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La storia sconosciuta del gelataio Tirelli, Sintesi del corso di Storia

PArla della storia del Giusto tra le Nazioni Tirelli

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 12/12/2021

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stefano-coletta-1 🇮🇹

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Scarica La storia sconosciuta del gelataio Tirelli e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! Il gelato salva la vita Si proprio cosi, qualcuno non crederà al titolo e molti dietologi stroceranno la bocca, ma è proprio cosi. Nel 1944 almeno cinquanta persone di religione ebraica, hanno avuto la fortuna e il piacere d'incontrare la salvezza grazie al gelataio italiano, Francesco Tirelli, che li ha nascosti nella sua gelateria di piazza Lòvélde, nel centro della città di Budapest. Pochi conoscono la sua storia di Giusto tra le Nazioni, oggi divenuta di dominio pubblico, grazie alla pubblicazione della traduzione del volume “ il Gelataio Tirelli” scritto da Tamara Meir, nuora di uno dei salvati. La scrittrice ha realizzato l'opera come una favola per bambini, anche se la vicenda dovrebbe far riflettere, soprattutto, noi adulti. Francesco vede la luce nella Ill domenica di quaresima del 1898, per la precisione il 13 marzo, a Campagnola Emilia, a circa cinque chilometri da Rio Saliceto, paese originario del padre, Eliseo Tirelli. Quest'ultimo è un commerciante di generi alimentari che è rimasto vedovo da qualche anno, e s'è risposato con la madre di Francesco, Emma Spaggiari. Dal momento che quest’ultima è residente a Campagnola, Eliseo ha deciso di trasferire la sua bottega nel paese vicino. Qui il piccolo Francesco cresce e studia, mentre sviluppa una passione per il gelato e sogna di diventare un valido schermidore. Secondo il racconto dei beni informati non fa passare giorno senza recarsi dal gelataio del paese, Carlo Tirelli, zio paterno, non tanto per mangiarlo, quanto per apprendere i trucchi del mestiere. Quella amalgama fredda e dolce, piena di colori, zuccherini e sciroppi lo affascina, vede lo zio come uno stregone buono che crea pozioni per ridonare gioia e allegria ad adulti e piccini. Quando lo zio muore prende il suo posto conducendo la sua gelateria fino a quando non sposa, nel 1921, la giovane veneziana Angela Giupponi. Nel frattempo, si diletta nell'arte della scherma e diviene un provetto schermidore. A seguito del matrimonio decide di abbandonare la città natale e si trasferisce nella città di San Marco. Dove non solo riapre bottega, ma coltiva la sua passione sportiva e diviene allievo di Giuseppe Galante, figlio del noto spadista Dante. In breve tempo diviene un'ottimo schermidore e nella palestra conosce il sedicenne schermitore ungherese, Attila PEtschauer, figlio d'arte e di religione ebraica. Nel frattempo, Francesco diviene padre di tre figli: Elisabetta, Eliseo ed Elio. La sua bravura e gli agganci creati con Petschauer gli fanno pervenire l'offerta di poter lavorare come maestro di scherma presso il palascherma kéroly Fodor, sotto l'egida del Magyar Testgyakorlék Kére. L’idea lo alletta, per cui abbandona la famiglia e si reca a Budapest. Dalle notizie in nostro possesso si sa che il nome di Tirelli è apparso, tre anni prima, sulle pagine dello “Sporthfrlap” (Giornale dello Sport) dell’epoca, insieme a quello del Maestro di Scherma, Mario Siniscalco, originario di Napoli. Il giornalista scrive: “ Il maestro napoletano, abilissimo in tutte e tre le discipline della scherma e per lo più, sia con la mano destra che con la sinistra, è stato il maestro di scherma del circolo fascista di Napoli sino alla primavera di quest'anno. che si è assegnato la posizione di aiutante istruttore ed è questo il giusto titolo del “maestro”. D'altronde Tirelli svolge la sua “attività di maestro” soltanto in inverno a Cluj, presso la Haggibor. In estate, invece, vende gelati a Budapest. Non è la prima volta che viene coinvolto in uno scandalo di tal fatta e per questo motivo è stato già allontanato dal fascio”. Tirelli sanguigno come tutti i romagnoli, tre giorni dopo, si precipita presso la redazione del giornale e reclama le scuse ufficiale sia del capo redattore che a mezzo stampa. u Per cui l'indomani appare la