Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La Storia Infinita in chiave esoterica, Tesi di laurea di Letteratura Tedesca

Studio sui risvolti iniziatici della principale opera dell'autore tedesco Michael Ende

Tipologia: Tesi di laurea

2020/2021

Caricato il 04/03/2021

CiccioFormaggio2
CiccioFormaggio2 🇮🇹

1 documento

1 / 40

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica La Storia Infinita in chiave esoterica e più Tesi di laurea in PDF di Letteratura Tedesca solo su Docsity! 1 LA STORIA INFINITA IN CHIAVE ESOTERICA INTERPRETAZIONE CABALISTICA DI ALCUNI TEMI E IMMAGINI Autore – Mario Barbaliscia di Lauro Via Palmiro Togliatti 43 – 00045, Genzano di Roma Tel. 06 9363293 / Cell. 327 8797181 barbaliscia@yahoo.it INDICE Introduzione I - Il libro nel libro II - Alla luce della menorah III - Temi e immagini: l' Auryn Conclusioni 2 INTRODUZIONE << Ma davvero? La Storia Infinita, quella di Bastiano, del Fortunadrago? E che cosa c' entra l'esoterismo? >>. Ecco la reazione che nei più suscitavo quando, all'inizio di questo studio, mi trovavo a parlare dell'argomento su cui stavo lavorando. Né c'è da stupirsi che un simile accostamento suscitasse una certa sorpresa, quello cioè tra le "scienze occulte" e un'opera di fantasia comunemente associata alla letteratura per ragazzi. Per chi come me è stato bambino negli anni ottanta del trascorso secolo, La Storia Infinita non ha bisogno di molte presentazioni: difficilmente all'epoca sarà sfuggito a qualcuno dei miei coetanei lo splendido film diretto da Wolfgang Petersen nel 1984 e non è improbabile che molti di essi abbiano, prima o dopo, letto il libro di Michael Ende da cui esso è tratto, quel Die Unendliche Geschichte pubblicato nel 1979 dalla K.Thienemanns e dalla Longanesi nella curatissima edizione italiana del 1981. Per tutti gli altri qualche parola andrà invece spesa. Il racconto narra delle surreali vicende del piccolo e goffo Bastiano Baldassare Bucci, studente non proprio esemplare di una scuola elementare tedesca, che da semplice lettore delle magiche avventure dell'eroico Atreiu nelle incantate lande di Fantàsia si troverà catapultato all'interno dello stesso libro che andava leggendo (evidentemente non un libro propriamente "normale"), fino a diventarne il protagonista pressoché assoluto. E da quel momento il testo presenta una serie di inaspettati sviluppi, in grado di tenere il lettore, anche non più giovanissimo, avvinto al libro quasi quanto Bastiano stesso. Possiamo a questo punto lecitamente porci una domanda: a quale pubblico è indirizzato La Storia Infinita? E' un'opera che si rivolge ai coetanei del piccolo Bastiano e su questo non c'è dubbio. Ma sono essi l'unica platea a cui Ende si rivolge, o forse l'autore ha in serbo qualcosa anche per i lettori adulti? Per lungo tempo la narrativa per ragazzi è stata considerata letteratura di "serie B", sorte per altro condivisa dalla fantascienza, dal fumetto e dall'animazione, per estendere il discorso anche ad altri settori. Quasi che qualsiasi opera facesse dell'immaginazione e della fantasia il suo contrassegno, fosse solo per questa ragione da considerarsi poco seria o incapace di comunicare valori; oppure che ciò che si rivolgesse ai bambini dovesse automaticamente 5 importante compito di non lasciarle scivolare nell'oblio. Come Ende ci manda a dire, per bocca di Bastiano: Adesso capiva che sia Fantàsia, sia il mondo degli uomini erano malati Perché una cosa era legata all'altra. In fondo lo aveva sempre pensato, senza saperselo spiegare. Non si era mai potuto convincere che la vita dovesse proprio essere così grigia e indifferente, così priva di misteri e di miracoli, come tutti affermavano quando dicevano rassegnati: così è la vita! Ma ora sapeva che bisognava andare in Fantàsia, per riportare entrambi i mondi alla salvezza 4 Perché in fondo è ai bambini di oggi che appartiene il mondo di domani, e lasciare in loro un segno è come piantare un seme, nell'attesa che cresca e porti frutto . La Storia Infinita può quindi, verosimilmente, rivolgersi ad un pubblico infantile e, allo stresso tempo, ad uno più maturo. Data per comprovata tale premessa rimane da stabilire un'altra, fondamentale questione: può il testo essere letto a diversi livelli? O più precisamente: può esso rivolgersi agli adulti, oltre che nel senso fin qui esposto, per un' altra ragione?Addirittura contenere un messaggio di stampo inequivocabilmente esoterico e nascondere un cammino iniziatico abilmente dissimulato? E ciò che cercheremo di stabilire da qui in avanti. 4 La Storia Infinita, cit. , p.157 6 I - IL LIBRO NEL LIBRO A chi si accosti anche solo casualmente a La Storia Infinita nella sua versione originale o alla prima edizione italiana, salterà immediatamente agli occhi quello che a prima vista potrà apparire come un curioso scherzo tipografico. Infatti, mentre una parte del testo è scritta in caratteri rossi, si noterà che l'altra è vergata in caratteri azzurri e tale alternanza si presenta per tutta la lunghezza del libro. Per essere più precisi, i colori sono rispettivamente magenta e cìano, due tonalità scelte probabilmente non a caso. Il motivo primario e apparente di questo strano stile di stampa è comunque rapidamente chiarito dalla lettura stessa: la narrazione è in magenta quando descrive le vicende di Bastiano e le sue azioni nel mondo reale, in cìano quando passa a raccontare le avventure che Atreiu e gli altri personaggi fantastici vivono in Fantàsia, allorché Bastiano le legge. Il lettore in carne e ossa si trova così nella singolare situazione di leggere un libro il cui protagonista legge a sua volta un libro. Non che si tratti di una novità letteraria di per sé: fin da quel Robinson Crusoe considerato il capostipite del romanzo moderno, troviamo lo sventurato marinaio leggere la Bibbia e citarne dei passi. Ma nel nostro caso l'eccezione diventa la regola e mai come altrove si pone l'attenzione sul fatto che il libro che abbiamo tra le mani è proprio lo stesso che sta leggendo Bastiano, sin nei particolari. Ad esempio, a pagina 13 , apprendiamo come al momento di sfogliare per la prima volta La Storia Infinita, Bastiano Vide che i fogli erano stampati in due colori diversi