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LA STORIA MODERNA-PRODI, Appunti di Storia Moderna

Riassunto "La Storia Moderna"-Prodi

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 27/04/2020

StudentessadiMediazione
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Scarica LA STORIA MODERNA-PRODI e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! La storia moderna- Paolo Prodi CAPITOLO 1 IL MESTIERE DELLO STORICO: La 1 operazione da fare x avvicinarsi allo studio della storia è quella di distruggere concettualmente il manuale, poiché esso non è nient'altro che fornitore di un materiale grezzo sul quale far funzionare la nostra intelligenza. Ad esempio lo storico Cantimori critica i manuali per la loro oggettività e pregnanza e sulla base della sua stessa insofferenza verso i limiti obbligatoriamente da rispettarsi nello scrivere un manuale, distrugge quello scritto da lui stesso. Allo stesso tempo però egli è costretto ad asserire che le nozioni del manuale sono essenziali per l'apprendimento della storia.Queste ultime sono da osservarsi con diffidenza affinché siano oggetto di discussioni che portino a ricomporre in maniera personale quel reticolo di coordinate spazio-temporali fornite dal manuale. La 2 operazione da fare è quella di interrogarsi sulla storia come disciplina: sia come definizione di un particolare settore del conoscere, sia come acquisizione faticosa dei metodi per praticarne il mestiere. La storia (dal greco Istoria=indagine/curiosità) non è la scienza che studia il passato (si parla in questo caso di antiquariato) ma la scienza che studia il passato che è in noi in funzione dell'oggi: “per l'indagine storica il dato non sono le cose passate, bensì quanto di esse nello hic et nunc non è ancora tramontato"-Gustav Droysen. La storia non è infatti una scienza che aiuta a comprendere il passato, ma una scienza che aiuta a comprendere la società del presente, dunque lo storico si pone come “scienziato della società”. Nel 1929 tale pensiero fu esposto nella rivista “Annales" di Marc Bloch e Lucien Febbre, espressione della scuola di pensiero francese: fare storia significa “comprendere il presente mediante il passato e comprendere il passato mediante il presente”. Considerato il tempo come una pellicola cinematografica, mentre tutte le scienze indagano solo sull'ultimo fotogramma immobile della realtà, la storia ricerca il divenire che intercorre tra questo e i fotogrammi precedenti. Oggi non c'è più distinzione tra storia come res gestae(fatti passati) o come historia rerum gestarum(interpretazione dei fatti), nonostante la storia e la conoscenza che noi abbiamo di essa differiscano immensamente: “otteniamo non un'immagine dell'accaduto in sé, ma della nostra elaborazione intellettuale di esso"-Droysen. La disciplina e il mestiere dello storico variano costantemente poiché varia la funzione assunta dalla storia nel corso del tempo: se in orogine la storia si riteneva in grado di insegnare la vita (“historiamagistra vitae"), a seguire già Nietzsche la definiva come “un'occupazione da vecchi, il cercare conforto nel passato", e nel corso del 900 fu spesso vista come uno strumento per educare i giovani all'obbedienza e al rispetto delle gerarchie sociali. Oggi si ha il problema opposto poiché i giovani vivono uno sbandamento dovuto alla mancanza di identità collettive sulla base delle quali poter costruire un'identità individuale. LO SGUARDO DELLO STORICO, IL TEMPO:ciò che distingue lo storico dagli altri scienziati sociali è che egli osserva le cose servendosi di una quarta dimensione, la dimensione tempo, che gli permette di osservare il divenire insito in ogni cosa. Dunque la visione dello storico è caratterizzata dalla ricerca di rapporti che permettono di fissare le coordinate spazio temporali di un fenomeno: ciò non implica aver trovato la causa ultima di ogni fenomeno (post hoc ergo propter hoc, ciò che è venuto dopo è causato da ciò che è venuto prima) ma di aver messo in luce la molteplicità di fattori che connettono gli avvenimenti della vita umana, anche se allo stesso tempo è innegabile che nulla può essere influenzato da ciò che è venuto dopo è che non esiste nulla al mondo che non sia divenuto. Il tempo non è unico ma molteplice, la sua pluralità è legata sia alla coscienza culturale che l'umanità ha avuto del tempo nelle varie epoche, sia alle caratteristiche specifiche del fenomeno in analisi.Riflessione sul metodo storico, Fernand Braudel, Annales,1958:  Dialettica della durata: ogni storico dev'essere consapevole della contrapposizione tra l'istante fugace e il tempo che scorre lentamente, i cui ritmi sono molteplici a seconda del fenomeno studiato, si alternano tempi veloci, come quello della cronaca, a tempi lunghi come quelli delle trasformazioni economiche o delle strutture.  “Strutture": realtà che il tempo stenta a logorare e che porta con sé molto a lungo. Possono essere sia “sostegni", come lo scheletro umano, o “ostacoli” come schemi mentali che costituiscono limiti di cui l'uomo non si libera, prigioni mentali senza i quali, tuttavia, la società non può vivere. Ciò ha portato a rendersi conto della relatività delle tradizionali definizioni storiche cronologiche ed ha limitato il raggio d'azione della storia: quest'ultima si estende finché è percepibile il divenire del tempo, poi lascia il posto alla “storia immobile”, non più analizzano le dallo storico ma dall'antropologo, dal sociologo ecc. LO SPAZIO:per molto temposi è distinto tra “storia generale”, diffusa nelle università, e di “storia locale”, di secondo ordine e nota solo a pochi. Quando questo confine è venuto a cadere si è iniziato a parlare di “storia spaziale”, ovvero di dimensione spaziale della storia, la quale è inscindibile da quella temporale. L’unico confine possibile da tracciare è quello tra una ricerca che indaga un territorio circoscritto in cui si ripetono gli stessi fenomeni, e dalla quale non si ha altro che la conferma di ciò che già si sa, e la ricerca effettuata su un territorio circoscritto che invece porti ad un mutamento generale del quadro interpretativo. L’OGGETTO DELLO SGUARDO, STORIA GENERALE E STORIE SPECIALI: l’oggetto dello sguardo dello storico deve essere qualcosa che crea naturalmente interesse, per poi inserirlo nelle opportune coordinate spazio- temporali. Negli ultimi due secoli la storia si è specializzata in tante diverse branche dotate di autonomia di ricerca (storia del diritto, dell’economia, della scienza ecc), e parallelamente è nato il periodizzamento della storia. Con la specializzazione della storia molto spesso alcuni suoi rami in passato erano definiti come “scienze ausiliarie della storia” (archeologia, paleografia, filologia ecc), ma nel tempo si è verificato il passaggio da un sistema tolemaico in cui tutte le altre scienze erano considerate “satelliti” della storia, ad un sistema a rete in cui le varie discipline interagiscono tra loro in modo sempre diverso. Nella storia moderna ricorrere all’archivistica e alla paleografia è indispensabile. La fine del processo di specializzazione ha portato enormi settori a distaccarsi dalla storia: storia dell’arte, storia letteraria, della filosofia ecc., dunque cosa rimane di quel che era la storia generale? La storia generale mantiene la funzione di studiare i punti di intersezione tra le varie storie particolari e di studiare la linea di confine lungo la quale le storie particolari si confrontano con il problema del potere, del conflitto tra libertà e dominio. Questa storia potrebbe definirsi “politico-costituzionale”, ma in questo caso (a differenza del disprezzo nutrito dalla scuola delle Annales nei confronti della storia politica in quanto elenco di gesta dei grandi uomini) si intende una “storia politica” che riguardi l’umanità e le relazioni che intercorrono tra gli uomini nel loro complesso, ovvero si tratta di una storia che mette in relazione ogni storia particolare con il contesto sociale e con tutti gli altri ambiti della vita dell’uomo. Dunque attualmente gli storici hanno a che fare con una materia, la storia, del quale vengono messi in discussione lo statuto come disciplina e la funzione. GLI STRUMENTI CONCETTUALI, I TIPI IDEALI: la storia si è sempre posta al centro tra cultura umanistica e scientifica, poiché lo storico esplora, classifica ed interpreta le testimonianze del passato come uno scienziato, ma allo stesso tempo ne differisce poiché usa categorie concettuali astratte e non replica gli esperimenti in laboratorio. Oltretutto mente le leggi scientifiche sono valide universalmente, le scoperte storiche sono valide hic et nunc, ovvero qui ed ora, solo relativamente ad uno specifico fenomeno in analisi. Ciò distingue la storia anche da qualsiasi teologia o filosofia. Storicismo: presunzione che la storia possa costituire la chiave interpretativa della realtà, e che viceversa solo con una chiave interpretativa la storia sia comprensibile. Dal romanticismo in poi lo storicismo idealista, marxista o positivista, con l’idea di Stato/classe si è illuso di poter cogliere il senso della storia o di poter trovare una spiegazione ultima della realtà tramite la storia. Karl Popper scrive sullo storicismo: “lo storicismo è inteso come un’interpretazione del metodo delle scienze sociali che aspiri alla previsione storica mediante la scoperta dei ritmi/leggi che sottostanno all’evoluzione storica.” Contro lo storicismo afferma: “noi facciamo nostra l’opinione che la storia è caratterizzata dal suo interesse per gli avvenimenti reali e non per le leggi che li governano”. Attualmente questa tendenza viene abbandonata e rispetto alle scienze sociali la storia rinuncia a formulare passaggio alla 2 età moderna (o “contemporanea”) non è chiaro, può identificarsi sia con la riv industriale sia con quella francese o con i moti di unificazione di fine 800, a seconda dell’argomento di studio. Convenzionalmente ci si ferma a inizio 800, quando il processo di modernizzazione sembra aver coinvolto tutti i settori della società, da quello politico con l’idea di Stato-nazione a quello economico, con la riv industriale, ma bisogna sempre tener conto che il passaggio è avvenuto con continuità di sviluppo tra l’una e l’altra. Per quanto tiguarda l’inizio della storia moderna viene accettata la collocazione di Voltaire alla fine del XV secolo, a condizione che quest’ultima non sia concepita come un periodo chiuso ma come il baricentro di un periodo più grande che la precede e la segue. È evidente infatti come il passato sia essenziale nel determinare gli avvenimenti, ne sono la prova le rivoluzioni dell’età moderna, che non nascono mai dal “nuovo” ma sempre da uno squilibrio nato nel passato e trascinatosi nel tempo. Alcuni storici tendono a far coincidere l’inizio della storia moderna con l’illuminismo per il suo legame con il progresso ma tuttavia sarebbe riduttivo limitare la storia moderna ad identificarsi con esso. Di conseguenza viene adottata la definizione di Voltaire. IL VERSANTE ANTROPOLOGICO, INDIVIDUO, FAMIGLIA, SOCIETà: molto spesso si fa coincidere l’inizio della storia moderna con la nascita dell’individuo a seguito del rinnovamento portato dall’Umanesimo: tale movimento nell’Italia del XIV-XV secolo ha posto l’uomo al centro dell’universo, facendo si che secondo la scuola di pensiero di Burckhardt l’inizio della storia fosse da far coincidere con l’origine del Rinascimento e con il riconoscimento della preminenza della vita culturale su quella politica,economica,sociale. In questi secoli avviene la trasformazione dall’homo hierarchicus all’homo aequalis (Dumont): si passa da una struttura sociale in cui l’uomo ha una posizione determinata all’interno di un ordine preordinato del mondo ad una nuova concezione sociale basata su un rapporto egualitario e mobile tra gli esseri umani. Al concetto di individuo si lega quello di rivoluzione (soprattutto culturale), è la visione di un mondo continuamente in trasformazione e modificabile per intervento dell’uomo. Tale rivoluzione culturale, detta rivoluzione nei valori da Dumont, è ciò che distingue la nostra società da quella tradizionale, alla fine di questo processo infatti non solo si è giunti alla democrazia, ma anche alla concezione sociale di individuo come singolo svincolato da famiglia, tradizioni, avi e contemporanei: “l’aristocrazia aveva fatto di tutti i cittadini una lunga catena che risaliva dal contadino al re, la democrazia ha spezzato la catena e separato ogni anello… Costoro […] volentieri si immaginano che il loro destino sia tutto nelle loro mani.” (-Alexis de Tocqueville sull’America del 1830). La democrazia non solo rompe i rapporti sociali ma porta l’uomo a chiudersi in se stesso. Questo mutamento antropologico di ripercuote sulle strutture sociali d’europa poiché la storia politica-istituizionale è strettamente connessa a quella sociale. L’uomo è inseparabile dalla società nella misura in cui ne vive i mutamenti strutturali, anche se nella civilizzazione dell’Europa moderna si diffonde la convinzione che esista un “io” separato dell’individuo dalla società che sia in dialettica con essa (Norbert Elias). La 1 conseguenza