti di pace, scioperi, lo squadrismo fascista… in virtù di questa vivacità la stampa italiana si riprese tra 1919-24 con un aumento delle tirature importante e un’esuberanza con rimescolamento del panorama e della stampa italiana. I protagonisti furono i giornali di partito  stanno nascendo partiti nuovi, infatti nel dopoguerra nascono tre partiti importanti 1. popolare (gennaio 1919 con don Sturzo) 2. comunista (gennaio 21) 3. socialista unitario (ottobre 22) Fenomeno interessante è la nascita e la fortuna dei giornali di partito che si configurano su modello dell’Avanti che fornisce il modello per i giornali. Nel 1921 nasce la Voce repubblicana, il Popolo come giornale del partito popolare italiano nato nel 1923, l’Unità che non nasce con il partito comunista (il suo primo organo di stampa era l’Ordine di stampa come settimanale) ma nel 23, la Giustizia come organo del partito socialista unitario nato nel 1922. L’esperienza del boom dei giornali di partito prelude al fenomeno del dopoguerra spia della nascita dei moderni partiti, sono interessanti perché non sperimentano innovazioni dal punto di vista strutturale anche se fanno un grande uso della vignetta e illustrazione politica (è stato studiato il disegnato dell’avanti Giuseppe Scalarini, ma non gli altri giornali). Non ci sono grandi novità strutturali perché sono interessati al dibattito politico: gli altri giornali danno spazio alla cronaca e sport, questi si concentrano sulla politica, relativamente anche ridotta è la terza pagina che a volte non è contemplata, infatti interessa l’articolazione dell’attività politica sul territorio e viene trascurata la cronaca, lo sporto e la cultura. Sono giornali militanti con vendite legate ai loro partiti, contraendosi o ampliandosi a seconda delle fortune dei partiti politici, ma tutti i giornali spariranno con le leggi fasciatissime tra 1925-26, interromperà la storia dei giornali di partito perché ci sarà un unico giornale, ovvero il Popolo ‘d’Italia, sarà recuperato poi dal 1944 quando rinasceranno in forma clandestina e poi apertamente tutti questi giornali. I giornali del dopoguerra in generale non sono stati studiati dal punto di vista strutturale, ma si sono concentrati sulle posizioni dei giornali a proposito dei grandi problemi di quegli anni, poco sulle linee di continuità o di fratture con gli anni che precedono alla guerra. È stato detto qualcosa di generico che riguarda tutti i giornali: 1. Nel 1919 c’è un’ubriacatura dal punto di vista degli articoli di politica estera e l’attenzione si indirizza sui trattati di pace di Parigi, questa tendenza si interrompe con il 1920 in cui vediamo una contrazione rapida dello spazio dedicata alla politica estera con un’implosione sulla politica interna che assorbe l’attenzione. Perché la politica estera aveva interessato tanto? Per le sorti italiane con la vittoria mutilata. 2. Tutti i giornali non organi di partito ampliano in questi anni la cronaca cittadina: vediamo che inizia a occupare una pagina intera su 4, colgono l’interesse dei lettori per le notizie che la guerra aveva lasciato sullo sfondo, torna protagonista e amplia i propri spazi indice di un ripiegamento di interessi locali. 3. Rinnovamento della terza pagina: durante la guerra era patriottica concentrata sul tema della patria e molto retorica, ora i problemi del dopoguerra sono tanti e tali che molti quotidiani mutano la terza pagina dando meno spazio all’arte e alle corrispondenze di viaggio e dando più importanza al dibattito teorico, politico, dottrinario con un’esigenza che si vede a parlare di problemi concreti dopo l’esplosione retorica dopo gli anni della guerra (tendenza che riguarda i grandi quotidiani e quelli della sx). 4. Aumenta lo spazio destinato all’evasione: già c’era ma era dell’appendice letteraria, ora si parla di altri temi come lo sport, la moda, l’enigmistica, le novelle, le rubriche di costume… questo spazio aveva avuto un’importanza non nei quotidiani, ma sui supplementi dei giornali come la domenica del Corriere, mentre nei giornali del dopoguerra si inizia il processo di settimanalizzazione che introietta rubriche e temi che in generale appartenevano ai settimanali. Aspetto che riguarda giornali importanti che potevano permettersi questo materiale, inoltre l’inserimento dei temi non avveniva disordinatamente, ma con l’uso diffuso della rubrica che veniva inserita con riquadri e destinata ad alcuni temi (fenomeno saliente nel regime fascista perché i giornali pur di vendere puntano su questi aspetti). Posizioni dei giornali in merito a tre grandi questioni 1. Problema dei trattati di pace 2. Biennio rosso 3. Violenza fascista e l’interpretazione del fascismo Strettamente collegati, anche se dal punto di vista cronologico si succedono, per l’opinione pubblica e la sua costruzione è importante  Già negli anni che precedono la guerra notiamo uno spostamento dei rapporti di forza e degli equilibri dal punto di vista della costruzione dell’opinione pubblica con giornali che passano nelle mani di industriali e delle banche, occupazione mediatica che si ha nella guerra che poi si inasprisce, fondamentale per l’orientamento dell’opinione pubblica con l’evolversi della situazione in questi anni in cui muore un sistema liberale nasce la dittatura. TRATTATI DI PACE DI PARIGI L’Italia era entrata in guerra nel 1915 dopo aver firmato il patto di Londra che era segreto e prevedeva in caso di vittoria per l’Italia
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