Va quindi fatta una prima osservazione: La Storia Infinita non vuole essere semplicemente un libro, bensì (per prendere in prestito una terminologia cara al teatro contemporaneo), un "metalibro" . Un libro cioè che, non solo narra una storia, ma che al tempo stesso ha sé come oggetto. Per chiarire questo punto esaminiamo nuovamente e più in dettaglio il primo approccio di Bastiano con il libro, poco prima di sottrarlo dal negozio di antiquariato del 7 signor Coriandoli: Sollevò il libro e lo osservò da tutte le parti. La copertina era di seta color rubino cupo e luccicava mentre la rigirava di qua o di là. [...] Illustrazioni pareva non ce ne fossero, ma in compenso vi erano meravigliosi capilettera figurati. Quando tornò a osservare la copertina ci scoprì due serpenti, uno scuro e l'altro chiaro, che si mordevano la coda. E in questo ovale c'era il titolo, in strani caratteri, La Storia Infinita 5 Non sorprenderà, forse, a questo punto che il vero libro, pubblicato nelle edizioni citate, corrisponda nei minimi dettagli alla descrizione. Potrebbe ovviamente trattarsi di una scelta dell'autore e degli editori per aggiungere un tocco di originalità alla pubblicazione e conferirle un fascino particolare. La mia personale opinione è che vi siano ragioni più profonde. E' come se Ende cercasse di dire ai suoi lettori: << Attenzione, perché il testo che state per leggere non è qualcosa di convenzionale; Bastiano, nel leggere il suo libro, sta per compiere un cammino che lo condurrà a scoprire delle verità su se stesso e sul mondo e altrettanto capiterà a te, se presterai attenzione>>. Questo duplice valore de La Storia Infinita come testo fittizio all'interno della narrazione e come testo reale nelle mani del lettore, in grado di influire sulla sua vita, come il primo su quella di Bastiano, è più volte adombrato (quando non apertamente dichiarato) nello svolgersi dell'opera . Si prenda ad esempio, a pag. 200: Ma quella che il Vecchio stava leggendo era la sua storia! E la sua storia era dentro la Storia Infinita. Lui, Bastiano, entrava in scena come un personaggio del libro di cui fino a quel momento si era creduto lettore! E chissà quale altro lettore ora lo stava leggendo, e a sua volta credeva di essere soltanto un lettore... e così di seguito, all'infinito! O anche, verso le ultime pagine, per bocca del signor Coriandoli: Una cosa intanto è chiara: tu quel libro non lo hai rubato, perché non appartiene né a me, né a te, né a chiunque altro. Se non mi sbaglio, il libro stesso viene da Fantàsia. Chi lo sa, forse in questo preciso momento è arrivato 5 La Storia Infinita, cit., p.13 10 Joseph Gikatilla (1246-1325) e Mosè de Leòn (1240-1305). Nel XV secolo, l'interessamento di umanisti di rilievo come Pico della Mirandola permette l'incontro tra la Cabala e la cultura cristiana. Per tutto il Rinascimento e oltre fioriscono opere di commento e interpretazione della dottrina mistica ebraica, frutto dell'impegno di studiosi cristiani: Johannes Reuchlin (1456-1522), considerato il fondatore della Cabala cristiana e autore del De arte cabalistica, nel 1517; Guillaume Postel (1510-81), addirittura propugnatore di una sorta di sincretismo ebraico-cristiano; Christian Knorr von Rosenroth (1636-89), la cui Kabbala denudata costituisce la più importante antologia in latino di testi cabalistici ( molti dei quali venivano nel frattempo tradotti nell'idioma di Santa Madre Chiesa e dati alle stampe ). La diffusione della Cabala al di fuori dell'alveo dell'ebraismo non segnò peraltro la fine del suo sviluppo interno: fondamentali concezioni furono elaborate nel corso del XVI secolo dal cosiddetto "Circolo di Safed" e da pensatori quali Mosè Cordovero (1522-70), autore del Pardes rimmonim (in cui compare, tra l'altro, la versione grafica ormai universalmente riconosciuta del celeberrimo albero sefirotico), Izhak Luria (1534-72) e Hayim Vital (1542- 1620); e ancora nel XVIII secolo nuova linfa veniva immessa nell'antico tronco dalle elaborazioni dello hassidismo. Questo excursus storico sulle origini e il diffondersi della Cabala non ci illumina ancora sui suoi contenuti: quali sono i fondamenti su cui poggia e in cosa consiste la conoscenza che tale plurisecolare tradizione vuole tramandare? La risposta non è certo facile e, anche in questo caso, dovremmo accontentarci di trattare la questione per sommi capi, salvo approfondire in seguito quegli aspetti che riguardano più da vicino La Storia Infinita e il suo valore cabalistico. Ciò che la Cabala sostanzialmente si prefigge è di guidare l'Uomo al proprio perfezionamento interiore, una meta che può essere conseguita soltanto attraverso la consapevolezza della reale natura di Dio e del suo dispiegarsi nel mondo, attraverso gli enti materiali. In questo senso si può parlare della Cabala come di una "teosofia" e al contempo come di un procedimento iniziatico, un cammino sapienziale. Non a caso ho parlato di "dispiegamento" della divinità: già nel Sefer Yetsirah, il più antico testo propriamente cabalistico giunto a noi e redatto 11 probabilmente in area palestinese tra il VI e il VII secolo, si introduce questa nozione di emanazione della natura divina nel mondo. Si tratta di una prima, fondamentale concezione cabalistica: Dio non crea il mondo dal nulla, come nella versione biblica, piuttosto lo genera con la propria stessa sostanza, si "fa " mondo e attraverso di esso si manifesta. L'idea di emanazione contrapposta a quella di creazione non era nuova neanche nel VI secolo, e già Plotino e lo gnosticismo (giusto per rimanere in un ambito geografico limitrofo ad Israele) ne avevano abbracciato i fondamenti. Ciò che è peculiare della visione cabalistica è invece il concetto di sefirah: le sefiroth sono la forma che le emanazioni divine prendono nel mondo, sorta di incommensurabili "vasi" della potenza di Dio, ognuno contraddistinto da un nome che è anche un attributo della Divinità stessa. Troviamo così Binah (l'intelletto), Hokmah (la sapienza) e via dicendo, per un totale di dieci sefiroth che rappresentano la struttura della realtà. Esse sono disposte in ordine gerarchico, sicché l'ultima, Malkut (ovvero "il regno") risulta essere la più lontana dalla luce divina