della mutazione antropologica dovuta dalla nascita dell’individuo è l’abbandono della società per come era concepita nel Medioevo, attraverso 3 grandi ordini: clero, militari (nobili), lavoratori e le varie sottospecie di ogni ordine. Nell’età moderna questa gerarchia viene superata, si afferma un principio di “mobilità sociale” su base principalmente economica. Così si ha l’affermazione di quello che era il 3 stato e la nascita della borghesia (nasce nei “borghi”). I privilegi della nobiltà non svaniscono ma sono definiti appunto sempre più come “privilegi” al punto tale che i nobili dovranno fare di tutto per difenderli. L’aristocrazia costituisce un ostacolo al nuovo, ma allo stesso tempo parallelamente a questo scontro si istituisce un processo di osmosi per il quale la classe nobiliare trasmette alle nuove classi in ascesa valori consoni alla nuova nobiltà che sta nascendo: l’onore, la nobiltà come custode del potere ecc. Cambia anche la struttura familiare, abbandonata la struttura patriarcale del medioevo, la famiglia viene ridotta alla coppia e ai figli e allo stesso tempo viene isolata dalla sfera pubblica poiché lo Stato sottomette tutti allo stesso modo, mentre nel medioevo la famiglia aveva un ruolo sociale intermedio di congiunzione tra il singolo e il potere politico, che allora era distribuito nella società attraverso diritti come la vendetta o la faida. Nell’età moderna permangono però i rapporti di clientela come rete interfamiliare di rapporti politici (si pensi alla mafia), tant’è che il potere di punire i delitti e di amministrare la giustizia verrà solo progressivamente lasciato allo Stato. La famiglia verrà ridefinita come cellula di base della sfera privata ma svuotata di ogni significato politico. Nasce il matrimonio come tipo di contratto pubblico: se nel medioevo esisteva una pluralità di contratti giuridici, adesso il matrimonio viene riconosciuto sia dall’autorità politica sia da quella religiosa,anche la proibizione dei matrimoni clandestini fatta nel Concilio di Trento si muove in questa direzione. L’istituto della famiglia e del matrimonio si sviluppano nell’età moderna in consonanza con la divisione tra sfera pubblica e privata, per la prima volta si emarginano i figli illegittimi e gli orfani/abbandonati vengono affidati al potere pubblico. Si ha inoltre l’emarginazione di tutti coloro che non sono collocabili in alcun modo nella catena sociale e di coloro che non raggiungono l’autonomia del singolo. Il fanciullo viene visto come individuo potenziale che ha bisogno di una guida per diventare adulto, la donna è vista come individuo dimezzato che gradualmente assume il diritto di essere riconosciuta come soggetto giuridico identificabile e partecipe al processo produttivo. IL VERSANTE RELIGIOSO, DE-MAGNIFICAZIONE,RIFORMA,CONFESSIONALIZZAZIONE: “Disincanto”: processo attraverso il quale in età moderna l’uomo perde la visione di un cosmo gestito da Dio e da leggi inconoscibili delle quali è prigioniero (Max Weber). Da non confondersi con la “secolarizzazione”, che si riferisce al rifiuto di ogni concezione trascendente di Dio. L’analisi storica di Weber mette infatti in relazione i processi antropologici con quelli religiosi e adottando l’una o l’altra analisi si avrà una diversa percezione storica. Adottando l’analisi della secolarizzazione il processo di modernizzazione sarebbe visto come una lotta tra le nuove idee razionaliste (illuminismo) e quelle oscurantiste della chiesa. Adottando invece il pensiero di Weber sarà possibile identificare le radici della modernizzazione nel Medioevo, con la nascita del cristianesimo occidentale che, con la fusione tra dottrina cristiana e filosofia classica, restituisce al mondo un’autonomia dalla sfera del sacro. Così solo con il culto dei santi si fece un primo passo per liberarsi dall’animismo e dai demoni e con i miracoli si ha la 1 eccezione rispetto alle leggi di natura che permette di emarginare la percezione di un mondo irrazionale , solo restringendo il sacro nel sacramento amministrato dalla chiesa nella quotidianità emerge la razionalità. La chiesa d’occidente si distingue dalle sette perché pone un limite tra la sfera temporale e quella del sacro. Solo così è comprensibile la persecuzione degli eretici contro superstizioni, stregonerie, credenze demoniache ecc. La chiesa è il principale strumento di repressione, riconosce il