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La strada (McCarthy) - Letterature Comparate: corso sul parricidio (prof. Amigoni), Sintesi del corso di Letterature comparate

Vendo scrupolosa sintesi del romanzo apocalittico "La Strada" per l'esame di Letterature Comparate. L'esame da me preparato su questo testo ha portato a un risultato di eccellenza.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 07/05/2020

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martina-bononcini-1 🇮🇹

4.5

(49)

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Scarica La strada (McCarthy) - Letterature Comparate: corso sul parricidio (prof. Amigoni) e più Sintesi del corso in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! 1 LA STRADA Cormac McCarthy (2006) Legenda: • corsivo: citazioni dal libro • azzurro: aspetti che descrivono il luogo In ogni pagina o descrizione del luogo, compaiono elementi che ricordano il grigio, la nebbia, l’oscurità e la cenere, una devastazione del pianeta in cui rimane l’homo homini lupus. Personaggi Età Aspetto fisico / strumenti Aspetto caratteriale L’uomo Mascherina per coprirsi il viso; zaino in spalla gli manca spesso il fiato, ma non lo vuole fare vedere tossisce spesso (sin dalle prime pagine) cartina stradale: strappata e divisa in pezzi di carta tenuti insieme con lo scotch e numerati a matita in un angolo per rimetterli insieme; telo azzurro: sembrava la tenda di qualche spedizione avventurosa ai confini del mondo. Qualcosa di quasi inspiegabile. E così era. Portafoglio: soldi, carte di credito, patente di guida, foto della moglie Durante la notte si alza sempre si soprassalto e osserva il bambino mentre continua a dormire Il bambino Zaino in spalla e mascherina Affronta il dramma sempre attraverso gli occhi di un bambino 2 Paesaggio Quando ci fu luce a sufficienza per usare il binocolo ispezionò la valle sottostante. Tutto sfumava nell'oscurità. La cenere si sollevava leggera in lenti mulinelli sopra l'asfalto. Studiò quel poco che riusciva a vedere. I tratti di strada laggiù fra gli alberi morti. In cerca di qualche traccia di colore. Un movimento. Un filo di fumo. Abbassò il binocolo e si tirò giù la mascherina di cotone dal viso, si asciugò il naso con il polso e riprese a scrutare la zona circostante. Poi rimase seduto li con il binocolo in mano a guardare la luce cinerea del giorno che si rapprendeva sopra la terra. Sapeva solo che il bam- bino era la sua garanzia. Disse: Se non è lui il verbo di Dio allora Dio non ha mai parlato. Pag.4 Rimase ad ascoltare lo sgocciolio dell'acqua nei boschi. Era roccia fresca, quella. Freddo e silenzio. Le ceneri del mondo defunto trasportate qua e là nel nulla da lugubri venti terreni. Trascinate, sparpagliate e trascinate di nuovo. Ogni cosa sganciata dal proprio ancoraggio. Sospesa nell'aria cinerea. Sostenuta da un respiro, breve e tremante. Se solo il mio cuore fosse pietra. pag.9 Si teneva il bambino stretto al fianco. La città era quasi completamente bruciata. Nessun segno di vita. Per le strade automobili in- crostate di cenere, ogni cosa coperta da cenere e polvere. Impronte fossili nel fango secco. In un androne un cadavere ridotto a cuoio. Pag.10 L'oscurità in cui si svegliava in quelle notti era cieca e impenetrabile. Un' oscurità che faceva male alle orecchie a forza di ascoltare. Spesso non pote- va fare a meno di alzarsi. Non un suono oltre al vento fra gli alberi nudi e anneriti. Si alzò in piedi e rimase li, vacillante in quel buio freddo e autisti- co, le braccia tese per mantenersi in equilibrio mentre i calcoli vestibolari in corso nel suo cervello sfornavano risultati. Una vecchia storia. Inseguire la verticalità. Non c'è caduta che non vada per gradi. Si addentrò nel nulla a lunghi passi di marcia, contandoli per riuscire poi a tornare. Occhi chiusi, re- mate di braccia. Verticalità rispetto a cosa? Un'entità senza nome nella notte, vena o matrice. Attorno alla quale lui e le stelle giravano come un unico sa- tellite. Come il grande pendolo nella sua rotonda che segna i lunghi moti giornalieri dell'universo di cui sembrerebbe che non sappia nulla e tuttavia non può non sapere. Pag.12 Al crepuscolo del giorno seguente erano in città. Le lunghe volute di cemento dei raccordi autostradali come rovine di un immenso luna park sullo sfondo dell'oscurità in lontananza. L'uomo teneva la rivoltella in vita sul davanti e la lampo del parka aperta. Ovunque cadaveri mummificati. La carne spaccata lungo le ossa, i legamenti secchi come funi e tesi come fili d'acciaio. Raggrinziti e contratti come i corpi dei primitivi conservati nelle torbiere, il volto di tela bollita, i paletti ingialliti dei denti. Erano tutti quanti scalzi come pellegrini di una stessa chiesa, perché le loro scarpe erano state rubate da un pezzo. Proseguirono. Lui si guardava costantemente alle spalle tenendo d'occhio lo specchietto. Nelle strade l'unica cosa che si muoveva erano le folate di cenere. Attraversarono l'alto ponte di cemento sul fiume. Sotto il ponte, un molo. Piccole barche da diporto mezzo affondate nell'acqua grigia. più a valle, alte ciminiere offuscate dalla fuliggine. Pag.19 Il freddo era aumentato. In quel mondo ad alta quota non si muoveva nulla. Un intenso odore di fumo di legna aleggiava sopra la strada. Lui spingeva il carrello in mezzo alla neve. Pochi chilometri al giorno. Non aveva idea di quanto fosse 5 La strada attraversava un terreno incendiato nero e spoglio con tronchi carbonizzati e pieno di rami e pali della luce anneriti; praterie livide e desolate à tutto come una volta, solo sbiadito e sciupato dalle intemperie: L'uomo gli mise una mano sulla spalla e fece un cenno verso la campagna che si stendeva ai loro piedi. Pescò il binocolo nel carrello e dalla strada osservò la pianura là sotto, dove i contorni di una città emer- gevano nel grigiore come i tratti di un disegno a carboncino su un paesaggio desolato. Niente da vedere. Niente fumo. Posso guardare?, disse il bambino. Si. Certo che puoi. Il bambino si appoggiò al carrello e regolò il binocolo. Che cosa vedi?, disse