e coincide con il nostro mondo denso e impuro. Alla costruzione delle sefiroth, ribadita e consolidata dal Sefer Ha-Zohar (considerato il testo più importante dalla Cabala tradizionale e composto verosimilmente nel XIII secolo) si affianca quella non meno importante di una cosmogonia basata sulle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico. Secondo la dottrina cabalistica tutto ciò che esiste fu creato tramite le ventidue lettere e i primi dieci numeri (che poi sono le prime dieci lettere cui si attribuisce un valore numerico): l'alito divino, al momento di generare il mondo, prese la forma di lettere; e poiché in Dio non vi è distinzione né separazione tra pensiero, parola e azione, la Sua volontà si tradusse automaticamente in parola e la parola in oggetto concreto, in realtà materiale. Non solo: poiché il mondo è emanazione di Dio, lo sono anche le parole che sostanziano il mondo. Non è esatto dire, in questi termini, che Dio creò il mondo tramite la parola. Dio è il mondo e dunque è anche la parola, coincide con le lettere e le lettere con la Sua essenza. Tale ottica chiarisce in parte l'importanza che la Cabala e l'ebraismo in genere attribuiscono al Nome di Dio, quale matrice stessa del mondo e pilastro su cui esso poggia. Come la stessa concezione chiarisca anche il nucleo nascosto de La Storia Infinita è ciò che finalmente scopriremo nelle pagine successive. 12 II - ALLA LUCE DELLA MENORAH Onde svelare i nessi che congiungono la Storia Infinita alla Cabala è necessario approfondire leggermente la trama del libro. Come apprendiamo tramite Bastiano, il compito che il giovanissimo ed eroico Atreiu è chiamato a svolgere è nientemeno che salvare il suo mondo, Fantàsia, dalla distruzione. Da qualche tempo essa è devastata da un'enigmatica quanto inarrestabile piaga, nota col nome ben poco rassicurante di "Nulla": ove esso si manifesti, infatti, intere porzioni di Fantàsia scompaiono, lasciando al loro posto per l'appunto un "nulla ", un niente indefinibile al cui fissare la vista stessa si annebbia. In concomitanza con tale sciagura se ne presenta un'altra, ad essa intimamente collegata: Occhi d'Oro, l'Infanta Imperatrice, sovrana di Fantàsia è caduta ammalata e giace quasi in fin di vita nell'immacolato Padiglione della Magnolia, in cima alla Torre d'Avorio. Ma vediamo come Ende la descrive : In realtà era molto più di una sovrana , o per meglio dire, era qualcosa di completamente diverso. Non governava, non aveva mai fatto uso di violenza e neppure del proprio potere, non dava ordini e non giudicava nessuno e non doveva mai difendersi da alcun aggressore, perché a nessuno sarebbe mai venuto in mente di levare la mano contro di lei o, peggio ancora, di farle qualcosa di male. Davanti a lei tutti i suoi sudditi erano uguali . Lei era semplicemente lì, ma lo era in una maniera del tutto speciale: era il punto focale, il centro di tutta la vita nel regno di Fantàsia. E ogni creatura, buona o cattiva, bella o brutta, seria o allegra, sciocca o saggia, tutti, tutti esistevano solo in grazia della sua esistenza. Senza di lei nulla poteva esistere, così come un corpo umano non può vivere se non ha il cuore 8 Teniamo bene a mente queste parole, poiché vedremo quale significato nascondano in realtà. 8 La Storia Infinita, cit., pp. 39-40 15 L' identificazione dell'Infanta Imperatrice con l'En Sof, e quindi con il principio divino, illumina di nuova luce sia la questione del nome che l'immagine generale della " Sovrana dei desideri " e della sua funzione. Se dal nome di Dio dipende "l' anima di ogni forma", la struttura cioè, di ogni cosa creata, possiamo meglio comprendere perché dal nome dell'imperatrice dipenda la realtà di ogni cosa e di ogni essere in Fantàsia. Poiché è chiaro che se l'imperatrice rappresenta il principio divino, Fantàsia è una metafora del mondo, della creazione. E si comprendono meglio le affermazioni iniziali pronunciate su di lei, "era il punto focale, il centro di tutta Fantàsia"; o anche, "senza di lei nulla poteva esistere, come un corpo umano non può vivere se non ha il cuore". Svariati sono i simboli che tradiscono la natura divina dell'imperatrice, o quantomeno un suo altissimo valore spirituale. Attorno alla sua dimora, la Torre d'Avorio, pascolano gli unicorni, simbolo di regalità. Nel giardino che circonda la torre e ne costituisce l'accesso, in forma di labirinto, fa una fugace apparizione la Fenice, emblema di immortalità e resurrezione. Vale forse la pena di ricordare, per citare un esempio, come Heinrich Khunrath raffiguri in un' allegoria cabalistica del XVII secolo (influenzata tra l'altro dalla fede cristiana dell'autore) , l' En Sof con le fattezze di Cristo ritto propria su di una fenice) 16 . Lo stesso labirinto è, nella tradizione esoterica occidentale, un simbolo del cammino graduale che l'iniziato deve intraprendere per raggiungere la divinità. Non a caso esso appare frequentemente scolpito all'interno delle cattedrali gotiche medievali un pò in tutta Europa, ad ulteriore riprova della fortissima valenza occulta che contraddistingue questo stile architettonico 17 Ma torniamo alla Cabala: la questione delle lettere e il valore che esse assumono nella tradizione mistica ebraica trovano ulteriore sviluppo ne La Storia Infinita anche al di là del nesso nome di Dio/nome dell'Infanta Imperatrice. Abbiamo già parlato di come il libro di Ende sia da considerarsi un metalibro e di quanto l'autore si sforzi di farci comprendere questa sua natura complessa. La chiave di lettura cabalistica ci permette ora di capire il perché di questa preoccupazione e il suo significato 1 5 Ibidem, p.181 1 6 Heinrich Khunrath, Amphiteatrum Aeternae Sapientiae, Hanau, 1609 1 7 Vedi ad esempio Enciclopedia dei misteri , di Alfredo.Castelli, Mondadori, Milano, 1993 16 recondito. Fantàsia è una metafora della creazione e del mondo, dicevamo. Ma Fantàsia è anche la Storia Infinita, è il libro nel suo duplice aspetto di oggetto narrativo e oggetto concreto. Leggiamo un estratto del cruciale dialogo tra l'Infanta Imperatrice e il Vecchio della Montagna Vagante: << Tu ed io >> domandò << e tutta Fantàsia, tutto è registrato in questo libro? >> << Non è così. Questo libro è tutta Fantàsia e te e me >> << E dov'è questo libro? >> << Nel libro >>, fu la risposta che egli scrisse 18 Quindi se Fantàsia è il mondo, e Fantàsia è il libro, ne consegue che il libro de La Storia Infinita è il mondo. O quantomeno coincide con un mondo, ne è la rappresentazione. Ma come è possibile ciò? La spiegazione sta nel fatto che un libro qualsivoglia è composto di lettere. E, sempre in accordo con la Cabala, il mondo proprio di lettere è composto. E la scrittura è un atto di creazione. << La parola di Dio è la Sua scrittura, ed il Suo pensiero è la Sua parola: pensieri parole e scrittura sono un'unica cosa in Dio, mentre nell'uomo sono tre >> 19 A queste affermazioni fa eco un passo dell'opera di Ende, tratto nuovamente dal dialogo tra l'imperatrice e il Vecchio della Montagna: << Tutto ciò che accade tu lo scrivi >>, disse . << Tutto ciò che io scrivo accade >>, fu la risposta. 