seguente rettifica Ferenc Tirelli, maestro italiano di scherma protagonista dell'episodio avvenuto durante la competizione sportiva fra atleti italiani e ungheresi, episodio riportato sulle nostre pagine, in data odierna si è presentato presso la nostra redazione e ha comprovato il suo pieno diritto di fregiarsi del titolo di “Maestro di scherma”, in quanto l'ente statale che effettua gli esami, lo Ha iscritto nell'albo dei maestri di scherma e lui, a più riprese, ha esercitato anche attività di insegnante-maestro, ufficialmente riconosciuto nella disciplina della spada”. Da notare che il nome del romagnolo è divenuto Ferenc. Tirelli non appare pago dell'articolo e, soprattutto, ritiene che sia un'ulteriore smentita riguardo all'accusa di non essere un fascista e dopo una lunga discussione con il redattore la ottiene. Le origini dell'astio nei confronti di Tirelli, da parte degli ungheresi, vanno ricercate nell'apertura della sua gelateria. Infatti, oltre al romagnolo, nella città di Budapest, sono presenti circa 40 gelatai italiani che esercitano senza alcuna licenza, per cui i pasticceri magiari, dotati di regolare autorizzazione, non li tollerano. Tra l'altro la possibilità di consumare il gelato mentre si cammina fa diminuire i costi di gestione e, da quello che risulta, i gelatai italiani, tra cui Tirelli, sono usi sottopagare i propri lavoranti e comprare zucchero di contrabbando per evitare di pagare i dazi. Questo è il vero motivo del risentimento covato dai pasticceri italiani, ragion per cui il “Czukràszok Lapja” (Foglio dei Pasticcieri) dichiara guerra aperta ai gelatai italiani e pretende, da parte delle autorità, il ritiro della licenza. Purtroppo per i pasticceri budapestini tale richiesta provoca un effetto boomerang, dal momento che la clientela si schiera dalla parte dei gelatai italiani. Il presidente dell'Associazione dei Pasticceri presenta una memoria al Ministro del Commercio, Miksa Hermann, dove adduce il calo del giro d'affari della categoria con la scorrettezza dei gelatai italiani. u Costoro spiega “ non impiegano lavoratori qualificati, non pagano le tasse e dormono all'interno dei propri locali, risparmiando persino sull'affitto dell'appartamento, all'uopo di contenere le spese”. Il governo corre ai ripari e concede dei permessi esclusivi ai pasticceri ed estende la chiusura serale dei loro locali alle 23.00 nel periodo invernale e a mezzanotte in estate, mentre fissa quella dei gelatai, in tutte le stagioni, alle 20.00. | gelatai italiani non ci stanno e decidono di trasformare i locali in caffetterie, ma suscitano le proteste di questa categoria di artigiani. Nonostante tutto, i gestori di gelati riescono ad allargare il proprio raggio d'azione, ma a seguito dell'impresa in Abissinia molti italiani rientrano nel paese nativo, alcuni per paura delle conseguenze della guerra, altri perché richiamati. Uno dei pochi a rimanere è Francesco Tirelli che fissa la sua residenza e attività al numero 66 di Rottenbiller e versa al padrone di casa una pigione mensile di 141,76 pengé.! Tirelli tenta di naturalizzare e assume il nome magiaro di Ferenc, in questo modo riesce ad acquisire il titolo di “cukràsz onalo” (pasticcere autonomo), come attesta un 1 ? Questo documento è la prova che gli eventi raccontati nella storia di Tamar Meir, con molte probabilità, non si verificarono nel palazzo in Piazza Lov6lde, n. 7, (anche se questo è il palazzo che ricorda Jichak Meir), bensi nel palazzo direttamente adiacente, in via Rottenbiller, n. 66. Nel negozio pitt vicino della casa di fianco, ubicato in Piazza Lòvélde, 7, si trovava il forno della signora Szamekné e Grész. Progetto per la ricostruzione della facciata presentata dalla vedova J6zsefné Varga del 20 dicembre 1934 A confermarlo v'è la notizia, nell'estate del 1936, su un giornale locale che la sua gelateria, sita a Esztergom, cittadina nel nord dell'Ungheria, offre tre gusti nuovi al giorno. Alcuni anni dopo apre un'altra a Nyìregyhàza, nell'Ungheria orientale, a circa ducentotrenta km dalla capitale magiara, al numero 2 della strada pedonale Llona Zrinyi. Nel settembre del 1936 la gelateria cede il posto a un negozio di modista fino all'estate del 1939, quando Tirelli vi riapre l’attività. Forse a motivarlo ad abbandonare a lasciare