l'uomo. Niente. Il bambino abbassò il binocolo. Sta piovendo. Si, disse l'uomo. Lo so. Pag.7 à sedevano stretti l’uno all’altro, l’uomo abbracciava il bambino nel tentativo di scaldarlo e, finita la pioggia, si avviarono tenendosi per mano lungo la collina: l’oscurità senza nome aveva coperto la sagoma grigia della città e tutto il territorio imbruniva senza alcuna traccia di luce e nessuna possibilità di accendere il fuoco per l’eccesso di umidità, quindi accendono la lampada e il bambino chiede di lasciarla accesa finché non si addormenta (pare un bambino normale nella sua cameretta); il padre acconsente (sì. Certo che possiamo). Non riesce a prendere sonno, così domanda al padre (ti posso chiedere una cosa?) se moriranno e il padre gli conferma che prima o poi succederà, ma non adesso; poi gli domanda anche un’altra cosa: Ora spengo la lampada. Va bene? Si. Va bene. E dopo un altro po', nel buio: Ti posso chiedere una cosa? Si, certo che puoi. Tu cosa faresti se io morissi? Se tu morissi vorrei morire anch'io. Per poter stare con me? Si. Per poter stare con te. Ok. Pag.9 Ripartono l’indomani a mezzogiorno e l’uomo si teneva il bambino stretto al fianco, dicendogli che le cose che ti entrano in testo poi ci restano per sempre, perché ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare. A un paio di km di distanza scorgono la fattoria di suo zio, dove in autunno andavano sempre a fare legna e ricorda così la “giornata ideale della sua infanzia”, quella su cui modellare tutte le giornate a venire. Proseguirono giorni e settimane verso sud, solitari e ostinati, superando le montagne e osservando la vasta gola verso Sud, dove non c’era che terra mangiata dal fuoco con le sagome annerite delle rocce tra i banchi di cenere nella distasa brulla…un sole smorto tra le tenebre…davanti a loro tutto era ridotto in cenere. C’era un freddo assassino, ma era impossibile accendere il fuoco, così l’uomo teneva stretto a sé il bambino tremante; venne a piovere e l’uomo cercò di coprire se stesso e il bambino, perché se si fossero bagnati, probabilmente sarebbero morti. Ma il bambino non si lamentava e proseguiva nel suo cammino, cercando di vivere la sua vita da bambino, colorandosi sulla mascherina delle zanne con pastelli fortuiti. In due giorni riuscirono ad attraversare con determinazione quella crosta di terra livida, iniziò a nevicare: un unico fiocco grigio che planava leggero. Lo prese in mano e lo guardò disfarsi come se fosse l’ultima ostia della cristianità. 6 giunsero a un’autofficina, vi entrarono, accesero un fuoco e l’uomo aggiustò la ruota del carrello, mentre il bambino rimase seduto ad osservare la scena. Il giorno dopo si mossero: la massima preoccupazione erano il cibo e le scarpe. Quel giorno trovarono un prosciutto appeso, secco e tirato, ma la carne dentro era rosso scura e salata, quindi la mangiarono insieme ad una scatola di fagioli. Quella notte si svegliò di soprassalto, pensando di aver sentito dei tamburi à sognò la moglie: La sua pallida sposa venne a fargli visita in sogno da sotto un pergolato verde e frondoso. Coi capezzoli incrostati di argilla chiara e le costole dipinte di bianco. Portava un vestito di mussola e i capelli scuri erano tenuti su da pettini d'avorio, pettini di tartaruga. Quel sorriso, quegli occhi sempre bassi. Al mattino nevicava di nuovo. pag.14 di lei ricordava tutto tranne il profumo (come per il ricordo dello zio, anche questa volta vuole un “fermo immagine”): Dai sogni a occhi aperti che faceva lungo la strada non c'era modo di risvegliarsi. Continuava ad andare avanti. Di lei ricordava tutto tranne il profumo. Seduto in un teatro con lei accanto che si protendeva per meglio sentire la musica. Arabeschi dorati e candelabri a muro e le lunghe pieghe del sipario come colonne ai lati del palco. Lei teneva la sua mano in grembo e lui sentiva l'orlo delle calze sotto la stoffa leggera del vestito estivo. Fermate quest'immagine. E adesso fate venire giù tutto il buio e tutto il freddo del mondo e andate all'inferno. pag.15 ma non ebbe una bella sensazione, perché si trattava di mondi ingannevoli che lentamente cancellavano il mondo morente dalla memoria: Lui era diffidente. Si diceva che i sogni giusti per un uomo in pericolo erano sogni di pericolo, e tutto il resto era il richiamo languido della morte. Dormiva poco e male. Sognò di passeggiare in un bosco fiorito con gli uccelli che volavano davanti a loro, a lui e al bambino, e il cielo era di un azzurro doloroso, ma ormai stava imparando a ridestarsi da quei mondi ingannevoli. Sdraiato li al buio con l'inquietante sapore di una pesca proveniente da qualche frutteto fantasma che gli moriva in bocca. Pensò che se fosse sopravvissuto abbastanza a lungo, del mondo alla fine non sarebbe rimasto più nulla. Come il mondo morente abitato dai nuovi ciechi, che lentamente si cancellava dalla memoria. pag.14 Quanto colore invece nei sogni. In che altro modo poteva chiamarti a sé la morte? Poi ti svegliavi in un'alba fredda e tutto si riduceva immediatamente in cenere. Come certi antichi affreschi rimasti sepolti per secoli e improvvisamente esposti alla luce del giorno. Pag.16 grazie all’uso di due vecchie scope, attaccò delle spazzole al carrello per spazzare via i rami dalla strada e, issatovi sopra il bambino, si lanciarono giù per le colline come campioni di bob: era la prima volta dopo tanto tempo che vedeva il bambino sorridere. Si imbatterono in una diga (il padre spiega al bambino curioso a che cosa serva una diga) e raggiunsero il fiume in mezzo a una piana deserta dove tutto era morto fino alle radici, in cui si ergeva un fienile di legno con su scritto “Visitate il Giardino delle Rocce”; lasciò il bambino sulla strada con la pistola in mano (in un’altra circostanza non si penserebbe mai di lasciare la pistola a un bambino), entrò nel fienile, ma vi trovò 7 solo oggetti e qualche scatola di cibo ricoperti di cenere e polvere, che già qualcuno prima di lui aveva visitato e non si era fidato a prendere, così non si fidò nemmeno lui e uscì solo con qualche coperta. Giunsero poi a un