20 Che La Storia Infinita , come ogni altro testo, sia composto da un susseguirsi di parole scritte è un'ovvietà. Ma il modo in cui essa è scritta ci dimostra che l'intento di Ende era farne un "mondo", un esempio di "creazione del mondo" in sintonia con le concezioni della Cabala letterale (nel senso di quella Cabala attenta alla funzione delle lettere nello schema cosmico). 1 8 La Storia Infinita, cit., p.196 1 9 Lo specchio della magia, cit., p.346 2 0 La Storia Infinita, cit., p.196 17 Notiamo innanzitutto come l'autore si premuri di porre al suo libro un sottotitolo: dopo La Storia Infinita compare infatti la dicitura Dalla A alla Z . Una delle curiosità del testo è infatti che ogni capitolo si apra con un grande capolettera, dalla "A" di pagina 22, fino alla "Z" di pagina 430. Alla luce della Cabala tali stravaganze assumono però un significato ben preciso: la creazione del mondo fu operata attraverso le ventidue lettere dell'alfabeto ebraico; lo stesso processo è "mimato" attraverso le ventisei lettere di quello latino nella creazione del mondo di Fantàsia. Ecco la ragione del sottotitolo, ecco il motivo per cui le lettere sono così vistosamente rappresentate ad ogni inizio di capitolo. Non ci si lasci ingannare dalla discrepanza nei numeri: ( ventisei lettere anziché ventidue ), poiché lo scopo dell'autore è a mio avviso attirare l'attenzione del lettore sulla corrispondenza in sé e di condurlo una volta di più a scoprire il cammino iniziatico della Cabala, non certo quello di riprodurre fedelmente l'operato divino, cosa oltretutto impossibile. Parlando di fondamentale funzione creativa, costruttiva direi, delle singole lettere, non si può fare a meno di menzionare altre due caratteristiche del loro uso ne La Storia Infinita . Non solo ci sono presentati dei capilettera ben evidenti: il capitolo a cui ognuno di essi fa riferimento inizia con la medesima lettera. Ad esempio, il capitolo primo, Fantàsia in pericolo , contrassegnato ovviamente dalla lettera "A" , inizia con le parole " A quell'ora , tutti gli animali..." ; il secondo capitolo, lettera "B", comincia con " Buone o cattive notizie... ". E così via, immancabilmente, fino alla "Z" di "Zitto e immobile..." con cui inizia l'ultimo capitolo. Ende esemplifica così, attraverso il loro effettivo dispiegamento nella creazione del libro, la concezione cabalistica del potere creativo delle lettere. Né poteva essere più esplicito nel palesare tale associazione, a meno di trasformare il suo romanzo da opera narrativa in saggio di divulgazione. Le lettere quindi edificano, tramite la volontà divina, il mondo dei cabalisti, e su di esse Dio fonda il Suo nome. Con le lettere, ben evidenziate e distinte nella loro singolarità, Ende edifica il mondo de La Storia Infinita, il quale anch'esso si regge imprescindibilmente su un nome, il nome dell' Infanta Imperatrice, senza il quale "nulla poteva esistere" . Ma veniamo alla seconda caratteristica, anche questa relativa ai capilettera. Nell'edizione 20 comprensione di Dio e del mondo, sceglie dunque come suo emblema la menorah, vale a dire la strada del misticismo ebraico e della Cabala. D'altronde, se riflettiamo sulle implicazioni e la valenza dell'idea de La Storia Infinita come metalibro, va da sé che tale messaggio era stato già comunicato quando Bastiano ne fa uso per rischiarare il buio e procedere nella lettura del libro. Come sempre il suo comportamento è un indicazione per noi, invitati a leggere e a interpretare il testo come lui, alla luce della menorah . III – L’AURYN L’ uso del simbolismo esoterico, cabalistico e non, è come già in parte dimostrato una costante de La Storia Infinita e l’impiego della menorah è anzi uno dei rari casi in cui la relazione tra il simbolo e il suo oggetto di riferimento ( la religione ebraica ) sia immediatamente intelligibile anche per chi non è un “addetto ai lavori“ dell’occultismo. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, non siamo così fortunati, ed è necessario effettuare un lavoro d’indagine più o meno approfondito per comprendere il significato delle immagini con cui Ende arricchisce la sua opera. E’ questo senz’altro il caso di un emblema che compare con ben maggior frequenza rispetto alla menorah e che riveste inoltre un ruolo fondamentale nelle vicende di Atreiu e Bastiano: l’ Auryn. Che cosa rappresenta questo straordinario gioiello? Può esso comprovare la tesi secondo cui Bastiano rappresenterebbe l’iniziato che intraprende il cammino della Cabala ? Come di consueto, iniziamo la nostra disamina partendo dalle parole dell’autore. Quando l’Auryn compare per la prima volta, esso ci è descritto come segue: … un grande amuleto d’oro, sul quale si vedevano due serpenti, uno chiaro e l’altro scuro, che si mordevano la coda a vicenda, formando così un ovale. […] Nel Regno di Fantàsia chiunque conosceva il significato di quel medaglione: era il segno distintivo di colui che agiva per incarico dell’ Infanta Imperatrice e che era autorizzato a trattare in suo nome, come se lei stessa fosse presente. Si diceva che esso conferisse a colui che lo portava forze misteriose, sebbene nessuno sapesse esattamente quali. Tutti conoscevano il suo nome: AURYN. Ma molti non osavano nemmeno pronunciare quel nome, lo chiamavano il Pantakel o semplicemente il Gioiello o, 21 ancor più semplicemente, lo Splendore . 