la città sono delle aggressioni, del tutto immotivate, perché ritenuto di essere ebreo. Infatti, per costoro l'aria sta divenendo rovente e irrespirabile a seguito dell'emanazione da parte del Parlamento delle disposizioni “ sull'espansione sociale ed economica degli ebrei”. Tirelli non si scompone e reagisce agli attacchi facendo pubblicare sui giornali locali il seguente messaggio : “ Sono venuto a sapere che certe persone stanno divulgando delle notizie false sul mio conto. Di fronte a tali dicerie tendenziose dichiaro che la mia famiglia proviene dall'Italia ed è di fede cattolica romana, fede che può essere comprovata retroattiva- mente per secoli. Dichiaro inoltre che sono disposto a pagare 1000 Pengf a chi riuscisse a dimostrare il contrario sulle mie origini. Relativamente alla mia famiglia chiunque pué ottenere informazioni dettagliate da don Ettore Tirelli ministro della chiesa cattolica romana a Carpi, Modena. Nyiregyhàza, li 10 giugno 1939. Fraricesco Tirelli pasticciere italiano” Il chiaro riferimento a un ministro della chiesa cattolica mettono a tacere i malevoli, ma non le rivendicazioni del produttore di congelatori, Ignàc Hennefeld, riguardo il pagamento del materiale vendutogli. Non riuscendo a farsi pagare, viene citato in Tribunale e, nel 1942, il suo nome compare nella “Lista delle persone ricercate per un debito proveniente dal mancato versamento delle multe e tasse arretrate”. L'anno successivo, sul giornale locale “Pénzùgyi Kèziòny, del mese di aprile, appare la seguente notizia : " il pasticciere di 43 anni, nato a Campagnola (Italia) , cattolico romano, cittadino italiano, nullatenente, sposato, ha commesso qualche piccolo illecito con lo zucchero. Questa leggerezza gli viene perdonata dagli amanti del gelato in quanto senza lo zucchero, non esisterebbe nemmeno. il gelato”. Finalmente giunge il drammatico 1944, secondo quanto riportato, nel 2008, nelle testimonianze dei sopravvissuti allo Yad Vashem, risulta che Tirelli inizia la sua opera di aiuto agli ebrei accogliendo una famiglia in fuga dalla Cecoslovacchia, segnalatagli da alcuni conoscenti. Tra loro c'è Chana Hedwig Heilbrun, una bambina di sei anni, e Jichak Mayer, nella storia di Tamar Meir, si tratta del piccolo PEter. Entrambi rilasceranno le loro testimonianze presso lo Yad Vashem per far dichiarare il gelataio italiano, nel 2008, “Giusto tra le Nazioni”. Tirelli ospita gli ebrei nel suo magazzino, ma cerca anche altri luoghi per favorire l'eventuale fuga, inoltre si prodiga a procurare documenti falsi utili per assicurare i vari spostamenti. Una sera mentre sta accompagnando alcuni ebrei al suo magazzino, viene fermato dalla polizia ungherese. Tirelli sa cosa rischia se scoprono che si tratti di ebrei e se scopriranno i documenti falsi contenuti nella borsa, ma invece di tirarsi indietro, si ferma e inizia a parlare italiano con uno del gruppo, il signor Heilbrun, in modo da indurre le guardie a pensare che si tratti di un gruppo d'italiani. La polizia gli chiede perché si accompagni con un ebreo e Tirelli, da bravo schermidore para e attacca con una domanda: “Ma perché pensate che tutti noi italiani siamo ebrei? Ho davvero l'aspetto di un ebreo?” | poliziotti rimangono stupiti e si mettono a ridere come anche i suoi compagni e lo lasciano passare. Tirelli si rende conto che il piccolo Jichack Meir non puo stare in un ambiente così ristretto e anche se a malincuore riesce a convincere i genitori a fidarsi e ad allontanarsi da lui. Dopo varie ricerche lo trova presso l'appartamento di una famiglia ebrea, ubicato in piazza Jékai nel retro della gelateria. Secondo le testimonianze, nel gennaio del 1945, il numero delle persone nascoste in questo spazio ammontano a circa ventidue. Dalla visione del progetto originario la gelateria avrebbe occupato, tra fronte e magazzino circa quaranta metri quadri, spazio del tutto inconsistente per accogliere un tal numero di persone. Da ricerche attente emerge che Tirelli affitta anche il negozio a fianco, fino a qualche anno prima adibito a macelleria, e li unifica in modo da ottenere un locale da ottanta metri quadri. muore in circostanze del tutto sospette, tanto da far aprire un'inchiesta per accertare le responsabilità. II “Feuille d'Avis de Neuchatel” (Foglio del