carattere sovrannaturale dei fenomeni ma allo stesso tempo li comprime sotto il suo dovere. Il centro della vita sociale del medioevo è la comunità religiosa, ma questa situazione sotto alcuni aspetti sarà poi sconvolta dalla frattura religiosa verificatasi con la Riforma e lo scisma anglicano, la religione oltretutto avrà per secoli una funzione fondamentale nell’acculturare le masse. Gli eventi della riforma appaiono come la conclusione della lunga crisi della cristianità medievale: la fine di un processo di trasformazione del rapporto del singolo con Dio e del rapporto pubblico tra il sacro e il potere, tra chiesa e Stato. Con il grande scisma d’occidente fallisce l’ultimo tentativo di tenere unita la cristianità medievale e si apre la strada alla formazione delle chiese territoriali legate agli Stati emergenti. Tra l’altro si noti come mentre nella Riforma prevale l’aspetto di rivoluzione rispetto alla Chiesa medievale, nel modo cattolico convivono sia un moto di rinnovamento interno sia un moto di repressione del protestantesimo e dell’eresia. Ciò comporta enormi cambiamenti in ogni paese europeo, dove ognuno risponde al cambiamento in un modo che gli è proprio, che sia più rivoluzionario o riformistico. Sia nei paesi cattolici che in quelli riformati tuttavia in questo periodo rimane centrale l’argomento della salvezza e della grazia teologica: l’uomo si salva per i propri meriti o il peccato originale porta impone la predestinazione ad essere dannati? Martin Lutero nelle sue tesi protestanti rispose che la salvezza viene solo da Cristo senza alcun merito dell’uomo, le opere sono inutili poiché non garantiscono la salvezza. Egli tra l’altro introduce la dottrina del sacerdozio universale abolendo il ruolo di mediazione tra fedeli e divinità rappresentato dalla chiesa. Le istanze riformiste proposte da Calvino si basano sul fatto che l’impegno umano possa determinarne la salvezza o la dannazione. Max Weber definisce invece il calvinismo come lo spirito del capitalismo per l’etica del duro lavoro che può donare la salvezza. Dopo il concilio di trento ha inizio la Controriforma della chiesa cattolica, la quale ribadisce il suo ruolo di mediazione e pone alla base della propria riforma il problema della salus animarum, la salvezza delle anime che vien garantita dal vescovo, in funzione di pastore delle anime (Carlo Borromeo, arcivescovo della Milano spagnola ne sarà il modello). Il papato sembra così volersi distaccare dalle questioni politiche, ma in realtà successivamente al concilio così non accadde perché in Italia il papato ha sempre avuto un’autorità tale da indebolire quella dei sovrani della penisola. Nella sfera pubblica emergono 2 tendenze diverse, nei paesi riformati si tende a lasciare al potere politico il predominio sulla chiesa (ius circa sacra), mentre in altri nascono chiese separate (GB) che riconoscono il sovrano come capo. Negli stati cattolici il papa tende ad affermare la sua superiorità sul re dando luogo alla nascita di fazioni opposte: i regalisti a sostegno della supremazia regale e i curialisti a sostegno del papa. Nel mondo cattolico nascono inoltre chiese che hanno gli stessi confini dello stato e che sono da esso governate. Nascono così gli Stati Confessionali,dove lo stato è titolare della sovranità ( cuius regio eius et religio) e in cui l’appartenenza alla chiesa non è data solo dal credo comune ma anche da professioni di fede giurate. Spesso coloro che erano esclusi dalla chiesa o considerati eretici davano luogo a sollevazioni popolari ed è così che nasce in Europa un processo di disciplinamento sociale grazie al quale si sviluppano realtà come il mercato, la libertà e la democrazia. Così rispetto al rapporto medievale dialettico tra papato e impero nell’età moderna i punti di attrito tra chiesa e stato si spostano: si ha concorrenza tra Stati, chiese, nella rivendicazione di diversi fondamenti delle autorità. Lo sviluppo della coscienza e dell’angoscia dell’individuo che si sente isolato dal resto del mondo fa si che la chiesa aumenti i metodi per controllare/educare/manipolare le coscienze dei fedeli: confessione, repressione inquisitoriale, predicazione e controllo della moralità pubblica ecc. il processo di secolarizzazione (distacco dal trascendente) che porterà alla tolleranza e alla libertà di culto inizierà solamente nel 700 con l’illuminismo. IL VERSANTE