23 Per la cronaca, lo stesso emblema appare sia sulla copertina del libro che Bastiano legge, sia su quella dell’edizione reale de La Storia Infinita. Quanto esposto nel primo capitolo rende inutile il dilungarsi sul perché di queste particolarità. Torniamo piuttosto alla finzione narrativa: apprendiamo di come l’Auryn venga affidato ad Atreiu affinché lo protegga e, in qualche misteriosa maniera , lo guidi al compimento della sua Grande Ricerca sui motivi della malattia che affligge l’Infanta Imperatrice. In effetti l’amuleto si rileva indispensabile in più di un’occasione e, come predetto, anche le creature più potenti e pericolose di Fantàsia (da Ygramul , detta “ le molte “, ai Giganti del Vento) si piegano al suo potere. Potere che Atreiu si guarda bene, peraltro, dall’ usare attivamente: fin dall’inizio gli è spiegato chiaramente entro quali limiti può servirsi dello Splendore …tu non dovrai mai attaccare, qualunque cosa tu debba vedere, perché da questo momento la tua volontà non ti appartiene più. […] Tu devi soltanto cercare e domandare, ma mai sentenziare secondo il tuo giudizio. 24 Le cose cambiano notevolmente quando, dopo essere piombato in Fantàsia, Bastiano si ritrova in possesso del mistico gioiello. Per lui, che è un “Figlio dell’uomo“, le regole sono evidentemente diverse, dato che finisce per usarlo ad ogni piè sospinto per realizzare tutti i sui capricci. Ad autorizzarlo, non fosse bastata la circostanza stessa di ritrovarselo addosso dopo l’incontro con l’Infanta Imperatrice (da cui l’Auryn non può certo separarsi senza la sua, seppur tacita, volontà) Bastiano trova uno sul retro del medaglione una scritta sibillina: Fa’ ciò che vuoi. Il nostro piccolo protagonista vedrà quindi realizzarsi ogni suo desiderio, diventando di volta in volta più bello, forte, ammirato e riverito di ogni altra creatura in Fantasia e giungendo infine a tale megalomania da volersi incoronare Infante Imperatore. Per ogni desiderio soddisfatto egli paga però un prezzo altissimo: ogni volta perde uno dei suoi ricordi, dimenticando la sua casa, suo padre, la sua vita sulla Terra e infine persino il suo nome. Solo 2 3 La Storia Infinita , cit., pp. 42-43 2 4 Ibidem, p. 49 22 quando deciderà di separarsi volontariamente dall’Auryn , il suo viaggio giungerà a termine e, ritrovata la sua identità, potrà tornare nel mondo degli uomini. Edotti sul ruolo svolto dall’Auryn nella narrazione, possiamo ora spingere lo sguardo più a fondo e verificare se, e in che modo, esso racchiuda un significato occulto. Sulla base delle speculazioni precedenti, dobbiamo intanto dare per scontato che il potere che esso rappresenta, quello dell’Infanta Imperatrice, sottintenda un potere divino. Le sue caratteristiche sono quello di “guida“ e “protezione”; inoltre esso è un tramite della sua volontà, della sua parola (colui che lo porta è autorizzato “a trattare in suo nome“). Non meno importante del “contenuto“ dell’Auryn è poi la sua forma, i due serpenti che si mordono la coda. Anzi, è proprio grazie a questa particolarissima foggia che possiamo azzardarci ad assimilarlo ad altri simboli, appartenenti a tradizioni religiose e spirituali storicamente esistite o esistenti. 25 Un primo simbolo esteriormente affine all’Auryn che non si può fare a meno di citare è l’arcinoto Caduceo di Hermes/Mercurio, anch’esso composto da due serpenti, in questo caso attorcigliati ad un bastone. La tradizione classica ci ricorda che esso ebbe origine da un dono di Apollo, nume della poesia e del vaticinio: “Questi infatti gli diede il bastone d’oro con cui radunava il bestiame, del quale si favoleggiava che avesse il potere di rendere invisibili, per uno zufolo che Ermes aveva ricavato da una canna. Questa verga diventò l’inconfondibile ‘caduceo’, che reca alle sommità due serpi intrecciate e due ali aperte, quando il dio vide due rettili in lotta che cercavano di divorarsi e la gettò tra loro. Per questo è l’insegna di Ermes quando è messaggero della volontà divina.“ 26 La somiglianza tra Auryn e Caduceo ermetico non si limita dunque ad una pura questione di forme: il mito classico ci parla di un emblema divino, insegna di colui che è proprio e specificamente il nume autorizzato a “trattare in nome“ degli Dèi Olimpici, il Messaggero degli dèi . E’ quantomeno opportuno far notare che “ermetico” è stato tradizionalmente sinonimo di 2 5 Mi esimerò qui dal trattare la figura del serpente nell’ambito della storia delle religioni, cosa che occuperebbe da sola almeno un volume, e di dimensioni ben maggiori di quelle previste per questo mio modesto studio. 2 6 Angela Cerinotti, Atlante dei miti dell’antica Grecia e di Roma, Demetra, Verona, 1998 25 quando si trattava di esecrarne le dottrine. Che cosa dunque sappiamo dell’ Ouroboros e del suo significato nella concezione gnostica? Innanzitutto esso era considerato un simbolo di ciclicità, perpetuazione e dunque connesso alla sfera del tempo, come ribadito da L.Charbonneau-Lassay : << Il significato più conosciuto che sia stato attribuito dagli Antichi all’Ouroboros è quello che lo accosta al Tempo, al tempo che soltanto con Dio non ha avuto inizio e non avrà fine, poiché altro non è che il filo con cui è tessuta l’ eternità. Anche l’ Ouroboros, piegato in cerchio, saldato con la pressione delle sue mascelle alle due estremità del suo corpo, fa tutt’ uno, senza soluzione di continuità; riunendo in sé l’ inizio alla fine, è entrato in possesso di ciò che è proprio alle cose eterne.