supermercato (il bambino lo seguiva) e lì trovarono un distributore di lattine da cui il padre prese una lattina di Coca-Cola (lascia di stucco il fatto che il bambino non conoscesse la Coca-Cola e questo fa ipotizzare da quanto tempo si trovassero in quella situazione): Papà, che cos'è? E un regalo. Per te. Ma che cos'è? Vieni. Siediti. Gli tolse lo zaino dalle spalle e se lo sistemò accanto, sul pavimento, poi infilò il pollice sotto la linguetta di alluminio e apri la lattina. Avvicinò il naso al leggero sfrigolio che ne usciva e la passò al bambino. Forza, bevi, disse. Il bambino prese la lattina. Fa le bollicine, disse. Forza. Guardò il padre, poi inclinò la lattina e bevve. Rimase lì a pensarci per un attimo. E proprio buona, disse. Si. Infatti. Bevine un po' anche tu, papà. Voglio che la bevi tu. Solo un po'. L'uomo prese la lattina, bevve un sorso e gliela restituì. Bevila tu, disse. Stiamocene seduti qui per un po'. E perché non ne potrò bere mai più, vero? Mai è un sacco di tempo. Ok, disse il bambino. Pag.19 Il bambino tende a rispondere sempre “ok” a quello che gli dice il padre, ma, come vediamo dal passo successivo, è solo perché sa già la risposta a quelle che sarebbero le sue prossime domande: In quei primi anni le strade erano affollate di profughi imbacuccati dalla testa ai piedi. Protetti da maschere e occhialoni, seduti fra gli stracci sul bordo della strada come aviatori in rovina. Carriole piene di cianfrusaglie. Carri e carretti al seguito. Gli occhi spiritati in mezzo al cranio. Gusci di uomini senza fede che avanzavano barcollanti sul selciato come nomadi in una terra febbricitante. La rivelazione finale della fragilità di ogni cosa. Vecchie e spinose questioni si erano risolte in tenebre e nulla. L'ultimo esemplare di una data cosa si porta con sé la categoria. Spegne la luce e scompare. Guardati intorno. Mai è un sacco di tempo. Ma il bambino la sapeva lunga. E sapeva che mai è l'assenza di qualsiasi tempo. Pag.22 Giunsero poi alla casa dove è cresciuto il padre, il bambino ha paura e non vuole entrare, ma il padre insiste per mostrargli la casa dove è nato (non ti va di vedere dove abitavo una volta? No. Ripose il bambino); gli propone di aspettarlo fuori, ma rifiuta di farlo anche questa volta, quindi entrano insieme: Si tolsero gli zaini, li lasciarono sulla veranda e facendosi largo a calci tra i rifiuti entrarono in cucina. Il bambino gli teneva la mano. Era tutto più o meno come se lo ricordava. Le stanze vuote. Nella cameretta accanto alla sala da pranzo c'era una nuda branda di ferro, un tavolino di metallo pieghevole. Lo stesso braciere di ghisa nel piccolo caminetto. I pannelli di legno di pino alle pareti erano spariti, restavano solo i listelli su cui erano fissati. Rimase li in piedi. Toccò con il pollice i forellini lasciati nel legno dipinto della cappa dai gancetti a cui si 10 Si accamparono nuovamente ed accesero un ulteriore fuoco, mentre il padre si teneva i piedi del bambino sulla pancia per scaldarli. Durante la notte il bambino si sveglia di soprassalto perché ha fatto un incubo: Nella notte il bambino si svegliò piagnucolando e l'uomo lo abbracciò. Shh, disse. Shh. Va tutto bene. Ho fatto un brutto sogno. Lo so. Te lo dico cos'ho sognato? Se vuoi. Avevo un pinguino a molla che si caricava e sbatteva le ali e muoveva le zampette. Ed eravamo in quella casa dove abitavamo prima e me lo vedevo sbucare da dietro un angolo ma nessuno gli aveva dato la carica e faceva veramente paura. Ho capito. Nel sogno faceva molta più paura. Lo so. Certe volte i sogni fanno veramente paura. Perché ho fatto questo brutto sogno? Non lo so. Ma adesso è passato. Vado ad aggiungere un po' di legna nel fuoco. Tu rimettiti a dormire. Il bambino non rispose. Poi disse: La chiavetta non girava. Pag.29 Giungono poi a un fiume e il bambino chiede al padre se può fare il bagno, lo fanno e la loro conversazione riguardo la profondità del fiume sembra rivelare la difficoltà del bambino e la corrispondente volontà del padre di aiutarlo ad affrontare la vita: Ma io tocco?, gridò il bambino. Sì. Dai, vieni. L'uomo si voltò, nuotò fino alla cascata e lasciò che il getto gli scrosciasse addosso. Il bambino era in piedi nel laghetto con l'acqua che gli arrivava alla vita, si teneva le spalle e saltellava su e giù. L'uomo tornò indietro e lo raggiunse. Lo sorresse e lo aiutò a stare a galla, mentre lui boccheggiava e schiaffeggiava l'acqua. Bravo, così, gli diceva. Stai andando benissimo. Camminarono lungo le rocce fino a un punto in cui il fiume sembrava scomparire nel nulla e tenendo per mano il bambino l'uomo si spinse fino alla cornice più esterna. Il fiume si gettava oltre il ciglio con un risucchio e cadeva a perpendicolo nel laghetto sottostante. L'intero fiume. Il bambino si aggrappava alla mano dell'uomo. E alto, eh, disse. Abbastanza, sì. Se uno cade da qui, muore? Be', si fa male. E un bel salto. Fa veramente paura. Pag.31 Decidono di accamparsi vicino alla cascata, ma il padre teme che questa possa attirare altre persone, quindi decidono di guardare sulla cartina per vedere dove andare: seguivano le strade statali e il bambino ingenuamente gli chiede perché si chiamino in questo modo, chiedendo poi anche che fine abbiano fatto gli stati, sempre facendo riferimento al tempo: Perché una volta erano di proprietà degli stati. Di quelli che all'epoca si chiamavano stati. E adesso di stati non ce ne sono più? No. Che fine hanno fatto? Non lo so di preciso. È una bella domanda. Ma le strade ci sono ancora. Si. Almeno per un po'. Per un po' quanto? Non lo so. Magari per un bel pezzo. Quelle è impossibile sradicarle, quin- di dovrebbero restare alloro posto per un bel pezzo. Ma non ci passeranno più le macchine e i camion. No. Ok. Pag.34 11 Si imbatterono poi in un autoarticolato che doveva essere lì da anni (all’interno vi erano corpi di uomini morti avvolti in vecchi vestiti): il carrello non ci passava e dovettero abbandonarlo; la notte dormirono nel camion. Il giorno dopo l’asfalto era impraticabile perché l’incendio lo aveva reso troppo caldo; il mattino seguente