POLITICO, LO STATO MODERNO: in età moderna nasce lo Stato come unico soggetto politico dotato di piena sovanità, dato dalla compresenza di 3 elementi: territorio, popolazione e monopolio del potere legittimo. “lo Stato moderno è un’associazione di dominio in forma di istituzione, la quale, nell’ambito di un determinato territorio, ha conseguito il monopolio della violenza fisica legittima come mezzo per l’esercizio della sovranità e a tale scopo ne ha concentrato i mezzi materiali nelle mani del suo capo”- Max Weber. Nel medioevo si aveva un pluralismo di poteri politici/giuridici in concorrenza tra loro che sono concepiti sempre come fissi e immutabili, dove l’unico cambiamento si verifica solamente al vertice tramite colpi di stato, alternanza di diverse fazioni/persone. “Stato”: dal latino status=condizione per parlare della situazione concreta di una comunità in un luogo/momento poi passa ad identificare i detentori del potere, il regime. Infine il termine è sostantivabile per indicare la concreta forma politica che si vuole designare. Mentre nel medioevo si avevano in europa moltissimi soggetti diversi, in età moderna si parla di un “sistema di stati europei” composto da una 30ina di stati in lotta per il mantenimento dell’equilibrio ma allo stesso tempo ben definiti. Tuttavia si è arrivati a questo quadro politico solo dopo molti conflitti: tra 500 e 700 la violenza diventa lecita solo tra soggetti dotati di piena sovranità ( justum bellum, viene condannata ogni forma di giustizia privata come il duello) e viene regolata da norme che circoscrivono l’uso della violenza ai soli rapporti interstatali. La violenza non solo ha il fine di annientare l’avversario, ma ha anche quello di ricostituire un nuovo equilibrio all’interno di uno jus publicum europaeum. La guerra è dunque lo strumento fondamentale per la costruzione dello Stato ,gli permette il monopolio della violenza anche in tempo di pace nei confronti della popolazione interna. La concezione dello Stato si è evoluta nel tempo grazie al contributo di Machiavelli, della teoria della sovranità di Jean Bodin, del Leviatano di Hobbes. Gradualmente si sviluppa una concezione impersonale dello Stato, che vede quest’ultimo distaccato dal sovrano e sempre più simile ad una macchina. Il processo di accentramento del potere statale è iniziato nelle signorie del 400ma lo stato ha avuto bisogno di molto tempo per potersi imporre sul potere ecclesiastico, cosa che avverrà solamente negli ultimi secoli con l’affermazione dell’idea di stato-nazione. Tra i fattori economici sono stati determinanti la separazione tra la proprietà privata e il potere politico, la nascita dei mercati nazionali, la ricchezza mobiliare, tra quelli giuridici si hanno l’abbandono delle dottrine medievali (diritto canonico,romano) e la costituzione di una rete di tribunali articolati a vari livelli all’interno dello stato. Inoltre i nuovi stati hanno un esercito permanente, un apparato burocratico e una diplomazia moderna. Se prima il re era circondato da uomini ostacolata dalla peste e dalle carestie. Nelle città gli standard produttivi aumentavano poiché il lavoro era distribuito attraverso le associazioni di arti/mestieri, le corporazioni. Si sviluppano quindi le nuove forme di società capitali, il proletariato moderno, le banche, le compagnie di navigazione, lo stato espande flotta ed armamento grazie all’evoluzione tecnologica. Notevole l’espansione delle vie di comunicazione. In italia tutto ciò arriva solo molto dopo a causa di vari fattori: il mediterraneo perde prestigio con la scoperta di nuovi territori, la controriforma della chiesa ha sempre frenato l’innovazione in Italia, i prezzi dei prodotti italiani erano troppo alti e venivano surclassati da quelli dei prodotti stranieri, l’inflazione delle rendite patrimoniali fisse (“rivoluzione dei prezzi”). IL VERSANTE SPAZIALE, L’ESPANSIONE DEL MODELLO EUROPEO: la dimensione spaziale dei fenomeni incide su tutti gli aspetti della vita umana, ne determina le differenze. Si osservi ad esempio l’Italia medievale, è già possibile osservare differenze spaziali in ambito economico, poiché mentre al nord si ha uno sviluppo nella produzione, al sud si ha ancora il feudalesimo. L’espansione dell’Europa nel mondo porta al confronto obbligato tra società diverse, si guardi alla lotta dei cristiani contro la civiltà islamica, alle crociate, alla