>> 30 . Se proviamo a calarci nei panni di Ende, nel momento in cui si trovò a decidere quale dovesse essere il simbolo-chiave de La Storia Infinita , non ci sarà difficile a questo punto comprendere perché ne scelse uno così affine all’ Ouroboros. E comprendiamo perché scriva a proposito dei due serpenti, avvinti l’uno alla coda dell’altro : << Se mai si fossero staccati, il mondo sarebbe dovuto perire >> 31 . Tanto nell’Ouroboros che nell’Auryn gli elementi che rimandano a qualcosa di eternamente rinnovato sono facilmente intuibili: la circolarità racchiude in sé l’ idea di infinito presso le più disparate culture e la sua forma geometrica vale da sola a spiegare l’associazione mentale; il serpente, a sua volta, è il rettile che “cambia la pelle“, che quindi si rinnova di continuo senza mai invecchiare (almeno apparentemente). Era convinzione diffusa, nell’antichità classica, che all’approssimarsi della morte esso compisse una rigenerazione formale e sostanziale e che dunque non conoscesse la morte. Quale simbolo migliore per i concetti di immortalità ed infinito ? Veniamo dunque al nodo della faccenda. Anche ammesso che il Caduceo mercuriale, e l’Ouroboros gnostico abbiano ispirato l’autore del nostro libro per il suo Auryn , in che modo ciò è collegabile alla Cabala ebraica? E inoltre: dato per valido che esso sia un simbolo di eternità e rigenerazione, cosa ha ciò a che vedere con la funzione dell’iniziazione misterica? Innanzitutto va spesa una parola sulla controversa questione dei rapporti tra Gnosticismo e Cabala: sebbene la più recente esegesi cabalistica rivendichi la sostanziale autonomia culturale 3 0 Ibidem 3 1 La Storia infinita , cit. , p.431 26 della cabala ebraica, non sono pochi i punti di contatto con la cosmogonia e la dottrina gnostica (concezione delle emanazioni divine, della “caduta” dell’energia divina in sfere di nature sempre meno spirituale, idea di un ruolo riequilibratore dell’essere umano nel parziale disordine cosmico…). A.Nangeroni , peraltro tra i più fermi nel negare quello che definisce un “parallelismo inconsistente“ tra Cabala e Gnosticismo, riporta poi a proposito di quest’ultimo : << Nella concezione gnostica il mondo è nato quando una parte della sfera divina è caduta negli spazi inferiori […] L’uomo possiede in sé una scintilla divina, ma subisce la stessa sorte negativa della creazione [ … ] Se vuole salvare l’anima deve risalire al mondo superiore, ma solo la rivelazione divina può riaccendere in lui quel legame di parentela che Dio stesso ha con l’anima, essendo entrambi della stessa natura >> 32 . Bisogna poi considerare che i due movimenti condivisero lo stesso bacino e la stessa temperie culturale d’origine (l’Asia Minore, e in particolare la Palestina paleocristiana) e sebbene lo sviluppo della Cabala storica avvenne solo in un successivo momento, è difficile pensare che i compilatori del Sefer Yetsirah, composto non più tardi del VII secolo e probabilmente in Terrasanta, fossero del tutto immuni da influenze gnostiche. D’altronde sostenitore di tale parallelismo fu in primis Gerschom Scholem, universalmente riconosciuto quale massimo esponente novecentesco degli studi scientifici sulla Cabala e le sue origini, ed è umilmente al riparo di cotanta ala protettrice che mi arrischio, in controtendenza con le opinioni più in voga, a condividere tale posizione. Ma lasciamoci alle spalle la questione e verifichiamo se e in che modo l’Auryn sia collegabile alla simbologia più specificamente cabalistica. Il simbolo, o meglio il glifo, nel suo senso proprio di “simbolo composito“, probabilmente più noto della Cabala è il cosiddetto Albero sephirotico o Albero della Vita. Possiamo considerarlo, in prima istanza, una rappresentazione grafica della cosmogonia cabalistica: dieci sfere, corrispondenti ad altrettante sephiroth, congiunte da ventidue sentieri, relativi alle lettere dell’alfabeto ebraico. Un'immagine che è specchio della struttura macrocosmica come di quella microcosmica, del mondo quale emanazione divina come dell’Uomo che ne è il riflesso. Ma l’albero è anche molto più di 3 2 Alessandro Nangeroni, La Cabbala , Xenia Edizioni, Milano, p.15 27 questo: esso rappresenta la sintesi di tutto il sapere occulto, da studiare a livello razionale e su cui meditare a un livello più profondo. Studio e meditazione dell’albero sono una ricorrente raccomandazione dei cabalisti, anche di quelli moderni e contemporanei, al punto che né l’iniziazione, né il progresso nella conoscenza di Dio, di sé o del mondo sono concepibili senza passare per esso. E’ mia intenzione dimostrare a questo punto come l’Auryn altro non sia che l’Albero della Vita, senza che ciò entri peraltro in contraddizione con le altri identificazioni precedentemente esaminate. Per farlo mi servirò del testo forse più importante per chi voglia accostarsi alla Cabala “ dall’interno”, attraverso gli occhi cioè di un iniziato anziché di quelli dello studioso positivista o, detto un po’ impropriamente, “laico“ . Mi riferisco alla “ Cabala mistica “ di Dion Fortune, pseudonimo di Violet Mary Firth, dal 1912 psicoterapeuta di preparazione freudiana e junghiana alla East London Clinic e in seguito affiliata ad uno dei principali ordini esoterici occidentali d’impostazione cabalistica, la Confraternita della Luce Interiore . Che appartenenti di congregazioni esoteriche, tradizionalmente vincolati al segreto, si siano messi a divulgare le conoscenze che avrebbero dovuto gelosamente custodire da occhi profani può indurre una legittima perplessità . Ma va precisato che l’opera di divulgazione della Firth si inserisce in un’ attitudine che nel Novecento ha interessato molti esponenti di tali ordini come Mc Gregor Mathers, Wynn Westcott e il controverso Aleister Crowley della Golden Dawn. Tale “fuga di notizie“ va forse attribuita ad una sorta di effetto a catena, per cui una volta che un singolo “disobbediente” aveva rivelato una serie di concetti fondamentali tanto valeva chiarirli e approfondirli onde evitare danni maggiori. Un’altra tesi, tutt’ora molto in voga nei circoli esoterici è che “i tempi siano maturi“ e che l’Umanità debba essere messa al corrente di ciò che prima era riservato solo a pochi in grado di comprendere. Ma torniamo a noi, e vediamo cosa è scritto a proposito dell’Albero della Vita nella “Cabala mistica“ : << In vecchi quadri viene spesso rappresentato un serpente attorcigliato attorno ai rami dell’albero. Esso è il serpente Nechushtan “che si tiene in bocca la sua coda“, simbolo della saggezza e dell’iniziazione >> 33 . Abbiamo già visto come Bastiano prosegua la lettura 3 3 Dion Fortune, La Cabala mistica , ed. Astrolabio, Roma , 1973, p.30 30 troviamo una serie di affermazioni che, mentre approfondiscono questo nuovo aspetto di una simbologia legata all’inconscio, ribadiscono quelle relative all’eternità e al concetto di iniziazione, stabilendo