si trovarono delle impronte impresse sul catrame apparse di punto in bianco: raggiunsero l’uomo artefice di quelle impronte, che arrancava davanti a loro trascinandosi la gamba, ingobbito e malfermo: Papà, cosa facciamo? Tutto a posto. Lo seguiamo e lo teniamo d'occhio. Giusto un'occhiata, disse il bambino. Sí. giusto un'occhiata. Pag.39 Giuntigli più vicino, l’uomo aveva un aspetto veramente orribile e malconcio, al punto che il bambino, dapprima impaurito, vuole aiutarlo, ma il padre è contrariato e vuole proseguire per il loro percorso. Il bambino allora piangerà voltandosi continuamente per vedere il vecchio: Lo seguirono per un buon tratto ma a quella velocità stavano perdendo la giornata. Alla fine lo sconosciuto si sedette in mezzo alla strada e li rimase. Il bambino si aggrappò al giaccone del padre. Nessuno parlò. Il tizio sembrava riarso come la terra circostante, aveva i vestiti bruciacchiati e neri. Un occhio chiuso da un'ustione e i capelli ridotti a una pidocchiosa parrucca di cenere appoggiata sul cranio annerito. Quando gli passarono accanto abbassò lo sguardo. Come se avesse fatto qualcosa di male. Aveva le scarpe tenute insieme col fil di ferro e ricoperte di catrame e se ne stava li seduto in silenzio, chino sui propri stracci. Il bambino continuava a guardarsi indietro. Papà?, sussurrò. Che cos'ha quel signore? È stato colpito da un fulmine. Non lo possiamo aiutare, papà? No. Non lo possiamo aiutare. Il bambino continuava a tirargli la giacca. Papà?, disse. Piantala. Non lo possiamo aiutare, papà? No. Non lo possiamo aiutare. Non c'è niente da fare per lui. Proseguirono. Il bambino piangeva. Si voltava in continuazione. Quando arrivarono ai piedi della collina l'uomo si fermò e lo guardò e poi si girò verso la strada alle loro spalle. L'ustionato si era accasciato a terra e da quella distanza non si capiva neanche cosa fosse. Mi dispiace, disse al bambino. Ma non abbiamo niente da dargli. Non abbiamo modo di aiutarlo. Mi dispiace per quello che gli è successo ma non possiamo farci niente. Lo capisci questo, vero? Il bambino teneva lo sguardo basso. Annuì. Poi si rimisero in cammino e lui non si voltò più. Guardò il bambino, ma il bambino si era voltato dall'altra parte e fissava il fiume. Non potevamo fare niente. Il bambino non rispose. Lui morirà. Non possiamo dividere con lui quello che abbiamo, altrimenti moriamo pure noi. Lo so. Allora, quand'è che ricominci a parlarmi? Ti sto già parlando. Sei sicuro? Si. 12 Ok. Ok. Pag.40, 41 L’uomo ha un flashback della moglie incinta: Gli orologi si fermarono all'una e diciassette. Una lunga lama di luce e poi una serie di scosse profonde. Lui si alzò e andò alla finestra. Cosa c'è?, disse lei. Lui non rispose. Andò in bagno e premette l'interruttore ma la corrente era già andata via. Un debole bagliore rosato alla finestra. Lui si chinò su un ginocchio e alzò la levetta per bloccare lo scarico della vasca e apri al massimo tutti e due i rubinetti. Lei era ferma sulla porta in camicia da notte, aggrappata allo stipite, una mano a sostenere il pancione. Cosa c'è? Che succede? Non lo so. Perché ti fai il bagno? Non mi faccio il bagno. Pag.41 Questo fa ipotizzare che il bambino non fosse ancora nato al momento dell’apocalisse (qualche pagina dopo, infatti, si descrive il parto della donna mentre fuori solo freddo e incendi all’orizzonte), per questo gli faceva tante domande sul mondo e aveva ancora tante speranze e fantasie sul tempo, ma il tempo era ormai quello presente, senza un passato né un futuro: A volte il. bambino gli faceva domande sul mondo, che per lui non era nemmeno un ricordo. L'uomo rifletteva a lungo su come rispondere. Non c'è nessun passato. A te come piacerebbe? Ma poi smise di inventarsi le cose perché neanche quelle erano vere e raccontarle lo faceva star male. Il bambino aveva le sue fantasie. Come sarebbe stato nel Sud. Altri bambini. Lui cercava di tenerle a freno ma senza troppa convinzione. E chi al posto suo? Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c'è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un'origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te. Pag.42 In quel momento ripensò alla foto della moglie che aveva nel portafogli e all’ultimo dialogo che ebbe con lei: Ripensò alla foto della moglie sulla strada e si disse che avrebbe dovuto tentare di farla restare nelle loro vite, ma non sapeva come. Si svegliò tossendo e si allontanò dal telo per non svegliare il bambino. Lungo una parete di roccia nel buio, avvolto nella coperta, inginocchiato nella cenere come un penitente. Tossì fino a sentire il sapore del sangue e disse il nome di lei a voce alta. Pensò che forse l 'aveva pronunciato anche nel sonno. Al suo ritorno il bambino era sveglio. Scusa, gli disse. Non fa niente. Rimettiti a dormire. Vorrei essere con la mamma. Lui non rispose. Si sedette accanto al corpicino avvolto nelle trapunte e nelle coperte. Dopo un po' disse: Nel senso che vorresti essere morto? Si. Non devi dire cosi. Però è vero. Non lo dire. È una cosa che non si deve dire mai. 15 Sí. Siamo ancora noi i buoni. E lo saremo sempre. Sí. Lo saremo sempre. Ok. Pag.59, 60 Devono cercare da mangiare e procedono per la strada come sminatori, ma non trovarono altro che negozi vuoti e vecchi vestiti sui manichini. Incontrano un cane all’improvviso e il bambino si preoccupa di non ucciderlo; avrebbe potuto rappresentare la loro cena, ma il padre gli promette che non lo ucciderà: Rimasero in ascolto. Poi l'uomo senti un cane abbaiare in lontananza. Si voltò verso la città sempre più buia. E un cane, disse. Un cane? Sí. E da dove è uscito? Non lo so. Non è che lo ammazziamo, vero, papà? No. Non lo ammazziamo. Abbassò gli occhi sul bambino. Tremante sotto le giacche. Si chinò e gli diede un bacio sulla fronte incrostata. Non gli faremo niente, disse. Te lo prometto. Pag.63 Durante la notte si svegliò e tese l'orecchio. Non si ricordava più dov'era. Il pensiero gli strappò un sorriso. Dove siamo?, disse. Cosa c'è, papà ? Niente. E tutto a posto. Dormi. Ce la caveremo, vero, papà? Sí. Ce la caveremo. E