Parere di Neuchatel) riporta la seguente notizia “ Tirelli italiano di cinquantasei anni, di origini ungheresi, è vissuto a Ginevra, ma senza fissa dimora. Accusato di contrabbando di orologi”. Dalle dichiarazione risulta che viene interrogato a lungo dai doganieri in via Petitot e, dopo, trasferito nella prigione di Saint Antoine. Durante la notte viene trasferito in ospedale, in quanto il medico del carcere diagnostica una frattura cranica. Alle 04.30 del 16 marzo 1954 Tirelli perde la sua partita più importante con la signora in nero e abbandona la vita terrena. Il suo corpo viene trasferito presso l'Istituto di Medicina Legale per compiere l'autopsia e stabilire la causa esatta della morte, in quanto risulta essere affetto da cardiopatia. In base alla documentazione, citata dal giornale, risulta che Tirelli si sia scagliato contro il muro e lo abbia, ripetutamente, colpito. II giornalista afferma che l'autolesione è avvenuta in circostanze strane aspettandosi una spiegazione ben più detttagliata dai risultati dell'inchiesta ufficiale avviata dalle autorità. Dopo due mesi d'indagini, il 22 luglio, viene divulgato il secondo comunicato governativo sostenente la tesi del suicidio di Tirelli, ma la famiglia non condivide tale versione e accusa il personale della Direzione Doganale del 6° Distretto di Ginevra. Il Procuratore Generale della Confederazione Svizzera richiede un ulteriore indagine da parte della Direzione Doganale, per cui tutto il personale coinvolto s'interroga a vicenda, ma al termine, stranamente, non emergono elementi utili. Il Ministro della Giustizia e della Polizia della Confederazione Elvetica dietro esplicita richiesta del Procuratore Generale della Confederazione Elvetica nomina l’ Avvocato Roger Corbaz “ per avviare le procedure atte a riesaminare il caso”. Dopo due anni d'indagini viene emanato un terzo comunicato ufficiale confermante la tesi del suicidio. Il procuratore della Confederazione, Roger Corbaz, mette in evidenza che gli investigatori hanno eseguito il proprio lavoro “tenendo conto dello stato di salute” del fermato. Per cui la morte, conclude il Procuratore, il decesso è da attribuirsi alla cardiopatia, ignorando, volontariamente, il trauma cranico che lo conduce all'ospedale, prima, e alla tomba, dopo quattro giorni. La vedova di Tirelli, Angela Tirelli-Giupponi, il 2 giugno 1954, presenta denuncia contro ignoti, anche se indica alcuni nomi del personale carcerario, per violenze e sevizie nei confronti del marito che “ hanno causato la morte del marito". Un'altra inchiesta viene aperta e, per l'ennesima volta, i fatti vagliati attentamente e nelle pagine traspare una cattiva condotta del personale svizzero anche se ancora oggi tutti i documenti sono secretati e non visibili al pubblico. Le famiglie salvate non potevano dimenticare Tirelli. Per questo ottenne, grazie a loro, il riconoscimento di “Giusto Tra le Nazioni”, per questo è nato il libro per bambini di Tamar Meir sulla storia dì un piccolo grande uomo. La storia di Tirelli non finisce nell'oblio grazie ai suoi salvatori che la consegnano allo Yad Vashem che lo annovera, dal 2008, tra i “Giusti tra le Nazioni”. II merito lo si deve alla docente universitaria statunitense, di origini cecoslovacche, Chana Hedwig Heilbrun che, nel 2001, interpella il Ministero degli Esteri Italiano per avere notizie su un certo Francesco Tirelli. Nel 2014 Angiolino Catellani, dopo varie ricerche, la riprende e la consegna sulle pagine della rivsita Ricerche dell'Istoreco. Qualcuno la riprende e la pubblica, due anni dopo, sulle pagine on-line del giornale cattolico Magyar Kurir (Corriere Ungherese); la notizia viene ripresa, nell'aprile del 2017, dal periodico della comunità ebraica “Oj Elét” (Vita Nuova). II piccolo ebreo Meir salvato dalla ferocia nazista, invece, la consegna ai suoi cari, tra cui la nuora Tamara e questa la racconta ai bambini in un libro, tradotto anche in italiano. Autore Coletta Stefano Bibliografia Dombi Gabor, Le vite e la morte di Francesco Tirelli in Ricerche Storiche, anno LIII, n.130, 2020 reperibile in https://www.academia.edu/44905163/Le vite e_ la m orte di Francesco Tirelli https://www.academia.edu/Documents/in/ Righteous Among _the_Nations
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