inoltre un esplicito nesso tra Caduceo, Ouroboros e Albero della Vita. In una sezione intitolata appropriatamente “Il punto di partenza“ leggiamo: << La prima materia siamo noi stessi, e in particolare il nostro "Inconscio", che viene rappresentato sia in Oriente che in Occidente con una coppia di serpenti che avvolgono un asse centrale >> 37 . E altrove: << Il Serpente Ouroboros (che si mangia la coda) è un importante simbolo ermetico che rappresenta, tra le altre cose, l'inconscio chiuso in se stesso, ovvero la Kundalini prima del risveglio iniziatico, chiusa nel 1° Chakra, che subisce il ciclo delle morti e delle rinascite. […] Il sistema energetico dei "Chakras" del Kundalini Yoga è l'analogo orientale del Caduceo di Ermete. Tutte le vie esoteriche mostrano grandi analogie e identità negli scopi >> 38 Non scenderemo qui in dettagli su questa ulteriore analogia, stavolta tra esoterismo occidentale e yoga tantrico: benché si tratti di corrispondenze formali e sostanziali effettivamente impressionanti e degne di approfondimento, rischieremmo come Bastiano di “perderci definitivamente“ ! Ciò che invece ci è utile riportare è ancora un passo che coinvolge direttamente la Cabala, ove viene detto che << l'Albero della Vita è un altro modo per rappresentare il sistema energetico collegato all'inconscio >> 39 . Un ulteriore conferma di tale identità concettuale viene da raffigurazioni elaborate nell’ambito dell’ordine esoterico della Golden Dawn, in cui le serpi gemelle-inconscio passano proprio tra le sephirot dell'Albero della Vita della Cabala. Scrive Dion Fortune: << La Strada dell’Iniziazione segue le spire del Serpente della Saggezza sull’Albero >> 40 . Così Bastiano, con le spire di Auryn al collo, si avvia alla scoperta del proprio sé più intimo, passando dall’uno all’altro dei luoghi incantati di Fantàsia . Che il gioiello racchiuda un potere tale da renderlo infido è senz’altro evidente per Atreiu. Quando, non molto tempo dopo il suo arrivo, Bastiano lo incontra, egli gli rivela: << 3 7 Dal sito web: http://www. trigono.com/calendario_celtico/concetti_di_base.htm 3 8 http://www.trigono.com/calendario_celtico/l-inconscio.htm e ibidem 3 9 Ibidem 4 0 La Cabala Mistica , cit. , p.57 31 L’amuleto dà un grande potere, ti permette di realizzare tutti i tuoi desideri , ma al tempo stesso ti porta via qualche cosa: il ricordo del tuo mondo >> 41 . Atreiu ha potuto rendersi conto di tale fenomeno proprio osservando Bastiano, il quale in effetti, mano a mano che fa uso di Auryn dimentica qualcosa: di essere stato nel suo mondo goffo e grassoccio, di essere stato ben poco coraggioso, di avere avuto un amica d’infanzia cui raccontava le sue storie… Dalla nostra prospettiva possiamo affermare che il potere che l’iniziato acquisisce nell’ascendere sull’Albero sephirotico è rischioso in quanto può portargli via l’umiltà, fargli appunto dimenticare se stesso e la sua natura umana e illuderlo di essere ormai pari a Dio . Di tale follia megalomane è infatti vittima Bastiano, come già accennato, quando si autonomina Infante Imperatore, scatenando una guerra fratricida tra i fantàsiani. Non è strano quindi che Atreiu, in virtù della sua funzione di Io Superiore, sia il primo ad accorgersi del pericolo, l’unico che cerchi di ricondurlo sulla retta via (di riportarlo “ nel suo mondo “, nella finzione narrativa) e che nel momento di massima perdizione di Bastiano sia prima esiliato (insieme a Fucùr, cioè il Drago della Fortuna… quasi a dimostrare la dipartita della buona sorte!) e poi addirittura ferito in modo quasi letale dal piccolo scellerato. Quando, dopo tali funesti eventi, il protagonista della nostra storia inizia a rinsavire, gli viene spiegato: Quando uno si proclama imperatore, allora AURYN scompare di propria iniziativa. E’ chiaro come il sole, si potrebbe dire, perché dopotutto non si può usare il potere dell’Infanta Imperatrice per defraudarla appunto del suo potere 42 L’interpretazione in chiave cabalistica ci permette di tradurre: è da folli ed è potenzialmente distruttivo per l’animo umano credersi pari a Dio. L’Albero della Vita e i suoi poteri, devono essere usati dall’adepto per renderlo partecipe della sua intima natura divina, ma ciò non equivale a sostituirsi a Dio. Nell’attimo in cui ciò viene tentato l’Albero della Vita cessa di conferire poteri e diviene inutilizzabile. Non rimane che la follia, simboleggiata da Ende nella “Città degli Imperatori“ , dalla quale Bastiano si sottrae per un soffio. Tale concezione dell’Albero della Vita quale patrimonio inalienabile della Divinità è più 4 1 La Storia Infinita , cit. , p. 291 4 2 Ibidem, p.385 32 antica della stessa Cabala ed è confermata nel racconto in cui esso compare per la prima volta : la Genesi biblica. Piuttosto sullo sfondo, a dire il vero, rispetto al più celebrato “ Albero della conoscenza del Bene e del Male “; eppure anch’esso affonda le sue radici nel Giardino dell’Eden e non deve essere di importanza inferiore se è Dio stesso a dire, dopo il Peccato originale di Adamo ed Eva : Ecco che l’uomo è diventato come uno di noi, conoscendo il bene e il male! Ed ora ch’egli non stenda la sua mano e non prenda anche l’albero della vita , sì che ne mangi e viva in eterno ! 43 Né si limita a ciò , ponendo a protezione dell’albero i cherubini e la misteriosa “Fiamma della Spada folgorante“ . E ancora una volta troviamo associati Albero della Vita e serpenti , anzi il Serpente per eccellenza. Secondo alcuni cabalisti Nechushtan è proprio il Serpente dell’Eden, nella sua qualità di iniziatore ai misteri e a rappresentare l’ambivalenza del rischioso potere dell’Albero della Vita; secondo altri, al rovescio sarebbe la stessa Fiamma della Spada folgorante; o entrambe le cose. E’ comunque abbastanza probabile che l’origine dell’associazione serpente-Albero della Vita, almeno per quel che concerne la Cabala, e di riflesso la Storia Infinita , trovi nella Genesi la sua fonte. Abbiamo quindi dimostrato in che maniera l’Auryn sia pertinente alla simbologia cabalistica e come tale attribuzione, lungi dall’essere in contraddizione con quelle precedentemente prese in esame (Caduceo ed Ouroboros), sia ad esse complementare. Si è inoltre messo in