non ci succederà niente di male. Esatto. Perché noi portiamo il fuoco. Si. Perché noi portiamo il fuoco. Pag.64 Il padre rimane attento anche a ripetere gesti che anticamente segnavano la presenza di un rituale condiviso, così come quando gli preparava il letto prima di dormire, gli lavava i capelli o gli ricordava che lui aveva il dovere di proteggerlo à nel momento della catastrofe il padre salva il figlio dal rischio del suicidio e sceglie di mantenere acceso il fuoco della vita, che inscrive la possibilità di un legame (l’opposto del cannibalismo praticato dagli altri uomini, che scompagina il dominio della Cultura e della Civiltà), quindi non è Dio che si fa uomo, ma è l’incarnazione della vita stessa che non si spegne e che resta accesa => nell’essere portatori del fuoco c’è la potenza misteriosa della trascendenza, della convivenza, del patto sociale e della Legge; per questo la presenza del bambino è fondamentale, perché è presenza dell’avvenire, il simbolo che non tutto è stato distrutto, ma che c’è la premessa e la promessa di un nuovo tempo dell’uomo, un’altra occasione. Frugarono in altre case e, in una, mentre il bambino era seduto sugli scalini della veranda, vide un bambino circa della sua età e lo insegue, ma il padre gli corre dietro furioso: Cosa stai facendo?, sibilò. Cosa stai facendo? C'è un bambino, papà. C'è un bambino. Non c'è nessun bambino. Cosa stai facendo? Sì che c'è. L'ho visto. Ti avevo detto di stare nascosto. Te l'avevo detto o no? Adesso ce ne dobbiamo andare. Forza. Volevo solo vederlo, papà. Volevo solo vederlo. 16 L'uomo lo prese per un braccio e riattraversarono il giardino. Il bambino non la smetteva di piangere e di voltarsi indietro. Forza, disse. Dobbiamo andare. Papà, io lo voglio vedere. , Non c'è nessuno da vedere. Vuoi morire? E questo che vuoi? Non me ne importa, disse il bambino fra i singhiozzi. Non me ne importa niente. L'uomo si fermò. Si fermò, si accovacciò e lo strinse a sé. Mi dispiace, disse. Non dire cosi. Non devi dire cosi. Pag.65 E se quel bambino non ha nessuno che si prende cura di lui?, disse. Se lui non ce l'ha un papà? C'era della gente li. Solo che stava nascosta. Spinsero il carrello fino alla strada e si fermarono. L'uomo riusciva a distinguere i solchi lasciati dal camioncino in mezzo alla cenere bagnata; leggeri e semicancellati, ma c'erano. Gli sembrò di sentire l'odore degli uomini. Il bambino lo tirava per il giaccone. Papà, disse. Cosa c'è? Ho paura per quel bambino. Lo so. Ma vedrai che se la caverà. Papà, dovremmo tornare a prenderlo. Potremmo prenderlo e portarlo con noi. Potremmo portarci dietro lui e anche il cane. Il cane potrebbe catturare qualcosa da mangiare. Non possiamo. E io dividerei con quel bambino tutte le mie provviste. Smettila. Non possiamo. Stava di nuovo piangendo. Ma quel bambino?, singhiozzava. Ma quel bambino? Pag.66 Il cane che ricorda lui ci ha seguiti per due giorni. lo cercavo di attirarlo con delle moine ma quello non si fidava. Ho costruito anche un cappio di fil di ferro per catturarlo. Nella pistola c'erano tre cartucce. Non potevamo sprecarne neanche una. Lei si è allontanata lungo la strada. Il bambino l'ha guardata allontanarsi e ha cominciato a implorarla di non ammazzare il cane e io gli ho promesso che non gli avrebbe fatto niente. Quel cane era un intreccio di ossa con la pelle stesa sopra. Il giorno dopo era sparito. Questo è il cane che si ricorda. Di bambini non ne ricorda nessuno. Pag.67 Accesero nuovamente il fuoco, ma il padre non sapeva cosa dire, perché anche l’idioma del mondo stava scomparendo e così tutte le sue sicurezze referenziali: Cercò di pensare a qualcosa da dire ma non gli venne in mente nulla. Aveva già provato quella sensazione, qualcosa che andava oltre l'intorpidimento e la disperazione sorda. Il mondo che si riduceva a un nocciolo nudo di entità analizzabili. I nomi delle cose che seguivano lentamente le cose stesse nell'oblio. I colori. I nomi degli uccelli. Le cose da mangiare. E infine i nomi di ciò in cui uno credeva. Più fragili di quanto avesse mai pensato. Quanto di tutto questo era già scomparso? Il sacro idioma privato dei suoi referenti e quindi della sua realtà. Ripiegato su se stesso come un essere che cerca di preservare il calore. Prima di chiudere gli occhi per sempre. Pag.68 Giunsero a un’altra casa e la prima cosa che videro fu un fregio di teste umane morte e dipinte e tramortite con tutte le più orrende crudeltà esistenti à il padre ci lesse un messaggio e un avvertimento: la mattina seguente, infatti, attraversò la strada una schiera di persone con una sciarpa rossa al collo e in mano pezzi di tubo avvolti in strisce di cuoio e legati al polso con corpi contundenti in fondo a tutte le estremità (avevano l’andatura ciondolante dei giocattoli a molla à può collegarsi al sogno del bambino che si era 17 sognato il pinguino). Si stavano muovendo e questo non rappresentò un buon segno per il padre, al punto che il bambino gli chiese perché, ricevendo in cambio la solita intolleranza non è un buon segno, punto e basta. Il freddo e la tosse del padre aumentavano sempre di più e dovevano trovare un riparo per la notte, ma non sapevano dove fossero. Il bambino chiede continuamente al padre se stanno per morire: Se stessimo per morire me lo diresti? Non lo so. Ma non stiamo per morire. Pag. 72 Il padre era comunque consapevole che non ce l’avrebbero fatta ad andare avanti ancora per molto in quelle condizioni (il bambino era sempre più magro con gli occhi incavati e la faccia infossata: una strana forma di bellezza. Sembrava uscito da un campo di concentramento. Affamato, esausto, sconvolto dalla paura.); infatti, dopo essersi coperti i piedi con delle coperte – dato che non poteva portare il figlio in spalla - (prima al bambino, poi a se stesso à Adesso tu papà), il bambino gli domanda nuovamente se stanno per morire: Era ancora più difficile di quanto avesse immaginato. In un'ora avevano fatto sí e no un chilometro e mezzo. Si fermò e si voltò a guardare il bambino. Che si fermò titubante. Tu pensi che stiamo per morire, vero? Non lo so. Ti dico che non stiamo per morire. Ok. Però non mi credi. Non lo so. Perché pensi che stiamo per morire? Non lo so. Piantala con questo non lo so. Ok. Perché pensi che stiamo per morire? Non abbiamo niente da mangiare. Qualcosa troveremo. Ok. Secondo te per quanto tempo si può stare senza mangiare? Non lo so. Ma secondo te per quanto? Forse qualche giorno. E poi cosa succede? Si cade per terra morti stecchiti? Sí. E invece non è così. Ci vuole un sacco di tempo. L'acqua ce l'abbiamo. E quella la cosa più importante. Senza acqua non si va molto lontano. Ok. Però tu non mi credi. Non lo so. L'uomo lo studiò. Se ne stava li con le mani nelle tasche della giacca gessata troppo grande. Pensi che ti dica le bugie? No. Però pensi che potrei dirti delle bugie su questa storia del morire. Sí. Ok, magari potrei. Però adesso non stiamo per morire. Ok. Pag.77 20 fino a quando non trovò una botola: il bambino era spaventatissimo e non voleva che il padre la aprisse (visto il contenuto trovato nella precedente), ma il padre riuscì a convincerlo, sottolineando che i buoni non si arrendono mai e continuano a provarci; aprirono quindi la botola e dentro vi trovarono una grandissima quantità di cibo, vestiti, utensili, saponette, dentifricio, cartucce per pistole, ecc. (“la ricchezza di un mondo scomparso”), ma il bambino subito era titubante, perché pensava che fosse di qualcun altro; il padre però gli conferma che sicuramente i proprietari erano già morti e che sicuramente erano buoni “come noi”, quindi va bene (successivamente, però, chiede al padre se debbano o meno ringraziare i signori che gli hanno lasciato tutto quel ben di Dio; li ringraziò lui stesso con una sorta di preghiera che lo fece sentire meglio e meno in colpa) => si era preparato a morire e ore che non sarebbe più morto ci doveva riflettere su. Per la prima volta dopo tanto tempo riuscirono anche a lavarsi (l bambino commentò la bellezza di quel momento con “finalmente un po’ di tepore”, che fece rimanere di stucco anche il padre) e a giocare a scacchi con vestiti puliti, bevendo Coca-Cola. Nonostante quel piccolo paradisi terrestre, il padre era consapevole che non sarebbero potuti rimanere per sempre e si attiva già per potersene andare con quante più provviste possibili à il bambino non capisce subito: lui vorrebbe rimanere lì, perché il padre gli aveva detto che tanto non sarebbe arrivato nessuno, ma il padre sottolinea di non aver specificato “mai” (notiamo come le parole del padre rappresentino una certezza e un punto di riferimento per il figlio, che le assimila esattamente come vengono dette e le ritira fuori come armi contro il padre, quando sente che non sta rispettando quanto detto in precedenza). Mi piacerebbe vivere qui. Lo so. Potremmo stare all'erta. Già ci stiamo, all'erta. E se quelli che arrivano sono dei buoni? Be', non mi sembra molto probabile che sulla strada circolino dei buoni. Anche noi siamo sulla strada. Lo so. Se uno sta all'erta tutto il tempo significa che ha sempre paura? Mah. Direi che all'inizio bisogna avere paura per mettersi all'erta. Per decidere di essere prudenti. Guardinghi. Ma per il resto del tempo non si ha paura? Per il resto del tempo? Eh. Non lo so. Forse bisognerebbe sempre stare all'erta. Visto che i guai capitano quando meno te li aspetti, forse sarebbe bene aspettarseli sempre. Tu te li aspetti sempre, papà? Sì. Anche se qualche volta magari mi dimentico di stare all'erta. Pag. 115 Il padre sogna di nuovo: Quando si svegliò di nuovo gli sembrò che non piovesse più. Ma non era stato quello a svegliarlo. In sogno gli erano apparse delle creature che non aveva mai visto prima. Non parlavano. Gli sembrava che si fossero acquatta- te accanto alla brandina mentre dormiva e che al suo risveglio si fossero di- leguate. Si voltò a guardare il bambino. Forse per la prima volta, capi che ai suoi occhi lui era un alieno. Un essere venuto da un pianeta che non esisteva più. Le storie che raccontava erano sospette. Non poteva ricostruire il mondo perduto per compiacerlo senza trasmettergli anche il dolore della perdita, e pensò che forse il bambino lo sapeva meglio di lui. Cercò di mettere a fuoco il sogno ma non ci riuscì. Ne conservava solo la sensazione. Forse quelle creature erano venute a metterlo in guardia. Su cosa? Sul fatto che non pote- va riaccendere nel cuore del bambino ciò 21 che era ormai cenere nel suo. An- che ora, una parte di lui rimpiangeva di aver trovato quel rifugio. Una parte di lui continuava a desiderare la fine. Pag.117 Era ora di andare, così ripresero il carrello e ci caricarono quante più provviste possibili, dopo essersi lavati, pronti per ritornare sulla strada. Il bambino stava sviluppando una consapevolezza sempre maggiore della situazione in cui si trovavano, dimostrato dalle sue domande sugli uccelli, Marte e l’aver gettato via il flauto: L'uomo ammucchiò le coperte sul carrello, assicurò bene il telo di plastica e rimase a guardare il bambino. Cosa c'è? , disse il bambino. Lo so che pensavi che stessimo per morire. Infatti. E invece non siamo morti. No. Bene. Ti posso chiedere una cosa? Certo. Se fossi un uccello, potrei volare abbastanza in alto da vedere il sole? Sí. Lo sapevo. Sarebbe uno sballo. Eh sí. Sei pronto? Sí. L'uomo si fermò. Che fine ha fatto il flauto? L'ho buttato via. L'hai buttato via? Sì. Ok. Ok. Pag.121 Glielo aveva fabbricato lui stesso tempo prima e lo aveva emozionato il modo in cui gli permetteva di essere assorto nel suo mondo di bambino: L'uomo si voltò a guardarlo. Era completamente assorto. Gli sembrò un orfanello triste e solitario che annuncia l'arrivo di uno spettacolo itinerante in una contea o in un villaggio senza sapere che dietro di lui gli attori sono stati portati via dai lupi. Pag.60 L’abbandono di quel mondo fu testimoniato anche dalla domanda del bambino su quali fossero i loro “obiettivi a lungo termine”, altra espressione che lasciò di stucco il padre e alla quale non seppe certamente rispondere. Successivamente videro una figura in lontananza: era un vecchio viandante minuto e gobbo di nome Ely (in realtà mente sul suo nome, perché non vuole che si parli di lui e che si possa usare il suo nome per “farci qualcosa”, dato che potrebbe essere chiunque e meno si dice meglio è), non portava le scarpe, ma aveva i piedi avvolti in stracci e pezzi di cartone; non stava per niente bene e aveva fortemente paura di loro. Il bambino se ne rese conto e implorò ancora una volta per aiutarlo, dandogli qualcosa da mangiare; glielo porse il bambino stesso, che “rimproverò” il padre domandogli perché non gli dessero anche un cucchiaio. Finito il pasto, il bambino chiese al padre di poter passare la notte lì con quel vecchio, in modo da potergli dare nuovamente da mangiare e garantirgli un po’ di sostentamento: il padre accettò malvolentieri, ma accettò, 22 a condizione di ripartire il girono dopo senza contrattazioni (è così e basta) e così fu, ma almeno lasciarono qualche cosa da mangiare al vecchio, sempre e solo perché lo voleva il bambino, ma anche lo stesso vecchio ammette che, nel caso contrario, non avrebbe dato loro la sua roba; il padre gli dice che il bambino lo ha fatto per qualcosa in cui crede, che loro non comprendono e che forse non gli passerà mai. Proseguirono da soli e cercarono altri luoghi in cui accamparsi, ma non riuscirono più ad accendere il fuoco, perché la bombola del gas che avevano trovato nella botola era completamente vuota: il bambino si era palesemente scordato la valvola accesa e tutto il gas era fuoriuscito, ma il padre gli dice che in realtà non è stata colpa del bambino, ma sua, dato che avrebbe comunque dovuto sigillare la valvola con dello scotch: Mangiarono in silenzio. Dopo un po' il bambino disse: Mi sono scordato di chiudere la valvola, vero? Non è colpa tua. Avrei dovuto controllare. Il bambino posò il piatto sul telo di plastica. Distolse lo sguardo. Non è colpa tua. Bisognava chiudere tutte e due le valvole. L'attaccatura del tubo andava sigillata con del nastro adesivo per evitare che perdesse e non l'ho fatto. E colpa mia. Non te l'ho detto. Ma di nastro adesivo non ce n'era, no? Non è colpa tua. Pag.134 Un giorno trovano un treno nel bosco e iniziano a ispezionarlo (anche se vedevano mondi diversi, sapevano la stessa cosa. che quel treno sarebbe rimasto lì a decomporsi lentamente per l’eternità, e che nessun treno avrebbe mai più viaggiato). Anche il bambino continua a sognare e questa volta l’incubo riguarda la morte del padre: piangevo forte, ma tu non ti svegliavi. Di buoni ce ne sono anche altri. L'hai detto tu. Sí. E allora dove sono? Stanno nascosti. Da chi si nascondono? Gli uni dagli altri. E ce ne sono tanti? Non lo sappiamo. Però qualcuno ce n'è. Qualcuno. Sí. È vero? Sì che è vero. Però potrebbe anche non essere vero. Penso che sia vero. Ok. Tu non mi credi. Sí che ti credo. Ok. Ti credo sempre. Non mi pare proprio. Sí invece. Ti devo credere per forza. Pag. 140 Il giorno seguente, senza che se lo aspettassero, tre uomini comparvero davanti a loro sbucando da dietro un camion, ma riuscirono a seminarli, sembrando “un qualunque killer vagabondo”. 25 Si dirigevano ora verso la costa con la carriola trovata nella casa, nuove coperte e nuove scarpe, senza soffrire più la fame per un po’, anche se il mondo diventava ogni giorno più buio. Il bambino aveva ormai imparato a memoria i nomi delle città e dei fiumi e sulla cartina misurava il tragitto percorso. Un giorno giunsero finalmente alla spiaggia, ma il mare non era blu come il padre aveva preannunciato al bambino: faceva freddo, era deserto e senza gli agognati uccelli per il muro di smog all’orizzonte, nessun profumo di mare, ma solo un vento che sapeva di leggero odore di iodio = la desolazione di un qualche mare alieno che bagnava le coste di un mondo sconosciuto. Il bambino si immagina che dall’altra parte di quell’immenso oceano grigio possano esserci un altro bambino con il suo papà e che anche loro portino il fuoco come loro. Si accamparono sulla spiaggia e l’uomo venne svegliato dal rumore delle onde che si infrangevano sulla riva; questo lo riportò indietro a una scena vissuta quando il mondo era ancora mondo: Ricordava che in una notte simile era stato svegliato dal rumore delle che-e dei granchi nella padella dove la sera prima aveva lasciato gli ossi delle bistecche. Il fuoco di legna portata a riva dalle onde ridotto a uno strato di braci morenti che pulsavano nel vento dal largo. Sotto una miriade di stelle. L'orizzonte nero del mare. Si era alzato e si era incamminato a piedi nudi sulla sabbia ed era rimasto a guardare i marosi che biancheggiavano lungo il litorale, si stiravano, si infrangevano e di nuovo scomparivano nel buio. Di ritorno al falò si era inginocchiato e le aveva accarezzato i capelli mentre dormiva, e aveva detto che se fosse stato Dio avrebbe creato il mondo precisamente com'era, senza cambiare una virgola. Pag.167 A 30 metri dalla riva vi era una nave cisterna inclinata su un fianco: l’uomo decide di andare a vedere cosa avrebbe potuto trovare su quella barca e il bambino lo vuole seguire, ma alla fine lo convince a rimanere di guardia a riva. La nave portava ancora il nome “Pajaro de Esperanza da Tenerife”: tutte le cose erano gettate a terra e bagnate, tra queste raccolse e si mise addosso un maglione umido, un paio di stivali di gomma gialli, un giubbotto di nylon con la lampo e rigidi pantaloni gialli di tela cerata à nella sua perlustrazione c’era un chè di perverso, come quando si perde qualcosa e si iniziare a cercare dai posti più improbabili. La cosa che lo entusiasmò maggiormente fu un sestante di ottone proveniente da Londra => iniziò a pensare che non stava sfruttando bene quell’occasione che gli si era presentata, ma allo stesso tempo sapeva che la fortuna poteva anche non essere tale, dato che erano poche le notti in cui non invidiava coloro che erano morti. Tornato sulla riva dal bambino, si resero conto che la pistola non c’era più: il bambino se l’era scordata sulla sabbia, ma il padre non sembra sgridarlo, anzi, uno volta ritrovata gliela porge con il colpo in canna: Oh Cristo, disse l'uomo. Si voltò verso la spiaggia. La barca già non si vedeva più. Guardò il bambino. Il bambino si era messo le mani sulla testa e stava per piangere. Scusa, disse. Mi dispiace tanto. L'uomo appoggiò a terra il fagotto con lo scatolame Dobbiamo tornare indietro. Mi dispiace, papà. Non ti preoccupare. Vedrai che è ancora li. Il bambino rimase a capo chino. Stava cominciando a singhiozzare. L'uomo si inginocchiò e lo prese tra le braccia. Non ti preoccupare, disse. Sono io quello che deve controllare se abbiamo la pistola, e non l'ho fatto. Me ne sono dimenticato. Mi dispiace, papà. Dai, forza. Non fa niente. Va tutto bene. La pistola era sulla sabbia dove il bambino l'aveva lasciata. L'uomo la raccolse, la scrollò, si sedette, tolse la sicura al cilindro e la passò al bambino. Reggimi questa, disse. 26 Funziona, papà? Certo che funziona. Pag.177 Continuarono per qualche giorno dormendo sulla spiaggia e mangiando quello che trovavano sulla barca, ma l’uomo stava sempre peggio, tossiva continuamente e pensava alla sua vita, una vita che non poteva più essere pensata come reale, ma solo come menzogna, perché stava morendo e quella era la realtà. Tornando sulla barca trovò una pistola lanciarazzi e delle cartucce e il bambino capisce subito che l’ha presa non tanto per fare dei segnali a qualcuno – visto che non c’era nessuno a cui poter segnalare nulla -, ma più semplicemente per incendiare qualcuno nel caso li aggredissero. Successivamente si misero a parlare della condizione in cui si trovavano e il bambino, visto che non sapevano se ci fossero o meno delle persone sulla Terra oltre a loro, inizia a domandarsi che cosa stiano a fare lì e perché si ostinino così tanto a sopravvivere; il padre dapprima non rispose, ma successivamente ripetè più volte che delle persone c’erano eccome e le avrebbero incontrate (pag.186). Il bambino vomita e ha la febbre e il padre gli sta accanto tutto il tempo, dandogli antibiotici e aspirine trovate per caso sulla barca. Dopo diverso tempo si riprende e sembra ricordarsi tutto (non sono mica un ritardato), al punto che il padre lo fissa continuamente, come se fosse orgoglioso di lui e come se lui fosse tutta la sua felicità. Un giorno, però, di ritorno dalla loro camminata sulla sabbia, tornarono al loro accampamento e tutto era scomparso nel nulla à cercarono di seguire le tracce degli stivali degli uomini che li avevano derubati e finalmente raggiunsero il ladro: era un uomo emaciato, cupo, barbuto e lercio, espulso da una comune che gli aveva tagliato le dita della mano destra. Si ripresero tutto e il padre, per punirlo, fece spogliare l’uomo, portandosi via anche i suoi vestiti e le sue scarpe, lasciandolo a marcire nudo in mezzo alla fredda strada. Il bambino non smetteva più di piangere e l’uomo lo rimproverò perché non spettava a lui occuparsi di tutto, ma il bambino rispose contrariato: “Sì, invece. Tocca a me”. Qualche ora dopo il padre mostra i suoi sensi di colpa, sostenendo che non aveva intenzione di uccidere quell’uomo, ma il bambino gli risponde che così facendo lo hanno ammazzato comunque. Giunsero a una città portuale e dalla finestra di una casa, un uomo che gli puntava un arco contro li minacciava: il padre venne colpito alla gamba, ma poi fu lui a colpire il suo carnefice con la lanciarazzi; entrò in casa dalla porta sul retro pe vedere quante persone ci fossero, ma trovò solo una donna magrissima e abbandonata. Si rifugiarono in un negozio e l’uomo doveva assolutamente curarsi la ferita, quindi chiede al bambino di procurargli la cassetta del pronto soccorso, ma era ancora sotto shock, così il padre per la prima volta gli urla trovami quella cassetta cazzo, non startene lì con le mani in mano. Per recuperare il legame col bambino, in seguito all’abbandono di quell’uomo nudo e della sgridata, il padre vuole raccontargli una storia, ma il bambino non le vuole più sentire, perché nelle storie aiutiamo sempre qualcuno, mentre in realtà non aiutiamo nessuno. Il padre allora insiste affinché sia il figlio a raccontare qualche storia che racconti quello che ha dentro o anche solo i suoi sogni: 27 Dai, papà. Vorrei solo stare un po' in silenzio. E i sogni? Una volta ogni tanto me li raccontavi, i sogni. Non mi va di parlare di niente. Ok. E comunque di sogni belli non ne faccio. Succede sempre qualcosa di brutto. Ma tu hai detto che andava bene cosi, perché i sogni belli non sono buon segno. Forse. Non lo so. Quando ti svegli tossendo ti allontani sempre sulla strada o da qualche altra parte ma ti sento comunque. Mi dispiace. Una volta ho sentito anche che piangevi. Lo so. Però se io non devo piangere non devi piangere neanche tu. Ok. Guarirà la tua gamba? Sí. Non è che lo dici tanto per dire. No. Perché sembra una brutta ferita. Non è cosi grave. Quell'uomo stava cercando di ammazzarci. Vero? Sí. Infatti. L'hai ammazzato? No. È la verità? Si. Ok. Ho fatto bene? Si. Mi pareva di aver capito che non ti andava di parlare. Infatti. Pag.205 Ha fatto male, vero?, disse il bambino. Sì. Ha fatto male. Tu sei molto coraggioso? Insomma, così e così. Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto? L'uomo sputò un grumo di catarro e sangue sulla strada. Alzarmi stamattina, disse. Davvero? No. Non starmi a sentire. Forza, andiamo. Pag.207 L’uomo sta sempre peggio, ma il bambino gli sta vicino, lo aspetta e lo guarda: Appoggiò la fronte sulle braccia incrociate sopra la maniglia del carrello e tossì. Sputò saliva e sangue. Doveva fermarsi a riposare sempre più spesso. Il bambino lo guardava. In un altro mondo il figlio avrebbe già cominciato a rimuoverlo dalla propria vita. Ma li non aveva altre vite. L'uomo sapeva che di notte si svegliava e tendeva l'orecchio per sentire se respirava. Pag.209 Giunsero in uno spiazzo erboso e il padre capì che era lì che sarebbe morto: L'uomo gli prese la mano, ansi- mando. Devi andare avanti, disse. lo non ce la faccio a venire con te. Ma tu devi continuare. Chissà cosa incontrerai lungo la strada. Siamo sempre stati fortunati. Vedrai che lo sarai ancora. Adesso vai. Non ti preoccupare.
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