reconquista. Sul piano culturale l’espansione europea comporta uno spostamento dell’attenzione dalle discussioni umanistiche sulla contrapposizione tra antichi e moderni all’affermazione della supremazia della civiltà europea sulle altre civiltà abitanti delle terre appena scoperte. Sul versante scientifico si ha la rivoluzione copernicana, la mappatura del mondo, lo sviluppo dei trasporti via terra e via mare in particolar modo rivoluziona i rapporti tempo/spazio grazie alla nuove velocità delle comunicazioni. La storia moderna è quindi sostanzialmente eurocentrica: è la storia dell’espansione europea nel mondo. Se alla fine del 400 l’europa era ancora in bilico, in lotta x la sua sopravvivenza contro l’impero ottomano, già nel 500 possiede un potenziale economico,scientifico,tecnologico enormemente superiore a quello posseduto dalle altre civiltà. È per questo e per la superiore capacità di iniziativa ed organizzazione che contraddistingue l’uomo europeo, che l’europa nel XIX secolo giungerà a dominare direttamente o indirettamente il 90% delle terre del globo. Nel 500 l’italia era diventata oggetto delle mire espansionistiche di molte potenze europee (discesa di carlo VIII, iniziano le guerre d’italia) poiché nella sua organizzazione produttiva e amministrativa rappresenta il prototipo dell’europa del futuro. Tuttavia questo modello viene acquisito e migliorato dalle altre potenze europee al punto da surclassare quello italiano: questa è la principale causa per cui l’italia ha faticato così tanto ad unificarsi. L’italia ha infatti ispirato il modello amministrativo di cui si sono serviti gli altri stati europei per stabilire la loro egemonia. L’italia in europa avrà sempre un ruolo marginale, ispirerà gli sviluppi culturali economici politici ecc degli altri paesi, senza una partecipazione diretta. L’espansione europea si manifesta attraverso 4 diversi tipi di colonizzazione: 1. Colonizzazione finalizzata alla conquista di punti di appoggio e difesa (porti) che saranno poi sfruttati per il commercio (monarchia portoghese) 2. Colonizzazione come conquista di imperi: nei territori acquisiti viene imposto il modello governativo della madrepatria per avviare la costruzione di un impero. Queste terre vengono sfruttate per i commerci e sono sfruttati gli indigeni (Spagna nel nuovo mondo) 3. Conquista coloniale gestita dalle grandi compagnie commerciali (colonie olandesi) 4. Colonie d’insediamento: nelle colonie vengono mandati gli emarginati sociali della madrepatria, per questo si innestano principi di libertà e democrazia. È il caso delle colonie inglesi in nord america, è un tipo di colonizzazione violento anche questo, si guardi allo sterminio degli indiani. Nella colonizzazione quasi sempre la civiltà preesistente viene distrutta. Ciò rientra nelle varie possibili manifestazioni del fenomeno di acculturazione che si verifica quando due cultura diverse entrano in contatto. La distruzione delle popolazioni indigene è stata causata dal loro sfruttamento, dalle malattie importate dall’europa, dalla volontà del conquistatore europeo di imporre il proprio modello antropologico. Rapporto tra colonizzazione e cristianizzazione: nel 500 la chiesa inizia la sua attività missionaria a conferma del suo rinnovamento,e tale attività si differenzia nelle sue modalità nel Nuovo Mondo e in Asia. In America gli indigeni erano visti come selvaggi e come tali andavano civilizzati, educati alla religione, nonostante ciò comportasse lo sconvolgimento degli assetti sociali di quei territori (l’istituzione del matrimonio sconvolge la società indigena, che si fondava sulla poligamia). Gli stati confessionali puntano molto sulla civilizzazione e sulla cristianizzazione attuata dalla chiesa poiché essa costituisce un mezzo per imporre il controllo statale nelle colonie. Tuttavia gli intenti sinceri della chiesa di imporre il cristianesimo senza secondi fini sono dimostrati dagli scontri tra conquistadores e missionari stessi (Bartolomeo de las casas, vescovo domenicano difensore degli indios). La soppressione della compagnia di gesù si deve principalmente alla sua attività missionaria, che veniva reputata un ostacolo dai vari stati. In asia invece la chiesa tenta di adattare il cristianesimo alla cultura asiatica, nascono così comunità cristiane autoctone ed un clero indigeno.
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