evidenza come l’idea di iniziazione misterica sia associata, tra le altre, a tale simbolo e come ciò affiori coerentemente dalla narrazione ne La Storia Infinita . Rimane ora da approfondire il concetto, già incontrato, di un Auryn quale emblema di immortalità e rigenerazione. Le ultime parole del passo biblico citato , “ sì che ne mangi e viva in eterno “, già ci confermano nell’idea che, d’altra parte, non potrebbe essere meglio espressa nella stessa denominazione di Albero della vita . Possiamo inoltre citare i testi apocrifi, come l’ Apocalisse di Mosè , in cui Adamo, ormai in fin di vita, invoca il Signore affinché gli consenta di mangiarne i frutti, sì da ristabilirsi e prolungare l’esistenza, ottenendo però un 4 3 La Bibbia , Genesi 3,22 , ed. Paoline, Milano 1987 , p.14 35 CONCLUSIONI Si può accusare questo studio di confondere letteratura d’intrattenimento ed esoterismo; di scomodare diverse tradizioni culturali e religiose e di correlarle in maniera impropria o con eccessiva superficialità e di trovare quindi nessi tra significanti e significati laddove non ce ne sono; oppure criticare la scarsa documentazione delle relazioni, reali o presunte, di Michael Ende, con l’ambito della Cabala. Riguardo la prima obiezione rispondo facendo presente che nel momento in cui un letterato decide di dare alle sue opere un certo tipo di contenuto, il ricercatore onesto deve tentare di sviscerare quel contenuto nel rispetto dell’autore e del o dei messaggi che egli voleva comunicare. Il presente lavoro vuole essere la dimostrazione degli interessi esoterici di Michael Ende e dell’imprescindibilità di una chiave cabalistica per la comprensione de La Storia Infinita , come di altre sue opere. D’altronde ho cercato di chiarire fin dal titolo questa esigenza. Né si è voluto negare l'ovvio: che l'attività letteraria di Ende si sia manifestata sotto forma di narrativa per ragazzi è evidente e grande è stato il suo contributo nell'arrichire questo filone. Ma, come speriamo di aver dimostrato, ciò non esclude un'interpretazione dei suoi 36 racconti a più livelli che giustifichi appunto una chiave di lettura esoterica. La maggior parte dei miei sforzi sono stati profusi nell’evitare la seconda obiezione. A tal fine ho cercato di documentare il più possibile ogni affermazione, in particolare quando si è trattato di esporre le mie opinioni sulla simbologia adottata da Ende e di dimostrare i riferimenti al patrimonio di immagini e significati della Cabala e di altre dottrine iniziatiche, come di date religioni e mitologie. Sempre per questa ragione ho adottato, dove possibile, una sorta di “interlinearità“, giustapponendo alle citazioni tratte dalla bibliografia i passi che mi parevano più puntualmente attinenti dell’opera di Ende. Mi scuso una volta d più di aver dovuto trattare brevemente nozioni complesse e dai molteplici significati, con esposizioni forse non sempre all’altezza della situazione, soprattutto nell’ultimo capitolo. La terza osservazione è sicuramente legittima e in effetti, tranne poche nozioni su un coinvolgimento di Ende nell’ambito dell’Antroposofia di Rudolf Steiner, ammetto di non aver rintracciato prove certe di una sua affiliazione a ordini cabalistici o di natura similare. A mia parziale discolpa pongo tuttavia una certa scarsezza di materiale critico, almeno per quanto da me potuto rilevare e soprattutto in lingua italiana; in secondo luogo l’ovvia difficoltà di verificare simili affiliazioni, vista la consegna del silenzio cui gli adepti degli ordini della tradizione occidentale sono, in modo pressoché unanime e fatte salve le dovute eccezioni, normalmente fedeli. In ultimo, a tale proposito, ho dato per scontato che le opere di Ende parlassero per lui: a parte la stessa Storia Infinita, basti citare Lo Specchio nello specchio: racconti come “La signora scostò la tendina nera del finestrino della carrozza” o ”Marito e moglie vogliono visitare un’esposizione“ sono, al di là di ogni ragionevole dubbio, parabole cabalistiche 49 . Con ciò non intendo dire che Ende fosse certamente affiliato a ordini cabalistici; intendo dire che, senza dubbio, nelle sue opere trattava di argomentazioni cabalistiche . Di certo mi rimprovero altre mancanze: prima fra tutte l’impossibilità di trattare in maniera esaustiva le implicazioni cabalistiche del testo in esame. Forse un titolo più appropriato sarebbe stato “Approccio ad un’interpretazione cabalistica de La Storia Infinita“, ma non 4 9 Cfr Gerschom Scholem,. La Kabbalah e il suo simbolismo, G.Einaudi ed., Torini, 1980 e 2001, rispettivamente p.103 e p.111 37 suona molto bene. Poiché, in tutta umiltà, in queste poche pagine non è stata scalfita che la punta di un iceberg ben più profondo: mi vengono in mente le implicazioni che la figura dell’ Infanta Imperatrice probabilmente ha nella questione della Torah scritta e della Torah non scritta 50 , le innumerevoli immagini e temi che rimangono da chiarire (p.es. i legami tra Torre D’Avorio, Cantico dei Cantici e iconografie cristiana; o la figura del Vecchio della montagna vagante). Per non parlare del percorso di Bastiano in Fantàsia e delle corrispondenze con le varie sephirot 51 . Non è da escludere naturalmente che tale materiale venga preso in considerazione e approfondito in futuro e che questo studio ne possa risultare ampliato e arricchito. Intanto, nell’enormità dei miei limiti, mi attribuisco l’unico merito di aver trovato la giusta chiave di lettura a un’opera tanto cara, nella sua versione tanto cartacea che cinematografica, a me e alla mia generazione. Nella speranza di aver generato più chiarezza che dubbio sul suo significato, di aver destato un po’ di stupore e di sorpresa attorno al suo mistero e soprattutto di aver una volta di più dimostrato che davvero la vita non debba “proprio essere così grigia e indifferente, così priva di misteri e di miracoli, come tutti affermavano quando dicevano rassegnati: così è la vita!“ 5 0 Ibidem, pp. 71-73; 81; 85 5 1 Unica attribuzione su cui ho pochi dubbi è quella di Amarganta, la città d’argento, quale rappresentazione della 9^ sephirah , Yesod : cfr, La Cabala mistica , cit., pp. 227 e sgg.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved